Io c’ero #11: GMG 2016 a Cracovia, per affidarmi alla Misericordia

Il nostro accampamento nella megavilla del signor Tomas

Il secondo capitolo del mio diario di viaggio alla GMG 2016 tratta del primo giorno di catechesi, del mio tentativo di visitare il Santuario della Divina Misericordia e, per finire, della Messa degli Italiani. Se avete la pazienza di seguirmi (un plauso a chi coglie la citazione), leggete oltre!

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Martedì 26 luglio, sera – Propositi sfumati e leccornie polacche

Sul far della sera siamo arrivati nostro alloggio a Gdów, una casa con un immenso giardino, dotata di quasi tutte le comodità: dico “quasi” perché le docce erano ovviamente all’aperto e le tende sotto le quali ci eravamo sistemati per dormire non presentavano una separazione tra maschi e femmine; abbiamo però deciso di dividere gli ambienti a metà.
Purtroppo, poco prima della Messa prevista una volta che ci saremmo sistemati, ho appreso la notizia dell’attentato in Francia e dell’uccisione di padre Jacques Hamel. Il mio proposito di non aver paura si è afflosciato miseramente, ma la suora del nostro gruppo mi ha esortato a mettere le mie preoccupazioni sull’altare. La celebrazione è stata una mescolanza ambrosiano-romana, visto che abbiamo seguito i testi della Messa votiva di san Giovanni Paolo II sul libro delle preghiere uguale per tutti; l’Eucaristia, almeno, è stata distribuita in modo regolare.
La cena è stata in un campo sportivo dotato di cucina da campo, ed era a base di pollo alla griglia (molto speziato), patate lesse (leggermente dure) e insalata. Con l’aggiunta dei buoni pasto non utilizzati al mattino si poteva ottenere una zuppa di verdure, non proprio l’ideale per una sera estiva abbastanza calda. In compenso, nel nostro alloggio, c’era non poca umidità, ma il sacco a pelo mi ha protetta a dovere.

Mercoledì 26 luglio – Un amore di cui fidarsi e una potenza cui affidarsi

Giovani alle catechesi
Il nostro padrone di casa era il signor Tomas, una persona gentile, che ci ha preparato una ricchissima colazione. Mi sono fermata al dolce, anche se c’erano anche cetrioli sott’aceto e un paté fatto in casa, ma non so con quale tipo di carne.
Il luogo delle catechesi per noi ambrosiani (e per i giovani di altre diocesi del Lazio) era un campo sportivo a Wieliczka, località famosa per le miniere di sale. Non ci ha lasciati di sale, invece, l’intervento di monsignor Pierantonio Tremolada, il nostro vicario episcopale incaricato, tra l’altro, della Pastorale Giovanile. Da esperto biblista qual è, ci ha guidati nell’analisi del brano di Lc 4, 14-24 dove Gesù esplica ai suoi concittadini di Nazareth la missione di misericordia per cui è venuto nel mondo.
Due termini sono al centro di quel passo: “unzione”, segno di potenza e di bellezza, e “missione”, cioè dare compimento alla promessa di cui parla il profeta Isaia nel passo che Gesù si è ritrovato a leggere o forse ha scelto proprio per dargli un intento programmatico. Esiste poi una differenza nell’annuncio di Giovanni Battista, dai toni più severi. Quello di Gesù, invece, «annuncia una bontà che nello Spirito Santo diventa potenza» che fa guardare ai propri limiti e alle proprie colpe con una certa serenità. Insomma, c’è un amore di cui fidarsi e una potenza cui affidarsi.


