Don Gabriele Amorth: non “esorcista del Papa”, ma lottatore fiducioso contro il male

Foto di Michele Palazzi/Contrasto per Famiglia Cristiana (fonte)

NOTA PREVIA: poiché, nell’uso della Società San Paolo, i membri sacerdoti hanno l’appellativo di “don”, anch’io farò così, sebbene il protagonista di questo post sia noto anche come “padre”, in quanto religioso.

 

Chi è?

Gabriele Pietro Amorth nacque a Modena il 1° maggio 1925, quinto dei sei figli (tutti maschi) di Mario Amorth, avvocato, e Albertina Tosi. Frequentò coi familiari la parrocchia di San Pietro a Modena, presso la quale aderì all’Azione Cattolica, ricoprendo incarichi di responsabilità anche a livello diocesano.

Nell’estate 1942, accompagnato dal suo parroco, partì per Roma: desiderava infatti farsi religioso, ma non conosceva quasi nessun istituto. I due provarono a essere ospitati dai Passionisti, verso i quali il ragazzo sentiva una vaga attrattiva (conosceva la vita del loro giovane confratello san Gabriele dell’Addolorata), ma non trovarono posto.

Si diressero alla sede della Pia Società San Paolo, dove li accolse il fondatore in persona, don Giacomo Alberione (beatificato nel 2003). Quest’ultimo, dopo aver celebrato la Messa per il ragazzo il giorno seguente, riconobbe che fosse volontà di Dio che lui entrasse nella Pia Società; non prima, però, che avesse terminato le scuole superiori (al tempo aveva diciassette anni ed era allievo della seconda liceo classico).

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Gabriele partecipò alla lotta partigiana, col nome in codice di “Alberto”. Studente universitario, aderì alla Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani (la Fuci), fino alla laurea in Giurisprudenza. Aderente alla Democrazia Cristiana, ebbe contatti con alcuni dei suoi elementi di spicco, ma quando Giulio Andreotti gli chiese d’impegnarsi maggiormente in politica, lui rifiutò, per tenere fede alla promessa fatta a don Alberione.

Ventiduenne, Gabriele iniziò il noviziato nella Pia Società San Paolo. Professò i voti temporanei l’8 settembre 1948 ad Alba e quelli perpetui dopo tre anni esatti. Terminati gli studi teologici, fu ordinato sacerdote a Roma il 24 gennaio 1954.

Inizialmente fu formatore delle vocazioni adulte e dei giovani aspiranti religiosi paolini e professore di liceo ad Alba. Come animatore spirituale, seguì i tre istituti aggregati alla Famiglia Paolina, ovvero l’Istituto Gesù Sacerdote per preti diocesani, l’Istituto San Gabriele Arcangelo per consacrati secolari uomini e l’Istituto Maria Santissima Annunziata per consacrate secolari donne.

Nel 1976 fu eletto Delegato della Provincia Italia, compito che tenne per due anni, cui seguì un altro biennio alla guida dei Cooperatori Paolini, ossia i laici che partecipano al carisma della Società San Paolo rimanendo nel proprio stato di vita. S’impegnò anche come giornalista nei periodici della San Paolo, collaborando con il settimanale Famiglia Cristiana e dirigendo, dal 1980 e per otto anni, il mensile Madre di Dio.

L’11 giugno 1986 si presentò in udienza dal cardinal Ugo Poletti, Vicario di Sua Santità per il Vicariato di Roma, solo per parlare con lui. A un certo punto, il discorso cadde su padre Candido dell’Immacolata Amantini, Passionista, l’unico esorcista del Vicariato, che operava presso il santuario della Scala Santa ed era già noto al sacerdote paolino.

Il cardinale, anche perché preoccupato per la salute di padre Candido (sarebbe morto nel 1992; la sua causa di beatificazione è in corso), prese un foglio e scrisse una lettera con cui nominava don Gabriele esorcista diocesano. Operò da solo a partire dal 21 febbraio 1987.

