Don Gaspare Goggi, amare anche nella tribolazione

Limmagine di don Gaspare in abito sacerdotale
 deriva da questa fotografia,
risalente al tempo dei suoi studi universitari
(fonte)
Chi è?

Gaspare Goggi nacque a Pozzolo Formigaro, in provincia di Ales­sandria e diocesi di Tortona, il 6 Gennaio 1877, terzo dei cinque figli di Giuseppe Goggi e Angela Borgarelli, agricoltori benestanti al servizio del marchese Giovanni Battista Morando. Al Battesimo, poche ore dopo la nascita, gli furono imposti i nomi di Maria (in onore della Madonna), Gaspare, Melchiorre, Baldassarre (era il giorno dell’Epifania), Giovanni Battista (come il marchese Morando, che era suo padrino).

Gaspare, come fu più comunemente chiamato, seguì la famiglia nel trasloco a Bettole di Tortona. Per completare gli studi, tornò a Pozzolo, ospite dello zio Filippo, ma nel 1888, insieme ai fratelli e sotto la guida della sorella maggiore Teresa, si trasferì a Tortona, dove frequentò l’ultima classe elementare e il ginnasio.

Nell’ottobre 1892 entrò per la prima volta nel cortile dell’oratorio San Luigi di Tortona, aperto da Luigi Orione, che era ancora chierico: era stato consigliato a visitarlo da parte di don Carlo Testone, suo direttore spirituale. Divennero subito amici: Orione gli confidò il progetto di una congregazione religiosa, che avesse come scopo vivere la carità senza confini, con una speciale fedeltà al Papa. Gaspare avrebbe voluto seguirlo subito, ma l’altro gli diede un programma preciso: «Prima professore, poi sacerdote». Insieme si affidarono alla Madonna del Buon Consiglio, venerata nel Duomo di Tortona.

Rispettando quel comando, Gaspare frequentò il liceo a Genova, città dove Orione, diventato nel frattempo sacerdote, aveva inviato alcuni giovani seminaristi, affidandoli alla sua cura. Per gli studi universitari frequentò la facoltà di Lettere a Torino, laureandosi il 18 luglio 1901.

Pochi mesi dopo, l’8 dicembre 1901, ricevette l’abito clericale; il 15 marzo 1902 ebbe la tonsura, mentre il 6 giugno 1903 fu ordinato diacono. L’ordinazione sacerdotale avvenne invece il 6 settembre 1903. In quella stessa data, don Gaspare emise la prima professione religiosa nelle mani di don Luigi Orione: il suo nome apriva quindi il registro delle professioni dei Figli della Divina Provvidenza, approvati come congregazione religiosa il 21 marzo dello stesso anno.

Don Orione gli affidò subito incarichi di responsabilità: per un anno lo volle educatore dei chierici nel Convitto San Romolo, a San Remo (l’attuale Sanremo), quindi, dall’agosto 1904, lo inviò a Roma come rettore della chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri, da poco affidata ai Figli della Divina Provvidenza dal Papa san Pio X.

Divenne anche Procuratore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, di cui i Figli di don Orione erano il primo ramo, curandone quindi gli interessi e i rapporti con la Santa Sede. Proseguì la sua attività di scrittore, di cui aveva già dato prova, diventando redattore della rivista «La Madonna».

Nel maggio 1907 don Gaspare fu nominato segretario di monsignor Carlo Perosi (anche lui di Tortona, fratello di monsignor Lorenzo Perosi e futuro cardinale), accompagnandolo nella visita ai seminari della Sicilia. Grazie al modo in cui svolse quello e altri incarichi, fu fatto il suo nome come futuro vescovo di Siracusa.

Tuttavia, nel marzo 1908, don Gaspare accusò un indebolimento psico-fisico che si aggravò col passare dei giorni. Da quando, quattordicenne, aveva avuto una grave epistassi, non curata tempestivamente a causa del ritardo del medico, ogni primavera si sentiva pesantemente stanco, ma si riprendeva dopo qualche giorno trascorso in famiglia.

