Akash Bashir – Non c’è amore più grande (Cammini di santità #1)
Fonte |
Lo scorso
luglio, poco dopo il mio compleanno, ho ricevuto un regalo inatteso: un
salesiano, don Ferdinando, mi ha contattata via posta elettronica per chiedermi
di collaborare (retribuita!) alla rivista «Sacro Cuore», da lui diretta, periodico dell’omonimo santuario di Bologna. Mi è
stata quindi affidata una rubrica, intitolata «Cammini di santità», che comparirà sui prossimi numeri.
Questo è il
primo articolo di quella che, spero, sia una lunga serie. Il titolo e i
sottotitoli sono stati decisi dalla redazione della rivista.
Siamo membra
gli uni degli altri
È
il mattino di domenica 15 marzo 2015. Un gruppo di volontari sta presidiando
l’ingresso della chiesa cattolica di San Giovanni a Youhanabad, zona a
maggioranza cristiana di Lahore, capitale del Pakistan. Improvvisamente, giunge
una notizia preoccupante: la chiesa protestante di Christ Church, situata a
cinquecento metri di distanza, è stata attaccata dai terroristi.
Mentre i volontari cercano di mettere in
sicurezza l’area, uno di loro, Akash Bashir, di circa diciannove anni, si
accorge che un attentatore, dotato di un giubbotto esplosivo, sta correndo in
quella direzione. Gli si para davanti per bloccarlo, ma l’aggressore gli ordina
di spostarsi perché ha una bomba con sé. Di fronte al suo rifiuto, l’uomo
aziona il suo dispositivo, facendosi saltare in aria.
Il corpo del giovane, smembrato
dall’esplosione, viene caricato su un’ambulanza, ma inutilmente. L’attentato è
stato poi rivendicato da «Jamaat ul Ahrar», gruppo affiliato ai talebani
pakistani. Ha causato oltre 16 morti e più di 78 feriti, inclusi due studenti
della vicina scuola salesiana.
Anche alla Christ Church qualcuno ha
cercato di bloccare i terroristi. Il trentaduenne Obaid Sardar Khokhar si è
accorto che uno di essi si era infiltrato durante la Comunione: l’ha afferrato e
ha cercato di trascinarlo fuori, ma è stato colpito a morte dal complice che lo
affiancava. La moglie, Amreen, è stata uccisa anche lei benché incinta, poco
dopo essere riuscita ad allontanare la figlia di tre anni, Angelina, dal corpo
del padre.
Sarete odiati da
tutti a causa del mio nome
La condizione dei cristiani perseguitati
in Oriente è più che mai drammatica. Il Pakistan in particolare è segnato da
discriminazioni e da frequenti aggressioni, come quelle del 15 marzo dello
scorso anno. Di fronte al moltiplicarsi di attentati contro le chiese e i
luoghi di preghiera, i fedeli hanno organizzato delle vere e proprie squadre di
difesa, per evitare che gli edifici vengano distrutti e per proteggere chi li
frequenta. Akash ha aderito a quella della sua parrocchia nel dicembre 2014,
per compensare il fatto che, per via del suo scarso livello d’istruzione, non
poteva entrare nell’esercito.
La chiesa cattolica di San Giovanni a Lahore (fonte) |
«Usciva per l’incarico nelle prime ore del
mattino, a volte verso le cinque, più spesso alle sette o sette e mezza; poi
rimaneva per cinque ore a garantire la sicurezza della gente dentro e fuori
dalla chiesa», dice sua madre, Naz Bano, che non era affatto favorevole, come
del resto gli altri parenti, che lui compisse quel servizio. Il ragazzo viveva
con il padre Emmanuel, la madre e i fratelli in un piccolo appartamento di
Lahore. Come emerge dal ricordo della sorella Komash, «Era un ragazzo semplice,
dal cuore gentile. Chiacchierava tutto il giorno. Diceva cose che mi facevano
pensare che fosse infantile… cose come “proteggere la gente” e “compiere
qualcosa di grandioso”».
Non era granché istruito ed era
leggermente debole in matematica: fu iscritto quindi all’Istituto Tecnico
Maschile Don Bosco a Lahore, perché imparasse un mestiere. Fondato nel 2000 con
appena dieci studenti, l’istituto ha avuto una notevole espansione, accogliendo
gli studenti respinti dalle scuole tradizionali. Più dell’80% degli studenti
risiede nel campus e riceve vitto, alloggio e materiali didattici. Si potrebbe
pensare che Bashir abbia maturato la scelta di entrare nelle squadre di difesa
anche grazie agli insegnamenti ricevuti in questa scuola.
L’ecumenismo del sangue
Due
giorni dopo l’attentato, si sono svolti i funerali di Akash insieme a quelli
della comunità protestante per Obaid Sardar Khokhar e sua moglie. La
celebrazione è diventata ecumenica, è stata presieduta dall’arcivescovo cattolico
di Lahore, Sebastian Shaw, affiancato dal locale vescovo protestante. È la concretizzazione
del principio sintetizzato da papa Francesco mediante l’espressione “ecumenismo
del sangue”: di fronte al sacrificio per la fede non c’è più distinzione a
livello confessionale.
Tra
i cristiani del Pakistan e non solo è maturata una coscienza di aiuto
vicendevole; difendono le loro comunità a costo della vita. Il senso di
appartenenza al proprio gruppo religioso è quindi particolarmente intenso, ma
non settario. La gente vive coraggiosamente la vita cristiana, anche di fronte
alla prospettiva di perdere la vita. Il coraggio con cui questo ragazzo ha
vissuto il suo grande ideale fino all’estremo sacrificio ha sconvolto il mondo
principalmente per la sua giovane età, ma anche perché è in contrasto con
l’individualismo dominante. In molti Paesi, dove i cristiani sono minoranza e
dove il diritto a professare liberamente la propria fede non viene rispettato,
si respira l’atmosfera delle prime comunità cristiane impegnate a sostenersi
vicendevolmente, ma pronte anche a dare la vita per testimoniare la fede.
«Non
vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati
dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella
morte» (1Gv 3,13-14).
«Amatevi
gli uni gli altri, come fratelli. Siate premurosi nello stimarvi gli uni gli
altri. Siate impegnati nel fare del bene, ... Siate pronti ad aiutare i vostri
fratelli quando hanno bisogno» (Rom 12, 10 ss).
Originariamente
pubblicato su «Sacro Cuore» 1 (gennaio 2016), pp. 16-17 (sfogliabile qui)
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