Squarci di testimonianze #22: i nuovi Santi e l’“effetto Bakhita”
Piazza San Pietro il 17 maggio 1992, giorno della beatificazione di Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita
Fonte: Vita Più Speciale, n. 5, luglio-settembre 1992, p. 7
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C’è
una data per le prossime canonizzazioni: il 14 ottobre 2018, durante il Sinodo
dei Vescovi sui giovani. Così ha decretato papa Francesco, nel Concistoro Ordinario Pubblico di oggi. Le supposizioni degli ultimi giorni sono quindi
state cancellate da una notizia che, a ben vedere, ha del sorprendente: non
solo i Beati Paolo VI e Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, ma anche i Beati Francesco
Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper e Nazaria Ignazia di Santa
Teresa di Gesù verranno iscritti nell’albo dei Santi lo stesso giorno.La
facciata di San Pietro ha posto per gli arazzi di tutti, ma non tutti sono allo stesso modo
conosciuti. In effetti, sui mezzi di comunicazione anche cattolici, quando c’è
una cerimonia di canonizzazione per più personaggi ha maggiore risalto il nome di
quello che ha fama – non nel senso tecnico di “fama di santità” – maggiore.
Personalmente,
spero che per gli altri si realizzi quello che mi è venuto da chiamare “effetto
Bakhita”. Leggendo la biografia di santa Giuseppina Bakhita, religiosa delle
Figlie della Carità Canossiane, in vista del post che volevo dedicarle, mi
è risultato evidente un fatto che conoscevo, ma su cui non avevo riflettuto
attentamente: il 17 maggio 1992 fu beatificata con Josemaría Escrivá de
Balaguer, fondatore dell’Opus Dei.
Scrive il biografo, Roberto Italo Zanini:
Scrive il biografo, Roberto Italo Zanini:
Un’accoppiata di santi, se così si può dire, che lascia
perplessi coloro che hanno seguito le procedure per la beatificazione di madre
Giuseppina. Ancora oggi Monsignor Antonio Casieri, all’epoca membro della
Congregazione delle cause dei santi, ricorda che erano in molti a giudicare
azzardata l’unione delle due beatificazioni. Il timore era che il grande e
universalmente noto Fondatore dell’Opus Dei finisse per relegare nell’anonimato
l’elevazione agli altari della sconosciuta schiava africana.
Invece accade qualcosa di straordinario. Il monsignore di
origini nobili conosciuto in tutto il mondo, che il giorno della beatificazione
riempie di gente piazza San Pietro, dà un “passaggio” a Bakhita e la fa
conoscere al mondo. La folla che quel giorno giunge a Roma da tutti i
continenti (duecentocinquanta mila persone) è quasi tutta per lui, ma Bakhita
compie un altro dei suoi “miracoli dell’umiltà”. La sua storia entra nei cuori
della gente dell’Opus, e quei cuori la portano nei loro Paesi d’origine.
Bakhita, senza che nessuno organizzi un’opera di “promozione” della sua
“immagine” (se ci sono consentiti i termini pubblicitari) raggiunge in questo
modo i luoghi più remoti del pianeta così come le città più affollate.
Da Roberto Italo Zanini, Bakhita – Inchiesta su una santa per il 2000,
San Paolo 2009, pp. 105-106.
Spero
proprio, dunque, che questa scelta non metta in ombra i vissuti esemplari di
questi due sacerdoti e di queste due religiose e fondatrici. Anzi, auspico che
contribuisca a far capire che anche loro, come papa Montini e colui che a
ottobre sarà ufficialmente “san Romero delle Americhe”, hanno mostrato un
aspetto del volto di Cristo nella Chiesa e nella società del loro tempo.
Don
Francesco Spinelli, ad esempio, mise al centro del suo operato il mistero
dell’Eucaristia adorata, vissuta e celebrata. Anche quando questioni economiche
lo allontanarono dal governo delle suore che aveva fondato, seppe rifarsi con
la “vendetta dei santi”, ovvero perdonando. Oggi le Suore Adoratrici del SS.
Sacramento lo considerano loro fondatore, ma immagino che sia una figura importante
anche per le Suore Sacramentine di Bergamo, la cui fondatrice è santa Geltrude
Comensoli, che fu sua stretta collaboratrice.
