László Batthyány-Strattmann, medico fedele e caritatevole

Il Beato László accanto ai suoi strumenti di lavoro
(fonte)
Chi è?

László Batthyány-Strattmann (il doppio cognome deriva dal suo avo Károly Batthyány, il quale, nel 1755, ottenne di poter aggiungere al cognome paterno quello della madre) nacque a Dunakiliti, nella contea di Moson in Ungheria, il 28 ottobre 1870; precisamente, nel piccolo castello della sua famiglia.

Era l’undicesimo dei quattordici figli del conte Jószef Batthyány e della contessa Lujza, sua moglie, entrambi discendenti di famiglie di antica nobiltà. Nel 1786, per scampare a un’alluvione, la famiglia si trasferì a Köpcsény (oggi Kittsee, in Austria) e non rientrò più a Dunakiliti.

László era ancora bambino quando suo padre divorziò, si fece luterano e sposò in una chiesa luterana la contessa Antonia Kornis, dama di compagnia di sua madre. La contessa Lujza, molto malata, decise allora d’inviare László e il fratello maggiore Jószef a studiare dai padri Gesuiti a Kalksburg, presso Vienna.

Nel 1885, anche in seguito alla morte della madre, il padre, che era tornato cattolico, volle che i figli passassero al collegio di Kalocsa, in Ungheria. László fu espulso il 5 febbraio 1890, prima del diploma liceale, per aver offeso il prefetto degli studi dandogli dello “sporco prussiano”; poté terminare gli studi come privatista presso il liceo Ungvár, sempre dei Gesuiti, grazie a un professore gesuita che aveva molta stima di lui.

László fu obbligato dal padre a iscriversi alla facoltà di Agraria a Vienna, per prepararsi a governare le grandi proprietà terriere della sua famiglia al posto del fratello, morto di tubercolosi. In realtà, i suoi interessi erano più verso le materie scientifiche, però non li assecondò immediatamente: il giovane conte, infatti, trascorse molto tempo prima di capire quale strada prendere.

In quella confusione mentale e interiore, ebbe anche una figlia, Aloysia, da Bett Strauss, dispensiera del castello di Köpcsény. Non abbandonò, tuttavia, la pratica religiosa, cui era stato educato sin da piccolo.

Alla fine, vincendo le resistenze paterne, divenne studente di Medicina e Chirurgia all’Università di Vienna. Ormai prossimo alla laurea, organizzò, nel castello di famiglia, un ambulatorio medico totalmente gratuito.

Nell’estate del 1898, a venticinque anni, László conobbe la contessa Maria Teresa Coreth, ventitreenne: s’innamorò subito di lei, ricambiato. Celebrarono il loro matrimonio il 10 novembre 1898 nella Votivkirche di Vienna. Dalla loro unione nacquero tredici figli, che entrambi i coniugi educarono religiosamente: dopo il matrimonio, infatti, avevano deciso di prendere sul serio la vita cristiana in famiglia.

Poco dopo la laurea, conseguita il 9 giugno 1900, László cominciò a esercitare la medicina, facendo costruire a spese proprie un nuovo ospedale. Anche le spese ospedaliere erano sostenute interamente da lui. Nel 1906, a causa di problemi cardiaci, fu convinto da un collega e amico a passare dalla chirurgia generale a quella oculistica, che lo esponeva meno a rischi di esaurimento.

Durante la prima guerra mondiale, l’ospedale di Köpcsény fu militarizzato. Il conte proseguì la sua opera, aiutato dalla moglie e da altri colleghi, sia per la gente del luogo, sia per i soldati. Il 2 ottobre 1915 ottenne, in quanto membro più anziano della sua famiglia, il latifondo inalienabile della famiglia Strattmann a Körmend, cui era legato il titolo di principe.

Il 4 ottobre 1916 aderì al Terz’Ordine Francescano (assumendo il nome di fra' Giuseppe) con la moglie e Ödön, il figlio primogenito, il quale morì cinque anni dopo, per un’appendicite acuta. László riconobbe troppo tardi la necessità di far operare il figlio, quindi accettò con dolore la sua morte. Aveva già perso tre figlie femmine: una morta in tenera età, le altre due subito dopo il parto.

Nel frattempo, si era anche impegnato nella stampa cattolica ungherese, come primo presidente dell’Impresa Centrale della Stampa. In tutte le sue residenze e negli ospedali da lui fondati volle che ci fosse una cappella con il Santissimo Sacramento, ottenuti i dovuti permessi.

