Karl Leisner, la gioia tra le catene (Corona d'Avvento dei Testimoni 2014 #3)



Il Beato Karl Leisner in abiti sacerdotali (fonte)

Chi è?

Karl Leisner nacque a Rees, in Germania, il 22 febbraio 1915, primo dei cinque figli di Amalie Falkenstein e Wilhelm Leisner. A sei anni si trasferì con la famiglia a Kleve, dove conobbe, undicenne, don Walter Vinneberg, sacerdote e insegnante. Sotto la sua guida, s’impegnò nell’apostolato giovanile, diventando, a sedici anni, responsabile della gioventù cattolica del suo distretto.
Con l’avvento del regime nazista, fu messo duramente alla prova, ma non perse la fede, alimentandola con l’adesione al Movimento Apostolico di Schoenstatt. Dopo aver intuito di sentirsi chiamato al sacerdozio, si trasferì a Friburgo, ospite di una famiglia per mantenersi agli studi. L’amore per una delle figlie degli ospitanti, Elisabeth, parve distrarlo dal suo percorso; infine, capì che non doveva cambiare strada. Fu quindi ordinato suddiacono il 4 marzo 1939 e diacono il 25 marzo dello stesso anno, nella diocesi di Münster.
Colpito da tubercolosi nel mese di maggio, venne ricoverato presso il sanatorio di Sankt Blasien. Dopo aver appreso, in quel luogo, del fallimento di un attentato a Hitler, si lasciò sfuggire un’esclamazione di disappunto. A causa della delazione da parte di un altro ricoverato, fu arrestato il 9 novembre 1939 e condotto dapprima al campo di Sachsenhausen, poi, dal 14 dicembre 1940, in quello di Dachau.
Quando, il 6 novembre 1944, venne internato monsignor Gabriel Piguet, vescovo di Clermont-Ferrand, agli altri sacerdoti prigionieri venne l’idea di chiedere il consenso per la sua ordinazione sia al suo vescovo, monsignor Clemens August Von Galen (poi Cardinale e dal 2005 Beato) sia a quello della Diocesi presso la quale si trovava Dachau. Ottenutolo, si procedette ai preparativi, nella più assoluta discrezione.
Il 17 dicembre 1944, domenica Gaudete (ossia la III dell’Avvento Romano), monsignor Piguet ordinava sacerdote il giovane diacono, molto malato. Don Karl celebrò la sua Prima Messa solo nove giorni dopo, il 26 dicembre, ma fu impedito dall’offrirne altre dal suo sempre più grave stato di salute.
Dopo la liberazione del campo, don Karl venne ricoverato presso il sanatorio di Planegg, dove morì il 12 agosto 1945. Poco prima, sul suo diario, aveva scritto una frase in cui chiedeva a Dio di benedire anche i suoi nemici.
È stato beatificato in quanto martire, insieme a don Bernhard Lichtenberg, il 23 giugno 1996 a Berlino da san Giovanni Paolo II, nel corso della visita pastorale in Germania. 
I suoi resti mortali riposano presso la Cripta dei Martiri nella cattedrale di Xanten.

Cosa c’entra con me?