Poiché il suo stato era sempre più grave e si accompagnava a scrupoli di coscienza, don Orione corse a trovarlo e, il 30 luglio 1908, l’accompagnò all’ospedale di Alessandria. Lì fu deciso dagli specialisti il suo ricovero nel reparto di psichiatria. Don Gaspare, nei giorni seguenti, non ebbe più la forza di nutrirsi: morì il 4 agosto 1908, a trentun anni.

Don Orione (canonizzato nel 2004) lo considerò subito un santo, ma l’avvio della sua causa non avvenne se non il 3 maggio 1959, data della presentazione del Supplice Libello, e con l’istruzione del Processo Ordinario, iniziato il 28 settembre 1959.

Durante la ripresa della causa, a partire dal 2016, furono esaminati i documenti della sua storia clinica, concludendo che la sua depressione e la sua morte erano riconducibili all’anemia perniciosa, al tempo non ancora riconosciuta come malattia.

Il 21 novembre 2025 papa Leone XIV autorizzò il decreto sulle virtù eroiche di don Gaspare, le cui spoglie riposano dal 22 maggio 1960 nella cripta del santuario della Madonna della Guardia a Tortona.

 

Cosa c’entra con me?

Credo proprio che il mio incontro con don Gaspare sia avvenuto durante una delle mie visite al Piccolo Cottolengo Don Orione della mia città, che ha all’interno la parrocchia di San Benedetto. O meglio, ero già passata di lì per un funerale e, ancora prima, per uno spettacolo teatrale all’EcoTeatro.

Non sono sicurissima, ma potrebbe essere avvenuto nel 2020, poco dopo la ripresa delle Messe col popolo, quando ho preso alcuni piccoli libri su quelli che vengono chiamati i “santi di famiglia”, ossia gli appartenenti ai rami della Famiglia Carismatica Orionina (Figli della Divina Provvidenza, Piccole Suore Missionarie della Carità, Movimento Laicale Orionino, Istituto Secolare Orionino e Istituto Secolare Maria di Nazareth).

Uno di questi, anzi due, riguardavano don Gaspare. Mi hanno attratta subito il suo volto giovanile, nonostante la barba, e gli occhi, che mi parevano velati da una strana malinconia. Prima di allora, ripeto, non lo conoscevo affatto: avevo molto più presente san Luigi Orione, del quale ho raccontato qui e il Venerabile frate eremita Ave Maria, mentre grazie ai libretti presi ho approfondito la conoscenza della Venerabile suor Maria Plautilla e dei due Beati Ricardo Gil Barcelón e Antonio Arrué Peiró, martiri durante la guerra civile spagnola.

La prima impressione che ho avuto di lui, oltre al curioso dettaglio del collegamento tra il suo nome e la festa dell’Epifania, è stata di ammirazione per la sua obbedienza pronta al futuro fondatore, tanto che avrebbe voluto seguirlo subito.

Mi è tornato alla mente quel consiglio che avevo chiesto per una mia amica (non era un modo di dire) indecisa se entrare in una congregazione religiosa che non aveva mai sentito prima: la suora a cui mi ero rivolta mi ha risposto che lei avrebbe fatto meglio a scegliere una realtà che fosse in piedi da almeno cent’anni e magari col fondatore riconosciuto Santo. Stando a questo criterio, allora, il giovane Gaspare non avrebbe dovuto fidarsi del chierico Orione.

L’ammirazione è cresciuta nel leggere come lui avesse davvero impiegato ogni briciolo delle sue forze per rispettare l’ordine ricevuto: la conclusione degli studi, la laurea e, solo dopo, l’inizio della formazione tra i Figli della Divina Provvidenza.

Questo impegno, man mano che procedevo con la lettura, mi ha però sgomentata, conducendomi a ipotizzare che la malattia da cui era affetto fosse una sindrome da affaticamento o da burnout, come molto spesso accade anche a tanti preti di oggi.

Ho anche pensato che don Orione avesse pianto la sua scomparsa sia perché gli voleva davvero bene, sia perché, forse, si è sentito in colpa per avergli addossato tante responsabilità, nel tempo in cui i Figli della Divina Provvidenza muovevano i primi passi.

