Squarci di testimonianze #32: il cammino eucaristico metropolitano di padre Giambattista Ghilardi

Nella settimana dell’emergenza per il coronavirus avevo deciso di non parlarne affatto, né dal punto di vista medico, perché non ne ho le competenze, né da quello storico-ecclesiastico (rimando a Lucia di Una penna spuntata per come ha saputo ridare lustro alla figura del Venerabile Angelo Ramazzotti, sul quale avrei effettivamente da scrivere anch’io), né da quello teologico.
Avevo anzi in programma un post che sarebbe stato perfetto per la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, che cade oggi, quando una condivisione via WhatsApp ha destato il mio interesse. Abitualmente ignoro i messaggi che mi arrivano in una chat legata a un gruppo di preghiera che seguo saltuariamente: sono pieni di riferimenti ad apparizioni non confermate o di articoli piuttosto scoraggianti. La prima riga, un vero acchiappaclick, stavolta ha fatto presa anche su di me.


Leggere le parole «saio» e «nostra chiesa del Sacro Cuore» mi ha fatto immediatamente capire che il sacerdote in questione era un frate cappuccino, del convento di viale Piave a Milano, nel quale è compresa quella chiesa.


Mi sono venuti spontanei almeno due collegamenti. Il primo, col Venerabile Cecilio Maria da Costa Serina: nei suoi anni in quella comunità, infatti, svolse anche il servizio di sacrestano. Non era sacerdote, ma arrivò a una profonda comprensione del mistero eucaristico, aiutato anche da una “luce” speciale.
Il secondo, quasi inevitabile dato che proprio una settimana fa è stato promulgato il decreto relativo al miracolo per la sua beatificazione, mi ha fatto ripensare all’ancora Venerabile Carlo Acutis. La chiesa del Sacro Cuore era uno dei suoi luoghi prediletti, pur essendo lui consapevole che l’incontro con Gesù nell’Eucaristia poteva avvenire anche nel Tabernacolo della chiesa sotto casa (e nel suo caso era proprio così, visto che abitava proprio a due passi dalla sua parrocchiale).
Data la natura di questa processione non più tanto privata, ho pensato anche a quelle manifestazioni di preghiera volute dal Servo di Dio Ettore Boschini, in una delle quali mi sono trovata coinvolta poco prima che lui morisse. Poi ho pensato a quando santa Chiara d'Assisi portò l'Ostensorio sulla porta della città.
Credendo di aver in mano una storia di cui nessuno si era accorto, ieri ho deciso di telefonare ai frati, sperando di poter parlare col diretto interessato. Non l’ho trovato subito, ma quando ho richiamato, il frate portinaio me l’ha passato immediatamente. Ho quindi fissato un appuntamento per questa mattina.
Intanto, però, altri siti si erano accorti di lui, definendolo «novello san Carlo» e alludendo implicitamente che monsignor Mario Delpini non si stia comportando come quel suo predecessore, dato che ha sospeso le Messe con la partecipazione del popolo (ma non le Messe in sé), né è uscito (finora) sulle terrazze del Duomo o sul sagrato impartendo la Benedizione Eucaristica, e neppure ha organizzato processioni col Santissimo Sacramento.
Per inciso, ben prima che l’emergenza sorgesse, l’attuale Arcivescovo di Milano aveva lanciato una peregrinazione quaresimale della reliquia della Sacra Spina, normalmente custodita nella chiesa di Santa Maria Assunta in Turro, in otto Decanati della periferia di Milano. Decisamente tipico del Borromeo, almeno secondo me.
Padre Giambattista accanto al busto di fra Cecilio
 che si trova fuori dalla portineria,
all'ingresso della chiesa del Sacro Cuore
Tornando a padre Giambattista, nella conversazione che ho avuto con lui in parlatorio questa mattina, mi ha raccontato qualcosa di sé. È entrato in convento a quattordici anni, ma avrebbe potuto anche prima, non fosse che suo fratello gemello (il quale ha poi cambiato strada) era a sua volta intenzionato su quella via. Ha emesso i voti solenni nel 1978 e quest'anno festeggia i quarant'anni di sacerdozio.
È al convento del Sacro Cuore dal 2017, come confessore e direttore dell'Ordine Francescano Secolare, che in questa fraternità conta un centinaio di aderenti, uomini e donne. In più è referente spirituale delle Suore di Maria Consolatrice, continuando il legame stabilito dal loro fondatore, il Beato Arsenio da Trigolo. Insegna anche nella loro scuola elementare di via Melchiorre Gioia 51, sempre a Milano.
Ha cominciato il suo cammino martedì 25, nel giorno (che precede immediatamente il Mercoledì delle Ceneri) che la devozione dedica al Santo Volto di Gesù, in base alle rivelazioni private ricevute dalla Beata Maria Pierina de Micheli. Ha percorso Milano seguendo un itinerario a forma di croce: il primo giorno, da viale Piave al Duomo; il secondo, fino in viale Rubattino. Il terzo ha raggiunto piazzale Loreto, dove s'incrociano strade che portano in tutta la Lombardia.
Mentre cammina, prega ad alta voce e canta in tono leggermente sommesso. A suo dire, nell'attuale emergenza sanitaria è mancato un pubblico appello perché i fedeli si unissero in catene di preghiera per allontanare l'epidemia, come si usava in casi di pestilenze.
La sua storia ha cominciato a circolare quando il suo amico Virgilio Baroni gli ha chiesto il permesso di poter raccontare la sua storia sui social network. Ha acconsentito, a patto che il suo nome non venisse citato. Tuttavia, una signora di Bergamo, sua penitente, ha intuito che si trattasse di lui e, condividendo a sua volta il racconto, ha aggiunto il suo nome e quello del convento.
Così, nella Milano indaffarata e a volte anche angosciata, padre Giambattista ha voluto lanciare un segnale: Dio c'è e cammina con noi, anche quando paure piccole e grandi ci prendono. Ci siamo salutati sperando che presto i fedeli possano tornare a vivere la Messa, perché solo così sarà davvero Pasqua.



