Io c’ero #15: GMG 2016 a Cracovia, per vivere la Misericordia
Ultimo mattino al Campus Misericordiae |
Eccomi
all’ultima puntata del diario di viaggio. La GMG 2016 si è conclusa con un
ultimo giorno non meno ricco d’incontri rispetto agli altri e con un ritorno a
casa davvero da sogno.
* * *
Il risveglio del pellegrino
A Colonia mi ero svegliata in una brandina da
ospedale, a Madrid nel mio sacco a pelo e con un tonante «BUUENOSSSS DIASSS!»
sparato a tutto volume dagli altoparlanti. Il risveglio a Cracovia è stato
molto più dolce, ma in notevole anticipo rispetto all’inizio della Messa. Ho
pensato bene, allora, di fare colazione con lo yogurt da bere e la barretta ai
cereali presenti nello zainetto ricevuto il giorno prima, poi di andare in
bagno e di lavarmi i denti alla meglio.
Guardandomi di nuovo intorno, mi è venuta un’idea
per passare il tempo. Avevo letto che ogni maglietta del kit italiano
corrispondeva a una sillaba della parola “Misericordia”, che però non era l’unica
possibile da comporre. Dato che i miei compagni sembravano ancora intontiti dal
sonno, mi sono diretta dagli altri miei vicini di posto, familiarizzando con
Lucia, una ragazza di Matera, e suo fratello Rocco. Non solo si è prestata
volentieri al gioco, ma mi ha anche aiutata a trovare altri volontari. Uno di
loro, mentre ci mettevamo in posa, ha suggerito di formare un’altra parola
oltre a quella, per così dire, canonica. Il risultato?
“Or-c-a-m-ise-ri-a” (io avrei preferito “Ri-c-or-di”, ma pazienza) |
Di lì a poco, tra i cantanti che si sono alternati
sul palco papale, sono comparsi i The Sun, gli alfieri del rock cristiano
italiano. Se vi sembra strano che non abbia ancora dedicato un post intero a
loro, è perché sono già parecchio famosi, però dovrei trovare l’occasione
giusta per raccontare il legame che mi unisce alla loro musica e alla loro
testimonianza.
L’ultimo incoraggiamento dal Papa
La Messa è iniziata senza che nemmeno ce ne
accorgessimo, sebbene dagli altoparlanti fosse venuto il solito invito ad
abbassare bandiere e striscioni. Dall’omelia di papa Francesco ho fatto mio
soprattutto l’invito a non sottostimarmi, preso dalla pagina di Vangelo che
riguardava Zaccheo il pubblicano (le letture non erano quelle previste per
quella domenica).
Per il Pontefice quella caratteristica fisica
rispecchiava il senso d’inadeguatezza che molti provano ritenendo i propri
peccati un ostacolo per non vedere Gesù che passa. A me, invece, è parsa una
figura della mia autostima, che più di una volta si è affossata anche in quel
periodo polacco. Se davvero, come aveva ripetuto monsignor Monari nella
catechesi di giovedì, Dio vuole che io viva e che io stessa mi ricordi di
continuo l’immensa stima che Lui nutre per me, devo smettere di pensare di non
valere nulla.
Per la Comunione tutto a posto, ma ho avuto il
tempo d’inginocchiarmi per un breve ringraziamento, poi ho dovuto radunare i
miei bagagli. Solo dopo che è stato dato l’annuncio che la GMG 2019 si svolgerà
a Panama, il gruppo “Milano Colosseo” (qui il perché di questo strano
soprannome) si è mosso per raggiungere il pullman per tornare a casa.
Un singolare compagno di cammino
La calca era ben maggiore di quella di giovedì,
quindi ho adoperato la solita tattica: appiccicarmi come una patella allo
scoglio, ovvero allo zaino di chi avevo di fronte. Anche stavolta ha
funzionato, finché i vari gruppi si sono dispersi.
Continuava a fare caldo e, come all’andata, siamo
stati rinfrescati in vario modo dalle famiglie che abitavano lungo la strada.
Tuttavia, pochi istanti dopo che ci eravamo bagnati per bene tramite un
idrante, l’acqua è arrivata anche dal cielo: abbiamo infilato le nostre
mantelle impermeabili, ma per un po’ siamo rimasti fermi lungo il ciglio della
strada, aspettando che spiovesse.
Ci siamo rimessi in marcia, ma la stanchezza ha
iniziato a farsi sentire. Quasi a mezza voce, mi è venuto da canticchiare: «Non
ci sto dentro più / Sha la la la la / Non ci sto dentro più / Sha la la la la
la la». Un altro pellegrino che mi camminava accanto è intervenuto, concludendo
con qualcosa come: «Zan zan!» e aggiungendo parole in inglese.
Nientepopodimenoche…
monsignor Donal McKeown! (fonte) |
Per scusarmi, gli ho spiegato, ovviamente nella sua
lingua, che stavo dando sfogo alla spossatezza fisica, ma subito dopo gli ho
domandato da dove venisse. La sua risposta è stata che proveniva dall’Irlanda
del Nord e, dopo un’altra domanda, che era a capo di un gruppo parrocchiale.