Il lungo tragitto verso Łagiewniki

Questa potenza e questa fiducia trovano per così dire rappresentazione plastica nel Santuario della Divina Misericordia. Per arrivarci abbiamo dovuto prendere il treno, ma dopo aver atteso tre convogli. Per sostenerci e sopportare il caldo, ecco partire gli immancabili cori da stadio e canti alpini, con un picco d’ilarità forse voluta quando Charles, il nostro seminarista zambiano, ha concluso «La canzone del Piave» gridando «Non passa lo straniero!».
Giovani sul ponte che collega i due santuari
Il cammino è stato facile, ma molto, molto lungo. Ne ho approfittato per avere alcuni incontri sorprendenti, oltre che per riflettere personalmente. Dopo più di un’ora di coda, finalmente, sono riuscita ad accaparrarmi del cibo, vale a dire un contenitore con qualcosa di brodoso e un biscotto a forma di angelo. Il secondo era tanto delizioso quanto il primo era lontanissimo dalla mia concezione (ma anche da quella comune, suppongo) di una pasta al sugo: le poche penne rigate che ho trovato navigavano in una brodaglia dal colore rosso pomodoro, molto aromatizzata. Pazienza: è uno degli inconvenienti di questo genere di appuntamenti. Mi è spiaciuto molto di più il fatto che, tra una cosa e l’altra, rischiavo di non rispettare il digiuno eucaristico. In compenso, visto che alcune bancarelle autorizzate dietro al Santuario di San Giovanni Paolo II accettavano valuta europea, sono riuscita a fare qualche acquisto.

Tra pioggia e incoraggiamenti

Il Santuario della Divina Misericordia
Un’altra costante della GMG sono le spiacevoli circostanze metereologiche. Ne abbiamo fatto le spese mentre ci avvicinavamo al Santuario: la classica pioggerella estiva, ma noiosa, ha arrestato il nostro cammino. Alla fine ci siamo sistemati fuori dalla chiesa: di conseguenza, non ho visto nulla e sentito a fatica.
È stata scelta - non a caso - la Messa votiva della Divina Misericordia. Di quanto ha detto il cardinal Angelo Bagnasco nella sua omelia ho percepito solo i tre quarti, ma sono sicura che due o tre concetti mi resteranno. Su tutti, uno in particolare: bisogna abbandonarsi all’amore, specie quando il cuore sanguina, perché è lì che la nostra capacità di amare viene messa alla prova. In questo modo noi giovani per primi potremo creare un mondo nuovo, con una rinnovata capacità di amare che sgorga da Gesù, il quale «ama noi e ci rende capaci perfino di morire per gli altri».
Nel saluto prima della benedizione solenne, il presidente della Cei ha incoraggiato i presenti: «Di fronte ai fatti di questi ultimi tempi, la risposta siete voi!» e non da soli, ma accompagnati dai sacerdoti che ci guidano.

I miei amici e compagni del Gruppo Shekinah hanno svolto un servizio molto buono, accompagnati e sostenuti dai Gen Rosso, uno dei due gruppi musicali del Movimento dei Focolari. Purtroppo molti giovani presenti accompagnavano i canti con incongrui battimani, spesso non a tempo. Così lo sforzo di coristi e musicisti ha rischiato di venire vanificato, ma, ancora una volta, sapevo di dover avere pazienza.
Panorama dalla spianata del Santuario
Benché l’ingresso al Santuario, da una cert’ora in poi, fosse stato riservato ai pellegrini tedeschi, mi sono mescolata a loro, almeno per scorgere da lontano il quadro di Gesù Misericordioso (che non è l’originale della seconda versione). Guardando verso di esso, ho pregato che la scritta che ne fa parte, «Gesù, confido in te», fosse una certezza sempre più reale nella mia vita.
Ne ho approfittato anche per salutare i coristi di Shekinah, preoccupatissimi che le loro voci non si sentissero a causa dell’amplificazione, buona ma inadeguata a uno spazio tanto vasto come quello dove ci trovavamo. 

Niente Festa degli Italiani

Dai, non sono poi di così pessimo gusto...
Come avevo sentito durante la cena – durante la quale ho fatto la conoscenza delle zuppe bizzarre che nei giorni successivi avrebbero costituito il nostro pasto abituale – abbiamo saltato la Festa degli Italiani, affrontando un notevole tragitto per tornare a casa, alternando tratti a piedi con altri sui mezzi pubblici. Siamo arrivati al punto di ritrovo del nostro autobus con un’ora di anticipo, così ci siamo messi a girare per il centro commerciale che era nei paraggi. Avrei voluto fare spese, ma temevo di non rientrare nei tempi.
Ho quindi lasciato sullo scaffale, un po’ a malincuore, un quaderno scolastico con san Giovanni Paolo II. A proposito, ho notato che tutti i quaderni avevano il nome della materia scritto in copertina: quelli col Papa - anche l’attuale - erano per Religione, ovviamente.
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Così termina il mio secondo giorno a Cracovia. Ho ancora parecchio da raccontare e spero di rallegrarvi almeno un pochino.

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