Papa Giovanni Paolo II: coraggioso, quindi santo
Lo stendardo ufficiale della beatificazione (si riconosce perché c'è lo stemma di papa Benedetto XVI) |
Chi è?
Karol
Józef Wojtyła nacque a Wadowice, in Polonia, il 18 maggio 1920. Terzogenito* di Emilia
Kaczorowska e Karol Wojtyła, sottufficiale dell’esercito polacco, rimase orfano
di madre a 9 anni. La perdita del fratello maggiore Edmund nel 1932 e del
padre, nel 1941, lo condussero a riflettere profondamente sul senso
dell’esistenza. Due anni prima, a causa della chiusura dell’Università
Jagellónica di Cracovia, dovette lasciar egli studi per lavorare in una cava e in
una fabbrica chimica, al fine di potersi guadagnare da vivere ed evitare la
deportazione in Germania.
Frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia e, dopo la guerra, fu ordinato sacerdote il 1 novembre 1946. Nel 1948 ritornò in Polonia, dove ebbe incarichi in alcune parrocchie e divenne cappellano degli universitari fino al 1951. Il 4 luglio 1958, Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958. Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Paolo VI, che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967. Fu tra i partecipanti al Concilio Vaticano II, negli anni 1962-’65.
Frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia e, dopo la guerra, fu ordinato sacerdote il 1 novembre 1946. Nel 1948 ritornò in Polonia, dove ebbe incarichi in alcune parrocchie e divenne cappellano degli universitari fino al 1951. Il 4 luglio 1958, Pio XII lo nominò Vescovo Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958. Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Paolo VI, che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967. Fu tra i partecipanti al Concilio Vaticano II, negli anni 1962-’65.
Il
16 ottobre 1978 venne eletto Pontefice e, per segnare la continuità coi suoi
immediati predecessori e col Concilio, assunse il doppio nome di Giovanni Paolo
II. Il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro, venne ferito con un colpo di arma
da fuoco; una volta guarito, ha perdonato il suo attentatore e intensificato i
suoi impegni pastorali.
Morì
a Roma, nel Palazzo Apostolico Vaticano, sabato 2 aprile 2005 alle 21:37,
vigilia della Domenica in Albis e della Divina Misericordia. Accogliendo il
desiderio di numerosissimi fedeli che sin dal giorno dei suoi funerali lo
acclamavano “Santo subito”, papa Benedetto XVI, dopo il processo canonico
aperto in deroga alle norme vigenti, lo ha beatificato il 1 maggio 2011. Da
oggi, 27 aprile 2014, è iscritto nell’albo dei Santi.
* Le biografie presenti sui siti ufficiali dicono che era il secondogenito, ma si dimentica che i Wojtyla ebbero un’altra figlia, Olga, la cui nascita viene datata da questo articolo al 1916; Edmund, invece, nacque nel 1906. Di conseguenza, Karol era il terzo. In ogni caso, «Se mi sbaglio mi corigerete» (cit.).
* Le biografie presenti sui siti ufficiali dicono che era il secondogenito, ma si dimentica che i Wojtyla ebbero un’altra figlia, Olga, la cui nascita viene datata da questo articolo al 1916; Edmund, invece, nacque nel 1906. Di conseguenza, Karol era il terzo. In ogni caso, «Se mi sbaglio mi corigerete» (cit.).
Cosa c’entra con me?
La
mia vita sinora si è prevalentemente svolta sotto il pontificato di Giovanni
Paolo II. Proprio oggi, anzi, ho letto su Credere
un particolare curioso: il 16 luglio 1984, giorno della mia nascita, lui aveva
accettato l’invito del maestro di sci Gianluca Rosa per sciare sull’Adamello.
Un altro particolare che, quando l’ho appreso (ricordo bene come: leggendolo su
Il Giornalino, nella rubrica Caro zio Giò), me l’ha fatto sentire più
vicino, è il fatto che porto lo stesso nome di sua madre.
Tornando
indietro con la memoria ai giorni della mia infanzia, riaffiora la prima volta
in cui mi sono resa conto dell’importanza del Papa in quanto figura: nel 1992,
quando ho sentito al telegiornale che lui era stato ricoverato al Policlinico
Gemelli per essere operato a causa di un tumore benigno. Preoccupatissima, mi
sono fatta spiegare da una mia cugina che studiava medicina cosa volesse dire,
ma, nonostante lei mi avesse rassicurata che era qualcosa di curabile, ho
cominciato a pregare intensamente per la sua guarigione.
Ancora
prima, mi sovviene adesso, quella stessa cugina mi raccontò di aver partecipato
all incontro coi giovani presso lo stadio San Paolo di Napoli del 10 novembre 1990. Da allora,
iniziai a domandarmi quando sarebbe successo anche a me di sentirlo dal vivo.
