Don Alfonso Maria Fusco, “dito” di san Giovanni Battista e ombra della Provvidenza

Ritratto fotografico autentico
usato per l'immagine ufficiale della canonizzazione
 (fonte)
Chi è?

Alfonso Maria Fusco nacque ad Angri, in provincia di Salerno e oggi in diocesi di Nocera-Sarno, il 23 marzo 1859, primo dei cinque figli di Aniello Fusco e Giuseppina Schiavone, contadini. Fu educato culturalmente e religiosamente dai molti sacerdoti che frequentavano la casa paterna. Crebbe buono, generoso, sensibile alle sofferenze dei più poveri, anche dei ragazzi come lui.

A undici anni si presentò alla madre, domandandole se lei ritenesse che lui fosse degno di entrare in Seminario. Ottenuta la sua benedizione, entrò nel Seminario diocesano di Nocera de’ Pagani. Era ancora seminarista quando, in sogno, gli parve di vedere Gesù che l’incoraggiava a fondare un istituto di suore, che avrebbe chiamato “del Nazareno”. Ordinato sacerdote il 29 maggio 1863, pensò a lungo a come attuare quel messaggio, mentre operava come coadiutore nella Collegiata di San Giovanni Battista ad Angri.

Don Alfonso, sin dagli anni del Seminario, viveva come un assillo il pensiero che tanti bambini e bambine, nella sua città, vivevano per strada, esposti a ogni rischio, specie a quello di finire prede della malavita. Per i soli maschi aprì una scuola gratuita in casa propria e un oratorio intitolato a san Luigi Gonzaga, che però ebbe vita breve.

Nel 1869, l’anno dopo che fu nominato sacrista della Collegiata, entrò tra i sacerdoti Missionari “Nocerini”, incaricati delle missioni rurali al popolo. Sempre all’interno della Collegiata di Angri, nel 1873 ebbe l’incarico di cantore del capitolo, ovvero mansionario; nel 1897 divenne canonico effettivo.

Il 26 settembre del 1878, insieme a Maddalena Caputo (in religione suor Crocifissa) e altre tre sue compagne, avviò il primo esperimento di vita comune delle future suore incaricate dell’educazione delle bambine orfane. Il 5 ottobre dello stesso anno arrivò la prima delle orfane ospitate in quella che don Alfonso aveva chiamato Piccola Casa della Provvidenza.

Quanto al nome della congregazione, seguendo l’ispirazione avuta in sogno, lui voleva chiamarle Suore Nazarene, mentre monsignor Raffaele Ammirante, vescovo di Nocera, gli propose il titolo di Suore Battistine, in onore a san Giovanni Battista, patrono di Angri. Dopo due anni, si accordarono per il nome di Suore Battistine del Nazareno (con l’approvazione pontificia definitiva, il 7 maggio 1935, il nome fu semplificato in Suore di San Giovanni Battista, popolarmente dette Battistine).

Nel 1888, per dare lavoro ai molti ragazzi orfani, don Alfonso impiantò una nuova opera, che col tempo comprese una tipografia, una calzoleria e una legatoria. Non durò molto, ma con essa riuscì nel suo intento di costruire un futuro per quei ragazzi e per l’intera società. Nello stesso anno, il 2 agosto, il vescovo di Nocera diede l’approvazione diocesana alle suore.

Tuttavia, a causa della sua fiducia nella Provvidenza, don Alfonso affrontò numerose incomprensioni: anzitutto col nuovo vescovo, monsignor Francesco Saverio Vitagliano, che lo destituì da superiore della congregazione appena nata e gli vietò anche di predicare; il successore, monsignor Luigi Del Forno, lo reintegrò pienamente nel ministero.

Altri problemi sorsero quando arrivò dalle suore della comunità di Roma il 19 dicembre 1900, ma esse non vollero riceverlo, per attenersi all’ordine di non ospitare sacerdoti provenienti da altre diocesi. Solo dopo due anni i contrasti tra le suore di Roma, quelle della casa madre, la confondatrice e il fondatore furono appianati.

