Sposi e compagni di cammino – Venerabile Maria Cristina Cella e Carlo Mocellin (Cammini di santità #38)

Maria Cristina, Carlo e i bambini nel giorno del Battesimo di Riccardo, il terzo figlio, agosto 1994 (dalla galleria fotografica del sito ufficiale dell’Associazione Amici di Cristina Onlus)


Tra i personaggi di cui mi sarebbe piaciuto occuparmi sulle pagine di Sacro Cuore VIVERE, la rivista dell’Opera Salesiana del Sacro Cuore di Bologna, c’era, fin dalle origini, Maria Cristina Cella Mocellin. Credevo che la sua esperienza di giovane, poi di sposa e di madre, a cui avevo già dedicato un post, rientrasse a meraviglia nei criteri suggeriti dal direttore. A dire il vero, lui mi aveva proposto di affiancarle Carlo, suo marito, benché sia ancora vivo.

Avevo tentato un’operazione simile ben prima che iniziasse l’inchiesta diocesana per Chiara Corbella Petrillo, però l’articolo non mi era riuscito benissimo. Per questa ragione, ho rimandato prima di raccontare di quell’altra coppia. In verità, ne sarei stata felice: credevo, infatti, che di Maria Cristina s’interessassero in pochissimi, ovvero io, quelli della sua parrocchia d’origine a Cinisello Balsamo e quelli del paese dove andò a vivere da sposata.

Lo scorso anno, però, un articolo sul Portale della diocesi di Milano mi ha messa all’erta: da quel che scriveva la giornalista, il decreto sull’eroicità delle virtù di Maria Cristina era atteso per «i primi mesi del 2021».

Ho cominciato a pensare che sarebbe stato bello se fosse uscito a febbraio, magari proprio il giorno dell’anniversario delle nozze tra lei e Carlo. Invece ho aspettato fino al 31 agosto 2021, un giorno piuttosto insolito, dato che abitualmente i Decreti compaiono sul Bollettino della Sala Stampa vaticana e sul sito della Congregazione delle Cause dei Santi a metà mese.

Non ho mandato immediatamente le mie felicitazioni ai membri dell’associazione che ha promosso la causa: avevo il presentimento che il direttore mi avrebbe incaricato di scrivere l’articolo, ammesso che la mia collaborazione si sarebbe protratta anche per quest’anno. Di fatto, Maria Cristina e Carlo sono stati scelti per il numero di marzo; in questo modo, ho potuto riprendere l’articolo qui oggi, nella memoria liturgica di san Giuseppe (dopotutto, lei era nativa di una parrocchia intitolata alla Sacra Famiglia).

Il fatto che avrei dovuto prestare attenzione anche alla testimonianza di vita dello sposo mi ha condotta a ripensare al mio incontro con lui, il 24 ottobre 2015, dopo la presentazione, presso l’Università Cattolica di Milano, dell’epistolario di sua moglie.

Ricordo che mi sono accostata timidamente a lui, per rivolgergli quella domanda che altre volte ho posto a persone che sono portatrici della testimonianza di qualcuno: ovvero se, prima che per Maria Cristina venisse avviata la causa, a lui o a qualcun altro degli amici o dei parenti fosse stato rimproverato di anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa su di lei (tenendo conto che una causa in corso non implica che tale giudizio sia già stato emesso). Mi ha offerto un incoraggiamento che mi è rimasto stampato in testa: la prudenza, secondo lui, non deve impedire di parlare.

Mi sono data quindi alla lettura della biografia più completa, o meglio, della sua «edizione ridotta nelle testimonianze ma aggiornata agli ultimi avvenimenti» (così è indicato a pagina 2), uscita in allegato a Famiglia Cristiana nel 2018.

In particolare avevo due attenzioni: raccontare il percorso che ha portato Maria Cristina a diventare quello che era e, contemporaneamente, capire come Carlo avesse effettivamente camminato con lei, anzi, come continui a farlo, seppure la morte li abbia fisicamente separati. Essendo poi la rivista legata a un’Opera salesiana, avrei dovuto sottolineare quello che lei aveva imparato al liceo dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, ovviamente non in riferimento alle materie scolastiche.

Infine, dovevo far risaltare gli aspetti del suo dialogo costante con Dio, ma anche il fatto che chiedeva consigli a persone fidate: il prete dell’oratorio, le suore, ma anche le amiche del gruppo giovani. L’aiuto fornito dai membri dell’associazione, più alcune domande dal mio direttore, mi hanno aiutata a ricalibrare alcuni aspetti della mia esposizione.

A dirla tutta, un sacerdote che conosco, originario di Cinisello, mi aveva riferito tempo fa che nella sua parrocchia di nascita non c’è solo Maria Cristina come personaggio esemplare. Mi aveva quindi regalato la biografia di Marcello Marano, docente di Fisica al Politecnico di Milano, membro aggregato dell’Opus Dei.

