Una vita donata per la felicità dei poveri – Nadia De Munari (da «Sacro Cuore VIVERE»)
Nadia (con gli occhiali) e una ragazza peruviana |
Nel numero di settembre di Sacro Cuore VIVERE, la rivista dell’Opera Salesiana di Bologna per la quale scrivo da sette anni (e l’anno prossimo continuerò!), eccezionalmente, la rubrica Cammini di santità non è stata occupata da un mio articolo, bensì dall’adattamento del profilo del Beato Giovanni Fornasini realizzato dalla dottoressa Lodovica Maria Zanet per la rivista Vocazioni (anche se la fonte dichiarata è il sito dei Circoli Dossetti di Milano). In compenso, il direttore mi ha chiesto di spostarmi, temporaneamente, nella rubrica Missioni e trattare, col mio solito stile, la vicenda della volontaria vicentina Nadia De Munari.
Ammetto che, quando ho appreso la notizia della sua uccisione, ho pensato: «Adesso quelli dell’Operazione Mato Grosso», cui apparteneva, «non tarderanno a considerarla una dei loro “martiri della carità”, come Giulio Rocca e padre Daniele Badiali», due figure che avevo imparato a conoscere proprio tramite la mia collaborazione con quella rivista.
Di fatto, però, a parte il fatto che per Giulio non è in corso alcuna causa, mentre per padre Daniele è in fase romana, ma per indagarne le virtù eroiche, c’è una differenza sostanziale con loro, emersa però quando ormai il mio articolo era in fase di stampa.
Da quando mi sono trovata delusa da storie che sembravano sante appena terminate in vita, ma che si sono rivelate piene di colpe che non le qualificavano più come testimonianze autentiche, preferisco non scrivere più di persone morte da poco. Nel caso di Nadia, invece, avevo capito di non potermi tirare indietro.
Ho quindi verificato, una volta di più, che se i giornalisti professionisti compiono bene il loro lavoro, gli storici e gli agiografi, nel realizzare profili biografici più o meno ampi, non devono far altro che mettere insieme i pezzi, come per completare un mosaico. Nel mio caso, sono debitrice a chi ha scritto questo articolo sul sito di Mondo e Missione e quest’altro su Vatican News, dal quale ho attinto per delineare, in base a quanto racconta il suo confessore, l’interiorità della volontaria.
Oggi, alla vigilia della Giornata Missionaria Mondiale, mi pare doveroso riprendere, quindi, il mio tentativo di descrivere la sua opera a favore dei bambini e dei ragazzi peruviani.
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È il 22 aprile 2018. Ai microfoni di Radio Santo Domingo, stazione radiofonica peruviana, parlano due missionarie volontarie italiane, Teresi Bossini e Nadia De Munari.
Descrivono come, insieme ad altri volontari italiani e peruviani, stanno costruendo una nuova scuola per bambini e ragazzi della primaria e della secondaria.
Sul finire dell’intervento, l’intervistatore commenta: «Non tutti hanno il coraggio di lasciare le proprie cose per preoccuparsi per gli altri. È una virtù che pochi possiedono». Nadia gli replica: «Io credo che tutti siamo stati creati per donare agli altri e la cosa che ci rende più felici è scoprire che tutto quello che abbiamo, che sappiamo fare e che ci è stato insegnato possiamo condividerlo con gli altri.
La cosa brutta di questo mondo è la mentalità secondo cui la felicità sia l’avere per se stessi, l’accumulare, senza pensare che quando si muore non ci si può portare dietro nulla. Dove la porti la tua ricchezza?
Quindi – soprattutto attraverso i giovani che hanno un cuore pulito e bello nonostante i difetti – scoprire che c’è voglia di cambiare. Questa è la felicità: non deriva dall’accumulare, ma dal regalare. Può essere un sorriso, un gesto, una chiacchierata. Tu hai bisogno, io ti aiuto. Questo è ciò che ci arricchisce».
Così ha provato a fare lei, da oltre vent’anni a fianco dei popoli poveri dell’America Latina.
Una missione educativa
Nadia nasce a Schio, in provincia e diocesi di Vicenza, il 28 luglio 1970, seconda di tre figlie. Impegnata fin da ragazzina nella parrocchia di Giavenale, frazione di Schio, comincia a domandarsi come trovare il senso della propria vita.
