Armida Barelli, “sorella maggiore” delle cattoliche italiane

La fotografia scelta per il manifesto della beatificazione (fonte)


Chi è?

 

Armida Barelli (al Battesimo, Armida Ernestina Maria) nacque a Milano il 1° dicembre 1887, terza dei sei figli di Napoleone Barelli e Savina Candiani, borghesi benestanti, sostanzialmente indifferenti alla religione.

Ciò nonostante, vollero per lei una formazione di qualità, come quella fornita presso il collegio delle Suore di Santa Croce a Menzingen, in Svizzera. Fu lì che, grazie all’amica Akatia Braig, Armida scoprì nel Sacro Cuore di Gesù un modo accessibile e semplice per capire la fede.

Tornata in famiglia dopo il diploma, cominciò ad aiutare nel negozio di stampe antiche del padre. Desiderosa che anche i suoi familiari diventassero credenti, chiese aiuto a Rita Tonoli, una maestra che operava a favore dei bambini poveri di Milano, a cui si era affiancata. Grazie a lei, l’11 febbraio 1910, conobbe padre Agostino Gemelli, iniziando con lui una collaborazione duratura.

Entrata nel Terz’Ordine Francescano il 19 novembre 1910, tre anni più tardi, nel Duomo di Milano, compì un atto di consacrazione privata, con cui si rendeva interamente disponibile a quanto Dio avrebbe deciso di lei; non sarebbe però entrata in convento, né si sarebbe sposata.

Padre Gemelli la definì, successivamente, “cucitrice” di varie opere: la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore, avvenuta il primo venerdì del gennaio 1917, la casa editrice Vita e Pensiero, di cui lei fu amministratore unico dal 20 gennaio 1918; la nascita di un sodalizio di donne consacrate a Dio pur restando nel mondo, inizio del futuro Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo, il 19 dicembre 1919; l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il cui primo anno accademico iniziò il 7 dicembre 1921 e della quale lei fu la cassiera; l’Opera della Regalità, per avvicinare il popolo dei fedeli alla preghiera secondo la liturgia.

Intanto, nel 1919, Armida era stata convocata dall’arcivescovo di Milano, il cardinal Andrea Carlo Ferrari (beatificato nel 1987), affinché diventasse presidente della Gioventù Femminile Cattolica, avviata proprio in quegli anni a opera di padre Enrico Mauri (Venerabile dal 2018) presso la parrocchia di San Gregorio Magno a Milano.

La sua opera di diffusione dell’associazione nelle parrocchie diocesane suscitò l’interesse di papa Benedetto XV: il 28 settembre 1918, ricevendo Armida in udienza privata, l’incaricò di estendere la Gioventù Femminile (in sigla, GF) a tutta l’Italia.

Nel suo lungo mandato come presidente nazionale, durato fino al 1946, percorse le Regioni in viaggi spesso disagevoli, vincendo la sua ritrosia a parlare in pubblico, proponendo alle socie un ideale per cui valesse la pena di vivere e, se necessario, anche di morire.

Nel 1949 fu colpita da paralisi bulbare, malattia che le tolse la facoltà di muoversi e, alla fine, anche di parlare. Rinunciò anche al dono della voce purché si compisse l’ultimo progetto che aveva sostenuto insieme a padre Gemelli: la facoltà di Medicina dell’Università Cattolica. Morì a Marzio, nella villa dove amava ritirarsi a riflettere e pregare, il 15 agosto 1952.

Benché Marzio fosse in diocesi di Como, l’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione si svolse a Milano, dall’8 marzo 1960 al 10 luglio 1970. Il 21 febbraio 2021 papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto relativo al miracolo preso in esame per ottenere la sua beatificazione.

La Messa con il Rito della Beatificazione suo e di don Mario Ciceri viene celebrata oggi, 30 aprile 2022, nel Duomo di Milano. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta della cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in Largo Gemelli 1 a Milano, dove riposano dall’8 marzo 1953. La sua memoria liturgica ricorre invece il 19 novembre, giorno anniversario della sua consacrazione tra le Missionarie della Regalità di Cristo.

 

Cosa c’entra con me?

 

Ci sono voluti parecchi anni perché cominciassi a interessarmi a vita e spiritualità di Armida Barelli. Le origini remote rimontano al mio ultimo anno di liceo, quando ho affrontato le prove scritte del First Certificate in English presso la sede milanese della Cattolica. All’epoca, però, non ero ancora così appassionata a Santi e affini: rimasi però colpita dal fatto che, nella cappella principale, c’era il Santissimo Sacramento esposto.

Arrivata alla scelta universitaria, avevo le idee chiare: non sarei andata a studiare in Cattolica, sia per motivi di reddito, sia perché mia sorella, purtroppo, me l’aveva descritta con toni molto negativi, sia perché, in ogni caso, la Statale era molto più vicina a casa mia. Ho comunque dovuto visitarla proprio negli anni dell’università, perché alcuni testi che mi occorrevano per l’elaborato finale della laurea triennale non erano conservati nell’ateneo che frequentavo.

