Sposa di Cristo, figlia del popolo ebreo – Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce (Cammini di santità #16)
Non
mi sentivo all’altezza di parlare di santa Teresa Benedetta della Croce, al
secolo Edith Stein, quando il direttore di Sacro
Cuore VIVERE mi ha chiesto di dedicarle la puntata di maggio della mia
rubrica.
In primo luogo, perché a scuola Filosofia era l’unica materia che
avessi insufficiente (la mia professoressa di Matematica era molto di manica
larga): mi risultava difficile capire anche gli insegnamenti dei filosofi che
poi sono stati venerati come Santi o Beati. In secondo luogo, perché sentivo
che il pensiero di questa Santa nello specifico fosse troppo vasto e non sarei
mai riuscita a farlo rientrare in seimila caratteri o poco più.
Non
che mi fosse sconosciuta: avevo letto un piccolo libro su di lei e visto il
film La settima stanza. Ho comprato
un’altra biografia più ampia, ma continuavo ad avere difficoltà a capire il suo
percorso di fede, culminato col martirio. L’ho invocata interiormente,
chiedendole di aiutarmi a poter scrivere bene di lei e di avere qualche luce
che mi suggerisse come operare.
Una
è stata una trasmissione radiofonica, passando di canale in canale, in cui il conduttore raccontava come siano stati gli incontri che Edith fece a portarla a Dio. Un’altra,
il conforto ricevuto da un padre dei Servi di Maria, da cui mi ero confessata:
mi aiutò a capire che tra me e lei c’erano molti più elementi in comune di quel
che pensassi.
Alla
fine, questo è il risultato, che mi ha lasciata tutto sommato soddisfatta.
Appena troverò una chiesa dove c’è un’immagine di santa Teresa Benedetta (una
la conosco, ma è un po’ lontana da casa), andrò ad accendere una candela per grazia
ricevuta.
* * *
In
una città del sudest della Germania, Bad Bergzabern, giugno 1921. Una giovane
donna entra nella biblioteca della tenuta di Theodor ed Hedwig Conrad-Martius,
suoi amici. Per ingannare il tempo in attesa del ritorno dei padroni di casa,
decide di passare il tempo leggendo. Il primo libro che le capita sottomano è
la «Vita» di santa Teresa d’Avila scritta da lei medesima. Passa tutta la notte
nella lettura: sente che quelle pagine stanno parlando proprio al suo cuore.
Quando è ormai mattina, la donna chiude il libro: «Questa è la verità!»,
esclama. Questa donna si chiama Edith Stein e, da quel momento in poi, non è
più la stessa.
Una
ricerca inquieta
Edith
è nata a Breslavia in Germania (oggi Wrocław in Polonia) la sera del 12 ottobre
1891. È la settima degli undici figli di Siegfried Stein e Auguste Courant,
ebrei sia di stirpe sia di religione. Già nell’infanzia è attratta dai libri e
dalla cultura, appresa anche tramite l’ambiente familiare. Ha un carattere
volitivo, vivace, a tratti impertinente. Quando ha sette anni, però, capisce
che deve correggersi: impara ad avere piena padronanza di sé, non senza qualche
fatica.
Gli
anni dell’adolescenza le portano un momento di crisi, nel quale sceglie
d’interrompere gli studi. Viene quindi inviata dalla madre ad Amburgo, ospite
di sua sorella Else. Quando torna a casa, nel marzo 1907, Edith è molto più
robusta in salute. Lo spirito, per contrasto, si è affievolito: si dichiara
agnostica, come la sorella e il cognato.
Si
iscrive al liceo scientifico, poi all’università della sua città. Nell’aprile
1913 si trasferisce a Gottinga, dove insegna il filosofo Edmund Husserl. Edith
è catturata dal suo insegnamento sulla fenomenologia, ossia sull’andare a
cogliere l’essenza stessa delle cose. Con lui discute la tesi di laurea e, nel
gennaio 1915, supera l’esame di Stato per l’abilitazione all’insegnamento. Sia
gli studi, sia la frequentazione di colleghi credenti, come Max Scheler o Adolf
Reinach, la conducono a considerare nuovamente l’aspetto della fede cristiana.
