Perché invidiavo e perché ammiro Carlo Acutis (Le 5 cose più #20)


Il mio rapporto con Carlo Acutis, il quindicenne milanese di cui ieri è stato approvato il decreto relativo al miracolo valido per la sua beatificazione, è parecchio conflittuale. Se da una parte sono sicura che la sua esemplarità sia innegabile, non solo per gli adolescenti e i giovani, dall’altra mi sono trovata spesso a provare motivi d’invidia nei suoi riguardi.
Ho quindi provato a stilare una lista dei cinque motivi per cui mi sono arrabbiata quasi ogni volta che ne sentivo parlare. Però mi sono anche domandata se ci sono delle ragioni per cui, in fondo, sono grata a Dio per aver suscitato nella Chiesa una persona come lui.

Lo invidiavo perché…

5) Perché, se fosse rimasto in vita, avremmo potuto entrare in relazione

Credo che in un modo o nell’altro ci saremmo conosciuti. Se fosse avvenuto di persona e avessimo scoperto di avere interessi comuni, gli avrei chiesto di collaborare a santiebeati, o almeno di leggere e condividere i contenuti di questo blog.
Per non parlare, poi, del fatto che alla GMG di Cracovia sono andata coi giovani della sua parrocchia, a cui si erano uniti quelli del mio Decanato. Penso proprio che sarebbe stato dei nostri, se non altro per sentire dal vivo la voce del Papa.

4) Perché era molto ricco

Non avevo ancora letto la sua prima biografia, ma negli articoli scritti da monsignor Ennio Apeciti per Fiaccolina, la rivista per ragazzi curata dal Seminario di Milano, mi aveva stupito il fatto che considerasse i soldi come «carta straccia».
Inizialmente ho pensato che fosse una frase collegata al suo ceto sociale. In realtà, voleva dire che per lui contava molto di più avere un animo nobile e sensibile ai bisogni del prossimo. In effetti, con i suoi soldi poteva cominciare a esercitare la carità verso i poveri, sia che stazionassero di fronte alla sua chiesa, sia che frequentassero la mensa dell’Opera San Francesco in viale Piave.

3) Perché papa Francesco l’ha citato nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus Vivit

Per la precisione, in tre paragrafi:
104. Ti ricordo la buona notizia che ci è stata donata il mattino della Risurrezione: che in tutte le situazioni buie e dolorose di cui parliamo c’è una via d’uscita. Ad esempio, è vero che il mondo digitale può esporti al rischio di chiuderti in te stesso, dell’isolamento o del piacere vuoto. Ma non dimenticare che ci sono giovani che anche in questi ambiti sono creativi e a volte geniali. È il caso del giovane Venerabile Carlo Acutis.

105. Egli sapeva molto bene che questi meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati, dipendenti dal consumo e dalle novità che possiamo comprare, ossessionati dal tempo libero, chiusi nella negatività. Lui però ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza.

106. Non è caduto nella trappola. Vedeva che molti giovani, pur sembrando diversi, in realtà finiscono per essere uguali agli altri, correndo dietro a ciò che i potenti impongono loro attraverso i meccanismi del consumo e dello stordimento. In tal modo, non lasciano sbocciare i doni che il Signore ha dato loro, non offrono a questo mondo quelle capacità così personali e uniche che Dio ha seminato in ognuno. Così, diceva Carlo, succede che “tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Non lasciare che ti succeda questo.

Prima di lui, ai paragrafi 51-62, c’è quasi una litania dei giovani santi. Apprezzo la scelta di personaggi anche poco noti almeno dalle nostre parti: il Beato Andrea di Phû Yên, martire coreano, o santa Caterina Tekakwitha, vergine nativa americana (uso i nomi italianizzati perché mi attengo al Martirologio Romano).
La menzione di Carlo come giovane creativo e geniale, unico non Beato o Santo al momento della pubblicazione, non mi ha stupita troppo perché adeguata al contesto.

2) Perché il suo iter verso gli altari è stato rapidissimo

Ecco i dati, nudi e crudi, di cui sono a conoscenza (ignoro le date della prima sessione dell’inchiesta diocesana, della consegna della Positio e delle riunioni dei Consultori teologi e dei cardinali e vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, sia quelle sulle virtù eroiche, sia quelle sul miracolo):
12 ottobre 2006: Carlo muore a Monza
12 ottobre 2012: sono in corso le fasi preliminari della causa
13 maggio 2013: nulla osta da parte della Santa Sede
24 novembre 2016: ultima sessione dell’inchiesta diocesana
5 luglio 2018: promulgazione del decreto sulle virtù eroiche
14 novembre 2019: parere positivo della Consulta Medica sul presunto miracolo
22 febbraio 2020: promulgazione del decreto sul miracolo

Facendo due conti, sono quindi trascorsi appena dodici anni dal suo transito al riconoscimento dell’eroicità delle sue virtù, che avrebbe anche potuto avvenire più tardi, e poco meno di quattordici dal decreto sul miracolo.