A causa della proclamazione della Repubblica dei Consigli, il 21 marzo 1919, dovuta alle dimissioni del Presidente della Repubblica ungherese e del suo governo, sostituito da un esecutivo interamente di sinistra, la famiglia Batthyány-Strattmann emigrò temporaneamente a Vienna, affrontando anche la scarsità di cibo.

Dopo il trattato di pace del Trianon, che, a conclusione della prima guerra mondiale, aveva stabilito nuovi confini territoriali per l’Ungheria, László e i suoi cari si stabilirono a Körmend, rimasta territorio ungherese. Anche in quel luogo, una parte del palazzo dove vivevano fu adattata a ospedale oftalmico, le cui spese erano interamente pagate dal principe-conte.

Nel 1926, dopo aver avvertito alcuni sintomi e ripensato alla storia clinica dei suoi genitori, László si diagnosticò da solo un cancro alla vescica. Tre anni più tardi, in procinto di partire per Roma con la moglie, fu ricoverato d’urgenza nel sanatorio di Löw a Vienna. Il 27 novembre 1929 fu operato per la prima volta.

Nei quattordici mesi seguenti sopportò le cure e successive operazioni senza assumere antidolorifici e preparandosi alla morte. Si spense il 22 gennaio 1931, dopo aver ricevuto l’Unzione degli Infermi e aver recitato, per l’ultima volta, il Piccolo Ufficio della Madonna e il Rosario con i suoi familiari.

Fu beatificato in piazza San Pietro a Roma il 23 marzo 2003 dal Papa san Giovanni Paolo II. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa parrocchiale dei francescani a Güssing in Austria (antica Németújvár), la cui cripta ospita le altre tombe della sua famiglia. La sua memoria liturgica ricorre invece il 22 gennaio, giorno della sua nascita al Cielo.

 

Cosa c’entra con me?

 

Non ho un ricordo netto del giorno in cui ho sentito per la prima volta parlare di lui. Non è successo tramite un programma televisivo, né su qualche rivista. Con tutta sicurezza, penso che sia avvenuto circa dieci anni fa, guardando un sito con alcune nuove uscite librarie. Sul momento non provai particolare interesse, anche se il suo nome, con tutti quegli accenti così strani, m’incuriosiva parecchio.

Nemmeno ricordo quando, dove e come ho comprato quello stesso piccolo libro. Sono però sicurissima di essere stata colpita anzitutto dal fatto che, per la prima volta, mi trovavo davanti a un uomo candidato agli altari che aveva praticato l’arte medica ed era coniugato.

Fatta eccezione per Jérôme Lejeune, ora Venerabile, di cui avevo sentito parlare ma del quale ignoravo se avesse moglie e figli (la risposta  è sì), fino a quel momento, conoscevo san Giuseppe Moscati, celibe per scelta, e san Riccardo Pampuri, religioso dei Fatebenefratelli e già medico condotto. Di lì a poco avrei approfondito la storia del Venerabile Vittorio Maria De Marino, prima medico, poi sacerdote barnabita (ed eccezionalmente medico anche nella sua nuova vita) e del Servo di Dio Eustachio Montemurro, diventato sacerdote diocesano dopo una lunga attività medica. Avrei poi trovato un altro medico, sposo, padre di famiglia e in fama di santità nella persona di Vittorio Trancanelli, chirurgo, anche lui attualmente Venerabile.

Il secondo aspetto che destò la mia attenzione fu la grande generosità che il Beato manifestò nella fondazione dei suoi ospedali. Non è da tutti abbinare la disponibilità di risorse, dovuta a un tenore di vita più che benestante, a un’effettiva nobiltà d’animo che sfocia in una carità autentica.

A dire il vero, ancora prima mi aveva meravigliato la determinazione con cui László era passato da una vita disordinata, che aveva compreso anche la nascita di una figlia illegittima (a lei e alla madre garantì un sussidio vitalizio e molti altri mezzi), a un matrimonio vissuto con serietà e responsabilità, sostenuto in questo dalla moglie.

Con i figli, stando alla biografia che ho letto, riprodusse al vivo quello che tante volte papa Francesco ha raccomandato ai padri: giocava con loro, divertendosi senza finzioni, li ascoltava e all’inizio di ogni giornata, dopo la Messa nella cappella del loro palazzo, li incoraggiava a domandarsi cosa potessero fare per il Signore.

