Perché non scrivo di santa Maria Antonia di San Giuseppe (per ora)

 

L’arazzo della canonizzazione di Maria Antonia di San Giuseppe
 (immgine ricevuta via WhatsApp)
Mi dispiace deludere quanti tra voi si aspettavano un post sulla canonizzazione di Maria Antonia di San Giuseppe de Paz y Figueroa, detta Mama Antula, celebrata oggi nella basilica di San Pietro a Roma.

Al momento, infatti, sento di non avere un grande legame con lei, al di là dell’aver realizzato il suo profilo biografico per l’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni. Avevo pensato di procurarmi il libro uscito nel 2020 su di lei, ma ho indugiato a tal punto da averlo sì ordinato, ma non mi è arrivato in tempo per oggi.

Questo però non m’impedirà, eventualmente, di scrivere di lei: in tal caso, cercherei un mio modo personale di trattarla, andando oltre le pur doverose definizioni di donna intrepida, capace di sfidare le convenzioni e di essere un modello per le donne che oggi cercano di far sentire la loro voce nella Chiesa.

Ancora una volta, mi ritrovo a non farmi troppi problemi per questa circostanza: non m’importa sapere perché la celebrazione si sia svolta in basilica e non in piazza, perché a Roma e non in Argentina, perché non insieme ad altri candidati. O meglio, sarei curiosa di sapere perché, ma non lo ritengo essenziale.

È molto più importante rendere grazie a Dio e ricordare, per la mia vita ancora più che per il mio impegno agiografico-digitale, quello che papa Francesco ha ricordato l’altro ieri, ai pellegrini argentini convenuti a Roma per la canonizzazione di Mama Antula:

Ricordiamo anche che il cammino della santità implica fiducia, abbandono, come quando la beata María Antonia giunse soltanto con un crocifisso e scalza a Buenos Aires, perché non aveva posto la sua sicurezza in sé stessa, ma in Dio, confidava che il suo arduo apostolato fosse opera di Lui.

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