Madre Maria Margherita Caiani: una gratitudine che supera i secoli


Ritratto fotografico di madre Caiani (fonte)
Chi è?

Maria Anna Rosa Caiani nacque a Poggio a Caiano, in provincia di Prato e diocesi di Pistoia, il 2 novembre 1863. Era la terza dei cinque figli di Iacopo Caiani, fabbro e fontaniere della Villa Medicea di Poggio a Caiano, e di Luisa Fortini.

Marianna, come la chiamavano in famiglia, era una bambina e poi una ragazza attiva, vivace, laboriosa, con una passione speciale per l’assistenza ai malati. Frequentava poi la parrocchia di Santa Maria a Bonistallo, dov’era stata battezzata, accompagnando con il canto le funzioni religiose.

Dopo la morte del padre, avvenuta il 22 marzo 1884, si occupò, insieme al fratello Osea, della rivendita di sali e tabacchi che era stata concessa alla famiglia, per avere di che mantenersi. Fu per lei un banco di prova, non solo per maturare un certo senso pratico, ma per accostare ancora più persone e parlare loro di Dio. Sentiva intanto di doversi consacrare a Lui, ma non ne vedeva ancora chiaro il modo. Nel frattempo, il 23 ottobre 1890, perse anche la madre.

Insieme all’amica Maria Fiaschi, fece domanda presso le Benedettine di Pistoia: fu accolta come postulante il 4 ottobre 1893, ma uscì dopo un mese, di comune accordo con la priora, la quale aveva intuito che la vita claustrale non era per lei; anche l’amica uscì poco dopo.

Marianna e Maria, non più monache, vissero con pena quella condizione. Ne uscirono grazie al sostegno del Cappuccino padre Raffaello Salvi da Firenze e a un incoraggiamento da parte delle madri poggesi: avrebbero potuto aprire una scuola per i loro bambini.

A causa dell’aumento degli alunni, la scuola divenne itinerante, trasferendosi da un edificio all’altro, finché Marianna non prese in affitto due stanze in un palazzo di fronte alla Villa Medicea di Poggio a Caiano. La necessità, per ragioni governative, di una maestra diplomata fu superata con l’arrivo di Doralice Bizzaguti.

Col tempo, Marianna comprese che la piccola comunità che si era radunata attorno a lei non doveva essere aggregata a una congregazione preesistente, ma avere vita propria, centrata su due punti fondamentali: la devozione al Sacro Cuore di Gesù e la spiritualità francescana, alla quale lei, che era già iscritta al Terz’Ordine domenicano, si era avvicinata grazie a padre Salvi.

Il 15 dicembre 1902 vestì l’abito religioso con le prime cinque suore, prendendo il nome di suor Maria Margherita; il 17 ottobre 1905 emise la prima professione. Il nuovo Istituto religioso fu invece denominato Minime del Sacro Cuore di Gesù, Terziarie Francescane; in seguito all’approvazione pontificia, fu cambiato in Suore Francescane Minime del Sacro Cuore.

Madre Maria Margherita, superiora generale dal 17 ottobre 1915, guidò le sue figlie nella carità verso gli anziani malati e nell’educazione dei più piccoli. Morì l’8 agosto 1921, a Montughi-Firenze, in una casa dove le sue suore erano in servizio; aveva cinquantotto anni, diciannove dei quali spesi nella vita consacrata.

Fu beatificata da san Giovanni Paolo II il 23 aprile 1989, in piazza San Pietro a Roma. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella della casa madre delle Suore Minime del Sacro Cuore, in via Giuliano da Sangallo 2 a Poggio a Caiano, mentre la sua memoria liturgica cade il 3 novembre, giorno anniversario del suo Battesimo. 

Cosa c’entra con me?

Il mio incontro con la Beata Maria Margherita è avvenuto, se ricordo bene, intorno alla fine del 2006. A quel tempo dovevo preparare l’elaborato finale a conclusione del triennio universitario, ma avevo bisogno di consultare alcuni libri presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; io, invece, ero iscritta all’Università degli Studi, quindi dovevo ottenere un permesso temporaneo per visitare la biblioteca.

Appena arrivata in via Lanzone, a due passi dalla basilica di Sant’Ambrogio e dall’Università, passai davanti a una piccola chiesa, Sant’Agostino in Camminadella, al civico 30; dato che era aperta, mi venne naturale fermarmi. Non ricordo i dettagli, ma trovai una suora, a cui domandai a quale istituto o congregazione appartenesse: si trattava proprio di una Francescana Minima del Sacro Cuore.