Nulla della sua attività e dei suoi interessi, realmente poliedrici, aveva però senso, se si trascura l’amore che il principe-conte aveva per il Santissimo Sacramento. Il suo modello in questo era san Francesco d’Assisi, ma aveva una grandissima considerazione per san Pio X, suo contemporaneo, che aveva incoraggiato la frequenza quotidiana alla Comunione eucaristica. Fu anche rappresentante per l’Ungheria nel Comitato Permanente dei Congressi Eucaristici Internazionali.

Non ricordo neppure quando mi sia venuta voglia di controllare se la sua scheda su santiebeati.it fosse adeguata e completa. Lo era, ma per essere sicura ho contattato l’autore della biografia che avevo letto, il quale ha confermato i dati, così da procedere alla pubblicazione, avvenuta il 28 gennaio 2019.

Il mio legame con lui si fermerebbe qui, tanto più che, quando mia madre è stata operata di cataratta, non ho pensato a rivolgermi alla sua intercessione, dato che in famiglia, quando qualcuno di noi sta male, abitualmente ci rivolgiamo a san Ciro, o a san Giuseppe Moscati se pensiamo a qualcuno di cui ci sono più documenti dell’esistenza storica, al di là di qualche antica Passio.

Tuttavia, quando ho letto che papa Francesco, nel corso del viaggio in Ungheria che inizia oggi, visiterà un istituto pediatrico intitolato proprio a lui, ho pensato che valesse la pena recuperare la biografia, rileggerla e domandarmi quale significato potesse avere la sua esperienza di medico credente e di padre di famiglia per il tempo di oggi. Chissà poi se il Papa lo menzionerà in qualche discorso…

Intanto, ho scovato un documentario che lo riguarda. È in ungherese, ma ormai basta mettere i sottotitoli automatici in italiano.


 

Il suo Vangelo

Oltre vent’anni dopo la sua beatificazione, il Beato László credo sia molto più noto nel suo Paese d’origine che qui in Italia, dove, come ho indicato prima, i medici Santi o in fama di santità sono moltissimi, tanto che, a volte, mi viene da immaginare un’ipotetica “clinica celeste” dove essi, ciascuno con la propria specializzazione (ginecologia, chirurgia generale eccetera) si rendono più disponibili di tanti colleghi che sono ancora oggi sulla terra, ma che non riescono a raggiungere tutti i malati perché frenati da pratiche a volte lunghissime.

Nel suo lavoro, viveva anzitutto l’affidamento a Dio, esemplificato dal fatto che spesso tracciava un segno di Croce sull’occhio da operare, oppure che ai pazienti poveri chiedeva di farsi pagare, per così dire, pregando un Padre nostro per lui. A questo univa un continuo aggiornamento sulle tecniche e sulle metodologie, per essere ancora più efficiente.

Inoltre, ha vissuto sia il compito di medico, sia quello di padre come un’autentica vocazione (del resto, siamo a ridosso della sessantesima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni); in particolare, è da sottolineare come lui stesso si fosse pentito di aver avuto una relazione al di fuori dal matrimonio e abbia per così dire riparato non solo e non tanto con la rendita vitalizia, ma impegnandosi a essere uno sposo fedele e un padre premuroso.

L’amore per la sua sposa e per i suoi figli non era meno intenso di quello che cercava di trasmettere ai suoi malati. Lo scrive lui stesso, nel 1926, nel suo diario personale:

Amo i miei malati e il malato mi insegna ad amare Dio sempre di più, amando Dio nel malato; questi spesso in tal modo dà più aiuto a me, di quanto non posso darne io a lui.

Dunque, direi che anche i fedeli italiani possono invocarlo, sia come “oculista celeste”, sia per sopportare con fedeltà e carità, secondo il suo motto gentilizio, ogni avversità della vita.

 

Per saperne di più

László Imre Németh, Beato László Batthyány-Strattmann – Il medico dei poveri, Velar – Elledici 2013, pp. 48, € 3,50.

L’unico testo in lingua italiana su di lui; presenta in breve la sua vita e le sue molteplici opere.

 

Su Internet

Pagina su di lui del blog dell’Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede (a cui suggerisco di rivolgersi per chiedere materiale o segnalare grazie)

Pagina su di lui del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, con il profilo biografico e l’omelia della beatificazione



Commenti

Post più popolari