Gli ho promesso un post a riguardo: spero di riuscirci quest’anno, in tempo per l’anniversario della sua scomparsa.

 

* * *

 

Cinisello Balsamo, autunno del 1985. Una ragazza di sedici anni si avvicina a suor Annarosa Pozzoli, – Suora della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret –, durante il suo servizio in parrocchia: «Suora ho visto Carlo!», esclama. Sorpresa dalla sua spontaneità, la religiosa domanda: «Ma chi è?». «È un adolescente come me, con gli occhi azzurri, biondo. Suora come è stato bello parlargli insieme! Suora, sento di volergli bene». All’entusiasmo si accompagna subito un altro pensiero, confidato immediatamente: «Però io voglio aspettare a innamorarmi del tutto, perché devo capire bene che cosa il Signore vuole da me».

Suor Annarosa avverte che la ragazza sta già provando qualcosa di speciale per quel suo nuovo amico. Saggiamente, le risponde: «Prega il Signore che ti faccia capire». Maria Cristina Cella, così si chiama l’adolescente, intensifica il suo dialogo con Dio, di cui, in breve tempo, rende partecipe anche colui che, di lì a poco, diventerà suo marito.

 

Una ragazza che parla con Dio

 

Maria Cristina, per tutti Cristina, è nata all’ospedale di Monza il 18 agosto 1969. Insieme ai genitori e al fratello minore Daniele, vive a Cinisello Balsamo, in provincia e diocesi di Milano. È impegnata nelle varie attività dell’oratorio della parrocchia Sacra Famiglia, dal coro al catechismo all’animazione delle bambine. Ha un bel gruppo di amiche, con le quali vive i momenti di ritiro, di preghiera e di animazione proposti per la loro età.

È studentessa del liceo linguistico «Regina Pacis» di Cusano Milanino, affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nelle sue riflessioni si appunta i «Precetti di don Bosco e dell’educatore», che s’impegna a fare propri. Torna spesso a rileggerli, nei momenti che si ritaglia in chiesa, o nella cappellina dell’oratorio, dove scrive altre preghiere e invocazioni a Dio su un quaderno dalla copertina rossa.

Questo Diario spirituale registra anche i momenti di dubbio in relazione alla sua vita futura. L’esempio delle suore dell’oratorio e la donazione totale con cui vivono la vicinanza ai poveri, ai carcerati e ai giovani (il «Dio solo» proposto da santa Giovanna Antida, loro fondatrice) l’attrae, ma sente dentro di sé la difficoltà di farlo proprio. Allora prega, come nel ritiro del 28 dicembre 1985: «Donami la speranza, perché mi fidi di te, perdona i miei peccati, perché continui ad avere coraggio; donami la capacità di riconoscere la tua chiamata nella mia vita». Subito trova nel suo spirito la risposta, come se le parlasse il Signore: «Cristina, fermati e ascolta: conosco la tua voce, non avere paura perché non ti lascio sola, neanche quando tu mi dimentichi e mi allontani. Abbi fiducia in Me! Lasciati condurre dall’unica persona che può condurti, io sono con te sempre!».

 

Chiamata all’amore

 

Il primo incontro tra Cristina e Carlo Mocellin avviene a Valstagna, il paese veneto dove vive la nonna materna di lei. Anche lui, che abita a Carpanè, poco distante, riconosce una sintonia immediata con la nuova amica, tanto da chiederle l’indirizzo di casa. Cominciano quindi un rapporto epistolare, di cui la ragazza rende partecipe anche suor Gabriella Belleri, che segue la parte femminile dell’oratorio.

Dentro di lei continuano gli interrogativi, cui dà sfogo nel Diario. Chiede anche consigli a Isabella Pezzani, la sua migliore amica: da lei è incoraggiata a ricambiare i sentimenti di Carlo. Dopo un anno di scambi epistolari e qualche incontro al paese di lui, si fidanzano ufficialmente il 10 agosto 1986. Nelle lettere, Cristina inizia a fare progetti, ma allo stesso tempo mette in chiaro lo scopo della loro vita insieme, evidente anche nella preghiera «Compagni di cammino» scritta il 12 dicembre 1986: «Io ti amo, tu mi ami, ma il nostro amore è contenuto nell’amore del nostro Dio: è per questo che vuol essere vero, saldo, puro, profondo…».

Lo è già, come si vede nel momento in cui Cristina inizia le cure per un sarcoma alla coscia sinistra. Quasi ogni fine settimana, terminato il suo lavoro di geometra, Carlo corre a trovarla all’Istituto dei Tumori di Milano, l’abbraccia e le dona speranza. A suor Gabriella dichiara: «Io la sposo, non per compassione. Io l’amo». A guarigione avvenuta, cominciano i preparativi per le nozze.

Il matrimonio, celebrato il 2 febbraio 1991 a Cinisello, è una vera festa, particolarmente per i membri del gruppo giovani della Sacra Famiglia. La coppia ha trovato casa a Carpanè, ma Cristina continua a venire a Milano per proseguire gli studi di Lingue e Letterature Straniere all’Università Cattolica.

