Suor Maria Addolorata del Sacro Costato: in croce, ma contenta


Suor Maria Addolorata nell'Ospedale Maggiore  di Bergamo,
in una fotografia del 27 gennaio 1954
(fonte:  p. 10 dell'inserto fotografico del libro Sinfonia del dolore)
(mi scuso per la scarsa qualità della scansione)
Chi è?

Maria Luciani, al Battesimo Maria Pasqualina, nacque il 2 maggio 1920 a Montegranaro, in provincia di Ascoli Piceno, sesta figlia di Enrico Luciani e Camilla Dezi. Dopo aver ricevuto la Prima Comunione, si trasferì con la famiglia a Morrovalle, in provincia di Macerata, dove conobbe i religiosi della Congregazione della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, ovvero i Passionisti. Terminò le scuole elementari, poi iniziò ad aiutare i familiari nei lavori agricoli.
Avvertì la vocazione religiosa a tredici anni, ma pensò di dover restare accanto a sua madre. Tuttavia, mandò a monte almeno due fidanzamenti, perché il desiderio di consacrarsi era sempre più forte. Così, il 4 giugno 1945, entrò nel monastero delle Suore della Passione di Gesù Cristo, ossia le Passioniste claustrali, di Ripatransone: il 22 agosto 1946 vestì l’abito religioso e cambiò nome in suor Maria Addolorata del Sacro Costato.
Poco dopo la professione dei voti temporanei, avvenuta il 15 novembre 1947, si ammalò. Ricoverata nell’ospedale di Macerata nel settembre 1950, le fu diagnosticata una pleurite; dopo qualche giorno di convalescenza in famiglia, rientrò in monastero. Dovette però uscire di nuovo il 28 giugno 1951; il 4 novembre 1950 aveva emesso la professione perpetua.
Nel dicembre 1952, da poco rientrata una seconda volta in monastero, le venne dichiarato che aveva la tubercolosi polmonare. Per questa ragione, il 9 luglio dello stesso anno, lasciò per sempre Ripatransone, per essere curata in sanatorio.
Dopo alcuni giorni nel sanatorio per religiose di Groppello, in provincia di Bergamo, venne ricoverata nell’Ospedale Maggiore del capoluogo. Per portarla più vicina a casa, ma soprattutto al monastero, fu trasferita nel sanatorio di Teramo, il 31 marzo 1954. Morì in quel luogo il 23 luglio 1954, a trentaquattro anni compiuti.
L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione si è svolta nella diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto (dopo aver ottenuto il trasferimento di competenza dalla diocesi di Teramo-Atri, in cui era morta) dal 23 luglio 1995 al 29 settembre 1995. Il 7 novembre 2018 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui veniva dichiarata Venerabile.
I resti mortali di suor Maria Addolorata del Sacro Costato riposano dal 3 settembre 1990 nella chiesa annessa al monastero delle Passioniste a Ripatransone.

Cosa c’entra con me?