Don Gabriele approfondì il ministero dell’esorcismo, facendolo conoscere tramite interviste televisive e sulla stampa, ma anche con numerosi articoli, libri e pubblicazioni, nei quali raccontava le sue esperienze dirette. Nel 1991 fondò l’Associazione degli esorcisti, diventata Internazionale (in sigla, AIE) nel 1994. Ne fu presidente fino al 2000, quando divenne presidente onorario. Nel 2014 la Congregazione per il Clero la riconobbe ufficialmente.

Dopo trent’anni di servizio, don Gabriele smise di praticare esorcismi, ormai anziano e malato. Morì nel tardo pomeriggio del 16 settembre 2016, presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, dov’era stato trasferito a causa delle ripetute infezioni polmonari che l’avevano già costretto a entrare all’ospedale Santa Lucia.

Aveva novantuno anni ed era nella Società San Paolo da sessantanove; precisamente, sessantotto di professione e sessantadue di sacerdozio. Per i suoi meriti nella lotta partigiana, pochi giorni prima di morire, l’8 settembre 2016, aveva ottenuto la Medaglia della Liberazione dal Prefetto di Roma.

La sua tomba si trova nel Cimitero Laurentino a Roma.

 

Cosa c’entra con me?

Non mi sono mai sentita particolarmente attratta dai racconti sugli esorcismi, così come, a fatica, ancora oggi stento a occuparmi di personaggi con particolari doni. Per questa ragione conoscevo sì e no di fama don Gabriele, forse per averlo visto ospite in qualche trasmissione televisiva.

Credo poi che non sapessi neppure che fosse un sacerdote paolino, anche se già conoscevo il Beato Giacomo Alberione e molte altre figure della Famiglia Paolina, finché non ho comprato il libro Don Alberione – Piccole storie quotidiane, ricchissimo di aneddoti: nelle abbreviazioni in testa al volume, infatti, era citato anche il suo nome.

Precisamente, era contenuto l’episodio (senza indicazioni cronologiche) per cui lui, un giorno, andò al suo cospetto e gli chiese una preghiera sincera, «di quelle che non si possono cestinare», secondo le sue stesse parole. Don Alberione, con una battuta, lo richiamò al fatto che Dio non cestina, o meglio, non rifiuta nessuna preghiera.

Per il medesimo scarso interesse di cui scrivevo prima, non avevo mai letto nessuno dei suoi libri, neanche dei più noti, e non avevo seguito le sue conversazioni radiofoniche. Solo quando, nel 2013, è uscito il primo numero di Credere, dei Periodici San Paolo, ho potuto capire qualcosa in più del suo pensiero, tramite la rubrica “Dialoghi sull’aldilà”, durata due anni.

Le sue risposte, puntuali e sintetiche, mi permettevano di riconoscere come non dovesse essere automatico il ricorso a un esorcista, in casi di probabile possessione demoniaca: lui stesso suggeriva di dover chiedere aiuto anzitutto alla scienza medica.

Ammetto di aver liquidato molte altre sue affermazioni, ripetute più volte nei libri e nelle interviste, come segni di quell’eccesso di zelo dal quale il mio direttore spirituale mi ha sovente messa in guardia. Oggi, invece, mi sento di dargli almeno un po’ ragione, specie quando raccomandava di ripartire dalla formazione seminaristica per fare in modo che i probabili futuri sacerdoti sappiano osteggiare le forme con cui il male si manifesta, quando i fedeli gliele presentano.

La notizia della sua morte non mi è naturalmente sfuggita, a cominciare dal dossier che Credere aveva tempestivamente pubblicato. Non ricordo se avessi mandato un messaggio di condoglianze a un sacerdote paolino che ho conosciuto anni fa, ma è facile che l’abbia fatto. Di certo, mi sono unita alle preghiere di suffragio, ricordando anche il consiglio che lui aveva ricevuto dal fondatore.

Dato che il mio legame con lui era quasi inesistente, pensai di non dedicargli un post. Non mi occupai della sua storia nemmeno per santiebeati.it, ma la sua scheda c’è, a firma di un altro autore.