L’incontro col movimento missionario giovanile aconfessionale Operazione Mato Grosso (OMG), quando ha circa diciassette anni, le permette di avere un primo indirizzo: tramite il lavoro di gruppo con altri giovani, infatti, viene educata al sacrificio e a maturare amicizie autenticamente sincere.
Decide quindi di mettere a frutto quanto ha imparato all’Istituto magistrale delle Canossiane di Schio, a cui aggiunge un’abilitazione all’insegnamento nella scuola materna. Compie la sua prima esperienza missionaria in Ecuador, dove resta per un anno. Rientra in Italia, ma non per molto: nel 1995 va come volontaria permanente in Perù, precisamente a Chanbara, nella regione di Áncash. Il suo compito è prevalentemente educativo: deve istruire e far studiare i giovani.
Tuttavia, nei vent’anni seguenti, si accorge che molte famiglie, spesso composte da giovani coppie, preferiscono trasferirsi nelle grandi città come Lima, o come Chimbote che è più vicina, affrontando notevoli rischi: sentono, infatti, di non poter dare un futuro ai loro figli, che restano quindi abbandonati a loro stessi. Inoltre, passando alla vita cittadina, molto spesso perdono quel poco di religiosità tradizionale che li ha sostenuti fino a quel momento.
Nadia e gli altri, sconvolti, si affidano alla decisione di don Ugo De Censi, il fondatore dell’OMG, che li invita a emigrare insieme al popolo; ci vuole però un responsabile. La sua risposta è pronta: «Se vuoi, padre Ugo, vado io».
Un‘“Invasione” d’amore
Dalla zona montuosa, si trasferisce allora sulla costa, precisamente a Nuevo Chimbote. Si stabilisce in un quartiere caratterizzato da baracche costruite sulla sabbia, dove mancano i servizi fondamentali anche se i rifugiati sono ormai cinquantamila: non a caso, questa migrazione di popolo viene detta “Invasione”.
Nadia sente di aver perso le proprie sicurezze, passando dalla piccola realtà di Chanbara a un’esperienza dove tutto è da costruire. Allo stesso tempo, porta avanti il sogno di dare più speranza ai poveri.
I volontari dell’OMG portano cibo e medicine, continuando in pari tempo la loro opera educativa.
In particolare, Nadia non solo è maestra d’asilo, ma contribuisce alla formazione di altre maestre. La Provvidenza non tarda a manifestarsi: nel 2015 più di millecinquecento giovani di Chambara, che i volontari avevano aiutato, tornano per dare a loro volta un contributo per la costruzione di cinque scuole primarie; questo intervento provvidenziale si ripete anche l’anno seguente. Una fotografia restituisce il volto sorridente e soddisfatto di Nadia, accanto a quello di don Ugo, il giorno dell’inaugurazione.
L’attività degli uomini e delle donne dell’OMG è capillare: non solo assistono i bambini, ma entrano nelle baracche, visitano le famiglie e le invitano a cambiare vita, a volte con dolcezza, altre volte con modi più bruschi, pur di salvare loro e i figli dalla degradazione morale e spirituale. Tutto per cercare di arrivare a far capire a quelle persone che sono amate, accompagnate e rispettate.
Quando torna in Italia per brevi periodi, Nadia passa un po’ di tempo con i suoi anziani genitori, ma è soprattutto ospite di Massimo Casa e di sua moglie, nella fraternità missionaria che l’OMG ha avviato nella canonica di Monte di Malo. Non si tira poi indietro se deve raccontare ai parrocchiani di Giavenale episodi e attività della vita missionaria.
Il suo desiderio di Dio
La tensione spirituale che aveva spinto Nadia a seguire il cammino missionario non l’abbandona mai. Nella preghiera trova consolazione in mezzo alle fatiche e alle resistenze che incontra: per questa ragione, insegna anche a pregare ai suoi bambini, avviando la preghiera col semplice gesto dell’accensione di una candela.