Postilla 1: cos’avrebbe fatto Carlo Acutis?

In questi giorni, complice anche la notizia del riconoscimento del miracolo, mi sono chiesta cos’avrebbe fatto Carlo Acutis in circostanze come quelle attuali. Di certo, avrebbe intensificato la sua preghiera davanti al Tabernacolo.
Quanto all’atteggiamento sui social media, sarebbe dipeso tutto dalla sua sensibilità in generale. Suppongo che non avrebbe protestato contro le disposizioni dell’Arcivescovo, né gli avrebbe indirizzato lettere aperte o e-mail private per supplicarlo di benedire fisicamente la città dal sagrato o dalle terrazze del Duomo.
Non so se avrebbe obbligato il suo parroco a fare lo stesso, uscendo sui gradini di Santa Maria Segreta. Più plausibile, invece, mi pare l’ipotesi per cui, come hanno fatto molti operatori pastorali della comunicazione o singoli sacerdoti, avrebbe messo in campo tutti i mezzi a sua disposizione per far sì che la sua comunità parrocchiale si riunisse almeno nella preghiera, se non nello stesso luogo.

Postilla 2: chiese aperte sempre, non solo in tempo di virus

Comprendo il dolore di padre Giambattista per aver trovato alcune chiese chiuse, ma il fatto è che di norma quelle da lui visitate non sono aperte all’ora in cui è passato. Un altro conto è che dovrebbero esserlo sempre, come hanno indicato recenti documenti della nostra Chiesa locale e di quella universale.
Papa Francesco, in Evangelii gaudium 47, raccomanda (sottolineatura mia):
La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa.
Deve essere favorita anche la preghiera feriale, promuovendo la partecipazione alla santa Messa, la preghiera della Liturgia delle Ore, l’adorazione eucaristica, la preghiera del rosario, le devozioni popolari. Le pubblicazioni proposte dalla Diocesi (in particolare per il rito ambrosiano «La Tenda», e la «Diurna Laus») offrono un aiuto prezioso per vivere quotidianamente la preghiera liturgica. È poi opportuno che la chiesa rimanga aperta, per quanto possibile. Per fare questo è necessario che la comunità esprima persone volontarie affidabili e convinte per fare in modo che la gente possa entrare in chiesa durante il giorno e per animare la preghiera della comunità anche in assenza del prete (per esempio rinnovando il gruppo dell’Apostolato della preghiera).

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