Il 13 dicembre 1909 don Alfonso firmò il proprio testamento spirituale. Morì pochi mesi dopo, il 6 febbraio 1910, ad Angri, incoraggiando le suore all’amore reciproco e alla fiducia nella Provvidenza.

Fu beatificato dal Papa san Giovanni Paolo II il 7 ottobre 2001 e canonizzato da papa Francesco il 16 ottobre 2016.

I suoi resti mortali sono venerati ad Angri, nella Casa madre delle Battistine, in via Maddalena Caputo, sotto l’altare di un’apposita cappella. La sua memoria liturgica ricorre invece il 7 febbraio, giorno successivo a quello della sua nascita al Cielo.


Cosa c’entra con me?

Era più o meno il 2014 quando lessi, su Avvenire, che era stata aperta l’inchiesta diocesana per suor Crocifissa Militerni, delle Suore Battistine. Non so perché, ma mi venne il desiderio di scrivere di lei, dopo aver controllato che santiebeati.it non avesse un testo biografico che la riguardasse.

Non ricordo se avessi scritto o telefonato alla Casa Provinciale delle suore; di certo mi rispose la Superiora Provinciale del tempo. Sicuramente le domandai se, già che c’era, mi potesse inviare anche qualcosa sul fondatore; anche se nel suo caso la scheda c’era (poi è stato aggiunto un altro testo), volevo comunque conoscerlo meglio. Alla fine, però, pur avendo letto il profilo di suor Crocifissa che mi era stato inviato, lasciai perdere, probabilmente perché ero presa da altre scadenze e da storie più urgenti da raccontare.

Proprio non immaginavo che, in capo a due anni, avrei letto la notizia del miracolo per la canonizzazione di don Alfonso. La suora che mi aveva aiutato aveva tenuto il segreto, come si dovrebbe fare in circostanze del genere, ma non sempre avviene. 

Preferii non disturbarla ulteriormente, anche perché pensavo che, un giorno, avrei potuto passare per Angri, che non è tanto lontana da Portici e da Napoli, dove di solito vado durante le vacanze estive.

Ho di nuovo ricordi annebbiati, riguardo all’occasione in cui comprai la piccola biografia uscita per la canonizzazione, confortata dal fatto che l’autrice era la medesima suora che avevo contattato, ovvero la Provinciale. Nemmeno ricordo la mia prima impressione dopo la lettura; un po’ me ne dispiace.

Il mio interesse per don Alfonso si è però riacceso venerdì scorso. Sfogliando il numero di Credere della settimana precedente, mi è saltata all’occhio la notizia, riportata nella pagina delle segnalazioni televisive, dell’inizio della terza edizione del programma Ti spedisco in convento, nella quale erano coinvolte proprio le Suore Battistine di Roma.

Così, come avevo fatto per la prima edizione, occupandomi dei fondatori delle Suore Oblate del Bambino Gesù, i Servi di Dio Anna Moroni e Cosimo Berlinsani, e per la seconda, riprendendo sui social il vecchio post sulla Venerabile Maria Nazarena Majone, cofondatrice delle Figlie del Divino Zelo, mi è sorta l’idea di parlare qui di lui.

A dirla tutta, avevo pensato di saldare il debito riguardante suor Crocifissa Militerni, della quale su santiebeati, nel frattempo, è comparso un altro testo (ma nulla vieta che, un giorno, non possa effettivamente occuparmi anche di lei), però avevo più a portata di mano il libro su don Alfonso, quindi ho optato per lui.

Rileggendo il libro, ho ricordato che la primissima cosa che mi aveva colpito di lui era quell’augurio rivolto ai suoi genitori da parte di padre Francesco Saverio Pecorelli, Redentorista, quando loro andarono al santuario di Sant’Alfonso Maria de Liguori a Pagani: il figlio che tanto desideravano sarebbe arrivato, sarebbe diventato sacerdote e avrebbe fatto la vita di sant’Alfonso, del quale avrebbe portato il nome. Anch’io sono passata per Pagani, nel 2012, per pregare a mia volta davanti alle spoglie del fondatore dei Missionari Redentoristi, in nome di ciò che mi legava a lui, come ho raccontato qui.