Di luce sente effettivamente di avere bisogno lei per prima: da anni, infatti, si sente avvolta da un’oscurità profonda. Eppure, questo non le impedisce di continuare a consolare i poveri, ad abbracciare i bambini, cercando per sé l’abbraccio di Dio. Sulla parete della cappellina del centro «Mama Mia», dove vive con le altre maestre e le volontarie, ha affisso un foglio, scritto a mano, su cui è riportato in spagnolo l’atto di affidamento alla Vergine Maria tanto caro alla Serva di Dio, Chiara Corbella Petrillo e al marito di lei, Enrico [in questo articolo la foto del foglio, qui il testo italiano della preghiera].
Negli ultimi tempi si sente quasi sopraffatta dal dolore e dalla sofferenza in cui è immersa.
Prima della Pasqua 2021 si accosta alla Confessione da padre Armando Zappa, parroco della chiesa dell’Assunzione della Vergine Maria di Nuevo Chimbote, anche lui dell’OMG, e gli confida: «Padre, non ce la faccio più, il male è troppo forte, e distrugge il bene che cerchiamo di fare». Lui le risponde: «Non temere Nadia, il bene vincerà il male, ma questo cammino passa sotto la croce». Sono parole che le restano tanto scolpite nel cuore da riferirle in una lettera a un’amica. In quella stessa Confessione, dichiara: «Desidero incontrare il Padre» [non è chiaro se si riferisse a Dio Padre o a don Ugo, morto alcuni anni prima].
«Aiutiamoci a essere felici»
Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 2021, Nadia viene aggredita da ignoti all’interno della sua camera al terzo piano della casa «Mama mia»: è colpita più volte alla testa e, probabilmente per aver cercato di difendersi, al braccio destro. Gli aggressori non rubano denaro, ma solo due telefoni cellulari; non ci sono segni di perquisizione.
Le altre volontarie non si accorgono di nulla, perché le loro camere sono al secondo piano, fino al mattino del 21. A quel punto, accorre anche padre Armando, che la carica in automobile per portarla prima all’ospedale di Chimbote, dove viene stabilizzata, poi a quello di Lima: un viaggio di sei ore. L’intervento chirurgico che sembra averle salvato la vita, in realtà, non ha buon esito: sopraggiunge infatti un arresto cardiaco, alle 3 del mattino del 24 aprile. Il 28 aprile viene celebrato il funerale a Nuevo Chimbote.
Il corpo di Nadia arriva all’aeroporto di Fiumicino il 1° maggio, mentre le esequie vengono celebrate nel palazzetto dello sport “Livio Romare” di Schio, alla presenza di autorità civili e religiose, oltre che della madre Teresina, del padre Remigio e delle sorelle Vania e Sonia. La sepoltura avviene nel cimitero di Schio, nel settore dedicato ai bambini.
A oltre un mese dall’aggressione – per la prima volta, avvenuta all’interno di una casa dell’OMG – non è ancora chiaro il movente. Il principale quotidiano di Lima, «La República», il 3 giugno 2021, riporta l’ipotesi per cui gli uccisori sapessero quando e come attaccare. Che il suo martirio venga provato o meno, poco importa. Conta di più il fatto che Nadia ha provato a vivere quel consiglio riportato anche sulla sua immagine-ricordo: «Aiutiamoci a essere felici in un mondo dove pochi lo sono».
Originariamente pubblicato su Sacro Cuore VIVERE, settembre 2021, pp. 22-23 (visualizzabile qui)
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Come indicavo sopra, il 17 luglio 2021, quando il mio pezzo era ormai stato impaginato, un comunicato della diocesi di Vicenza ha reso noto l’arresto di quattro responsabili, di cui uno ha confessato.
Il comunicato continua riportando la ragione dell’omicidio: non perché il bene da lei compiuto dava fastidio a gruppi con ideologie contrarie al cristianesimo, il che l’assimilerebbe agli altri membri dell’OMG assassinati da Sendero Luminoso, ma per futili motivi, ovvero il furto dei telefoni cellulari.
In compenso, monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza continua a giustificare, per lei, la definizione di “martire” nel senso etimologico del termine. Personalmente, tanto più dopo queste dichiarazioni e a meno di nuove prove, preferisco invece non mettere questa etichetta al mio articolo.
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