Mercy Challenge #1: consolare gli afflitti





Come dicevo qualche giorno fa, ho deciso d’impegnarmi a compiere due opere di misericordia al mese, secondo le indicazioni di papa Francesco ai giovani, in ordine assolutamente casuale. Non immaginavo, tuttavia, che avrei iniziato con una delle più facili, né liete da compiere.
A novembre è morto uno dei miei zii di Portici, vicino Napoli, per cui credevo che non sarei andata lì per le vacanze di Natale. La sera del 30 dicembre, invece, ho avuto un’altra notizia di quel genere: è mancato un altro zio, un fratello di mia madre (quello di novembre, invece, era un  cognato di entrambi). Per questo motivo, io e i miei siamo partiti venerdì 1° gennaio, perché i funerali erano stati fissati per il mattino del 2.
Tutti erano parecchio dispiaciuti, me compresa, però ammetto che me la sentivo: lo zio era rimasto tanto abbattuto per la fine di quel suo cognato da finire in uno stato di prostrazione. Mentre ero sul punto di piombarci anch’io, mi sono ricordata del fatto che avevo deciso di accettare la sfida del Papa: consolare i miei parenti in lacrime doveva essere mia responsabilità.
A dire il vero, sono rimasta pochissimo in casa del defunto, giusto il tempo di un Eterno Riposo, poi sono andata a capire dove fosse la chiesa dei funerali. Il mattino dopo ero di nuovo là, con larghissimo anticipo, per attuare la mia consolazione in un altro modo: occuparmi degli aspetti liturgici del funerale. Mi è già successo altre volte, però in una chiesa dove il parroco mi conosceva; in quel caso là, invece, ci sarebbe stato un diacono permanente, che non mi aveva mai vista prima, e si sarebbe svolta una Liturgia della Parola senza la Comunione.
D’accordo col diacono, ho scelto le letture e ho chiesto di poter intonare l’Alleluia al Vangelo e un canto alla Madonna mentre il feretro usciva dalla chiesa. Tuttavia, avevo da poco terminato di proclamare il Salmo e stavo per prendere fiato, quando ho sentito due anziane signore, che mi avevano accolta poco prima in sacrestia, prorompere in un’acclamazione tanto sfiatata quanto cavernosa. Sul finale, invece, ho attaccato la Salve Regina, ma mi seguivano sì e no le pie donne di cui sopra, con un tempo tutto loro. I miei credo che cantassero, però molto piano.
Nei giorni in cui sono rimasta a Portici ho cercato di trascorrere il maggior tempo possibile coi parenti che mi restavano, finché, sabato 9, non sono tornata a casa.
 


SFIDA COMPIUTA!

# MercyChallenge
Opere di misericordia corporale

dare da mangiare agli affamati

dare da bere agli assetati

vestire gli ignudi

accogliere i forestieri

assistere gli ammalati

visitare i carcerati

seppellire i morti

Opere di misericordia spirituale

consigliare i dubbiosi

insegnare agli ignoranti

ammonire i peccatori

consolare gli afflitti
X
perdonare le offese

sopportare pazientemente le persone moleste

pregare Dio per i vivi e per i morti


Dopo aver concluso il post precedente a questo, mi è venuto in mente che uno dei requisiti perché una challenge sia tale è che bisogna scegliere qualcuno da nominare perché la porti avanti. Io, invece, preferisco che tutti quelli che passano da queste parti, specie i giovani, pensino a come applicare le quattordici opere.

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