Non avendo mai sentito prima quel nome, chiesi chi fosse il fondatore o la fondatrice e se avesse a disposizione una biografia e qualche santino. Fui ampiamente accontentata, con molte immaginette (alcune anche con reliquia ex indumentis) e una biografia dal curioso sottotitolo: «Quella che vendeva i sigari», così tra virgolette.

Ammetto di non aver dato seguito alla mia curiosità: sistemai il libro in uno scaffale della mia biblioteca, i santini in una scatola, e quasi non ci pensai più. Ogni tanto mi cadeva lo sguardo, ma rimandavo la lettura, perché non la ritenevo necessaria.

Non ricordo neanche più come, ma venni a sapere che le suore non avevano più nessun delle presenze a Milano città, dove il Beato Andrea Carlo Ferrari, che favoriva l’arrivo di nuove congregazioni che avessero un reale contributo da offrire al popolo ambrosiano, le aveva invitate a restare, dopo aver apprezzato il loro impegno negli ospedali militari. Pochi giorni fa, invece, ho appurato che prestano ancora servizio in una casa di riposo a Porlezza, che è sempre nel nostro territorio diocesano pur trovandosi in provincia di Como.

Lo scorso 11 giugno, mentre seguivo la trasmissione Siamo Noi, il mio interesse si è riacceso. Nel video qui sotto, tratto proprio da quel programma, parla la superiora generale, che mostra anche alcuni oggetti conservati nella casa madre.


Quando l’ho sentita affermare che quest’anno cadeva il centenario della morte della Beata, ho pensato che fosse venuto il momento giusto per dedicarle un post. In più, come faccio spesso, ho controllato se la scheda biografica su santiebeati.it fosse adeguata e corretta, confrontandola anche con il profilo presente sul sito ufficiale delle suore. In effetti, non solo era da rivedere dal punto di vista della sintassi, ma conteneva errori molto vistosi sul piano dell’andamento storico dei fatti.

Quattro giorni fa, dunque, ho telefonato alla casa madre delle Francescane Minime del Sacro Cuore. Dopo alcuni passaggi intermedi, ho potuto parlare proprio con la superiora generale, a cui ho dovuto dare una scadenza piuttosto stringente: volevo, infatti, che la scheda aggiornata venisse pubblicato entro oggi, in tempo per il dies natalis della fondatrice. Non solo è stata rapidissima e gentilissima, ma mi ha anche fornito altro materiale da cui trarre ispirazione per il profilo e per questo post.

Nel frattempo, in poco più di un giorno, avevo letto la biografia, trovando non pochi spunti su cui riflettere. Il primo è stato quello riguardante la riluttanza di Marianna a dare vita a una nuova fondazione. Spesso, infatti, viene fatto presente che le congregazioni nella Chiesa, specie quelle femminili, sono troppe e a volte con finalità simili, tanto che a volte, anche negli ultimi tempi, si verificano delle fusioni.

Lei aveva contatti con due religiose che avevano da poco dato vita a nuove realtà: suor Elena Guerra, che a Lucca aveva iniziato le Oblate dello Spirito Santo, e suor Teresa Maria della Croce, alla quale si doveva la nascita, a Campi Bisenzio, delle Suore Carmelitane di Santa Teresa di Firenze (dette “Bettine” dal soprannome che la fondatrice aveva sin da piccola, anche se si chiamava già Teresa). Peraltro, anche loro sono state beatificate, rispettivamente nel 1959 e nel 1986.

Suor Teresa Maria l’aiutò a capire che non doveva, come inizialmente pensava, aggregarsi a lei e compagne insieme alla sua comunità. Dopo un corso di Esercizi Spirituali, svolti proprio a Campi Bisenzio nella casa madre delle “Bettine”, capì di doversi incamminare lungo una via ancora diversa.

Un altro Beato (tale è dal 2015) che incise sul suo cammino è monsignor Pio Alberto Del Corona: fu lui a indirizzarle la maestra Doralice, ma anche ad accogliere un’altra confidente di Marianna, Teresa Papanti, in religione suor Caterina, nel monastero dello Spirito Santo di Firenze.

In effetti, prima di sentirsi pervadere dallo stile di vita “minore” di san Francesco e dei suoi fratelli, Marianna era stata discepola di san Domenico. Aveva aderito al Terz’Ordine domenicano dopo aver capito l’importanza della preghiera del Rosario, meditato con l’ausilio del testo sui Quindici Sabati che, proprio in quegli anni, veniva diffuso anche per sostenere la costruzione del Santuario di Pompei.

