Vita donata di una “santa fidanzata” – La Beata Sandra Sabattini (Cammini di santità #36)

Sandra ritratta in un'opera dell'artista Afran,
realizzata per la mostra a pannelli 
Santi della porta accanto


In occasione della beatificazione di Sandra Sabattini, sono finalmente riuscita a raccontare la sua storia nel numero di questo mese di Sacro Cuore VIVERE. Scrivo così perché il direttore e io avevamo deciso di pubblicare l’articolo a giugno 2020, nel mese corrispondente alla data che inizialmente era stata fissata. La celebrazione, come tante altre, è però stata rinviata; di conseguenza, anche il nostro piano editoriale è cambiato.

Il mio legame con la novella Beata è, a dire il vero, piuttosto esile. Intorno al 2009 avevo visto, in libreria, una sua piccola biografia, nello stesso espositore dove avevo adocchiato un volumetto su padre Mario Venturini, fondatore della Congregazione di Gesù Sacerdote.

Quando però avevo letto, in quarta di copertina, che lei era morta giovanissima per un incidente stradale, e che don Oreste Benzi la considerava santa pur non essendo ancora stata canonizzata, mi era montata addosso una forma di collera tale da portarmi a non comprare il libro.

Il mio interesse si era risvegliato in occasione della notizia del decreto sulle virtù eroiche: in quella circostanza, avevo iniziato a leggere qualche articolo su di lei e, con mio stupore, a scoprire i dettagli sul presunto miracolo già in esame presso la Congregazione delle Cause dei Santi, raccontato, con nomi e cognomi, sul vecchio sito della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Una volta che l’aggettivo “presunto” è venuto a cadere, con la promulgazione del decreto sul miracolo, ho iniziato a pensare che lei avrebbe potuto essere un ottimo soggetto per un post o un articolo. Intanto, grazie all’Ufficio Stampa della Papa Giovanni, ero riuscita ad aggiornare la scheda su santiebeati.it, che di per sé mi pareva una sintesi efficace.

Lo stesso Ufficio Stampa mi ha aiutata moltissimo nell’inviarmi il Diario di Sandra, una biografia illustrata che in sostanza riproduce la mostra a pannelli su di lei e Vivo per miracolo, il testo in cui Stefano Vitali, la persona sanata per intercessione sua, si racconta in prima persona (qui la mia recensione, che ho inserito nella rubrica del blog Squarci di testimonianze).

Inoltre, la redazione de Il Ponte, settimanale della diocesi di Rimini, mi ha fornito il piccolo libro che il vescovo monsignor Francesco Lambiasi, da sempre convinto assertore della santità della ragazza, aveva dato alle stampe poco dopo la notizia del miracolo.

Infine, ho fatto ricorso di nuovo all’Ufficio Stampa, ma anche al suo postulatore, per sapere se il mio articolo conteneva errori o imprecisioni. Il secondo, in particolare, con cui avevo già avuto a che fare per san Paolo VI, mi ha fornito indicazioni di metodo sia per lo stile espositivo, sia per essere io la prima a cambiare leggendo le storie sante.

Penso, adesso, di conoscere Sandra un po’ meglio. Anche nel suo caso, spero di non fermarmi al lavoro compiuto, ma di ritornare sulle sue parole, specie per imparare a scegliere Dio in ogni aspetto della mia vita.

 

* * *

 

Settembre 1974. Una ragazza di appena tredici anni, Sandra Sabattini, arriva ad Alba di Canazei, alla casa per ferie “Madonna delle Vette”. Le è stato proposto di partecipare a un campeggio per i giovani: è molto più piccola degli altri partecipanti, ma è stata considerata sufficientemente matura per il compito che l’aspetta.

I giovani sono incoraggiati a visitare i paesini della Val di Fassa, per invitare a pranzo le persone disabili che abitano là. Sandra passa molto tempo con loro, ma anche nella cappellina della casa, per presentare al Signore le difficoltà e le gioie che vive ogni giorno.

Tornata a casa, a Rimini, racconta le sue esperienze alla madre ed esclama: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che non abbandonerò mai». Manterrà la promessa con fedeltà e determinazione, fino a quando la sua vita non sarà interrotta.

