Gabriele dell’Addolorata: un invito alla vera felicità



Non so chi sia l’autore, ma la trovo insolita, 
oltre che efficace via di mezzo tra la “faccia da immaginetta” 
e il ritratto realistico (comunque viene da qui)

Chi è?


Francesco Possenti (al Battesimo, Francesco Giuseppe Pacifico Rufino) nacque ad Assisi il 1° marzo 1838, undicesimo dei tredici figli di Sante Possenti, funzionario dello Stato Pontificio, e Agnese Frisciotti. Nel 1841 si trasferì a Spoleto con la famiglia, perché il padre era stato nominato assessore nel locale tribunale.

Nel 1844 iniziò le elementari presso i Fratelli delle Scuole Cristiane, mentre sei anni dopo iniziò gli studi superiori dai padri Gesuiti. Nel profitto era uno dei migliori, ma si distingueva anche per l’eleganza e per la capacità di stare in società.

Molti lutti in famiglia contribuirono a farlo riflettere sulla brevità della vita, specialmente la morte della sorella Maria Luisa, avvenuta il 17 giugno 1855. Lui stesso affrontò due gravi malattie alla gola, nelle quali promise di farsi religioso (gesuita, dopo la seconda malattia), ma ogni volta, dopo essere guarito, cambiava idea. C’era anche una ragazza, Maria Pennacchietti, per la quale aveva una simpatia particolare, accettata dalle reciproche famiglie. Tutto questo contribuiva a creare in lui non poca confusione.

Il 22 agosto 1856, mentre veniva portata in processione l’icona della Madonna del Duomo di Spoleto, a Francesco parve di sentire dentro di sé la voce della Madonna, che lo chiamava a seguire la propria vocazione. Quindici giorni dopo partì per il convento dei Padri Passionisti a Morrovalle, presso Macerata.

Il 21 settembre dello stesso anno, con l’ingresso in noviziato, assunse il nome di confratel Gabriele di Maria Addolorata. Professò i voti un anno dopo, il 22 settembre 1857. Proseguì gli studi in vista del sacerdozio a Pievetorina, poi a Isola del Gran Sasso, dal 10 luglio 1859. Il 25 maggio 1861, a Penne, ricevette gli Ordini Minori.

Durante l’estate deperì vistosamente: a fine anno gli fu riscontrata una malattia endemica polmonare, ovvero una forma di tubercolosi. Non fu possibile procedere all’ordinazione sacerdotale, a causa delle difficoltà politiche incorse per via dell’Unità d’Italia. Gabriele accettò che Dio volesse così: morì quindi il 27 febbraio 1862, al sorgere del sole; di lì a poco, avrebbe compiuto ventiquattro anni.

Fu dichiarato Beato da san Pio X il 31 maggio 1908 e Santo da papa Benedetto XV il 13 maggio 1920. Nel 1926 divenne compatrono della gioventù cattolica italiana e, nel 1959, patrono principale dell’Abruzzo.

La sua memoria liturgica cade il 27 febbraio, giorno della sua nascita al Cielo. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta del nuovo Santuario a lui dedicato, a Isola del Gran Sasso, in un’urna posta sotto l’altare maggiore.

 

Cosa c’entra con me?

 

La mia prima conoscenza di san Gabriele rimonta a vent’anni fa, quando la mia parrocchia di nascita organizzò un pellegrinaggio a Isola del Gran Sasso e a San Giovanni Rotondo, a cui però non presi parte. M’incuriosì il suo nome, quasi ossimorico: Gabriele come l’arcangelo dell’Annunciazione, ma “dell’Addolorata”.

Sei anni dopo, ormai studentessa universitaria, iniziai a prendere l’abitudine di gratificarmi per ogni esame passato comprando un libro. Non vorrei sbagliarmi, ma il primo fu un Atlante della Storia della Chiesa, dove ogni epoca veniva trattata in pagine che avevano da una parte un breve testo, dall’altra delle illustrazioni. Di san Gabriele si parlava nella pagina dedicata ai Santi dell’Ottocento “arrivati in fretta a Dio” (questo era il titolo), insieme a san Domenico Savio.

