Se fossi un sacerdote... (dedicato ai Preti 2017)

Una parte della mia collezione di immaginette di Prima Messa (preti che dovreste leggermi, riconoscete la vostra?)

Come ogni anno, sebbene non sia da ritenere scontato, a Milano è tempo di ordinazioni sacerdotali. La notizia, giornalisticamente parlando, è che i futuri sacerdoti sono nove: avrebbero dovuto essere dieci, ma uno si è ritirato a un passo dall’altare, per motivi che ignoro.
Chi mi legge da tempo sa quanto io tenga ai ministri sacri, vivi e defunti: 43 post, compreso questo, hanno l’etichetta “Sacerdoti” e molti di essi ritguardano figure ufficialmente proposte per la loro esemplarità. Sulla base di quanto ho imparato da loro, mi sono formata un’immagine di sacerdote che, se fossi nata maschio, cercherei  di tradurre per quanto possibile nella realtà, seguendo quattro linee guida: la liturgia e la preghiera, i segni e i comportamenti esteriori, il rapporto con gli altri sacerdoti e quello con i fedeli.

Liturgia e preghiera


Baserei le mie omelie esclusivamente sulla Parola del giorno...
Perché va bene avere in una mano il Vangelo e nell’altra il giornale, ma a volte ho sentito di sacerdoti che, per restare sulla metafora, hanno tenuto un quotidiano sportivo! Commentando i più recenti risultati della loro squadra del cuore, lasciavano con l’amaro in bocca l’assemblea che, invece, aveva capito poco delle letture.

...Ma ogni tanto c’infilerei dentro qualche esempio di santi
Senza forzature né limitandomi a citazioni passeggere. Darei sempre un brevissimo inquadramento cronologico e poi passerei al fatterello; magari poi qualche fedele verrebbe da me a chiedere approfondimenti.

Mi atterrei scrupolosamente alle rubriche del Messale
Ci sono già tante possibilità di applicazione creativa senza per forza stravolgere le parole della Messa o addirittura inventarmi formule tutte mie... Ad esempio, quando il calendario non lo impedisce, userei le Messe votive, oppure ricorderei le memorie dei santi, anche quelle facoltative, spiegando ai fedeli il perché e provvedendo ai sussidi necessari (quanto mi fa innervosire quando partecipo a una Messa dove il celebrante segue uno schema e i fedeli leggono le antifone del giorno!).

M’interesserei alla formazione liturgica dei miei parrocchiani
A cominciare da quelli più impegnati in quell’ambito (lettori, coro, ministri straordinari), cercherei di coinvolgerli per far sì che davvero la mia comunità partecipi in maniera attiva e consapevole al Mistero di cui io sarei ministro principale. In questo modo, eviterei storture o arbitrii e, se proprio si verificassero, cercherei anzitutto di mantenere la calma, poi di spiegare perché non si debba agire in quel modo.
Alla stessa maniera, avrei una cura particolare per i chierichetti e i ministranti, per far capire loro che non sono dei semplici inservienti né dei reggi-cantari umani.


Segni e comportamenti esteriori

Mi vestirei almeno con la camicia col colletto
Tacciatemi pure per tradizionalista, ma sono del parere che i segni esteriori siano importanti per qualificare un ministro di Dio. S’intende, però, che non devono essere vissuti come un’imposizione e nemmeno in modo sfacciato, come a dire: «Sì, sono un prete, e allora?».
Ammetto, però, che spesso ho visto preti consapevoli della loro missione anche se indossavano una camicia a scacchi, come altri col clergyman o la veste che guardavano da sotto in su il fedele che chiedeva loro aiuto. Di converso, ho conosciuto un sacerdote che portava la talare come se fosse una seconda pelle, sempre con dignità e consapevolezza, anche quando era in mezzo alla gente.
Se non all’esempio del Beato Rolando Rivi, che nell’abito riconosceva l’espressione del suo essere del Signore, mi rifarei a questa scena di Cado dalle nubi, del comico Checco Zalone (che nella pellicola crede che la ragazza che gli piace stia con un giovanotto che, invece, è il prete della sua parrocchia). 
Spropripropridovessmettermagliette o camicie "secolari"sceglierecomunque dei capi in tinta unita (bianco, grigio o nero).