Credo fosse l’estate del 2012 quando ho avuto il mio primo contatto con suor Maria Addolorata: se non ricordo male, è accaduto prima che cambiassi casa. Di passaggio per il santuario della Madonna del Rosario di Pompei, ho trovato un pieghevole su di lei nella Sala Offerte. Sarà retorico e sono certa di averlo scritto per altre figure, ma lo sguardo giovanile che compariva sotto gli abiti passionisti (benché l’immagine ufficiale fosse un palese fotomontaggio) mi ha attratta immediatamente.
Vedendo che santiebeati non aveva una sua scheda, ho pensato di farla: ho quindi telefonato alle Passioniste di Ripatransone, il cui numero era sul pieghevole. Le monache credevano che fossi intenzionata a entrare da loro, ma ho garbatamente declinato la proposta: volevo solo dei santini e qualche libro.
Tornata dalle vacanze, ho trovato tutto nella buca. Mi sono data alla lettura, ma ho rimandato l’idea di scrivere di lei perché, in quel periodo, mi ero già occupata di storie di sofferenza santificata. Colpita da quello che mi sembrava un cumulo di sciagure, ho lasciato perdere, tenendo tuttavia i libri a portata di mano, col proposito di riprenderli prima o poi.
Più che i patimenti fisici, mi avevano rattristata quelli morali. Anzitutto, l’uscita forzata dal monastero, nel quale lei si sentiva come una regina: diceva proprio così, in una lettera alla madre. Poi il disagio che provava nel vivere in sanatorio, in una condizione che non favoriva affatto il raccoglimento: le altre degenti ascoltavano la radio ad alto volume e parlavano di argomenti frivoli. Ai maltrattamenti subiti dalla suora caposala dell’ospedale di Bergamo, che non le forniva le medicine dicendole di comprarsele (ma non poteva, essendo una monaca) si erano poi aggiunti i comportamenti disdicevoli della novizia sua vicina di letto.
L’ispirazione mi è sembrata tornare quando ho conosciuto, in parrocchia, una monaca clarissa, ospite di una famiglia di miei conoscenti per ragioni di salute. Mi è venuto spontaneo affidarla a suor Maria Addolorata e mi ero ripromessa di regalarle un suo santino: dopo il trasloco, però, non ricordo dove li ho messi.
Lo scorso 8 novembre, leggendo come mio solito la lista dei decreti autorizzati da papa Francesco al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, sono stata molto felice di vedere suor Maria Addolorata tra i nuovi Venerabili. Ho quindi pensato di darmi da fare, ma non ho ancora scritto neppure una riga per il profilo biografico.
Avevo in animo di scrivere un post su un altro personaggio, questa settimana, ma ho ricevuto – caso rarissimo – un diniego. Mi domando se sarebbe accaduto lo stesso se fossi stata mandata da qualche giornale più autorevole. A parte questo, tornata a casa, ho trovato nella mia posta un giornaletto da parte di altre monache cui avevo scritto.
Mi è subito venuto in mente che l’indomani, cioè oggi, ricorreva la Giornata di Preghiera Pro Orantibus e mi è tornata l’ispirazione. Tuttavia, pensando che la storia in questione fosse più adatta alla solennità di Cristo Re, che per il Rito Romano cade questa domenica, ho scelto di rimandare ad allora il pezzo relativo. Mi è quindi venuto spontaneo presentare proprio suor Maria Addolorata anche se, ora che ci penso, avrei potuto chiedere alla monaca di cui dicevo prima se potessi parlare di lei.
Rileggere i libri mandati dalle Passioniste mi ha fatto ricordare che ogni sofferenza della loro consorella, nel corpo e nell’anima (ma lei era più preoccupata per quest’ultima), non era stata sprecata. Da quel che ho capito, lei provava a dissimularla nelle lettere ai familiari, oppure la sfogava negli incontri con loro o con i cappellani degli ospedali in cui passò. Pensava che sarebbe stata una Passionista indegna se non avesse avuto presente che Gesù ha redento l’umanità grazie alla Croce. Se anche a lei era toccato di provarla in maniera tanto aspra, doveva semplicemente amarla.
Non mi sono unicamente commossa nel leggere i brani delle sue lettere e le testimonianze di chi la conobbe, ma ho anche sorriso. Se è vero che la santità si vede anche dal senso dell’umorismo del candidato agli altari in questione, suor Maria Addolorata ne era molto dotata. Forse perché esasperata dalle canzoni che passavano alla radio e che, secondo lei, non avevano un messaggio positivo, o più probabilmente per tirarsi su e rallegrare le compagne di degenza, rifece in chiave cristiana i testi di due brani molto famosi (sul finale di questa pagina): Tutte le mamme, che reinterpretò pensando alla malattia che aveva interrotto la sua esperienza claustrale, e Vola colomba, in cui l’innamorato per cui sospira l’interprete è sostituito con Gesù.

Il suo Vangelo

Facendo qualche calcolo, la vita claustrale di suor Maria Addolorata è durata appena sette anni, dove i ricoveri si alternavano ai ritorni in monastero. Penso comunque che sia un personaggio adatto alla ricorrenza di oggi perché, più che per la tisi, penava per la lontananza dal convento.
Era molto più serena lavorando nell’orto o sbrigando vari servizi che non bloccata a letto, mentre era obbligata ad ascoltare le frivolezze delle sue compagne di stanza. Per lei valeva in maniera speciale quanto è scritto nel Salmo 83 (84): stare nella casa di Dio è meglio che essere in compagnia di persone malvage.
Il suo insegnamento fondamentale è contenuto in una delle lettere, dove scrisse:
Sono tanto contenta di tutto ciò che Gesù mi manda, però mi regala continuamente spine e croci: non chiedo altro a Gesù che la forza per compiere fino all’ultimo istante della vita la sua adorabile Volontà.
Valeva per lei, vale per chi vive in monastero, vale per chiunque.


Per saperne di più


Filippo D’Amando, Soffrire per offrire – Sr. Maria Addolorata Luciani, Serva di Dio, Monastero delle Passioniste – Ripatransone 1997.
La riedizione della prima biografia, uscita nel 1960.

Pasquale Giamberardini, Sinfonia del dolore – Suor Maria Addolorata Luciani, Editoriale ECO 1997, pp. 190.
Biografia più ampia, con larghi stralci delle lettere, le testimonianze di parenti e conoscenti e le attestazioni della sua fama di santità.

Dato che il monastero di Ripatransone è in via di chiusura, secondo quanto scritto qui, penso proprio che entrambe le pubblicazioni possano essere richieste alla Curia Generalizia dei Passionisti.

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