Il secondo aspetto, che invece ha destato la mia ammirazione nella rilettura, era legato alle incomprensioni che don Alfonso aveva affrontato dopo la fondazione delle suore. Non era la prima volta che leggevo di fondatori destituiti d’autorità, spesso sulla base di accuse poi rivelatesi false, o ignorati perfino dalle stesse religiose che avevano indirizzato alla consacrazione.

Nel suo caso, ho capito anzitutto che le suore di Roma, in sé, non avevano sbagliato nel cercare di avere maggiori sicurezze, acquistando un terreno al prezzo di dodicimilacinquecento lire dell’epoca. Neppure erano totalmente nel torto quanti, ad Angri, avevano fatto presente la scarsità dei mezzi a disposizione per il sostentamento di suore e orfane.

Eppure don Alfonso riteneva di essere nel giusto, perché aveva sperimentato direttamente come la Provvidenza sapesse intervenire solo quando c’era effettivamente bisogno. Proprio per questa ragione cercò di difendersi nel problema romano, chiedendo aiuto prima al superiore dei Redentoristi della chiesa di San Gioacchino ai Prati, poi al cardinal Pietro Respighi, Vicario del Santo Padre per la diocesi di Roma.

Quando ogni tentativo risultò vano e il cardinale vicario gli suggerì di lasciar andare le suore per la loro strada, lui aveva ancora un amico a cui rivolgersi: il “suo” sant’Alfonso. Pregando davanti alla sua statua nella basilica di San Pietro, ricordò le sofferenze a cui anche lui era andato incontro e comprese che, se le avesse vissute come aveva fatto lui, si sarebbe a sua volta santificato.

Peraltro, mentre cercavo il nome proprio del cardinal Respighi, visto che la mia fonte principale non lo riportava, ho scovato sul sito della Santa Sede la Lettera Il vivissimo desiderio, del Papa san Pio X, datata 6 agosto 1905, che regolava con maggiore precisione come dovesse comportarsi un sacerdote di un’altra diocesi che dovesse abitare per qualche tempo a Roma. L’incidente era capitato cinque anni prima; don Alfonso avrebbe dovuto comunque rivolgersi prima al Vicario di Sua Santità, non alle suore, ma forse l’ha dato per scontato.

Sicuramente avrà attribuito a sant’Alfonso anche la soluzione di quel caso. Non era la prima volta, comunque, in cui aveva sperimentato l’aiuto diretto dei Santi. Da buon fondatore, metteva spesso in campo san Giuseppe, come custode anche della sua famiglia religiosa.

Ancora prima, nel 1866, ammalatosi di colera per aver assistito i malati nell’epidemia che aveva colpito Angri, era stato incoraggiato dall’amico don Domenico Ramaschiello (futuro vescovo di Sant’Agata de’ Goti, quindi successore, anche se non immediato, di sant’Alfonso Maria de Liguori) a ricorrere all’intercessione di san Gioacchino. Una volta guarito, sciolse il voto che aveva formulato: fece costruire una statua del Santo affiancato dalla Madonna bambina e s’impegnò a celebrare solennemente, ogni anno, la sua memoria liturgica.

Ancora più frequentemente ricorreva alla Vergine Maria, venerandola soprattutto come Addolorata. Le prime suore hanno tramandato una sua accorata preghiera che aveva elevato ad alta voce, convinto di non essere sentito da nessuno, mentre pregava davanti al quadro dell’Addolorata che aveva accompagnato le prime Battistine e che era stato successivamente posto nella cappella di Casa madre.

