Monsignor Luigi Biraghi: simile al girasole
Il
ritratto di monsignor Biraghi
esposto sulla facciata del Duomo di Milano il giorno della beatificazione (dalla galleria fotografica del sito delle Marcelline) |
Chi
è?
Luigi Biraghi nacque a Vignate il 2
novembre 1801, quintogenito di Maria e Francesco Biraghi, di origine contadina.
Trascorse l’infanzia a Cernusco sul Naviglio, dove circa cinque anni dopo la
sua nascita si era trasferita la sua famiglia. A undici anni entrò nel
Seminario dell’Arcidiocesi di Milano, frequentando le sedi di Castello sopra
Lecco, Monza e Milano. Ordinato sacerdote il 28 maggio 1825, venne incaricato
dell’insegnamento nei seminari di Seveso e Monza, fino al 1833, quando fu
nominato direttore spirituale del Seminario Maggiore di Milano; quattro anni
dopo, divenne Dottore della Biblioteca Ambrosiana.
Nel 1837, chiamato a predicare un ritiro
spirituale presso la canonica della basilica di Sant’Ambrogio, conobbe la
giovane Marina Videmari, figlia di alcuni suoi amici, desiderosa di farsi
religiosa. In lei vide un valido aiuto per un progetto che portava nel cuore:
aprire un collegio per le ragazze delle famiglie borghesi, per formarle sotto
il profilo culturale e religioso. Il 22 settembre 1838 Marina e due compagne
giunsero quindi a Cernusco sul Naviglio per dare inizio a un nuovo Istituto
religioso, che monsignor Biraghi mise sotto il patrocinio di santa Marcellina,
sorella maggiore ed educatrice dei santi Ambrogio e Satiro.
Dopo aver assistito alla fondazione di
nuove case delle sue suore, popolarmente dette Marcelline, e averle formate
tramite i suoi numerosi insegnamenti, morì a Milano l’11 agosto 1879. Le sue
spoglie, insieme a quelle di madre Marina Videmari, riposano nella cappella del
primo collegio di Cernusco.
È stato beatificato in piazza del Duomo a
Milano il 30 aprile 2006, insieme a don Luigi Monza, fondatore delle Piccole
Apostole della Carità.
Cosa
c’entra con me?
Non sono un’ex-allieva delle scuole tenute
dalle Marcelline, però sento ugualmente di aver stabilito un legame col loro
Fondatore. Per la precisione, è iniziato nel febbraio 2006.
Avevo appena letto sul Portale della
Diocesi, che all’epoca non consultavo tanto di frequente, della sua
beatificazione, e mi venne in mente che le Marcelline avevano una scuola non
lontana da casa mia e dall’università che frequentavo, anzi, vicinissima alla
sede distaccata dove frequentavo alcuni corsi. Così, un giovedì pomeriggio,
quando avevo lezione d’informatica in preparazione al patentino europeo del
computer, ho suonato il campanello di piazza Andrea Ferrari 5.
La suora portinaia mi fece accomodare in un
salottino, poi mi presentò una sua giovane consorella, suor Maria Grazia. Fu
lei a fornirmi il materiale che al momento avevano a disposizione, in attesa
che ne fosse pronto altro a ridosso della data del solenne rito, il 30 aprile.
La settimana dopo sono tornata a trovarla, dato che la mia prima visita era
stata quasi un’improvvisata. Fu allora che mi regalò una corona del Rosario di
cordoncino, realizzata in Messico, dove le suore hanno una missione. Già
quell’affermazione mi stupì: almeno a Milano, il nome delle sue consorelle è
associato a un’educazione di qualità, impartita a ragazzi di buona famiglia;
cosa ci facevano in missione?
Ho letto in pochissimo tempo il libretto
che mi era stato dato, in attesa, come dicevo, di qualcosa di più recente. A
questo punto, purtroppo, i miei ricordi si fanno meno nitidi: nemmeno i miei
diari spirituali mi sono d’aiuto. Di conseguenza, non riesco a ricostruire
quando mi venne regalata la biografia ufficiale edita per la beatificazione.
Ciò che più conta è che, mediante suor
Maria Grazia, sono riuscita a ottenere un pass
per la celebrazione, che aveva un’importanza quasi storica: in base alle nuove
norme per i riti di beatificazione, era la prima a svolgersi nella Diocesi di
appartenenza del candidato agli altari.
Il mattino di domenica 30 aprile 2006,
quindi, mi sono ritrovata a pochissime file di distanza dall’altare, preparato
sul sagrato del Duomo di Milano, la cui facciata, completamente ricoperta di
ponteggi, presentava tuttavia due immagini ricoperte da altrettanti teli, mossi
dal vento. Giunto il momento previsto, sono state scoperte: la Chiesa Ambrosiana
aveva quindi due nuovi sicuri intercessori in cielo.
Penso che sia stato allora che, dopo tanto
tempo, mi sono resa conto di far parte di qualcosa di più vasto della mia
parrocchia d’origine. L’omelia del cardinal Tettamanzi mi persuase che dovevo
fare in modo di scrivere la mia personalissima “lettera dell’amore” come
l’apostolo san Giovanni e come i due nuovi Beati, che mi sono ripromessa di
conoscere ancora meglio. Uno strumento ce l’avevo sicuramente, ed era la
biografia più nuova di monsignor Biraghi, scritta dal mio Responsabile
diocesano per le Cause dei Santi, monsignor Ennio Apeciti; quella di don Monza
me la sono procurata in seguito.