Bisogna sempre tenere d’occhio i palinsesti televisivi: può saltare fuori qualcosa d’interessante. Così è successo a me quando, il 22 agosto 2008 (ho ricostruito la data cercando in Rete), mi sono decisa a vedere il documentario La croce e la svastica, della serie La grande Storia, dedicato ai cristiani sotto il nazismo. In verità, quella sera ero a casa della mia zia che mi ospita durante le vacanze, prostrata da un tremendo mal di pancia, quindi non ho seguito con molta attenzione quel filmato.
Ad un certo punto, però, mi sono fatta più attenta: la voce narrante stava raccontando un fatto che aveva dell’incredibile, ossia le circostanze che portarono all’ordinazione sacerdotale del personaggio di cui tratto oggi. Un po’ perché non stavo bene, un po’ perché non avevo carta e penna sottomano, tantomeno disponevo di una connessione a Internet, non ho preso appunti. Ricordavo solo il nome proprio, Karl, il fatto che il cognome era abbastanza breve e che era stato ordinato nel campo di Dachau. Di sicuro, trattandosi di un giovane prete, era una storia che mi attraeva parecchio (e quandomai, direte voi lettori).
Tornata a casa, tra una ricerca di materiale per la tesi e l’altra, mi tornò in mente quella vicenda. Come già altre volte, ho inserito nel motore di ricerca i miei unici indizi: “sacerdote”, “ordinazione” e “Dachau”. Tra i risultati, c’era questa pagina di santiebeati, che mi portò a scoprire altri dettagli: primo fra tutti, che era stato beatificato, quindi potevo invocarlo senza problemi di coscienza o di giudizio ecclesiale anticipato. Proseguendo le mie ricerche – tranquilli, la tesi poi l’ho finita – ho scovato un altro articolo a firma di Paolo Risso, ora non più online.
Quello che ho letto mi ha concesso di andare oltre la breve menzione nel documentario e le pur eccezionali circostanze in cui divenne prete. Avevo di fronte un giovane determinato, entusiasta, certo che nessun dittatore al mondo poteva presumere di sradicare Dio dalla società e dal cuore della gente. Perfino l’amore per Elisabeth non poté nulla di fronte alla sua passione più grande, per seguire la quale era disposto a consacrarsi interamente al servizio divino.
Quei pochi articoli, tuttavia, non mi bastavano. Volevo conoscerlo meglio, sapere altri dettagli sulla sua vita prima della scelta del sacerdozio, ma non sapevo come fare, tanto più che trovavo quasi esclusivamente siti in tedesco. Riprese le mie ricerche, ho trovato il sito di una casa editrice francese che riportava una sua biografia in catalogo: con quella lingua me la cavo decisamente meglio. Non altrettanto pratica di e-commerce, ho provato a ordinare quel testo in una delle mie librerie cattoliche di fiducia, insieme a un altro, sempre riguardante un sacerdote giovane (ma questa è un’altra storia, che prima o poi racconterò). Non penso sia stato un caso se entrambi i testi mi sono arrivati il mercoledì della Settimana Santa 2009, proprio il giorno prima in cui ricordiamo l’istituzione del sacerdozio durante l’Ultima Cena.
La faccio breve: come mi era capitato con Pier Giorgio Frassati, mi è venuto spontaneo chiedermi se non ci fosse da qualche parte un giovane come lui, magari non intenzionato a farsi prete, destinato a me dal Signore. A tutt’oggi, penso che ce ne siano eccome, ma è cosa ben diversa dall’immaginare che potrei sposarmi con un tipo così.
In ogni caso, il libro mi è piaciuto a tal punto da spingermi a rispolverare le mie scarse nozioni di francese, apprese alle scuole medie, per contattare i signori Rimlinger, responsabili della sezione francese dell’Internationaler Karl Leisner Kreis (Circolo Internazionale Karl Leisner, in sigla IKLK), l’associazione che porta avanti il suo messaggio e la sua causa di canonizzazione. 
Con mia sorpresa, un bel giorno mi sono ritrovata nella casella di posta elettronica un messaggio da parte loro: non solo si erano detti felicissimi di sapere che quella storia mi avesse segnata, ma, dopo che ho scritto in risposta, mi hanno domandato se potessi scrivere una breve testimonianza a riguardo, per il bollettino annuale degli iscritti al Circolo. 
Purtroppo non è più online, ma in essa precisavo che il mio interesse per giovani preti e simili è sorto dopo aver sentito parlare di un certo seminarista ambrosiano defunto e del suo desiderio di vivere almeno il tempo di celebrare anche una sola Messa. Lui lo desiderava tanto, mentre il nostro Beato è deceduto avendone celebrata solo una, anche se non immediatamente dopo.
A questo proposito, mi spiace moltissimo che don Pablo Domínguez, il sacerdote reso famoso dal film L’ultima cima, nel suo libro uscito postumo abbia raccontato come sia venuto a conoscenza di quella vicenda, cosa buona in sé, però sbagliandosi in molti punti. Il primo errore sta nell’affermazione che Karl non celebrò per la prima volta il giorno di Santo Stefano, bensì dopo essere stato sbattuto fuori, mezzo morto, dal campo di concentramento. Nemmeno il fatto che morì subito dopo aver offerto la sua unica Eucaristia corrisponde ai fatti storicamente accertati.
Non ho dimenticato quella storia, parlandone anzitutto ai miei malcapitati amici in Seminario. Penso che i commessi di un’altra delle mie librerie preferite mi abbiano presa per matta quando, scorrendo l’indice dei personaggi trattati nel libro Il Paradiso siamo noi, ho esultato nel vedere che era stata inserita. In occasione della GMG 2011, tra le immaginette da lasciare alle persone che avrei incontrato, avevo messo anche la sua, gentilmente donata dai Rimlinger.
Il 16 agosto, mentre passeggiavo per Madrid con alcuni miei compagni di viaggio, ho scorto una bandiera, tra le tante portate in giro dai giovani partecipanti al raduno mondiale. Recava due mani incatenate, su sfondo rosso, che elevavano un’Ostia, accompagnate dalla scritta Victor in vinculis, “Vincitore tra le catene”. Ho avuto come un colpo al cuore: quello era il motto del gruppo dei preti aderenti al Movimento di Schoenstatt a Dachau! Senza dir nulla, ho abbandonato i ragazzi che erano con me per inseguire quelli che portavano quella bandiera.
Sia per l’affanno della corsa, sia per il mio penoso inglese, temevo di non farmi capire, ma ci sono riuscita. Quei giovani erano membri della “Karl Leisner Jugend”, un movimento giovanile che porta avanti, come il Circolo già menzionato, gli ideali da lui incarnati durante la vita. Mi sono commossa un po’, al pensare che non sono l’unica fissata con storie simili e persuasa che continuino a entrarci qualcosa con le nostre esistenze quotidiane. Anche di questepisodio ho relazionato sul bollettino dellIKLK francese (ormai non più online). Al termine della Messa finale a Cuatro Vientos, ho rivisto la bandiera, ma stavolta non l’ho seguita: in compenso, ho trovato a terra uno strano santino di san Luigi Gonzaga, tramite per scoprire un nuovo giovane Testimone.