I figli arrivano subito: prima Francesco, poi, due anni dopo, Lucia. Con loro Cristina concretizza quanto auspicava nella lettera del 14 aprile 1988 e che Carlo, dal canto suo, condivideva: «Dovremmo comprare tanti bei vestitini, viziarli almeno un pochino, giocare con loro, insegnare a loro tante cose, ma soprattutto che la vita è un’avventura meravigliosa e che ciò che più conta è l’amore. Insegneremo loro a pregare, a rispettare gli altri come a farsi rispettare…».

 

Amata e grata per la vita

 

All’inizio della terza gravidanza, si ripresentano i segni della malattia. Di lì a poco, viene dichiarata la recidiva. Cristina entra ed esce dagli ospedali, dove, per sua richiesta, viene curata senza che sia messa a rischio la vita di Riccardo che nasce sano e vispo: si mostra serena agli altri e non vuole che vengano a trovarla con volti tristi, ma anche lei ha momenti di sconforto. Aiutata dagli amici e dal parroco di Carpanè, don Teofano Rebuli, trova la forza di pensare che Dio sa quello che fa; lo ama e si sente amata da Lui anche in quella situazione.

Carlo non l’abbandona, ma reagisce diversamente: chiede con insistenza il miracolo della guarigione della sua sposa, anche visitando santuari e luoghi di spiritualità. In una lettera, che lei cita nella missiva a suor Annarosa del 1° giugno 1995, le rivela di aver capito «che più ci avviciniamo a Dio, più pensiamo al bene che ci vuole e più possiamo amarci e amare». Non lo sa ancora, ma Cristina, nelle notti in cui il tumore, ormai esteso ai polmoni, le impedisce di dormire, offre la sua sofferenza anche per lui.

In una di quelle veglie, alle 5.25 del 24 settembre 1995, scrive una lettera a Riccardo, che è venuto alla luce il 28 luglio 1994, concludendola così: «Non posso che ringraziare Dio, perché ha voluto fare questo dono grande che sono i nostri figli: solo Lui sa come ne vorremmo altri, ma per ora è davvero impossibile».

Il 22 ottobre 1995 Cristina si aggrava. Verso le 11 scandisce lentamente i nomi dei tre bambini, uno per uno, in ordine di nascita. Il suo respiro si fa sempre più corto fino a spegnersi, alle 14.25. Accanto al suo letto d’ospedale ci sono i genitori, la zia Maria, don Teofano e Carlo, che continua a parlarle: «Guarda che i figli sono anche tuoi. Come faccio io da solo?».

 

Insieme anche sulla «via della debolezza»

 

Il funerale, celebrato il 24 ottobre nella parrocchiale di Carpanè, vede la partecipazione di una grande folla, compresi gli amici venuti da Cinisello. Al camposanto, Carlo meraviglia per la compostezza con cui saluta e consola quanti condividono la sua perdita, di cui ha dato prova anche nel discorso pronunciato al termine delle esequie.

La storia di Cristina esce subito dai confini del paese e della Valbrenta. In particolare, viene messo l’accento, anche con qualche errore, sulla scelta di anteporre la vita di Riccardo alla propria e sul paragone con Gianna Beretta Molla, beatificata un anno e pochi mesi prima. Gradualmente l’interesse della stampa si affievolisce e, in casa Mocellin, torna la calma.

Gli scritti della giovane madre, però, continuano a diffondersi in modo silenzioso. Carlo, che intanto ha iniziato a essere invitato a presentare la sua storia in molte testimonianze, acconsente a una pubblicazione ufficiale del Diario, nel 2005, che arriva anche al vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo. Anche grazie a lui, i familiari e le parrocchie dove Cristina è vissuta accettano che si muovano i primi passi per l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione. Viene anche fondata l’Associazione Amici di Cristina, con sede a Cinisello Balsamo.

L’inchiesta diocesana si è svolta quindi a Padova dall’8 settembre 2008 al 18 maggio 2012. Le virtù eroiche di Cristina sono state riconosciute col decreto autorizzato da papa Francesco il 30 agosto 2021.

Il 22 ottobre 2020, nel venticinquesimo anniversario della morte di Cristina, monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha presieduto una Messa nella parrocchia della Sacra Famiglia, ricordando come lei abbia percorso «la via della debolezza» proposta da Gesù ai discepoli inviati in missione, rispettando anche il cammino dei suoi cari, compreso il suo sposo: «Dio rivela la sua potenza perché anche nel dolore rende possibile amare, essere nella pace, sperimentare la gioia secondo il dono dello Spirito Santo».

 

Originariamente pubblicato su Sacro Cuore VIVERE, marzo 2022, pp. 20-21 (visualizzabile qui)

 

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Concludo il post riprendendo il trailer del docufilm eTErnamente con TE, di prossima uscita, voluto dall’Associazione Amici di Cristina.


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