Mi sono messa a leggerla probabilmente –
riecco la mia memoria lacunosa – nello stesso periodo in cui le Figlie di San
Giuseppe di Rivalba mi parlarono, per la prima volta, di Alessandro Galimberti,
il seminarista che tanto mi ha segnata negli ultimi anni, tanto da diventarne
la biografa semi-ufficiale. In quell’opera, monsignor Apeciti ha ricostruito la
vita del Beato Biraghi riferendosi al brano di Vangelo dell’Unzione di Betania
in Giovanni, su cui quel giovane aveva basato la propria Regola di Vita, e
citando, sul finale, l’ormai famosissima preghiera-poesia Barattolo di nardo.
Affrontando quella lettura, mi sono accorta
che avevo di fronte un personaggio veramente pieno di aspetti interessanti, che
ancora adesso mi lasciano meravigliata. Con l’approfondire la vicenda di
Alessandro, ho capito che potevo avere un “suggeritore celeste” circa il modo
corretto di voler bene ai seminaristi ambrosiani in colui che, da direttore
spirituale, ne formò parecchi, indirizzandoli ad amare davvero Dio sopra ogni
cosa.
Letto il libro, mi restava da mettere in
pratica quanto avevo appreso. Ancora una volta, venne in mio aiuto suor Maria
Grazia, con una proposta: avrei dovuto affiancarla nel suo compito d’insegnante
di Religione presso una scuola media. Dato che dovevo semplicemente seguirla e
non insegnare in prima persona, ho accettato. Quell’esperienza, durata due
anni, mi è servita per riconoscere che fare l’insegnante, nemmeno di Religione,
non faceva al caso mio: i ragazzi erano troppo intemperanti, disordinati,
chiassosi. Tuttavia, mostravano di avere una sincera curiosità per gli elementi
della fede, come ho constatato a più riprese. Con loro sono stata anche, per la
prima volta, al collegio delle Marcelline a Cernusco sul Naviglio, dove tutto
ha avuto inizio e dove i Fondatori sono sepolti.
Nel 2009, poi, ho dato una mano nello stand che la Fondazione Stella Maris, la
onlus che sostiene i progetti delle suore in terra di missione,
aveva alla fiera Fa’ la cosa giusta.
Leggendo la documentazione che mi era stata fornita per spiegare quelle realtà
agli eventuali interessati, mi sono resa conto che il loro impegno educativo si
è adattato alle condizioni dei tempi, pur senza dimenticare gli scopi
originari. Altro che religiose precisette, avevo di fronte delle donne
decisamente coinvolte con le persone a loro affidate!
Concluso l’affiancamento alla suora, non ho
perso i contatti con lei e consorelle. Fu anche per questo motivo che decisi di
dedicare la mia tesi di laurea specialistica ad alcuni aspetti di lingua e
stile nel De virginibus di
sant’Ambrogio, la sua prima opera, dedicata alle vergini consacrate come sua
sorella santa Marcellina. Analizzandola, mi è tornato in mente che anche
monsignor Biraghi fu uno studioso degli scritti del patrono della mia città,
avanzando tra l’altro alcune ipotesi circa la corretta attribuzione degli Inni
tramandati sotto il suo nome.
Tra l’altro, ho notato un curioso
particolare: Ambrogio, che gioiva nel riscoprire i sepolcri degli antichi martiri
milanesi, ha avuto lo stesso destino post
mortem. Nel 1864, infatti, i resti suoi e dei santi Gervaso e Protaso
furono riscoperti e riconosciuti proprio dal Biraghi.
Col passare degli anni, a causa anche del
trasferimento di suor Maria Grazia, ho allentato un po’ il mio rapporto con le
Marcelline, ma non dimentico quanto mi hanno suggerito, per i miei studi ma
ancor più per la mia vita.
Il suo Vangelo
L’insegnamento più generale che credo si
possa trarre dalla vita del Beato Luigi Biraghi sia che chi crede può avere
anche un cumulo di onori, incarichi, impegni, ma se riesce a trovare un punto
fermo cui appoggiarsi può davvero compiere opere meravigliose, tanto da
diventare egli stesso degno di fiducia.
Lui lo è stato anzitutto per i suoi
seminaristi, alcuni dei quali sono stati proposti ad esempio ufficiale o sono
in cammino per essere dichiarati tali. Ma anche per le sue figlie è stato un
maestro autorevole, che per primo ha vissuto quello che riferiva loro nelle sue
istruzioni o nelle sue lettere, come quella del 13 gennaio 1839, dove scrisse:
Soprattutto vi vorrei simili al girasole. Questo fiore guarda sempre al sole, la mattina sta rivolto all’oriente dove il sol nasce, poi segue colla sua faccia il sole a mezzodì, ad occidente; pare che non viva che per il sole. Bell’esempio per voi! Il vostro sole è Gesù Cristo: a Lui dunque tenete sempre rivolto il vostro cuore.
Il suo lo era di certo; prego che per le
suore, gli studenti delle loro scuole e i Laici Marcellini, che condividono il
carisma, valga lo stesso.
Per saperne di
più
Luciana
Redaelli – Insegnare Gesù. Monsignor
Luigi Biraghi, Elledici 1996, pp. 88, fuori catalogo (ma richiedibile presso
le Suore Marcelline).
Anche se precedente alla beatificazione, è
ugualmente valido per chi non conoscesse la sua vita.
Ennio
Apeciti – Come il nardo. Biografia del
Beato mons. Luigi Biraghi, pp. 124, € 8,00.
La biografia ufficiale uscita per la
beatificazione.
Suor
Elsa Antoniazzi – suor Cristina Ceroni (a cura di), Amate le vie piane. Sentieri di riflessione e preghiera con Don Luigi
Biraghi, Centro Ambrosiano 2006, pp. 96, € 5,00.
Alcune tracce di preghiera con pensieri
tratti dalle sue lettere.
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