L’ho però ritrovato leggendo, per mia curiosità, il racconto di come si arrivò, nel 1959, alla consacrazione dell’Italia alla Vergine Maria. Lì ho trovato un elemento che poteva rendermelo affine: la tenacia nel fare di tutto perché i miei progetti e le mie iniziative di apostolato vadano a buon fine, accompagnata dalla richiesta di pregare per essi (lo faceva anche don Alberione, ad esempio per l’apostolato del cinema). Tuttavia, pensavo di non avere ancora abbastanza materiale di cui raccontare qui.

L’uscita del film L’Esorcista del Papa, invece, mi ha condotta a ripensare alla possibilità di scrivere di lui. Inizialmente, quando avevo sentito le prime notizie sulla lavorazione del film, mi era venuta l’idea di andare a vederlo e di scrivere una recensione per la rubrica CineTestimoniando. Mi è bastato aver intravisto il trailer per cambiare totalmente parere e optare, quindi, per un post più classico.

Mi sono quindi procurata la biografia presentata come ufficiale, uscita per il quinto anniversario della sua morte, così da capire se ci sia qualche altro aspetto in cui gli assomiglio e per riconoscere, dall’altro lato, in cosa devo imparare ancora da lui.

Ne sono uscita confermata nel riconoscere che anch’io, come lui, quando mi sembra di aver riconosciuto la verità di Dio in una storia, m’impegno a divulgarla con ogni mezzo. Nel suo caso è avvenuto con i fatti delle presunte apparizioni a Medjugorje, cominciate proprio quando lui era direttore di Madre di Dio e a cui aveva dedicato a lungo una rubrica apposita. La mia posizione, come avevo già raccontato qui, è invece molto più distaccata, però capisco benissimo come debba essersi sentito ogni volta che gli veniva raccomandata la prudenza.

Allo stesso modo, comprendo la sua frustrazione quando si vedeva deriso, offeso, denigrato perché ritenuto fissato con il demonio e perché, secondo quanti percepiva come detrattori, sembrava che lo vedesse anche laddove pareva non esserci.

A dire il vero, ultimamente anch’io sono colta da dubbi e scrupoli, specie quando parlo di Testimoni che, come lui, non sono riconosciuti come Santi con la maiuscola. Vorrei che non mi capitasse più di rimuovere i post su di essi, nel caso scoprissi che le loro vite non erano così esemplari come credevo.

Eppure mi sento spinta a raccontare lo stesso quelle vicende e il legame che sento di avere con esse, non tanto e non solo, come nel caso del film appena uscito, per cavalcare l’attualità e sperare in qualche visualizzazione in più.

Come dicevo prima, don Gabriele è stato spesso ospite di trasmissioni televisive per raccontare la sua esperienza o per commentare fatti di attualità dove gli sembrava evidente l’impronta demoniaca. Più che una di queste, preferisco riprendere la puntata del 12 aprile 2013 di Vade retro, programma di TV 2000, nella quale il giornalista David Murgia (che pure l’ha più volte intervistato nella medesima trasmissione), accompagnato da Rosa, sua segretaria e assistente durante gli esorcismi, mostra la saletta, situata all’interno della casa generalizia della Società San Paolo in via Alessandro Severo 58 a Roma - ora che ci penso, quando sono andata lì nel 2013, lui era ancora vivo - dove ha praticato quei riti di liberazione (immagino però che fosse l’ultima stanza delle tante nelle quali, in trent’anni di servizio, li ha svolti).

 

Il suo Vangelo

Don Gabriele non si è formato immediatamente come esorcista, anzi: fino al 1986 la sua percezione del male e del demonio era la medesima che molti cristiani hanno. Prima del giorno del colloquio che gli cambiò la vita, ma anche dopo, si considerava più un mariologo.