Ricordavo di aver letto proprio lì che lui avesse voluto far distruggere tutti i suoi scritti, quando invece si dichiara che il suo padre spirituale, dopo che gli ebbe consegnato il proprio diario, lo distrusse senza neanche leggerlo. Altrove (ma non sul sito ufficiale, preciso) ho visto che, invece, sarebbe stato lui medesimo a chiedere di non conservare il diario dove aveva annotato le grazie che la Madonna gli aveva concesso. In ogni caso, mi fece molta impressione: decisi che per me non doveva andare così e che il mio diario spirituale dovesse essere consegnato al sacerdote che, proprio in quegli anni, mi stava iniziando a fare da guida.

Alcuni mesi più tardi, in vacanza a Portici, trovai, presso il santuario di San Ciro, una piccola biografia di san Gabriele. Ricordo benissimo la data, perché, appunto, l’avevo annotata nel mio diario spirituale dell’epoca: era il 26 luglio 2006.

La lessi tutta d’un fiato, sia per l’esiguità, sia perché mi aveva conquistata davvero. Mi venne da fare un parallelismo con santa Bartolomea Capitanio, fondatrice delle Suore di Maria Bambina (il 26 luglio è il giorno della sua nascita al Cielo) e con quel seminarista di nome Alessandro Galimberti di cui, non meno di due mesi addietro, avevo cominciato a sentir parlare, senza immaginare quanto mi avrebbe cambiato la vita.

Tutti e tre erano giovanissimi, pressoché coetanei (Bartolomea aveva tre anni di più degli altri due) e, soprattutto, accomunati da un desiderio di farsi santi, che non vuol dire sperare di finire sugli altari. Io pure avvertivo quell’aspirazione, di cui avevo colto un raggio quando, nel 1992, visitai per la prima volta la basilica di San Pietro in Vaticano: da allora in poi, però, ero diventata un po’ più consapevole di cosa significasse.

Mi venne spontaneo, anche se forse un po’ scontato, abbinare a san Gabriele la quarta stazione (schema tradizionale) della Via Crucis dei seminaristi e giovani preti “in cielo”, Sui passi del Maestro, che ho pubblicato in proprio qui.

Quando mi sono decisa a dedicare un post a santa Gemma Galgani, non ho potuto prescindere dal raccontare il legame che s’instaurò tra di loro. Ancora prima di apparirle in visione, lui era entrato nella sua vita tramite una biografia, però Gemma, inizialmente, non voleva affatto leggerla.

Non apparve, ma era ugualmente molto caro, a un altro giovanissimo candidato agli altari, il Servo di Dio Pasquale Canzii, abruzzese di Bisenti. Sul suo esempio, avrebbe voluto diventare Passionista, ma gli fu suggerito di cominciare gli studi per essere prete diocesano; in un secondo momento, avrebbe potuto fare domanda per farsi religioso.

Pasqualino, come ancora oggi lo chiamano, morì invece sedicenne il 24 gennaio 1930, quattro anni dopo il suo ingresso nel Seminario di Penne. Aveva capito che la santità di Gabriele non era tanto distante dal suo sogno: annotò che lui, come anche i Santi gesuiti Luigi Gonzaga e Giovanni Berchmans, erano «santi in carne e ossa come me». Non poteva fare altro, allora, che seguire le loro orme.

Una mia amica di Facebook, Marta, collega collaboratrice di Cattonerd, ha poi ricambiato il mio prestito del libro Che la Forza sia con voi per una recensione (anche se poi l'ha scritta un altro), inviandomi un po’ di santini per la mia collezione: ce n’era uno anche di san Gabriele, che effettivamente mi mancava.

L’idea di scrivere di lui mi era venuta a ridosso della sua memoria liturgica. Mentre consultavo il suo sito ufficiale, mi sono però resa conto che quest’anno cadeva il centenario della sua canonizzazione. Ho quindi pensato di rimandare a maggio, ma me ne sono completamente dimenticata, anche per via dell’emergenza sanitaria.