Pur nell’agnosticismo, dimostra una notevole dirittura morale, specie nel
periodo che trascorre come infermiera volontaria in Austria. Nell’agosto 1915,
Edith mette fine alla sua esperienza di crocerossina. Ricomincia gli studi e,
in più, si propone al grande Professor Husserl come sua assistente.
Nella
luce della Croce
Nel
1917, Adolf Reinach suo collega d’insegnamento muore in guerra. La vedova,
Anne, chiede a Edith di venire in casa loro a sistemare gli scritti del marito.
Lei esita, perché non sa che cosa dire in una situazione così triste. Ma poi va
e rimane senza parole nel vedere che la vedova ha un’espressione addolorata, ma
in pace. La spiegazione le viene data dal racconto della stessa Anne: lei e il
marito avevano ricevuto il Battesimo nella Chiesa protestante e vivono nella
fede anche la morte che è la porta verso la pienezza della vita. Edith, in
seguito, parlerà dell’accaduto così: «Fu il mio primo incontro con la croce e
con la forza divina che essa comunica a chi la porta. Fu il momento in cui
risplendette la luce di Cristo. Cristo nel mistero della croce». Alla sua
conversione porta un forte contributo l’incontro casuale con un’anonima donna,
entrata nel duomo di Francoforte semideserto, per una breve preghiera. «Nelle
sinagoghe e nelle chiese protestanti che avevo visitato la gente andava solo
alle funzioni. Ma qui qualcuno entrava nella chiesa deserta, nel bel mezzo
delle incombenze quotidiane, come per un colloquio intimo», ricorderà.
Una
nuova crisi la porta, a poco a poco, a staccarsi dal Prof. Husserl. Vorrebbe
dedicarsi a lavori filosofici propri, ma è insoddisfatta, soffre interiormente.
Intanto le testimonianze di fede di altri filosofi la conducono a lunghe
riflessioni. Alla fine accade anche a lei di essere riempita dalla luce di Dio,
nell’alba di quel giorno che segna la sua conversione.
Corre
subito a procurarsi un messalino e un catechismo. Il suo approccio alla fede
cattolica è ancora intellettuale, ma allo stesso tempo passa per l’esperienza
diretta. Poco tempo dopo, infatti, partecipa alla Messa e chiede al parroco di
Bad Bergzabern di esaminarla. Il sacerdote, meravigliato della profondità delle
sue riflessioni, fissa la data del Battesimo al 1° gennaio 1922. Lo stesso
giorno, Edith riceve la sua Prima Comunione. A fine agosto, è ai piedi di sua
madre per dirle poche, efficaci parole: «Mamma, sono cattolica!». Mamma Auguste
si sente ferita e scoppia in lacrime. La figlia, che capisce il suo dolore,
piange con lei.
Verso
la vita religiosa
Insieme
alla conversione, Edith riceve il dono della vocazione nell’Ordine Carmelitano.
Il suo primo direttore spirituale, il canonico Joseph Schwind, la dissuade
momentaneamente e le trova un posto come insegnante di lingua e letteratura
tedesca nel liceo del monastero delle domenicane di Spira. Approfondisce il pensiero di san Tommaso
d’Aquino e, sul suo esempio, dichiara: «La via della fede ci dà di più della
via della conoscenza filosofica; il Dio vicino come persona, che ama ed è
misericordioso, ci dà una certezza che non è propria di alcuna conoscenza
naturale».