Di conseguenza, il legame tra lei, san Domenico e il Beato Bartolo Longo, che aveva promosso il Santuario e le opere annesse, è uno di quelli che travalicano lo spazio (nel caso di Longo, non tanto il tempo, dato che erano contemporanei), nella Comunione dei Santi.

Un altro aspetto che mi ha interessata è stata la sincerità con cui, nelle lettere alla vicaria suor Maria Giuseppina (ossia Doralice, che continuò a chiamare “Maestra”) e ad altre suore, descrive le fatiche nell’avviare le nuove fraternità: dai contrasti con le popolazioni influenzate dalle ideologie, ai pianti dei bambini di fronte a persone vestite in modo tanto inusuale.

Anche le parole con cui racconta gli inizi della scuola itinerante hanno accenti a tratti commoventi, a tratti comici. L’autoironia, in effetti, mi pare essere un elemento del suo carattere che me la rende ancora più affine, oltre all’amore per il canto come mezzo di preghiera, nella liturgia e in contesti meditativi.

Rivedendo l’intervento della superiora generale, ho poi trovato un terzo aspetto: l’importanza del lavoro come mezzo d’incontro con le persone e, quando possibile, di evangelizzazione. Anni dopo, ormai religiosa, ricordava alle altre suore e a se stessa quei suoi trascorsi, per non darsi troppa importanza.  Il mio non è ancora un vero lavoro e, soprattutto, lo svolgo da casa: se avessi la possibilità d’interagire con altra gente, vorrei provare anch’io ad ascoltarla, se non a dare consigli.

 

Cosa c’entra con san Giuseppe?

 

Madre Maria Margherita ha sempre invocato e fatto invocare san Giuseppe, ponendo l’Istituto sotto la sua protezione. Nel numero 4 del 2020 del periodico Minime nella Chiesa e nel mondo, alle pagine 24-27, c’è un interessante approfondimento su questo legame, di per sé quasi naturale per molti fondatori e fondatrici: nel suo caso, però, rimonta alla preistoria dell’Istituto.

Proprio la devozione a san Giuseppe come patrono dei moribondi fu il mezzo con cui conobbe Maria Fiaschi, una delle prime compagne. La sera dell’11 gennaio 1891 si trovarono entrambe al capezzale di Teresa, zia di Marianna: Maria era arrivata prima della nipote e, come lei, aveva portato con sé un libro intitolato Il culto di S. Giuseppe.

 

Il suo Vangelo

 

Il messaggio che la Beata Maria Margherita ha fatto proprio e insegnato è basato sulla fiducia in Dio e nei segni che Lui manda, a cominciare dagli incontri che si fanno. Fidarsi vuol dire anche accettare i consigli che arrivano proprio da questi: così si spiegano i vari passaggi della sua esistenza, compreso quello che la portò a fondare le Minime del Sacro Cuore.

Al Cuore di Gesù faceva costante riferimento, sia per ottenere ciò di cui sentiva di avere davvero bisogno (una sede stabile per la scuola, una maestra diplomata), sia per riemergere dalle situazioni che le sembravano, solo in un primo momento, senza uscita.

Anche nel suo caso, non manca l’aspetto riparatore collegato a questa forma di culto, tanto che, secondo un’altra sua espressione, sperava di avere tante “suor Rimedia”: non necessariamente di nome, ma sicuramente di spirito.

Ora che il suo Istituto ricorda il centenario del suo transito alla vita eterna, valgono ancora di più per chi ne fa parte, ma non solo, queste sue parole di esortazione:

Consideriamo, figlie carissime, di quale qualità d’amore ci amò Gesù! Procuriamo di essere eternamente grate di averci chiamate a sé come anime predilette ed amanti del suo Cuore.

 

Per saperne di più

 

Al momento non mi risulta che siano in commercio biografie della Beata Maria Margherita. Le sue suore, però, credo che abbiano ancora qualcosa da parte, oltre al volume dell’Epistolario, uscito lo scorso anno.

 

Massimiliano Taroni, Dal Cuore di Cristo nel cuore di ogni uomo – La Beata Maria Margherita Caiani e la spiritualità del Sacro Cuore, Mimep-Docete 2005, pp. 96, € 3,00.

Un itinerario di preghiera, utile anche per l’Adorazione Eucaristica, con meditazioni tratte dai suoi scritti.

 

Su Internet

 

Sito istituzionale delle Suore Francescane Minime del Sacro Cuore 

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