Ambrogio di Milano: da sorvegliante a pastore, con Gesù al centro
Mosaico nella basilica di Sant’Ambrogio, sacello di San Vittore in Ciel d’Oro |
Chi è?
Aurelio
Ambrogio nacque a Treviri in Gallia (oggi Trier in Germania) intorno al 340, ultimo
dei tre figli di un funzionario imperiale. Dopo la morte del padre, ancora
bambino, si trasferì con la madre e i fratelli a Roma, dove studiò i classici
latini e fu educato alla fede, ma non ricevette il Battesimo.
Iniziò
la carriera di magistrato a Sirmio (l’attuale Srijemska Mitrovica, in Serbia),
diventando poi, nel 370, consularis,
ovvero governatore, delle provincie imperiali della Liguria e dell’Emilia,
stabilendosi a Milano. Durante un tumulto popolare cercò di placare gli animi:
la folla, ascoltandolo parlare, lo acclamò vescovo. Venne quindi battezzato il
30 novembre 374 e, il 7 dicembre, ordinato vescovo.
Nel
corso del suo ministero insegnò ai fedeli come pregare e meditare sulle
Scritture, come lui stesso faceva. In particolare, promosse la verginità
consacrata e curò la formazione dei catecumeni. Si oppose agli imperatori per
difendere la Chiesa e le sue prerogative, restando fedele al Papa di Roma. Morì
il 4 aprile 397.
La
sua memoria liturgica cade il 7 dicembre, anniversario della sua ordinazione
episcopale, ma nel calendario della diocesi di Milano è anche ricordato il
giorno del suo transito, il 4 aprile. I suoi resti mortali sono venerati nella
cripta della basilica milanese che porta il suo nome, originariamente edificata
da lui stesso in onore dei martiri Gervaso e Protaso.
Cosa c’entra con me?
Sant’Ambrogio
è il patrono della mia città e della mia Diocesi, ma non ho mai scritto di lui
qui, prima d’ora. In questi giorni, però, si stanno moltiplicando incontri,
studi scientifici, pubblicazioni più o meno divulgative su di lui: l’occasione
sembra proprio quella giusta.
Ero
in terza o quarta elementare quando chiesi ai miei genitori di portarmi a
vedere la fiera degli Oh Bej Oh Bej, che all’epoca si teneva ancora a lato
della basilica di Sant’Ambrogio. Ricordo che ebbi un’impressione di confusione,
che non venne meno neanche quando, con tutta la famiglia, riuscii a entrare per
vedere l’interno della chiesa. Gli scheletri del vescovo e dei martiri Gervaso
e Protaso non mi fecero tanta paura: ero invece affascinata dallo splendore
della cripta e dalla luce delle candele.
In
prima media, come mi era già capitato, vinsi un concorso collegato al percorso di
catechismo. Il premio fu una biografia a fumetti di sant’Ambrogio, ma non mi
attrasse granché e non ricordo neanche per quali ragioni. Non credo sia più
disponibile, ma spulciando in qualche bancarella parrocchiale se ne trova
ancora qualche copia.
Negli
anni delle scuole medie la basilica divenne per me oggetto di un
approfondimento sull’architettura romanica. Mi stupì molto scoprire che ogni
capitello del chiostro raffigurava un animale diverso, ma al di là delle
bellezze artistiche non mi venne da capire cos’avesse fatto sant’Ambrogio nella
sua vita.
Il
momento in cui ho iniziato a scoprirlo davvero è stato durante l’università.
Nel 2006, leggendo del Beato Luigi Biraghi, mi fece quasi sorridere il
fatto che il sepolcro di Ambrogio fosse stato ritrovato né più né meno di come
lui stesso aveva rinvenuto i resti dei martiri accanto ai quali volle essere
deposto.
Dopo
la laurea triennale in Letteratura Cristiana Antica, volevo continuare su quella
linea per la specialistica. Seguire il corso di Letteratura Latina, che quell’anno
era sulle lettere di Ambrogio al prefetto del pretorio Simmaco sulla questione
dell’Altare della Vittoria, mi fece scoprire la ricchezza del suo stile retorico,
tanto da farmi prendere una decisione: avrei discusso la tesi su una delle sue
opere, ma solo se avessi preso 30 e lode in quell’esame. Appena la
professoressa mi riferì che avevo meritato proprio il massimo, le chiesi subito
di poterla avere come relatrice e di lavorare su Ambrogio. Giustamente, lei mi suggerì
di aspettare: dopotutto, era il mio primo esame.
Non
sapevo, però, su quale opera concentrarmi. Pensavo agli Inni, ma mi sembravano un’opera troppo ampia. Andai quindi a
chiedere aiuto a uno dei sacerdoti che costituivano un po’ la mia ancora di
salvataggio quando il mio direttore spirituale non era disponibile. Peraltro,
anche se era ormai anziano (sarebbe morto di lì a poco), costui aveva fama di
possedere doni speciali.