Dev’essere stato allora che ho deciso di avventurarmi nella sede del Centro Pastorale e, timidamente, ho chiesto se avessero qualche santino di Armida. Me ne diedero almeno tre, su un cartoncino color giallo paglierino. Nel profilo biografico stampato all’interno mi colpì moltissimo una frase: quando lei si offrì al Sacro Cuore per l’apostolato restando nel mondo, non aveva nulla alle spalle (proprio nulla no, essendo già Terziaria francescana), solo la sua fiducia in Lui. Non mi sembrava un ideale tanto dissimile da quello che stavo iniziando a maturare, in effetti.

Non ricordo invece come né quando avessi scoperto che c’era, per lei, un miracolo in esame, e che riguardava una donna di Prato, che aveva avuto uno scontro frontale con un camion mentre andava in bicicletta. Mentre cercavo di pensare a chi potesse essere il prossimo Beato ambrosiano, mi tornò in mente quel fatto: decisi allora di rivedere il profilo presente su santiebeati.it.

Ai tempi non era ancora uscita quella Nota della Congregazione delle Cause dei Santi che vieta di diffondere notizie sull’esito della Consulta Medica riguardante i presunti miracoli presentati dalle varie Postulazioni, prima che venga promulgato il relativo Decreto. Di conseguenza, per non commettere imprudenze, pensai di rivolgermi alla Postulazione della causa che m’interessava; non a Milano, però, ma alla Fondazione Apostolicam Actuositatem, che si occupa, tra l’altro, di seguire e promuovere le cause dei candidati che furono soci dell’Azione Cattolica.

Il 14 settembre scrissi per la prima volta un’e-mail, ma dopo un paio di mesi non avevo avuto alcuna risposta. L’8 novembre 2017 mi scrisse un’incaricata, che contemporaneamente inoltrava la mia revisione alla postulatrice e alla vicepostulatrice di Armida. Contestualmente m’inviò un pacchetto con molto materiale utile, compresi parecchi santini.

Da allora, però, non ebbi più notizie. Provai a sollecitare scrivendo all’indirizzo presente sulla più recente biografia della Venerabile Antonietta Meo, detta Nennolina (qui il mio post su di lei), ma non ricevetti risposta. Pensai quindi di non insistere; forse la Consulta Medica aveva respinto il caso presentato, o aveva chiesto nuove prove a favore.

Nel 2018, durante la mia partecipazione all’incontro dei giovani italiani con il Papa (in quanto membro di uno dei cori che avrebbero cantato alla veglia e alla Messa in piazza San Pietro), mi trovai alloggiata a Casa La Salle, all’interno della Casa generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane, a due passi dalla sede centrale dell’Azione Cattolica Italiana. Pensai allora di dirigermi là, ma cambiai subito idea: non avrei trovato nessuno e poi, non conoscendo la zona, temevo di perdermi.

L’11 maggio, partecipando a un convegno su don Carlo San Martino, fondatore del Pio Istituto pei Figli della Provvidenza (di lui ho parlato qui), udii monsignor Ennio Apeciti, responsabile del Servizio delle Cause dei Santi della mia diocesi, affermare che il martedì successivo, a Roma, ci sarebbe stato un importante incontro per la causa di Armida; del resto, quel convegno si stava svolgendo proprio in Cattolica. Aspettai con ansia ancora maggiore del solito i Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi per quel mese, ma quello che più mi premeva mancava ancora.

Due settimane dopo, telefonai di nuovo alla sede centrale di Azione Cattolica: la signora che mi aveva spedito il pacchetto mi confermò nella seconda ipotesi che avevo formulato, ovvero che, dopo nuove evidenze mediche, la Consulta aveva accettato di riesaminare il presunto miracolo. Non mi restava quindi che attendere ancora un po’, sempre ammesso che i Consultori esprimessero parere positivo.

Mi sembrò di cogliere un indizio dell’imminente beatificazione quando lessi che, nella Proposta pastorale diocesana per l’anno 2020-2021, monsignor Mario Delpini affiancava a Carlo Acutis proprio Armida, auspicando anche per lei la beatificazione in tempi brevi. Ripensandoci, poteva essere semplicemente perché il 7 dicembre 2021 sarebbe ricorso il centenario di fondazione della Cattolica.

Poco prima dell’elezione del nuovo presidente diocesano di Azione Cattolica, mi accadde d’incontrare la presidente ancora in carica. Già le avevo riferito delle mie iniziative agiografiche, quindi speravo di avere qualche dettaglio in più; invece, prudentemente, si limitò a unirsi all’auspicio dell’arcivescovo.

Finalmente, il 20 febbraio 2021, è arrivata la conferma ufficiale: era stata autorizzata la promulgazione del Decreto sul miracolo. Da allora ho seguito con attenzione le varie pubblicazioni sui media diocesani a riguardo della beatificazione sua e di don Mario Ciceri, insieme alle iniziative per alimentare la conoscenza di entrambi.

