Qualche idea per far finire «Don Matteo»
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La
serie di telefilm Don Matteo,
iniziata nel 2000 e che oggi vede l’inizio della decima stagione, vede come
protagonista un sacerdote, don Matteo Bondini, interpretato da Terence Hill.
Tornato nella sua parrocchia d’origine a Gubbio, si è da subito interessato al
bene della sua gente, ma non solo: grazie a una buona dose d’intuito, ha più
volte aiutato i Carabinieri, guidati dal maresciallo Cecchini (Nino Frassica),
a risolvere casi più o meno intricati. Dalla nona stagione le sue avventure si
svolgono a Spoleto, ma la decima potrebbe essere fra le ultime.
In
qualche occasione, con altri giovani che conosco, mi sono ritrovata a commentare
che ormai Terence Hill ha più di 75 anni e che a quell’età, di norma, i
sacerdoti vanno in pensione. Lo stesso attore ha recentemente ventilato
quell’ipotesi:
Voglio avere tempo per la mia famiglia, per
riequilibrarmi e, anche, pensare a quello che voglio fare nel futuro. Perché,
diciamo la verità, non posso certo fare questo tipo di fiction in eterno. (fonte)
Di
conseguenza, credo che sarebbe opportuno che anche il suo personaggio si goda
il meritato riposo dopo una vita spesa tra le fatiche apostoliche e le indagini
poliziesche. Ecco quindi alcuni miei suggerimenti su come far concludere
degnamente le sue avventure e proseguirle in altra maniera.
Un addio non troppo traumatico
Sono
giovane, ma non abbastanza per ricordare come l’uccisione del commissario
Cattani ne La piovra abbia suscitato
la commozione e l’indignazione di gran parte dei telespettatori. Se don Matteo
andasse incontro a una fine del genere, magari sulla scia di don Pino Puglisi o
don Peppe Diana, verrebbe però meno la componente di commedia della sua serie.
Immagino,
quindi, che gli ultimi dieci minuti dell’ultimissima puntata si svolgano così.
Salto temporale di
dieci anni. Don Matteo è ospite di una casa di riposo per sacerdoti nei pressi
di Assisi. La sua ultima avventura l’ha lasciato semiparalizzato, quindi ha
dovuto lasciare l’amata bicicletta per una sedia a rotelle (dove però sono
state montate le ruote del suo veicolo).
Il maresciallo
Cecchini, ormai in pensione, va a trovarlo come fa ogni settimana, per
l’abituale partita a scacchi. Mentre gioca, gli racconta come va la sua vita: i
bisnipoti, i contatti coi vecchi sottoposti…
Improvvisamente,
Cecchini si accorge che manca una sola mossa per riuscire a battere finalmente
il suo amico. Fa per spostare il pezzo degli scacchi, quando il basco che don
Matteo ha in testa cade. L’ex maresciallo, allora, si accorge che don Matteo
non gli risponde più: se n’è andato nel sonno, sorridendo come sempre.
Diciamo qualcosa di questo genere (con tante scuse a Rocky Joe). |
Il giovane don Matteo
Se
abbiamo visto una serie che descrive come Salvo Montalbano abbia mosso i primi
passi in Polizia, perché non si può fare lo stesso per il don? Ci hanno già
pensato quei mattacchioni dei The Jackal
col filmato che propongo qui sotto, ma io non ho in mente un film solo.
«Lo troverò, lo picchierò... e poi lo perdonerò»
La
serie, non più di sei puntate doppie, dovrebbe coprire gli anni dal Seminario
fino all’ordinazione e alla partenza per la missione. Fermo restando l’impianto
di commedia, come già dicevo, immagino qualcosa che veda il seminarista Matteo
risolvere casi nella parrocchia dove fa tirocinio pastorale. L’epoca, tra gli
anni 60 e 70 del secolo scorso, coprirebbe anche le questioni del post-Concilio,
col rettore che frena e i seminaristi turbolenti ma non troppo.
Si
potrebbe anche ipotizzare la prima occasione in cui Matteo pronuncia uno di quei discorsi esortativi che poi diverranno tipici del suo personaggio.
Il suo migliore amico
in Seminario presta servizio in carcere: nel tentativo di separare due detenuti
che litigano, si mette in mezzo, riceve un pugno nello stomaco, cade e batte la
testa. Finito in coma, viene visitato da lui, che, mentre lo veglia, commenta: «Tu
per me sei stato come il profumo del nardo che Maria versò sui piedi di Gesù…».
Il ragazzo però muore
e Matteo, prendendo il suo posto, inizia a interessarsi ai problemi del
carcere.
Ammetto
però che questa soluzione riprenderebbe il momento di Che Dio ci aiuti, la serie quasi gemella, dove la protagonista,
suor Angela, menzionava il «Siamo nati e non moriremo mai più» di Chiara
Corbella Petrillo, anche se il riferimento qui sarebbe un altro.
Insomma,
prepariamoci a osservare le nuove indagini, a sorridere e anche un po’ a
riflettere, osservando le gesta del prete di finzione più famoso degli ultimi
anni. Chissà se le mie previsioni si riveleranno esatte?
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