1) Perché è più famoso di Alessandro Galimberti

Praticamente ogni volta che mi è capitato di accennare di quest’ultimo a qualche persona, specie a qualche suora, mi sentivo rispondere: «Eh, ma c’è anche quel ragazzo… quello che era un genio dell’informatica…». Mi sembrava come se la testimonianza di Alessandro venisse sminuita di fronte a quella di Carlo.
Però, se è vera com’è vera la sua frase più famosa, ognuno dei due ha la propria originalità; purtroppo, però, quella di quel seminarista di Lissone (peraltro deceduto appena due anni prima di lui) non è altrettanto valutata positivamente.

Lo ammiro perché…

5) Perché scoprire la sua storia mi ha fatto capire che tra modernità e tradizione rettamente intesa non ci sono barriere

Conoscere da autodidatta manuali d’informatica complicati e visitare ogni giorno Gesù nell’Eucaristia, per lui, non si escludevano. Il suo segreto credo che fosse, come scrivevo nel primo post che gli avevo dedicato, «a illuminare di fede tutti gli aspetti della sua vita, senza apparire un fissato».

4) Perché mi sono rivolta alla sua intercessione quando mi si è rotto il computer portatile

Due anni fa il mio computer è caduto mentre ero in casa. Ho provato a riavviarlo, a staccare la batteria, ma invano. A quel punto, prima di correre dal tecnico, ho chiesto aiuto al Signore tramite Carlo, ripetendo di continuo che il dispositivo mi serviva principalmente per raccontare le storie belle dei veri Testimoni. Ho perfino messo una sua immaginetta sotto la tastiera!
Dato che non funzionava più, ho finito col comprarne uno nuovo, ma anche questo mi sta dando qualche problemino. Prometto che, la prossima volta che dovrò cambiarlo, chiederò di nuovo una dritta a lui, per discernere quale sia lo strumento più adatto a me (chiederò anche ai commessi, s’intende).

3) Perché mi ha ispirata a mettere a servizio le mie doti migliori

Del resto, il cardinal Scola, nell’ultima sessione dell’inchiesta diocesana, aveva proprio detto così.
Un altro conto è che non ci riesca al meglio, ad esempio scrivendo storie che conciliano il sonno invece di provocare le coscienze (come direbbe il suo successore monsignor Delpini) o privilegiando gli aridi dati biografici rispetto al nocciolo della testimonianza.

2) Perché il suo esempio ha portato a un rinnovato interesse per la santità nei bambini, nei ragazzi e nei giovani

Ormai non c’è repertorio del genere che non lo citi, come Giovani Campioni di cui facevo la recensione qui.
In più, parlare di lui e della sua esemplarità ha portato anche all’apertura di nuove cause relative a giovani e adolescenti. Un caso fra tutti: quello di Matteo Farina, la cui postulatrice è la stessa che si è occupata di Carlo fino alla fase diocesana. Non solo: è stata la signora Antonia, sua madre, a parlarle di Matteo, secondo quanto lei stessa ha rivelato a TV 2000.
Continuo però a chiedermi perché si parli di lui a volte tra i “santi” giovani (come nella Christus vivit), a volte tra quelli bambini, quando è morto a quindici anni. Suppongo, però, che siano sottigliezze.

1) Perché mi ha fatto vincere l’Internet

Mentre stilavo le domande per l’intervista alla dottoressa Lodovica Maria Zanet, me ne è venuta una circa l’uso dei messaggi col cellulare e delle e-mail come documenti per un processo diocesano. Fu lei a fare l’esempio di Carlo come primo candidato agli altari non solo vissuto nell’era digitale, ma anche attivo utilizzatore dei nuovi media.
Dopo che ho inoltrato l’intervista all’Ufficio Stampa della EDB, ho visto per la prima volta il mio nome nella rubrica WikiChiesa di Avvenire. In fin dei conti, pensavo, deve aver interceduto per me, nonostante i sentimenti brutti che a volte mi hanno presa nei suoi riguardi.

Concludendo

Visitando la chiesa del Sacro Cuore in viale Piave a Milano, tempo fa, ho visto che qualcuno aveva messo in bacheca un’immagine di Carlo, con un cartello che raccontava come lui spesso si fermasse lì: era troppo giovane per fare il volontario all’Opera San Francesco voluta da fra Cecilio Cortinovis, però era uno dei suoi luoghi di preghiera preferiti.
Anche allora mi sono arrabbiata molto, ma partecipando alla Messa, quel giorno, ho ascoltato la parabola degli operai nella vigna. Mi ferì profondamente la domanda del padrone: «O forse sei invidioso perché io sono buono?».
In fin dei conti, la mia arrabbiatura era dovuta al non riconoscere che Dio, nella sua misericordia, ha permesso che Carlo venisse al mondo e che abbia aiutato, sia da vivo sia da morto, tante persone a tornare a Lui.
Questo post, quindi, costituisce una richiesta di perdono pubblica e una domanda d’intercessione affinché, quando sarò presente al rito della beatificazione – non ho affatto intenzione di mancare – possa gioire pienamente e lietamente.

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