Il suo dolore mi sembrava simile a quello che aveva caratterizzato anche il Beato Giacomo Alberione quando perse il Beato Timoteo Giaccardo, o la Venerabile Maria Oliva Bonaldo quando assistette alla malattia mortale della sua vicaria, la Venerabile Olga Gugelmo. Anche in quei casi, si trattava di personalità scelte dai fondatori medesimi per lo sviluppo di realtà religiose da poco fondate: la loro morte ha arrestato quei percorsi, ma solo per poco tempo.

Il testo sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni riguardante don Gaspare mi sembrava a posto, quindi non l’ho segnalato al Postulatore Generale, a cui nel frattempo mi ero rivolta per correggere e aggiornare i testi relativi ai due martiri spagnoli di cui sopra.

Non ricordo però come né perché, ma mi era accaduto di trovare, sul sito Messaggi di Don Orione, un paio di approfondimenti circa la malattia di don Gaspare. Del primo, tratto da una relazione del professsor Ferruccio Antonelli, già Docente di Psichiatria nell'Università di Roma, Specialista in Malattie Nervose e Mentali e Presidente della società italiana di Medicina Psicosomatica, mi aveva colpito il passaggio in cui dichiarava: «Il sacerdote ha prevalso sul malato». Don Gaspare, infatti, è rimasto al suo posto fino a quando non è stato evidente che il suo fisico era al limite e che la crisi, di fatto ricorrente ogni anno nella tarda primavera, si era acuita più del solito.

Nel secondo, il Postulatore Generale orionino sintetizza il quadro clinico sulla base di esami avvenuti purtroppo non durante la vita del confratello – l’anemia perniciosa cominciò a essere conosciuta e curata solo alcuni decenni dopo la sua morte – ma sulla documentazione medica, compresa quella relativa allo stato depressivo.

In una delle due biografie, infatti, avevo letto di episodi in cui don Gaspare mormorava di non avere più fede, ma mentre lo faceva, si aggrappava fisicamente al Crocifisso. Riconosceva di dover convivere con quel limite, ma sentiva di doverlo superare confidando solo nel Signore.

Rappresenta un grave errore, però, esaminare don Gaspare solo come un caso clinico, o come il potenziale “patrono dei depressi”. Me ne sono resa conto una volta di più riprendendo i libri che avevo e gli articoli, per integrare il profilo su santiebeati e aggiornarlo al decreto sulle virtù eroiche, promulgato lo scorso venerdì 21. Tra l’altro, il giorno prima, la Famiglia Carismatica Orionina, che proprio in quei giorni ha vissuto a Roma il suo Giubileo, aveva festeggiato la Madonna della Divina Provvidenza, come voluto da don Orione.

Mi ha meravigliato, per prima cosa, vedere come don Gaspare fosse consapevole dei tempi in cui viveva, quando la Chiesa era osteggiata anche nell’ambiente scolastico e accademico. Appoggiandosi su uno dei cardini del carisma orionino, ovvero la fedeltà al Papa, ha sostenuto con forza le ragioni della fede: non a caso aveva dedicato la tesi di laurea al rapporto tra papa Innocenzo III e gli eretici della Francia meridionale.

Inoltre, in un articolo pubblicato il 17 gennaio 1900, nel quale sintetizzava i contenuti di quella tesi, invocava il Signore affinché donasse nuovamente la stessa luce di fede concessa a sant’Agostino (chissà se papa Leone XIV conosce questo passaggio), la medesima sapienza espressa negli scritti di san Tommaso d’Aquino e la carità che rese san Francesco d’Assisi simile ai serafini.

Questo passo fa intuire la comunione che sentiva di avere con i Santi del passato, ma era anche in ottimi rapporti anche con molti di quelli viventi, ossia i suoi contemporanei che poi hanno avuto l’avvio della causa come lui. Ammetto però che non vale lo stesso per me, rispetto a gran parte delle figure a lui molto vicine.

In compenso, posso affermare che a settembre, varcando il confine tra Italia e Città del Vaticano per andare a ritirare le fotografie che avevo ordinato al Servizio Fotografico di Vatican Media, mi sono fermata a pregare nella chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri. Mi pare che, in quel momento, mi fosse tornato alla mente don Gaspare, portandomi a domandarmi a che punto fosse la sua causa; presa da altre questioni, me ne sono scordata appena uscita di chiesa.

