Don Nicolò Daste: padre delle orfane, modello di vocazione

Ritratto fotografico di don Nicolò Daste
(per concessione delle Suore Figlie della Divina Provvidenza)
Chi è?

Nicolò Daste nacque a San Pier d’Arena (oggi Sampierdarena, quartiere di Genova) il 2 marzo 1820, da Giovanni Battista Daste, falegname, e Giulia Parodi. Educato alla fede dalla madre, fu ammesso alla Prima Comunione a dieci anni, in anticipo rispetto all’epoca.
Studiò privatamente con l’aiuto di due sacerdoti, ma a quindici anni perse il padre. Voleva continuare a studiare, ma gli fu impedito dallo zio che aveva assunto la condizione della falegnameria di famiglia, presso la quale lavorava anche suo fratello maggiore. Solo sua madre lo capiva, ma morì anche lei, nel 1842.
Il 15 agosto 1860, quando ormai suo fratello minore e sua sorella maggiore erano diventati autonomi, Nicolò decise di partire alla ricerca di un sacerdote che gli facesse da maestro. Alla fine fu aiutato da don Vincenzo Carlini, a Multedo di Pegli. Si stabilì a Villa Rostan, dove don Carlini era cappellano, e per tre anni si diede agli studi per il sacerdozio.
Nel 1866 monsignor Andrea Charvaz, arcivescovo di Genova, l’ammise come candidato agli ordini sacri. Nicolò fu ordinato sacerdote il 24 giugno 1866, a quarantasei anni compiuti. Venne assegnato come cappellano (ossia viceparroco) della parrocchia di San Martino e Santa Maria della Cella, la sua parrocchia di nascita.
Nel suo desiderio di aiutare i bambini abbandonati di San Pier d’Arena si trovò d’accordo con Apollonia Dellepiane, una giovane donna che aveva cominciato ad accogliere bambine e ragazze orfane. Il suo ruolo era quello di economo, ma di fatto fu come un padre per loro, sia come educatore, sia provvedendo alle loro necessità.
Dalle giovani maestre che si associarono ad Apollonia e dalle orfane che avevano voluto restarle accanto, don Nicolò trasse le Suore Figlie della Divina Provvidenza. Il loro compito doveva essere l’educazione delle bambine secondo quanto vedevano fare da lui: le ascoltava e le guidava senza giudicarle.
Morì il 7 febbraio 1899, a tarda notte. Il 17 febbraio 2017, a Genova, si è svolta la prima sessione del processo diocesano sull’eroicità delle sue virtù. I suoi resti mortali riposano dal 20 maggio 1965 presso la casa madre delle Suore Figlie della Divina Provvidenza, dette popolarmente Suore di Don Daste, in Salita Belvedere 2 a Genova-Sampierdarena.

Cosa c’entra con me?


Il 28 agosto 2017, il webmaster di santiebeati.it mi spedì per posta elettronica dei files da cui avrei dovuto trarre un profilo biografico di don Nicolò Daste. Forse in maniera sbrigativa, gli risposi che avevo altre priorità, a cominciare dalle schede di monsignor Jesús Emilio Jaramillo Monsalve e di don Pedro María Ramírez Ramos, che sarebbero stati beatificati di lì a poco.
Dopo la pubblicazione di quei due testi, ho cominciato a leggere il materiale che avevo ricevuto. L’11 settembre la prima bozza era pronta, così l’ho mandata alle suore e al postulatore. Mi rispose suor Ignazia, che mi diede anche delle precisazioni sulle opere che le Figlie della Divina Provvidenza hanno oggi. Ho scoperto che hanno una casa anche a Pioltello, non molto lontano da Milano.
Il primo aspetto che mi colpì fu la tenacia con cui Nicolò non smise di pensare al sacerdozio, né quando le necessità della famiglia e l’ubbidienza allo zio sembrarono fermarlo, né quando non riuscì a trovare qualcuno che, com’era successo nella sua prima giovinezza, potesse garantirgli una formazione continuativa. Con un rapido calcolo, ho appurato che trascorsero trentasei anni da quando intuì di dover essere sacerdote a quando ottenne di essere ordinato.
L’altro aspetto che mi meravigliò fu il pragmatismo tipico degli abitanti delle sue terre, che però non si accompagnava al difetto altrettanto tradizionalmente, quasi ai limiti del pregiudizio, abbinato ai genovesi. Don Nicolò, infatti, pur essendo povero di suo, era generoso: lo dimostrò sia con i Salesiani, quando impiantarono le loro opere a Genova, sia quando raccolse beni e arredi sacri per il terremoto che distrusse Bussana nel 1887. Anche l’ironia con cui seppe conquistare i giovani che lo prendevano in giro, chiamandolo «sacco di carbone», ha suscitato la mia ammirazione.
Come spesso mi accade, mi ero quasi dimenticata di lui. Ieri, però, ho letto sul Televideo Rai che una suora, a Sestri Ponente, aveva salvato la vita a un anziano sacerdote, rimanendo ferita gravemente al suo posto. Stamattina ho controllato se Avvenire ne parlasse: leggere che la religiosa, suor Divya, apparteneva alla «congregazione delle Figlie della Divina Provvidenza di don D’Aste» (sic) mi ha fatto tornare alla mente la sua storia.
Quando poi ho appurato che era in condizioni gravi, ma non era in pericolo di vita, mi era venuto naturale pensare che don Nicolò, che tanto teneva al sacerdozio, abbia protetto sia il prete anziano, sia quella sua figlia.
Ho subito scritto a suor Ignazia per assicurarle le mie preghiere e per domandarle di chiedere un coraggio simile per me, anche in circostanze meno drammatiche. Ringraziandomi, ha riconosciuto che il suo fondatore, di cui quest’anno cade il bicentenario della nascita, le aveva salvate da un grande pericolo.
In effetti, ho notato una consonanza tra lei e lui. Stando a quanto racconta Il Secolo XIX, suor Divya aveva iniziato il liceo, ma aveva dovuto interrompere gli studi. Ciò nonostante, ha continuato a sperare di ottenere il diploma.

Il suo Vangelo

L’annuncio di don Nicolò e delle sue figlie è di bontà e paternità verso i più piccoli, continuato oggi non più tramite orfanotrofi, ma scuole primarie e dell’infanzia. L’indirizzo specifico che ha da sempre fatto parte della loro storia si è espanso grazie a tanti incontri, come quello che ha portato suor Elisabetta Provinciali, madre generale negli anni ’60, a conoscere padre Giuseppe Vilaganden, sacerdote indiano, per progettare l’apertura di case nel Kerala, lo Stato natale di suor Divya.
Nella sua esperienza, “prè” (l’appellativo genovese per i sacerdoti) Nicolò aveva capito che la Provvidenza si esprime tangibilmente tramite la generosità di tante persone e permette di entrare in contatto con altri che, invece, avrebbero bisogno di riceverla.
Per questo amava ripetere:
Dio, per dare agli uomini, si serve degli uomini; ma è Lui che dona, e i doni che elargisce sono suoi.
Tra questi doni ci sono tantissime consacrate, che arrivano in Italia per varie ragioni. Il loro sorriso e la loro perseveranza sono un altro segno della Provvidenza, indipendentemente dal carisma fondativo che seguono.

Su Internet

Sito ufficiale delle Suore Figlie della Divina Provvidenza
Scheda sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni

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