Non
ero e non sono il tipo da cercare personalità dotate di strani carismi, ma
quella volta ho pensato che avrei dovuto ricorrere a lui. Appena gli dissi che
mi sarei laureata su sant’Ambrogio, lo sentii ripetere più volte che avrei
dovuto studiare il De Virginibus,
ovvero la sua prima opera, dedicata alla verginità consacrata.
Dopo
giorni di ricerche, di colloqui, di scrittura e riscrittura (che mi fece
rinunciare a un viaggio ad Assisi, ma poi mi sono rifatta), la tesi era
pronta. Purtroppo ero finita fuori corso di sei mesi, per cui non ho potuto
neanche, come speravo, partecipare a un concorso indetto dalla Veneranda
Fabbrica del Duomo. In compenso, avevo imparato qualcosa di più importante
ancora dell’analisi stilistica e grammaticale del latino ambrosiano: ovvero,
che la verginità consacrata promossa da lui poteva avere dei corrispettivi anche
nel mondo di oggi.
Da
allora, ogni volta che mi capitava, andavo a pregare in basilica, anzi, proprio
in cripta. Le ragioni per cui pregavo erano tante: per il mio Arcivescovo e i suoi
Vicari, per i sacerdoti e i seminaristi, per i consacrati e le consacrate, per
i fedeli laici, compresi i giovani che, con me, partecipavano ogni anno agli
Esercizi Spirituali serali, inizialmente per tutta la Diocesi, poi solo per la
Zona Pastorale di Milano città.
Ho
vissuto tanti incontri sotto il tetto di sant’Ambrogio - volutamente minuscolo, come se volessi dire che ero proprio in casa sua - ma due in particolare
mi sono rimasti nel cuore. Il 1° settembre 2011, quasi in una restituzione di
ciò che avevo imparato alle medie, ho accompagnato un folto gruppo di Suore di
San Giuseppe dell’Apparizione (quelle di santa Emilia de Vialar) in visita
lì, oltre che in Duomo. Poco più di un anno dopo, proprio durante gli Esercizi
serali per i giovani, ho fatto la prima conoscenza di quelli che sarebbero
diventati, di lì a poco, i miei nuovi compagni di cammino nella parrocchia nel
cui territorio stavo per trasferirmi.
Il suo Vangelo
L’azione
pastorale di sant’Ambrogio ha avuto tantissimi aspetti, alcuni dei quali temo
di aver tralasciato già nella sintesi iniziale. Tuttavia, penso che il suo modo
particolare con cui ha tradotto gli insegnamenti di Gesù risieda nel modo in
cui abbia imparato a fare il vescovo e a crescere nella fede.
Nel
suo volto asimmetrico, come restituito dalle recenti indagini anatomopatologiche,
sembrano quasi riflettersi la sua fermezza con i governanti che osteggiavano la
Chiesa e la dolcezza del suo modo di esporre le Scritture. Non dimenticò i
propri trascorsi come funzionario imperiale, ma divenne ben più di un sorvegliante
del suo popolo (nel latino dell’epoca, sacerdos
era quello che noi chiamiamo “vescovo” mentre episcopus era, appunto, il sorvegliante).
Il
suo primo biografo, il segretario Paolino, ha raccontato che sapeva piangere i
peccati degli altri come se fossero i propri. Si realizzava così quanto aveva
chiesto nella preghiera e trascritto nell’opera La penitenza (II, 8, 73):
Signore, dammi la compassione in ogni caduta che mi
testimonia come cade un peccatore; che io non lo punisca pieno di presunzione e
di orgoglio, ma che io pianga e mi affligga con lui.
Spero
proprio che valga per chiunque vive e abita non solo nella mia città, Diocesi e
Regione, ma anche per quanti visitano, in questi giorni e nel resto dell’anno,
la chiesa dove lui riposa, affiancato dai suoi “difensori” Gervaso e Protaso.
Per saperne di più
Cesare
Pasini, Ambrogio di Milano – Azione e
pensiero di un vescovo, San Paolo 1997, pp. 272, € 16,53.
Una
biografia corposa e accurata, uscita in occasione dei milleseicento anni dalla
morte.
Michele Aramini, Sant’Ambrogio – Padre della Chiesa di Milano
e Dottore universale, Velar-Elledici 2009, pp. 48, € 3,00.
Una
sintesi degli aspetti principali della sua vita e delle sue opere.
Marco Navoni, Ambrogio maestro di vita consacrata,
Centro Ambrosiano 1997, pp. 176, € 9,30.
Uno
dei dottori della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana presenta le caratteristiche
fondamentali del pensiero del santo vescovo riguardo alla consacrazione femminile.
Luca
Frigerio, Ambrogio - Il volto e l'anima,
Centro Ambrosiano 2018, pp. 280, € 35,00.
Un
percorso nelle varie rappresentazioni artistiche del volto e della vita di
Ambrogio.
Marco
Gianola, Non come giudice ma
come vescovo - Lo Spirito nell'umanità di sant'Ambrogio, San Paolo 2018, pp. 192, €
18,00.
Un
percorso nella vita di Ambrogio per capire come abbia incarnato le tre virtù teologali.
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