Non so poi se sia una forzatura, ma la sua vicenda mi sembra attinente all’intenzione mensile della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, che per questo novembre riguarda la prevenzione dei suicidi. Anche nella fase più acuta della sua crisi, don Gaspare non è mai arrivato a pensare di uccidersi, forse perché ricordava quanto aveva scritto il 26 febbraio 1894 alla sorella Teresa, commentando la notizia del suicidio di un professore di latino.

 

Ha testimoniato la speranza perché…

Don Gaspare mi pare un testimone efficace in questo Giubileo che si avvia alla conclusione. Nel suo ministero, durato relativamente poco (è morto a trentun anni ed era sacerdote da cinque), ha portato moltissimi fedeli a non arrendersi di fronte alle difficoltà della vita: l’ha fatto con i suoi familiari, specialmente con la sorella Teresa e col padre, ma anche con i giovani affidati alle sue cure e con quanti ricorrevano a lui per la confessione e per la direzione spirituale nella chiesa di Sant’Anna; tra di essi, gli erano cari e ricambiavano il suo affetto i poveri e la gente semplice del vicino Borgo Pio.

Immagino poi che la sua Postulazione abbia indagato con cura se, nel corso della sua malattia, avesse perso la speranza. Con il Decreto appena promulgato, ormai non ci sono più dubbi che, invece, non fosse mai arrivato a smarrirla per davvero.

 

Il suo Vangelo

La testimonianza di don Gaspare mostra che in ogni genere di sofferenza Dio non si nasconde né sta in silenzio, ma concede la forza necessaria, che però va invocata di continuo. Lui lo ha capito nei primi pionieristici tempi dei Figli della Divina Provvidenza, che erano a rischio di soppressione per ragioni di debiti, ma anche nel frequentare ambienti scolastici ostili al messaggio cristiano.

Gli insegnamenti di don Orione l’hanno confermato in quel cammino, ma anche confortato quando la crisi depressiva lo ha colpito sul vivo. Veramente privo di tutto, obbligato anche a spogliarsi dell’abito sacerdotale perché le regole dell’ospedale lo imponevano, rimasto solo con Dio, non si lasciò morire di fame (non aveva proprio la forza di mangiare né riusciva ad assimilare cibi), ma si consegnò definitivamente a Lui.

Rendeva quindi drammaticamente concrete le esortazioni contenute nella lettera alla sorella Teresa del 13 maggio 1905, poco dopo la morte dello zio Vincenzo:

Se ci sforzeremo di far vivere in noi Gesù, nella pazienza, nell’umiltà, nella carità, ogni pena si cambierà facilmente in diletto, e non finiremo mai di ringraziarne la benignità inesauribile del Signore Nostro, che ha così tenera e paterna cura di ciascuno di noi.

Con un’espressione spesso ripetuta nei suoi scritti, ribadiva che il Signore «è solito dilatarci nella tribolazione». Credo che intendesse dire che, anche quando siamo colpiti da prove terribili, ci permette di continuare ad amare, allargando il nostro cuore a chi soffre ancora di più. Nel suo caso, come conferma l’autorevole dichiarazione della Chiesa, è successo proprio così.

 

Per saperne di più

Arcangelo Campagna, Don Gaspare Goggi. Il perché della vita non è altro che amore, Velar-Elledici 2018, pp. 48, € 3,50.

Piccola biografia illustrata con l’essenziale della vita di don Gaspare.

Flavio Peloso, Don Gaspare Goggi - Il primo figlio della Divina Provvidenza, Libreria Editrice Vaticana 2019, pp. 288, € 15,00.

Il Postulatore Generale dei Figli della Divina Provvidenza racconta la vita di don Gaspare anche alla luce della documentazione rintracciata per chiarire le cause della sua depressione.

 

Su Internet

Sotto-sezione del sito Messaggi di Don Orione dedicata a lui, all’interno della sezione dei “santi di famiglia”

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