Userei in maniera sobria i social network
Un po’ come faccio nella mia vita vera, ossia non posterei di continuo elementi su tutto quello che faccio, né commenterei ogni singolo fatto. Condividerei solo le notizie che davvero potrebbero portare chi mi segue a riflettere.
Se nella mia parrocchia avvenissero fatti incresciosi, chiederei al responsabile dei mezzi di comunicazione (perché farei in modo che ce ne fosse uno) di pubblicare un post sulla pagina parrocchiale di Facebook e la condividerei sul mio profilo personale senza aggiungere poco o nulla a commento.


Formazione personale e vita comunitaria nel presbiterio

Mi renderei disponibile alle confessioni almeno una mattina a settimana e mi confesserei una volta a settimana
La Chiesa è fatta di peccatori perdonati e io, sentendomi chiamato a guidarne una porzione, non mi sentirei esente dall’accogliere quanti avessero bisogno di chiedere il perdono di Dio. Dovrei avere molta pazienza con chi verrebbe spessissimo perché roso dagli scrupoli, ma anche con chi banalizza il sacramento, guidandolo a una sua piena comprensione.
A mia volta mi accosterei di frequente alla Riconciliazione, per capire meglio come Dio mi abbia scelto per andare oltre i miei limiti e indicare, a me stesso anzitutto, come essere pienamente felice.

Cercherei sempre di partecipare agli incontri della formazione permanente del clero
Almeno a Milano, ce ne sono parecchi: per i preti dai dieci anni di Messa in giù, poi, c’è anche un pellegrinaggio speciale sui luoghi di qualche Santo o simili, spesso accompagnato dall’Arcivescovo. Riconosco, però, che le incombenze parrocchiali siano importanti: appuntamenti di quel genere servono, tra le altre cose, per viverle meglio.
Agli incontri di formazione affiancherei anche i momenti di fraternità con gli altri membri del presbiterio, sia in parrocchia sia in Decanato. Il rischio, tuttavia, sarebbe renderli un covo di pettegolezzi contro il mio vescovo: m’impegnerei al massimo per stroncare in me e negli altri quelle chiacchiere che non fanno affatto bene alla comunione tra di noi.

Andrei a colloquio col mio vescovo almeno due volte l’anno
Per renderlo consapevole di quello che realmente accade nella mia comunità, ma non solo: per ricevere da lui consigli, incoraggiamenti e, sperando di no, qualche rimprovero se il mio agire non fosse corretto.


Rapporto con i fedeli

Starei molto, ma molto, ma MOLTO attento a trattare con i bambini e con le donne
Di questi tempi, ci vuole poco perché un sacerdote venga accusato di pedofilia o di avere un’amante. A volte, purtroppo, le accuse sono vere, ma per quanto starebbe in me cercherei di evitare qualsiasi forma di contatto fisico.
Non dico che arriverei a fare come san Luigi Gonzaga, che non guardava in faccia nemmeno sua madre, ma eviterei di stare gomito a gomito con le esponenti del gentilsesso, sebbene, a ben vedere, mi converrebbe usare questa cautela anche con gli uomini. Il rischio sarebbe essere considerato anaffettivo e chiuso, ma allora mi converrebbe chiedere aiuto per moderarmi.

Ai miei giovani proporrei esperienze di servizio
Sono del parere che questo genere di attività contribuisca davvero alla formazione integrale della persona, quindi l’applicherei senza dubbio. Cercherei però legarle sempre a qualche figura importante, scelta tra le mie preferite e non tra le solite che vengono proposte negli oratori, sebbene quei personaggi di cui sarei devoto siano, anche nella mia vita attuale, dei quasi perfetti sconosciuti alla gran parte dei fedeli.


Infine, auguri!


La realtà, comunque, è diversa: sono una donna e non potrò mai applicare, da sacerdote, queste aspirazioni. Però i nove che domani saranno ordinati in Duomo potrebbero riuscirci, o almeno spero.
Per questo non posso che chiudere il post con il canto o inno dei Preti ambrosiani 2017 (qui le risorse audio e la partitura per impararlo bene), che prende il titolo dal loro motto di classe: «Con amore che non conosce confini», frase tratta a sua volta dalla Preghiera Eucaristica VI del nostro Messale. Loro sì che possono cercare di essere servi premurosi, amici discreti, accompagnatori accorti di quanti troveranno sulla via che hanno scelto, sul modello di Gesù.

Commenti

  1. :-D :-D :-D
    Che bel post, Emilia! Non escludo di rubarti l'idea prima o poi, dandoti ovviamente i dovuti credits: è un esercizio bello e interessante, fa riflettere!

    A caldo, io direi che condivido quasi tutti i tuoi punti, tranne due/tre.