Dopo
otto anni, parte da Spira e riprende i suoi impegni universitari. Lezioni,
conferenze, vari impegni accademici l’assorbono, ma non si trova più a suo agio
nel mondo. Intanto, l’ascesa al potere di Hitler la conduce a pensare che si
avvicinano tempi difficili, per la Germania e per il popolo ebreo, cui sente
fortemente di appartenere.
Finalmente,
il 14 ottobre 1933, le porte del Carmelo di Colonia si chiudono dietro di lei.
Ha quarantadue anni quando entra in monastero. Si adatta alla nuova vita, ma
soffre quando si confronta con le altre novizie, più giovani e meno colte di
lei. Con estrema umiltà, sa mettersi al loro livello. È pronta nel servizio e
lo vive con amore, anche quando le costa fatica. Il 14 aprile 1934 compie la
vestizione e cambia nome: ora è suor Teresa Benedetta della Croce. Il 21 aprile
1938, con i voti perpetui, cita san Giovanni della Croce: «La mia unica professione
è d’ora in poi l’amore».
Martire
ad Auschwitz
Il
suo compito, ora più che mai, è di unirsi con la preghiera al sacrificio di
Gesù prolungato nella storia e che si compie, in quegli anni, nello sterminio
degli ebrei. «Penso sempre alla regina Ester che è stata scelta tra il suo
popolo per intercedere davanti al re per il suo popolo. Io sono una piccola
Ester povera e impotente ma il re che mi ha scelto è infinitamente grande e
misericordioso. E questa è una grande consolazione», scrive il 31 ottobre 1938.
Nel
tentativo di scampare alla furia nazista, nella notte del 31 dicembre
successivo, suor Teresa Benedetta viene portata nel Carmelo di Echt, in Olanda.
Lì, per speciale concessione dei superiori, riprende a scrivere le sue opere
spirituali. Nasce quindi un saggio su san Giovanni della Croce, il riformatore
del Carmelo, a quattrocento anni dalla nascita. Intitolato «Scientia Crucis»,
rimane però incompiuto.
Il
2 agosto 1942, infatti, gli uomini della Gestapo vengono ad arrestarla mentre è
in coro. Con lei c’è la sorella Rosa, anche lei diventata cattolica, che vive
nella foresteria del monastero. Suor Teresa Benedetta la prende per mano e
l’esorta: «Vieni, andiamo per il nostro popolo».
Nel
campo di smistamento di Westerbork si prende cura come può dei bambini a cui le
madri, sconvolte, non riescono a badare. All’alba del 7 agosto 1942, un
convoglio di 987 ebrei parte per Auschwitz: le due sorelle Stein sono tra loro.
Suor Teresa Benedetta muore il 9 agosto, nella camera a gas. Il suo corpo è
stato sepolto in una fossa comune.
San
Giovanni Paolo II, riconoscendo il suo martirio, l’ha beatificata nel Duomo di
Colonia il 1° maggio 1987. L’11 ottobre 1998, a Roma, l’ha iscritta nell’elenco
dei Santi. Infine, il 1° ottobre 1999, l’ha proclamata compatrona d’Europa
insieme a Brigida di Svezia e Caterina da Siena, Benedetto da Norcia, Cirillo e
Metodio.
«Chi
cerca la verità cerca Dio»
Suor
Maria Cecilia del Volto Santo, monaca carmelitana e studiosa di santa Teresa
Benedetta della Croce, conclude così la sua biografia pubblicata nel 1996:
«L’intera esistenza di Teresa Benedetta della Croce è una eloquente
dimostrazione che la sapienza umana non riesce da sola a salvare, se non si
incontra e si unisce con la sapienza divina. Anzi, il suo proprio anelito è di
incontrarsi con Dio-Verità. Può quindi essere applicata alla stessa Santa
quella che è forse la sua frase più famosa «Dio è la verità. Chi cerca la
verità cerca Dio, che lo sappia o no».
Originariamente
pubblicato su «Sacro Cuore VIVERE» di maggio 2018, pp. 16-17 (visualizzabile
qui)
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