Il suo Vangelo

A settant’anni dalla sua ordinazione sacerdotale, il cui anniversario cade proprio oggi, l’esempio di questo Beato, seppur poco conosciuto nel nostro Paese, continua ad aver valore. 
Le catene con cui fu legato non sono state unicamente quelle della prigionia a Dachau (anche se metaforiche), ma, ancor prima, quelle del regime sotto il quale si trovò a vivere. 
Fu vincitore, quindi, anzitutto nel mostrare ai giovani come lui che si poteva essere più forti di un despota terreno unicamente trovando in Cristo la passione che muove tutta una vita.
Lui comprese, dopo aver lungamente riflettuto, di doverGli consacrare la propria esistenza, anche se quel desiderio poteva sembrare quasi irrealizzabile. 
Si capisce quindi con quali sentimenti scrisse all’amico Hermann Richarz, il 22 gennaio 1945, ripensando alla sua prima e unica Messa:
Ho potuto, nel corso delle settimane passate, avere un bell’antipasto dell’“essere vittorioso”. Dopo la consacrazione nella mia prima Messa, è stato come se io fossi davanti al nostro Re e come se io fossi il Suo cavaliere e il suo vincitore.
La sua storia meriterebbe forse una chiave di lettura diversa, dato che è nota solo per le circostanze eccezionali che lo portarono a diventare prete quando non sembrava più possibile. 
Eppure mi viene da parlarne in questi termini, sperando che tanti dei miei lettori prossimi al sacerdozio, quando potranno salire l’altare, pensino davvero di celebrare ogni giorno la Messa come se fosse la prima, l’unica e l’ultima della propria esistenza, come successe a questo giovane tedesco. 
Per i lettori laici, l’invito è ugualmente valido: nella celebrazione eucaristica, infatti, troviamo l’unica sorgente capace di farci forti di fronte alle avversità della vita, dalle piccole paturnie ai casi più gravi.

Per saperne di più

Piero Lazzarin, Sentinelle del mattino – Giovani liberi e coraggiosi, Edizioni Messaggero 2011, 176 pp., € 12,00.
Oltre che nel libro che citavo sopra, anche qui, alle pagine 9-23, è trattata la storia di Karl.

Joachim Schmiedl, Bienheureux Karl Leisner – Jusqu’au bout de l’Amour, Editions Pierre Téqui 2004, 256 pp., € 15,00.
L’opera più completa, che contiene anche estratti dal suo diario e dalle sue lettere.

Su Internet

Sito ufficiale dell’Internationaler Karl Leisner Kreis (in tedesco)

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