Quel che penso di Medjugorje

Una decina d’anni fa, un mio compagno d’università, da poco entrato in Seminario, mi mandò l’e-mail dal testo più corto che io abbia mai ricevuto. Era pressappoco così: «Sei mai stata a Medjugorje? Cosa ne pensi?».
Immaginavo che quella domanda gli venisse dal fatto che il suo direttore spirituale era decisamente a favore dell’autenticità delle presunte apparizioni mariane e che volesse inviarlo là perché facesse chiarezza sulla sua vocazione; in effetti, dopo qualche tempo cambiò strada.

A quel messaggio brevissimo risposi con uno parecchio più lungo, che ho deciso di riprendere per farne l’ossatura di questo post, pubblicato in occasione del quarantesimo anniversario dell’inizio delle presunte apparizioni.

 

Il mio primo contatto coi fatti di Medjugorje è avvenuto poco dopo la mia Prima Comunione. Una mia cugina di Portici, infatti, volle regalarmi molte immaginette mariane, da inserire in un apposito album con le pagine adesive protette da una pellicola. Una era simile a quella della foto in apertura (non ricordo dove l'ho messa; in più , era prodotta da una nota casa editrice di santini).

Circa nello stesso tempo, venni a sapere che la cosiddetta apparizione quotidiana avveniva alle 18.45 (in realtà, alle 17.45 secondo l’ora solare). Da allora ogni giorno, a quell’ora, terminato un telefilm che seguivo, mi fermavo a pregare, ma con un’intenzione particolare: chiedevo che venissero beatificati alcuni personaggi. Non ricordo quali, ma di certo c’era papa Giovanni XXIII. A un certo punto smisi di farlo, anche se non saprei bene quando; forse appena venni a sapere che le apparizioni non erano ancora state riconosciute.

Ormai cresciuta, vidi una trasmissione condotta da un personaggio il cui modo di credere è molto poco in linea col mio, ma di cui ammiravo la capacità di divulgazione culturale. Ascoltai con interesse il programma, rimanendo colpita dal parallelismo con i veggenti di Fatima e di Lourdes: tolti Francesco e Giacinta, morti bambini e all’epoca Beati da qualche anno, Lucia e Bernadette sono diventate suore (la prima, peraltro, era passata alla clausura del Carmelo). I presunti depositari delle visioni ancora in corso, invece, sono rimasti tutti nel mondo, alcuni formandosi una famiglia.

Negli anni universitari, entrai in contatto con due sacerdoti molto anziani, ai cui consigli (in particolare, a quelli del più giovane tra i due) ricorrevo quando mi sembrava che il mio direttore spirituale fosse parecchio impegnato. Entrambi non perdevano occasione per far circolare i presunti messaggi, ai quali, in ogni caso, non ho mai prestato troppa attenzione.

Più o meno nello stesso periodo, ricevetti da un’amica, convertita da un paio d’anni e in procinto di ricevere il Battesimo, una decina di Rosario fatta con pietre delle montagne di Medjugorje (anche quella è nella foto di apertura) e un sassolino proveniente sempre da lì. Per buona educazione, accettai, ma anche perché mi sembrava una corona decisamente originale. Con lo stesso spirito non rifiutai, come regalo per la laurea triennale da parte della stessa cugina che mi aveva dato il santino, un libro in cui si parlava delle origini delle presunte apparizioni.

Non molto tempo dopo, il padre spirituale del mio amico dell’e-mail, il quale era uno dei due sacerdoti che menzionavo sopra, morì. Alla sua camera ardente mi accadde d’incrociare una signora a cui, secondo la testimonianza del medesimo defunto, era accaduto di guarire da una malattia grave proprio nel corso di un viaggio a Medjugorje. Mi avvicinai a lei e, dopo essermi sincerata della sua identità, le feci capire che ero meravigliata anche solo di trovarmi al suo cospetto e di vederla ormai anziana, ma comunque non più paralizzata come tanti anni fa.

Dopo i funerali, mi fermai a parlare con altro amico seminarista, anche lui seguito spiritualmente dallo stesso sacerdote e ora prete a sua volta. Mentre l’accompagnavo alla metropolitana, mi raccontò di essere stato anche lui a Medjugorje. La cosa non mi meravigliò affatto, dato che sapevo della sua intensissima devozione mariana. Non mi disse cosa pensasse delle apparizioni, ma che sentì di aver pregato bene.

All’e-mail del seminarista dubbioso, in ogni caso, risposi che non era per forza necessario andare chissà dove per sperimentare la vicinanza di Dio e della Madonna. A me, per esempio, era avvenuto a pochi metri dalla mia università, frequentando il santuario di Maria Bambina: lì ho imparato cosa significhi avere una vita semplificata e fiduciosa.

Per certi versi è un’affermazione simile a quella con cui il Beato Carlo Acutis rifiutò di partecipare a un pellegrinaggio in Terra Santa, convinto com’era che Gerusalemme ce l’abbiamo sotto casa, dovunque sia presente Gesù nel Santissimo Sacramento (e, come ho avuto modo di appurare, nel suo caso la chiesa più vicina a casa, quella della sua parrocchia, era letteralmente dietro l’angolo).

Col passare degli anni, ho iniziato ad avere una certa curiosità riguardo quei fatti e ciò che si racconta a riguardo. Ho preso tendenzialmente per veritiere le storie di conversioni e di guarigioni avvenute in correlazione a viaggi lì o a esperienze connesse.

Mi veniva poi da sentirmi quasi come coloro che ritengono che davvero la Vergine appaia lì come Regina della Pace – l’etichetta “Beata Vergine Maria” a questo post, quindi, va presa con riserva – quando qualcuno mi rimproverava di anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa riguardo i Testimoni per cui non ci sono cause in corso. Se io dovevo tacere per prudenza, perché allora non facevano lo stesso anche quegli altri?

Ho poi appurato che non pochi personaggi in fama di santità hanno avuto a che fare con quei luoghi (ora che ci penso, meriterebbero un post a parte) e mi sono posta un’altra domanda: semmai un giorno si arrivasse a dichiarare non autentiche le apparizioni, anche la loro santità ne uscirebbe sminuita? Domanda che resta senza risposta, tanto più che i risultati della cosiddetta Commissione Ruini hanno portato a ritenere autentiche solo le prime sette apparizioni.

Quanto all’andarci, ora che i pellegrinaggi pubblici sono concessi, mi verrebbe da rispondere di sì, ma prima vorrei prepararmi bene, leggendo qualche testo valido per entrare nel giusto clima. In più, mi piacerebbe che il viaggio avesse due caratteristiche essenziali: la presenza di un accompagnatore spirituale qualificato e un programma che desse spazio alla preghiera e alla visita dei luoghi-segno (e anche a qualche attimo di tempo libero), ma non comprendesse la voce “partecipazione all’apparizione” come se fosse un’attrazione turistica e neppure insista più sul contenuto dei messaggi che sul Vangelo.

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