Don
Vincenzo Romano, invece, non si è mai mosso dalla sua Torre del Greco, dove fu
prima economo curato della parrocchia di Santa Croce, poi parroco. Eppure, è
stato ugualmente missionario, attuando tecniche di evangelizzazione che non
hanno nulla da invidiare all’“evangelizzazione di strada” portata avanti da
alcuni movimenti religiosi, specie per i giovani. Curiosamente, come anche
madre Maria Caterina Kasper, è stato beatificato proprio da Paolo VI: lui il 17
novembre 1963, lei il 16 aprile 1978. Prometto che quando andrò a trovare i
miei parenti andrò a pregare nella sua parrocchia: in fondo, Torre del Greco
non è lontana da Portici, dove alloggio quando sono in vacanza.
Madre
Maria Caterina, invece, di umile famiglia tedesca, fu una lavoratrice
instancabile sin dall’adolescenza. Era certa di volersi consacrare a Dio, ma
non in una congregazione già esistente. Con l’appoggio dei suoi parrocchiani,
costituì nel 1845 una comunità religiosa, le Povere Ancelle di Gesù Cristo, che
ancora oggi curano anziani e malati. Anche una volta diventata superiora
generale, non smise di avere uno stile di vita sobrio: per visitare le case
della congregazione, in cui arrivava a sorpresa, si spostava in treno, ma nelle
classi economiche, oppure a piedi. Fino a tarda età continuò a svolgere i
servizi più ordinari, come se fosse ancora una contadina.
Infine,
madre Nazaria Ignazia appartiene a quei Santi “dalla fine del mondo” che hanno contribuito a far
circolare il Vangelo in America Latina tra Otto e Novecento, ispirandosi agli
insegnamenti della Compagnia di Gesù. Già quand’era religiosa delle Piccole Suore degli Anziani Abbandonati, lei aveva
iniziato a immaginare una schiera di fedeli che lottassero, al fianco del Papa
e dei vescovi, per sostenere la Chiesa. La sua ispirazione divenne realtà il 16 giugno 1925, quando iniziò la
vita comune con nove compagne, primo seme di quello che oggi è l’istituto delle
Missionarie Crociate della Chiesa (in spagnolo, Misioneras Cruzadas de la
Iglesia).
Beatificando
Clelia Barbieri il 27 ottobre 1968, Paolo VI ha dichiarato:
Ma questa esatta impressione di piccolezza non dice tutto
della nuova Beata, anzi non dice le ragioni dell’esaltazione, che meritamente
la Chiesa oggi le tributa. Un’altra impressione succede, quella della scoperta.
Avviene spesso nella vita dei Santi. I titoli della loro vera personalità
bisogna scoprirli, e perciò bisogna cercarli. Quelli che credono che la santità
abbia come manifestazione ordinaria il miracolo spesso si illudono. Il miracolo
potrà verificarsi, e costituire il segno di virtù e di carismi straordinari, e
quindi santità meritevole di speciale onore e di fiducioso credito. Ma questa
santità dev’essere cercata in altre sue manifestazioni, le quali esigono nell’osservatore
particolari condizioni di spirito, che sono poi quelle che da un lato rendono a
lui benefico il culto dei Santi e dall’altro lo giustificano; cioè dev’essere
cercata nella somiglianza, che il Santo riflette su di sé, di Cristo, il
modello, il maestro, il vero Santo. Il culto dei Santi è una ricerca di Cristo
in alcuni suoi seguaci, più fedeli e più favoriti.
Questo
vale per tutti i Santi, non solo per coloro che, insieme a lui, verranno
dichiarati tali il prossimo 14 ottobre.
[EDIT 9/10/2018: solo ora mi sono ricordata di dover aggiungere che, dopo il Concistoro del 19 luglio scorso, è stato aggiunto il Beato Nunzio Sulprizio. I prossimi Santi, quindi, sono in tutto sette.]
[EDIT 9/10/2018: solo ora mi sono ricordata di dover aggiungere che, dopo il Concistoro del 19 luglio scorso, è stato aggiunto il Beato Nunzio Sulprizio. I prossimi Santi, quindi, sono in tutto sette.]
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