 

Bambina e ragazza essenziale

 

Sandra nasce il 19 agosto 1961 all’ospedale di Riccione, figlia di Giuseppe Sabattini e Agnese Bonini. Cresce desiderosa di affetto, come dimostra anche una punta di gelosia nei confronti del fratello Raffaele, venuto al mondo sedici mesi dopo di lei. Supera presto quella fase, tanto da affezionarsi profondamente a lui.

La sua famiglia abita da sempre insieme a don Giuseppe Bonini, fratello della madre, e l’ha seguito nei suoi trasferimenti: prima nella parrocchia della Madre del Bell’Amore a Misano Cella, poi a Rimini, nella parrocchia di San Girolamo. Anche grazie a questo stile di vita, diretto all’essenzialità, Sandra matura un rapporto speciale col Signore. Un’altra zia, Veronica, nota spesso che, insieme alla sua bambola preferita, lei tiene in mano una piccola corona del Rosario, da cui non si separa neanche quando dorme. Molto di frequente, la sera, sguscia nella cripta di San Girolamo e si siede a terra, guardando verso il Tabernacolo.

In quinta elementare, incoraggiata dalla sua maestra, comincia ad annotare riflessioni in forma di diario su fogli sparsi. Da lì emerge una personalità ricca, sensibile allo splendore della natura, capace di slanci generosi e di dubbi tipici dell’età. Le amiche che crescono con lei la vedono aprirsi alla vita, con un’energia incanalata in non poche passioni: l’atletica leggera, il disegno, la musica.

 

La scelta per Dio e per i poveri

 

Un giorno, nella parrocchia di San Girolamo, arriva un lontano parente dello zio don Giuseppe, don Oreste Benzi, parroco a La Resurrezione, nella periferia di Rimini. È stato invitato a parlare ai ragazzi del dopo-Cresima per proporre loro «un incontro simpatico con Gesù», ovvero l’esperienza del campeggio, che avrebbe suscitato in loro il desiderio di uscire dalla solitudine per incontrare i “fratellini” e le “sorelline” disabili, come li chiama lui.

Dopo il campeggio, Sandra comincia a frequentare gli incontri per i “preju”, ossia i preadolescenti, proposti da don Oreste insieme a don Nevio Faitanini. Non sono solo momenti di scambio e di riflessione, ma anche occasioni in cui i ragazzi assistono i coetanei più in difficoltà, le famiglie povere e quanti bussano alla porta della parrocchia de La Resurrezione. Stando con loro, trova una pace profonda, di cui lascia traccia nel suo diario. Il 26 febbraio 1978, durante un ritiro predicato da don Nevio, dichiara con forza: «Ora si tratta di una cosa sola: scegliere. Ma cosa? Dire: sì Signore scelgo i più poveri; ora è troppo facile, non serve a niente se poi quando esco è tutto come prima. No, dico: scelgo Te e basta».

Partecipa anche a manifestazioni pubbliche in cui, insieme ai giovani della nascente Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, afferma la necessità di ammettere al lavoro anche le persone con disabilità, perché la società non sia più, come la definisce in uno scritto del 26 dicembre 1976, una «fabbrica di emarginati».

Sul punto di terminare le superiori, chiede consiglio a don Nevio, suo direttore spirituale, e a don Oreste: non sa se proseguire con l’università o dedicarsi ai poveri a tempo pieno. Col loro aiuto, capisce che la preparazione universitaria sarà utile a lei, ma anche a quanti condivideranno il suo cammino. S’iscrive a Medicina e già pensa di partire per l’Africa come volontaria: questo progetto causa qualche contrasto in famiglia, soprattutto col padre, che le consiglia di realizzarlo dopo la laurea.

 

Un fidanzamento fuori dagli schemi

 

Il progetto missionario è solo uno degli aspetti che Sandra immagina per il suo futuro, ma rientra in un contesto più ampio: quello del fidanzamento con Guido Rossi, studente al primo anno di Ingegneria. Lo conosce durante una festa di Carnevale della Comunità nel febbraio 1979; si fidanza con lui nell’agosto dello stesso anno.