Esprimeva la sua fiducia nell’intervento della Vergine anche quando metteva tra le mani di una sua statuetta, che le suore chiamano Madonna della Provvidenza, un piccolo pezzo del bene materiale che occorreva (del pane, della legna…), facendo poi pregare i bambini davanti a essa. Più che il gesto, però, conta lo spirito da cui si sentiva animato, ossia fare in modo che davvero a quei piccoli smarriti non mancasse nulla, cosicché si aprissero a un futuro promettente.

Penso che sia lo stesso che le Battistine coinvolte nel programma televisivo hanno sperimentato, compresa la Provinciale che mi aveva fornito il materiale e che ora è la Superiora Generale. Finora sono andate in onda le prime due puntate su Real Time (ma sono disponibili anche sulla piattaforma a pagamento Discovery+), nelle quali hanno presentato alle giovani, appena arrivate nella casa provincializia, don Alfonso, indicando la sua statua e ripetendo quello che lui stesso diceva alle prime consorelle, ovvero che era grazie a lui se si trovavano lì.

Soprattutto, però, hanno provato a mostrare, a costo di qualche errore e di scontrarsi con loro, una via alternativa a quella che le cinque ragazze avevano percorso, più o meno come accadde alle bambine perdute della Angri di fine Ottocento.

Tutto però è partito dalla casa natale di don Alfonso, che ci viene mostrata in questo servizio di TV 2000, dalla puntata del 17 ottobre 2016 di Bel tempo si spera, con la presenza di monsignor Giuseppe Giudice, vescovo di Nocera-Sarno.


Il suo Vangelo

La vita di sant’Alfonso Maria Fusco non è stata esente da errori di valutazione e da eccessi di zelo, ma quel che più conta è, come sempre, come nel suo complesso essa abbia rispecchiato la Buona Notizia per eccellenza.

Lui l’ha annunciata come missionario al popolo, ma anche vivendo il canonicato come uno sprone per essere più a disposizione dei fedeli e, infine, ideando iniziative per la crescita dei giovani e il loro apporto alla società. Col suo influsso sull’Angri del tempo è stato quindi simile, per certi versi, al Battista, perché ha indicato nei poveri la presenza di Gesù, l’Agnello di Dio.

Alle Suore Battistine ha dato lo stesso compito, attraverso lettere, indicazioni a voce e detti che loro continuano a tramandare e, soprattutto, a vivere. In uno di questi auspicava che perfino la sua ombra potesse fare del bene, forse ricordando quel passo degli Atti degli Apostoli riguardante l’ombra di san Pietro.

In un’altra sua espressione, della quale non ho rintracciato la fonte precisa, ma è sicuramente sua perché ripetuta nei siti istituzionali e nelle pubblicazioni curate, ha lasciato loro questa raccomandazione:

Il nostro cuore deve essere simile ad una lampada ove arde perennemente la fiamma dell’amore di Dio e del prossimo. Da questa fiamma devono partire due correnti infuocate: una per salire al cielo, l’altra per scendere al più piccolo dei nostri fratelli.

Spero che avvenga lo stesso alla Battistine di oggi, ai laici che ne condividono il carisma e agli alunni delle loro scuole, nonché – perché no? – alle ragazze protagoniste del programma.

 

Per saperne di più

Lina Pantano, Sant’Alfonso Maria Fusco – Tutto per la gloria di Dio e il bene delle anime, Velar 2016, pp. 48, € 3,50.

Piccola biografia illustrata, uscita per la canonizzazione, curata dalla religiosa che a lungo ha studiato la sua vita e la storia della Congregazione.

Antonio Ricciardi, Da Angri al mondo: il sorriso di Dio – Alfonso Maria Fusco, Editoriale Progetto 2000, 2016, pp. 232, € 12,00.

Biografia più corposa, rivista e ripubblicata per la canonizzazione.

 

Su Internet

Sito istituzionale generale delle Suore Battistine

 Secondo sito istituzionale

 Sito della Provincia Italiana

Sito su di lui, lanciato per la canonizzazione

 Pagina su di lui del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, con la biografia, l’omelia per la canonizzazione, quella per la beatificazione e la relativa Lettera apostolica

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