Gli striscioni più belli per i preti novelli (Le 5 cose più #14)
Ieri
nel Duomo di Milano si sono tenute le ordinazioni sacerdotali. Ventitré candidati
diocesani, cinque del PIME e un Benedettino Olivetano hanno risposto “sì” alle
domande dell’Arcivescovo monsignor Mario Delpini, si sono prostrati alle
Litanie dei Santi, hanno ricevuto la casula come il “vestito più bello” donato
al figlio prodigo della parabola, hanno scambiato l’abbraccio di pace tra di
loro, con i confratelli e i familiari e, per la prima volta, sono saliti
all’altare per consacrare il pane e il vino.
Mai
come quest’anno, però, il clima che pervadeva le persone che li aspettavano
all’esterno della Cattedrale, in quella che da più di un anno è via Carlo Maria
Martini, era particolarmente intenso. Il motivo risiede nel motto di classe che
i candidati diocesani hanno scelto: E
cominciarono a far festa, tratto dalla già citata parabola del figlio
prodigo, o del padre misericordioso, contenuta nel Vangelo di Luca.
Per
questa ragione, ho pensato di presentare la mia classifica degli striscioni più
originali, colorati e simpatici realizzati dalle parrocchie di origine e
destinazione dei neo-sacerdoti. Dove vivo adesso ho avuto solo un’occasione di
realizzare qualcosa di analogo, ma non fuori dal mio Duomo. A Dio piacendo,
potrebbe toccare tra qualche anno a un ragazzo della parrocchia dove sono nata
e cresciuta, ma è ancora prestissimo.
Preciso
che tutte le foto sono opera mia. Dove le inquadrature non sono riuscite al
meglio, è perché ero pressata dalla folla. Non metto i cognomi dei sacerdoti
(ma uno mi è scappato) perché non vorrei che un giorno combinassero disastri e qualcuno finisse qui
cercando notizie su di loro.
A
questi striscioni mi sento di aggiungere le tifoserie – perché di tali si
tratta – che hanno usato parrucche, fumogeni, magliette stampate per
l’occasione, o che hanno perfino messo in campo una banda musicale. Magari
l’anno prossimo potrei fare la classifica di questi gruppi, non tanto dei
cartelli.
Sono
arrivata in Duomo alle 8.15: la piazza era già piena di fedeli in fila per i
controlli di sicurezza. Li ho passati a mia volta, entrando in chiesa durante i
12 Kyrie (che, nelle celebrazioni più solenni, sostituiscono l’Atto
penitenziale; lo dico per i lettori non ambrosiani). Non c’era più posto a
sedere, per cui mi sono accontentata di collocarmi accanto a uno degli schermi
preparati per l’occasione. Una vocina nel cervello m’insinuava che, allora, tanto
valeva che restassi a casa e seguissi la diretta su Chiesa TV. Subito l’ho
allontanata: sentivo di dover essere presente, dato che alle ordinazioni
diaconali ero fuori Milano.
5) A Jerago si va sul classico
Lo
striscione della Comunità Pastorale Maria Regina della Famiglia, di Jerago con
Orago, riprende non solo il motto del “loro” don Andrea e dei suoi compagni, ma
perfino il carattere tipografico utilizzato.
4) Don Giovanni, o il ritratto della gioia
Semplice
e d’effetto al tempo stesso lo striscione per don Giovanni B., con un suo ritratto
abbastanza fedele.
3) Non “Martini”?
Il
gruppo che parteggiava per don Gabriele, invece, si è rifatto a un vecchio spot
di un noto aperitivo per far capire che chi sta con lui non si ubriaca, ma riceve
un sovrappiù di grazia.
2) Pari pari dall’Evangeliario Ambrosiano
La
Comunità Pastorale Epifania del Signore di Brugherio ha preso una delle opere
dell’Evangeliario Ambrosiano, dell’artista Nicola Villa, per gioire con il suo
don Alberto. Del resto, il più giovane dei novelli preti (di cui mi ero
occupata qui) da tempo correda i suoi post su
Facebook con l’hashtag #unabuonanotizia.
1) Tra ironia e affidamento
Gli
amici e comparrocchiani di don Francesco, originario di Rho, hanno optato per
una battuta ironica, ma carica di speranza.
Menzioni d’onore
La tifoseria di Vanzago, se non sbaglio |
Il mio modo di vivere la festa
Biglietti inutili… o forse no |
Ho
cercato di restare raccolta durante tutto il rito e, inevitabilmente, mi sono
commossa mentre cantavo il canto dei Candidati 2018 (qui tutte le risorse per
impararlo). Mi sono emozionata tantissimo sentendo che altre persone,
accanto a me, lo sapevano: allora l’impegno di noi di Shekinah, che abbiamo
registrato la versione definitiva del canto, non è stato inutile.
Per
l’occasione, avevo con me una borsa piena di libri, incartati con involucri
scintillanti e accompagnati da biglietti non comprati in libreria, ma
realizzati con Word e con parole tratte da qualche autore spirituale. Mi sono
procurata i volumi chiedendoli ad alcune suore, che me li hanno concessi in
cambio un’offerta libera, oppure li ho ricevuti in omaggio, quindi ho speso
poco o nulla: volevo condividerli perché pensavo avrebbero fatto del bene ai
festeggiati.
Tuttavia,
le parole dell’Arcivescovo, nel suo consueto invito prima della benedizione
solenne, mi hanno portata a desistere dal mio proposito iniziale. Infatti, lui
ha suggerito di non regalare tutta una serie di articoli ai neo-ordinati: non
libri, perché costituiscono una “zavorra” per un eventuale trasloco; non icone,
perché non saprebbero dove appenderle; non paramenti, perché le sacrestie ne
sono piene. Piuttosto, continuava monsignor Delpini, bisogna preparare un foglietto,
scritto bene, con le parole della lettera di san Paolo agli Efesini, compresa
nella Liturgia della Parola dell’ordinazione.
Alla
fine ero così scoraggiata che non ho consegnato nessuno dei libri ai preti
novelli che conoscevo. In compenso, avevo alcune corone del Rosario fatte da
me: quelle non costituiscono “zavorra”, quindi mi sono sentita più libera di
regalarle. In fin dei conti, ho iniziato a fabbricare Rosari proprio perché
volevo regalare qualcosa di originale e di non troppo costoso a un giovane sacerdote
che avevo conosciuto in vacanza.
Non
per questo accuso l’Arcivescovo, che preferisce consultare le biblioteche,
specie quella del Seminario, ad averne una in casa. Dopotutto io stessa, tempo
fa, avevo provato a convincere una signora che regalare un libro a un sacerdote
prossimo a traslocare non fosse l’ideale. Che sorpresa, poi, sapere che quel
libro gli piacque davvero!
La
colpa è mia, che sono terribilmente permalosa e mi lascio rovinare la festa - non solo quella di ieri -
dalle notizie spiacevoli e dalle chiacchiere che danneggiano la comunione
ecclesiale. Prego e spero che anche ai nuovi ordinati, ma anche a quanti ricordano in questi giorni l’anniversario della propria ordinazione, nessuno e nulla guasti la
festa più bella, al di là di cartelloni e cori da stadio: quella che raggiunge
il cuore quando si ottengono l’aiuto dei fratelli e il perdono del Padre.
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