Consultando il sito dell’agenzia SIR, quattro giorni fa, mi sono accorta che oggi, ultima domenica di agosto, ricorre la cosiddetta festa popolare di san Gabriele, che conclude la Tendopoli, una settimana d’incontri per i giovani.

La santità di Gabriele, in effetti, è stata sì intuita da confratelli e superiori, ma dopo la sua morte è esplosa grazie al popolo di Isola del Gran Sasso. Le forme con cui quella gente si esprimeva (invocarlo come Santo, dormire sul suo sepolcro o asportare le polveri) anticipavano il giudizio ufficiale della Chiesa sul giovane accolito, ma hanno avuto il merito di portare a indagare, con la dovuta serietà, sulla sua storia.

  

Il suo Vangelo

 

San Gabriele, come già aveva intuito il suo devoto ed emulo Pasqualino, non è un personaggio bidimensionale, la cui esemplarità finisce con l'essere limitata alla morte in giovane età, per giunta a causa di  quella che, per lungo tempo, venne considerata la malattia dei santi per eccellenza (quando, invece, non è questione del tipo di patologia, ma di come si vive tale condizione).

In lui c'è molto di affine a quelle storie di giovani che sono stati allevati da famiglie devote, ma che non hanno mai compreso cosa significhi credere fino a quando i fatti della vita non li hanno condotti a cercare rifugio proprio in quanto avevano imparato da piccoli. 

Non penso, inoltre, che si possa definire conversione, la sua, quanto piuttosto la scelta di dare un punto fermo alla propria esistenza.

Significativamente, la spinta definitiva gli è arrivata tramite un'antica immagine della Madonna. Da quel momento in poi, non gl'importò più di essere ricercato per le sue doti di ballerino e di membro della buona società: voleva piacere solo a Dio e alla Madre Addolorata.

Così scriveva a suo padre:

La contentezza e la gioia che io provo entro queste sacre mura è quasi indicibile, a paragone dei vani e leggeri passatempi mondani che si gustano nel mondo. Assicuratevi pure, o papà mio, e credete ad un figlio vostro che vi parla col cuore alle labbra, che non baratterei un quarto d’ora di stare innanzi alla nostra consolatrice e speranza nostra, Maria santissima, con un anno e quanto tempo volete con gli spettacoli e divertimenti del secolo.

 Si è deciso appena in tempo, tanto da costituire a sua volta, a cent'anni dalla canonizzazione, un richiamo alla vera fonte della felicità.


Per saperne di più

 

Pierino Di Eugenio, San Gabriele dell’Addolorata, San Paolo Edizioni 2002, pp. 52, € 2,50.

La piccola biografia che avevo letto e che mi aveva incuriosita.

 

Tito Paolo Zecca, Gabriele dell’Addolorata – Una resa senza condizioni, Paoline Edizioni 2008, pp. 152, € 10,00.

Un’altra biografia divulgativa più ampia.

 

Padre Norberto di Santa Maria, Vita e virtù di San Gabriele dell’Addolorata, Edizioni Palumbi 2018, pp. 29, € 10,00.

Ristampa anastatica della biografia scritta dal religioso che fu vicemaestro dei novizi quando Francesco, non ancora confratel Gabriele, entrò a Morrovalle.

 

Gabriele Cingolani, San Gabriele dell’Addolorata - Panoramiche sulla sua avventura, San Paolo Edizioni 2012, pp. 112, € 10,00.

Il percorso della sua vita visto attraverso gli aspetti principali, dalla famiglia alla scelta della vocazione religiosa.

 

Vincenzo Fabri, San Gabriele dell’Addolorata - La vita e i prodigi più recenti del “santo dei miracoli” dal 1975 al 2014, Velar 2015, pp. 80, € 7,00.

All’intercessione di san Gabriele continuano a essere attribuite numerose guarigioni: qui se ne raccontano alcune, tratte dall’apposita rubrica de L’Eco di San Gabriele, mensile del suo Santuario.

 

Su Internet

 

Sito ufficiale del Santuario

Sito non ufficiale con piccola biografia, preghiere e altri testi

Sito del mensile L’Eco di San Gabriele 

Sito dell’Associazione Tendopoli San Gabriele

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