Allora abbiamo intavolato una piacevole discussione, legata soprattutto al
fatto che l’Irlanda è un posto che prima o poi vorrei visitare e ai luoghi
comuni circa il suo clima atmosferico, che supponevo non fosse dissimile da
quello del Paese che stavo per lasciare. Con una grassa risata, il mio
interlocutore – che era un sacerdote: si capiva dalla camicia col colletto – ha
spiegato che la pioggia, d’estate, è più calda che d’inverno; ha aggiunto poi
che, se dalla costa nordirlandese si vede quella scozzese, si preannuncia bel
tempo.
Mi era risultato tanto simpatico che avevo deciso
di dargli qualcosa di mio: non un Rosario, visto che avevo esaurito la scorta
regalando quanto mi era rimasto ai ragazzi che avevano posato con me per la
foto con le magliette, bensì un santino, tanto più che quel sacerdote cui avevo
chiesto tutto, tranne il nome, mi aveva fatto intendere di parlare e
comprendere l’italiano.
Lui mi ha anticipata, dandomi un braccialetto di
lana con i colori della bandiera irlandese. Quando poi ho trovato quale
immaginetta dargli, si è congedato rivelandogli la sua vera identità: avevo di
fronte a me il vescovo della diocesi cattolica di Derry, come l’anello
vescovile comprovava. Fatte le debite proporzioni, mi è sembrato di essere come
uno dei due discepoli di Emmaus, che non sapevano di avere accanto a loro il
Signore risorto.
Un ritorno lungo un sogno
La marcia è stata interminabile: il nostro pullman
non era nel punto in cui doveva raggiungerci, ma più avanti. Lentamente mi sono
ritrovata, per l’ennesima volta, in coda al gruppo, che ho cercato con tutte le
forze di non perdere. Un mio compagno si è offerto di portare lo zainetto col
resto del cibo, che volevo portare a casa come ricordo culinario. Ancora un
ultimo, rapido incontro con un amico prete novello, poi è iniziato lo sprint
finale.
Ho lasciato subito il mio zaino col sacco a pelo
nelle mani dell’autista del bus, poi, finalmente, mi sono seduta. Ho conversato
per un po’ con la mia vicina di posto, confrontandomi con lei circa alcune
questioni della vita parrocchiale. Infine, pian piano, sono scivolata nel
sonno, dato che mi aspettavano almeno una ventina d’ore di viaggio.
Effettivamente ho dormito per quasi tutta la durata
del tragitto, svegliandomi solo per andare in bagno o per mangiare. Non avendo
con me la maglietta che avevo riservato per il viaggio (o meglio, ero così fusa
che non ricordavo dove fosse), ho dovuto rimettermi il maglione che avevo
adoperato per la notte, ma non ho avuto affatto caldo.
Dopo la pausa per la colazione, in un autogrill nel
Veneto, non ho più dormito: ormai Milano era vicinissima. La madre di un mio
amico mi ha caricata nella sua auto, portandomi direttamente sotto casa. Finalmente
ho potuto riabbracciare mia madre e i miei familiari, poi mi sono data a un
lungo, caldo bagno ristoratore.
Profilassi per tutti
Struttura chimica della Ciprofloxacina (fonte) |
Credevo che le mie disavventure fossero terminate,
ma la sera stessa del ritorno ho appreso la notizia della morte di una ragazza
romana, anche lei stata a Cracovia, a causa della meningite. Durante una delle
soste, mentre facevo la coda in bagno, mi era accaduto d’incrociare tre ragazze
che mi dissero di venire da Roma, però, visto che il nome della defunta non era
ancora stato diramato (due giorni dopo si sarebbe saputo che era Susanna Rufi;
se emergessero altri dettagli sulla sua vita, mi piacerebbe dedicarle un
profilo), mi è venuto seriamente da preoccuparmi.
Così, l’indomani e prima di partire per le vacanze,
mi sono affrettata dal mio medico curante, che mi ha prescritto l’antibiotico
soltanto per motivi precauzionali. Per rassicurarmi, mi ha riferito che anche
uno dei sacerdoti che erano con me era venuto da lei poche ore prima per lo
stesso motivo.
* * *
Così si concludono i miei racconti sulla GMG.
Stavolta non aggiungerò, come per il pellegrinaggio in Terra Santa, un post
dedicato alle cose buffe che ho visto, dato che ho aperto questo ciclo proprio
con una classifica di cinque cose.
Sono stata a tratti pessimista, ironica,
speranzosa; ho importunato vescovi, sacerdoti e suore; ho cercato di allacciare
nuovi rapporti e di consolidare quelli più datati. Devo ancora capire come
poter davvero cambiare il mondo, tanto più che il mio direttore spirituale ha
rimandato la questione a settembre. Ho una sola certezza: se mi sottovaluto,
non corrispondo alla pienezza di vita che Dio mi ha promesso e che mi aveva
permesso d’intuire già a Colonia.
Penso proprio che Cracovia sia l’ultima esperienza
del genere per me, ma confido che tanti altri giovani possano gustare
pienamente le prossime GMG, anche se, com’è accaduto a me, non ricevessero
grazie grandiose.
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