Di certo ha pensato, appena letta la nomina ufficiosa da parte del cardinal Poletti (diventata ufficiale solo una decina d’anni più tardi), che combattere le manifestazioni demoniache non corrispondeva direttamente col carisma paolino; questo è stato anche fonte d’incomprensione con alcuni confratelli e superiori.

Ciò nonostante, abituato com’era a una forma di obbedienza serissima, ha riconosciuto che Dio lo chiamava a quel nuovo compito e vi si è preparato studiando e osservando l’azione di padre Candido. Ha quindi messo in campo tutti i mezzi delle comunicazioni sociali, seguendo l’intuizione del Beato Alberione, per ricordare che la lotta contro i demoni e il principe delle tenebre è qualcosa che si legge già nei Vangeli e in genere nella Sacra Scrittura.

Nonostante questi suoi sforzi, gli esorcisti rimangono ancora oggi figure misteriose, buone per film dell’orrore, fumetti, serie televisive o per piattaforme, di animazione o con attori in carne e ossa, che non evidenziano mai a sufficienza il lato luminoso del loro ministero, o che non raccontano con correttezza il modo con cui vengono formati, scelti e inviati (non esistono “esorcisti del Papa” o “del Vaticano”, infatti, perché sono chiamati dai rispettivi vescovi, non dal Santo Padre), o ancora come si svolga di fatto un esorcismo. La loro missione, invece, è ristabilire la dignità di persone degradate dal diavolo e dai suoi emissari, per dichiarare ancora di più la vittoria di Cristo Risorto su ogni forma di male e di peccato.

Don Gabriele l’aveva ben presente, continuando a pubblicare volumi e interviste in cui lo ribadiva. In quello del 2012, L’ultimo esorcista, curato da Paolo Rodari, ha sottolineato ancora una volta come l’affidamento al Signore sia l’unico modo che l’uomo ha di salvarsi:

La morte di Gesù è la vittoria di Satana. Una vittoria apparente perché in realtà con la risurrezione è Cristo che trionfa. Ma il suo trionfo non cancella il male. Non cancella la presenza del drago, la bestia, Satana. Questi c’è ancora ma da quando è venuto Cristo l’uomo ha la certezza che, se si affida a lui, può farcela. Pur nella difficoltà della vita, può sconfiggere la morte.

È un messaggio di speranza che, a quasi sette anni dalla sua scomparsa, comincia a essere studiato e capito ancora più in profondità.

 

Per saperne di più

Domenico Agasso, Don Amorth continua - La biografia ufficiale, San Paolo Edizioni 2021, pp. 240, € 18,00.

Biografia uscita per il quinto anniversario della morte, si basa ampiamente sui suoi libri, sulle interviste e, negli ultimi cinque capitoli, sui ricordi di chi l’ha conosciuto.

Gabriele Amorth, Un esorcista racconta, Edizioni Dehoniane Bologna 2000, pp. 256, € 15,00

Uscito per la prima volta nel 1990, è forse il suo libro di maggior successo, in cui descrive per la prima volta le proprie esperienze.

Padre Amorth con Stefano Stimamiglio, Saremo giudicati dall’Amore - Il demonio nulla può contro la misericordia di Dio, San Paolo Edizioni 2015, pp. 168, € 14,00.

Volume che raccoglie le interviste uscite su Credere per la rubrica “Dialoghi sull’aldilà”, ampliate e riviste.

Gabriele Amorth, Maria, un sì a Dio, San Paolo Edizioni 2019, pp. 256, € 9,90.

Edizione economica di un suo saggio sulla figura di Maria, tra dato storico e contenuti di fede, col racconto in prima persona della storia della consacrazione del 1959.

Gabriele Amorth, Il mio rosario, San Paolo Edizioni 2016, pp. 144, € 10,00.

L’ultimo libro uscito quand’era in vita; contiene alcune meditazioni sui misteri del Rosario rimaste fino a quel momento inedite.

 

Su Internet

Necrologio e comunicati stampa sul sito istituzionale della Società San Paolo

Articoli sul sito di Famiglia Cristiana a cinque anni dalla morte

Commenti

Post più popolari