Dovettero
passare quasi dieci anni: il mercoledì dopo Pasqua del 1999, infatti, ho
raggiunto i ragazzi della mia parrocchia di provenienza per partecipare, con
loro, all’Udienza generale compresa nel pellegrinaggio per gli adolescenti
quattordicenni della mia Diocesi. Se avete prestato attenzione alle date,
noterete che io stavo per compiere quindici anni: è successo perché, dei miei
comparrocchiani che ricevettero la Cresima nel 1996, solo io avevo deciso di
proseguire il cammino verso la Professione di Fede. Purtroppo, non ricordo
affatto che cosa disse il Papa in quell’occasione, ma solo che ero partita da
Napoli e che, per unirmi al mio gruppo, mi ero mescolata a un gruppo di
pellegrini polacchi.
Un
anno dopo, ero davanti allo schermo televisivo per seguire l’apertura del
Grande Giubileo del 2000. Avrei dato chissà cosa per essere tra i giovani che
parteciparono alla GMG di quell’anno, ma mi era stato negato il permesso,
essendo appena sedicenne (se penso che a Madrid e Colonia ho visto ragazzini
più giovani di me a quell’epoca…).
Un’immagine,
di quel periodo di grazia, mi rimase impressa, ma non era quella di lui
appoggiato alla Porta Santa, e neppure quelle delle folle di Tor Vergata. Si
trattava dell’udienza privata concessa ai responsabili di Jubilee 2000, l’iniziativa promossa, tra gli altri, dal cantante
del mio gruppo preferito, Bono Vox degli U2: con un gesto curioso, il Pontefice
indossava gli occhiali che hanno reso famoso quel personaggio.
Venne,
poi, il periodo del crollo fisico, prossimo alla morte. Un sacerdote che
conosco era quasi indignato per i frequentissimi bollettini della Sala Stampa
Vaticana circa la sua salute: secondo lui, bisognava aiutare il Papa a morire
in pace. Di conseguenza, non mi venne da pregare come quand’ero bambina, ma
perché la sua agonia durasse il meno possibile.
Sabato
2 aprile 2005 ero uscita col mio solito gruppo di amici, per andare a bere
qualcosa in un locale sui Navigli. Non ero affatto dell’umore giusto, ma, visto
che le mie preghiere non avrebbero mai ottenuto la guarigione, ho accettato
l’invito.
Improvvisamente,
gli schermi televisivi del locale presero a trasmettere immagini in diretta da
San Pietro: il Papa era morto, e io non potevo più farci niente. Io e il
gruppetto siamo subito usciti. La folla che riempiva gli argini dei Navigli era
pervasa da uno strano mormorio, ma non credo che molti avessero ancora voglia
di folleggiare.
La
rabbia che mi aveva presa per non aver pregato nel modo giusto perdurò nei
giorni successivi. Ed ecco che rientrano in scena gli U2: MTV, infatti, prese a
trasmettere in segno di lutto solo canzoni tristi, che accompagnavano i
messaggini inviati dal pubblico. Tra i videoclip messi in onda a nastro,
l’ultimo singolo del gruppo irlandese, Sometimes
you can’t make it on your own, scritto da Bono in onore di suo padre, morto
anche lui non molto tempo prima.
In
quel periodo mi ero resa conto che, pur restando credente e accostandomi ai
Sacramenti con regolarità, non avevo messo al centro della mia vita Gesù. La
mia attenzione principale non era attirata dall’attualità ecclesiale, bensì
dalle ultime azioni umanitarie del mio complesso musicale preferito: erano loro
le persone che ammiravo di più, non i Santi e i testimoni. Ci volle la morte
del Papa per destare in me una vera e propria conversione: come lui, dovevo
riaprirmi al Signore e farlo agire in me.
Trascorsi
i funerali, presi una decisione: avrei abbandonato il mio comportamento da fan, evitando di ascoltare la musica che
amavo di più. Il risultato era che, appena entravo in un bar di fronte
all’università per mangiare un panino e sentivo Vertigo o altre canzoni, fuggivo di corsa, ovviamente dopo aver
pagato. Quando invece andavano in onda altri brani, mi mettevo a leggere i
quotidiani a disposizione dei clienti, per capire come funzionava il Conclave e
chi poteva essere il nuovo successore di Pietro. Penso proprio che sia stato in
quel periodo che, tra l’altro, avevo iniziato a vedere a sprazzi La Chiesa nella città, il magazine d’informazione religiosa della
mia Diocesi.
Col
tempo, ho capito che il mio era un comportamento eccessivo. Anche Giovanni
Paolo II, come dicevo prima, aveva qualcosa che l’attraeva, ovvero la montagna
e gli sport alpini, ma per lui erano solo un mezzo per sentire ancora più
vicino a sé il Dio cui si era affidato sin dalla giovinezza. Dovevo fare lo
stesso anch’io, interessandomi sì ai cantanti famosi, ma non prendendoli a
modello di vita. Penso proprio che fosse una grazia ottenuta per sua
intercessione, anzi, ora che è Santo ne sono certa.
Per
saldare, in un certo senso, il debito di riconoscenza che avvertivo verso di
lui, nel 2011 decisi di recarmi a Roma col pullman organizzato dalla Pastorale
Giovanile diocesana. La cronaca di quell’avventuroso viaggio è contenuta in
questo post, per cui non mi ripeto. Aggiungo solo che, da allora, ho preso a
invocare più spesso il nuovo Beato, in particolare per la ricerca del lavoro e
per ottenere la grazia di capire, senza tentennamenti e ripensamenti, la vera
strada per la mia realizzazione a tutto tondo, ovvero la mia vocazione.