Ho particolarmente apprezzato il convegno del 29 gennaio scorso, svolto in quel salone Pio XII della sede diocesana di Azione Cattolica dove avevo seguito (con attenzione non sempre costante, ammetto) varie lezioni universitarie. Ho preso appunti con cura, certa che li avrei riutilizzati per i miei prossimi articoli, a cominciare da quello per Sacro Cuore VIVERE, che ripubblicherò qui domani.

In particolare, mi è venuto da istituire un parallelismo tra i viaggi che Armida svolgeva per motivi di apostolato, con situazioni che farebbero impallidire anche i pendolari di oggi, e quelli che mi conducono alle prove del Gruppo Shekinah e ai luoghi dei concerti-meditazione o dei servizi canori che vengono richiesti al Gruppo medesimo.

Ho poi riconosciuto le relazioni di comunione che lei aveva con molti suoi contemporanei e credenti, insieme a quelle che la legavano ai Santi vissuti secoli addietro. Dato il suo forte lavoro nella sfera femminile, alla fine ho ridotto ai soli legami con figure di donne (ma anche bambine e ragazze) la mia esposizione in questo articolo.

 

Il suo Vangelo

 

Nei racconti che si sono diffusi, negli ultimi mesi, relativamente ad Armida, sono state giustamente messe in evidenza le sue doti organizzative, frutto dell’educazione in collegio e dell’esperienza nel negozio paterno. È stato fatto risaltare il suo contributo per l’emancipazione femminile in Italia, culminato nell’impegno per un voto consapevole quando fu avviato il suffragio femminile. È stato rimarcato il suo servizio alla Chiesa in forme che a quei tempi cominciavano a sorgere, ma che canonicamente dovevano ancora attendere per essere riconosciute.

Niente sarebbe stato fatto senza di lei, ma è altrettanto vero che niente lei avrebbe compiuto se non avesse fatto ricorso a quello che definì il “talismano” della sua intera esistenza, ovvero la fiducia nel Sacro Cuore.

Invocarlo con brevi giaculatorie, riceverlo e contemplarlo nell’Eucaristia, presentarlo alle giovani proprio come era successo a lei era realmente il suo segreto per riuscire nella vita. Naturalmente anche lei ha avuto le sue ingenuità, ma, ribadisco, di un candidato agli altari bisogna valutare la vita nel suo complesso e la sua eredità nel corso del tempo.

In un suo scritto del 1921, quindi nei primi tempi del suo servizio alle giovani di Azione Cattolica, esprimeva con una preghiera il suo intento:

Dare e darsi è il bisogno dell’amore.

O Gesù, quello che ho,

quello che sono, eccolo.

La mia attività tutta intera, prendila nella tua

e fai con essa l’opera della Tua gloria.

Dimmi quello che vuoi, lo vorrò io pure;

mandami dove vuoi, ci volerò,

caricami di lavoro, mi ci dedicherò

interamente con gioia;

il dolore stesso (con la Tua grazia)

lo trasformerò in amore.

Questo suo ideale, ora più che mai, è patrimonio dell’intera Chiesa, che ora, seppur coi limiti che la beatificazione comporta, è autorizzata a pensarla come modello da seguire.

 

Per saperne di più

 

Maria Sticco, Armida Barelli - Una donna fra due secoli, Vita e Pensiero 2021, pp. 776, € 25,00.

La seconda biografia, uscita nel 1967, che rimane ancora fresca e avvincente.

 

Armida Barelli, La sorella maggiore racconta..., edizione critica a cura di Simona Ferrantin e Paolo Trionfini, Ave 2017, pp. 452, € 25,00.

Uscito per la prima volta nel 1948 e destinato inizialmente alle socie della GF, è il libro in cui Armida stessa racconta la storia dell’associazione, dalle origini fino al trentennale.

 

Luca Diliberto, Armida Barelli da Milano al mondo, In Dialogo 2022, pp. 152, € 15,00.

Il percorso biografico di Armida si unisce con uno, per così dire geografico, nei luoghi di Milano che hanno segnato la sua vicenda.

 

Ernesto Preziosi, La zingara del buon Dio – Armida Barelli, storia di una donna che ha cambiato un'epoca, San Paolo 2022, pp. 528, € 25,00.

Un volume biografico e storiografico, con un ricchissimo apparato di note. Il titolo è tratto da un’espressione di Armida stessa, in riferimento ai suoi viaggi.

 

Maria Teresa Antognazza, Armida Barelli, In Dialogo 2022, pp. 88, € 8,50.

Un libro illustrato, con brevi testi, indirizzato a bambini e ragazzi.

 

Su Internet

 

Sito ufficiale del Comitato per la sua causa di beatificazione e canonizzazione

Speciale sul Portale della diocesi di Milano

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