    Il vescovo io cercherei di tampinarlo BEN PIU' di due volte all'anno!!!, mi rendo conto che in una mega-diocesi come Milano è utopia (e anche Torino non è che scherzi...), ma ad esempio conservo un bellissimo ricordo dei miei anni Pavesi, dove una diocesi a misura d'uomo permetteva davvero che ci fosse un rapporto reale tra vescovo e sacerdoti. Secondo me, se il vescovo non riesce umanamente a esserci per tutti i sacerdoti (che è comprensibilissimo), dovrebbe incaricare qualcuno di seguire da vicino il clero e poi "fare rapporto".

    Ma questo non dipende da me-ipotetico-sacerdote ma dal vescovo, quindi lo metto fuori categoria :-D

    Io eviterei la cosa di "almeno una mattina a settimana per le confessioni", perché di una mattina dedicata alle confessioni non te ne fai niente a meno di non essere una casalinga, un pensionato o un disoccupato. Una mattina dedicata alle confessioni va benissimo per le categorie suddette, ma io proverei ad affiancarci una roba che non ho mai visto in nessuna chiesa (se non nei tempi forti tipo la Settimana Santa), e cioè le confessioni nel tardo pomeriggio o di sera. Sarebbe tanto comodo per uno che esce dal lavoro verso le 17:30 sapere che il parroco confessa dalle 18 alle 21, e regolarsi di conseguenza!
    Mi dirai: eh ma povero parroco deve saltare la cena.
    E va beh non morirà per quello.
    Io in pausa pranzo mangio sempre un panino al volo negli intervalli di tempo e non sono mai morta di fame.

    L'altra cosa su cui non concordo tanto è l'estrema attenzione che metteresti nel relazionarti con le donne, nel senso: la capisco benissimo, ma penso che possa diventare un'arma a doppio taglio. Non tanto per la solitudine del sacerdote in sè (che è comunque pericolosa e da evitarsi), ma proprio perché, per paura delle dicerie o della tentazione, rischi di privarti di una dimensione di rapporti umani che non è da scartare del tutto. Io penso che un'amicizia stretta tra un consacrato e una donna (se non degenera, ovviamente - ma mica siam bestie che dobbiamo per forza avere un secondo fine in tutto) possa essere di grande arricchimento per entrambi e forse ancor di più per il consacrato stesso, che magari di occasioni per rapportarsi con le donne ne ha anche avute relativamente poche nella sua vita (uno che è entrato in seminario molto giovane e magari a scuola non aveva mai stretto particolari amicizie con le ragazze, diciamo che è un po' tagliato fuori da questo universo?).
    Ecco, io non me ne priverei del tutto solo per una questione di maldicenze.
    Se l'amicizia è occasione di tentazione, di mancherebbe altro, da evitarsi come la peste, ma laddove parliamo di un genuino sentimento di affetto fraterno e di caritas cristiana, perché no?
    Io di amicizie, anche molto strette, con sacerdoti, ne ho alcune. Vista la differenza di età è più una specie di rapporto padre/figlia che di amicizia tra pari in senso stretto, però credo che sia una dimensione fortemente arricchente per tutti e due, e forse per il sacerdote ancor più che per il laico, e davvero non me la farei scappare :-)

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    1. Grazie a te per il commento! In effetti, certe mie ipotesi possono apparire troppo rigide, ma sotto sotto penso ci sia del buono.
      Hai ragione sulle confessioni pomeridiane: nella chiesa dove mi fermano spesso al termine delle lezioni universitarie, c'era sempre almeno un anziano sacerdote, o addirittura lui e il vecchio parroco... almeno finché non sono morti a un annetto di distanza l'uno dall'altro.😢
      Piuttosto, ho dimenticato di scrivere che darei molto spazio anche alla preghiera del Rosario (almeno una corona al giorno se non di più) e che, nel parlare della Madonna, non la dipingerei come una fanciulla sprovveduta uguale a tutte le altre, quasi che Dio avesse tirato a indovinare su chi rendere Sua Madre, invece di averla pensata e creata proprio con quello scopo. Che poi lei abbia dovuto saperlo da un angelo, è un altro conto.

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  2. Lucia "Lucyette", autrice del commento di cui sopra, ha pubblicato la sua lista di aspirazioni immaginario-sacerdotali. Condivido anch'io quasi tutto, ma possibile che avessi dato per scontata l'appartenenza al clero diocesano? https://unapennaspuntata.com/2017/06/29/se-fossi-un-sacerdote/

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