Il loro è un rapporto pensato e vissuto alla luce dei valori cristiani, improntato alla prudenza e alla riservatezza. Ne è la prova il fatto che, almeno per i primi tempi, a Messa siedono separati. Tendono poi a non mettere in mostra l’amore che li unisce: preferiscono scoprirsi poco a poco. Iniziano anche a pensare alla loro nuova famiglia, dove la condivisione coi poveri resterà centrale.

In una lettera a Guido nel maggio 1983, Sandra ripensa al cammino che hanno compiuto insieme, fatto di slanci e passi avanti, ma anche di fatiche, specialmente da parte di lei, che solo negli ultimi tempi ha imparato ad accettare l’altro per com’è realmente, non come vorrebbe che fosse. «Finalmente», gli confida, «è venuto il periodo del lento, lento fidarmi cieco di Lui, e ho anche più chiaro che è con te che Lui vuole che io cammini, con i limiti che hai e di cui mi sento responsabile, di cui non sento più il peso come una volta, perché ora forse fanno parte di un grande mosaico».

Non sono sempre dello stesso parere, specie su cosa significhi essere veramente cristiani. Guido pensa che sia anzitutto un atteggiamento morale, che fa stare bene l’uomo interiore. Per Sandra, e lui se ne accorge ogni giorno di più, Dio non è una sorta di tappabuchi: è invece una presenza viva, a cui fare riferimento continuamente. Col tempo lo diventa anche per lui: diventa meno riluttante nella preghiera ed è felice d’incontrare con lei tante situazioni di bisogno.

Intanto, Sandra dedica il suo tempo libero a un nuovo volto della povertà: i giovani che vengono avviati a percorsi di recupero per uscire dalla tossicodipendenza. A loro riserva le vacanze estive del primo anno di università, che rievoca nelle pagine del diario: «Signore», prega scrivendo il 7 settembre 1982, «fa’ che ogni mia azione sia determinata dal fatto di volere il bene dei ragazzi, ogni minuto è un’occasione da prendere al volo».

 

Di corsa verso l’eternità

 

Nei suoi scritti è però frequente il pensiero della morte. Sandra ama la vita, ma sente che essa ha un limite e, soprattutto, sa di non essersela data da sola: «È tutto un dono su cui il “Donatore” può intervenire quando e come vuole. Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora». Scrive queste parole il 27 aprile 1984.

Alle 9.30 di due giorni dopo, appena tornata con Guido ed Elio, un altro giovane della Comunità, all’assemblea generale che si sta tenendo a Igea Marina, Sandra viene investita da un’automobile. Elio, che è sceso con lei dall’auto del fidanzato, è ferito lievemente, a differenza sua. Sull’ambulanza che viene a prenderla per portarla all’ospedale di Rimini sale anche don Oreste, che le tiene il capo tra le mani.

Da Rimini viene trasferita con urgenza all’ospedale Bellaria di Bologna, mentre l’assemblea della Comunità si trasforma in un’intensa e prolungata preghiera per ottenere la sua guarigione. Invano: alle 14.50 del 2 maggio 1984, Sandra viene dichiarata clinicamente morta. Al suo funerale, il 5 maggio, don Oreste cerca di spiegare perché Dio l’abbia permesso: «Viene da pensare che Lui, la cui essenza è amore, l’abbia accolta solo nel momento in cui il suo cuore non poteva dilatarsi oltre, nel momento in cui aveva portato a termine il suo compito sulla terra e nel quale poteva pronunciare, come Gesù sulla croce, il suo “Tutto è compiuto”».

Il fondatore della Comunità Papa Giovanni è convinto di aver avuto a che fare non solo con una ragazza eccezionale, ma anche con una possibile candidata agli altari, la prima “santa fidanzata”. Ne è ancora più sicuro quando riscontra il bene che gli scritti di Sandra, raccolti per la prima volta nel 1985, cominciano a produrre anche al di fuori del suo ambiente.

Cogliendo questa fama di santità, la diocesi di Rimini ha seguito la prima fase della sua causa, dal 27 settembre 2006 al 6 dicembre 2008. La beatificazione di Sandra, prevista per il 14 giugno 2020 e rinviata a causa dell’emergenza sanitaria, è stata fissata al 24 ottobre 2021.

 

Originariamente pubblicato su Sacro Cuore VIVERE, ottobre 2021, pp. 18-19 (visualizzabile qui)

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