Dimenticavo: lo scorso anno, nella mia parrocchia d’origine, è stato rappresentato il musical Lolek - Il giovane Wojtyla. Per uno strano scherzo della sorte, la rappresentazione è caduta a pochi giorni di distanza dal Conclave che avrebbe eletto papa Francesco: dev’essere stato per quel motivo che, ripensando al fatto che a breve avrei risentito l’habemus Papam, mi sono commossa fino alle lacrime. Va detto, comunque, che i miei vecchi comparrocchiani hanno fatto un lavoro lodevole.
La
notizia della canonizzazione mi ha lasciata attonita: non immaginavo che sarebbe
avvenuta a così breve distanza. Lungi da me affermare che sia stata troppo
rapida o inopportuna: come già scrivevo il giorno di Ognissanti del 2013, le
cerimonie di beatificazione e canonizzazione sono necessarie per confermare,
ufficialmente e senza smentite, che un cristiano (o gruppi di cristiani) è
degno di essere preso come spunto per seguire integralmente il Vangelo. Altrimenti, ciascuno si farebbe i santi che vuole e non saremmo più Chiesa; sbaglio?
Alla
foto che lo vedeva con Bono si è progressivamente sostituita un’altra: quella
che lo ritrae, insieme a un certo seminarista brianzolo, mentre lo conforta nella grave malattia che l’aveva colpito. A volte, però,
Dio dispone diversamente, nemmeno se è il Papa a formulare un augurio simile…
Il suo Vangelo
Il
30 aprile 2011, come già dicevo, una giornalista dell’AdnKronos mi sorprese per interpellarmi su come ricordassi Giovanni
Paolo II. La mia risposta di allora non è cambiata: per me lui ha provato,
anzi, è riuscito a ricondurre gli uomini a Cristo, permettendogli di parlare a
loro. Quanto al Vangelo della sofferenza, resto del parere che sia un aspetto
fondamentale della sua vicenda, anche se non bisogna limitarsi solo a quello.
Tuttavia,
la frase che mi sembra rappresentarlo di più non è tratta da encicliche o
discorsi ufficiali. L’ho sentita più volte, in questi giorni, per bocca del
cardinal Angelo Comastri, in tutte le trasmissioni televisive dove l’ho visto
comparire e, da ultimo, in una intervista rilasciata alla Radio Vaticana.
Alla
sua domanda se, dopo l’attentato, non avesse avuto paura a ritornare in piazza
San Pietro, così rispose:
«Certo che ho avuto paura. Ma si ricordi che i coraggiosi non sono quelli che non hanno paura, ma sono quelli che pur avendo paura, vanno avanti per portare avanti la loro missione».
Sono del parere che valga anche per altri aspetti del suo
magistero.
Così prego e così spero sia per tutti coloro che, da oggi, sono
certi di avere davvero un protettore in Cielo.
Per saperne di più
Giovanni Paolo II, Varcare
la soglia della speranza, Mondadori 2014, pp. 320, € 5,00.
Uscito nel 1994, il
primo libro-intervista di un Pontefice nella storia della Chiesa, forse il più
diffuso di tutta la sua opera.
Giovanni
Paolo II, Dono e mistero - Diario di un sacerdote, Libreria Editrice Vaticana 2011, pp. 126, 9,00.
Pubblicato
inizialmente per il cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale, il
racconto autobiografico della sua vocazione (ma non è una lettura solo per
sacerdoti!).
Gian
Franco Svidercoschi, Storia di Karol,
Ancora 2011, pp. 168, € 12,00.
Biografia
uscita in occasione della beatificazione, utile soprattutto per inquadrare
storicamente la sua vita.
Stanislao
Dziwisz, Una vita con Karol. Conversazione con Gian Franco
Svidercoschi, Biblioteca
Universale Rizzoli 2008, pp. 224, €
8,90
e
Id., Ho vissuto con un
santo. Conversazione con Gian Franco Svidercoschi, Rizzoli 2014, pp. 220, € 17,00.
Dalla viva
voce di colui che fu il suo segretario, un dittico di volumi che tenta di
aiutare il lettore a conoscerlo “dal di dentro”.
Wlodzimierz
Redzioch, Accanto a Giovanni Paolo II -
Gli amici & i collaboratori raccontano, Ares Edizioni 2014,
pp. 256, € 15,90.
Una collezione
d’interviste, a partire dalla prima di Benedetto XVI dopo le dimissioni,
passando per quelle agli amici, ai segretari e ad alcuni esponenti di Curia.
Su Internet
Sezione a lui dedicata del sito della Santa Sede
Sito ufficiale della sua causa
Sito dell’associazione Milano per Giovanni Paolo II, composta da alcuni giovani milanesi per approfondire il
suo insegnamento nella loro città
Articoli a lui dedicati nel blog Una penna spuntata, tra i quali segnalo un gustosissimo quiz preparato nel 2011
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