Io c’ero #12: GMG 2016 a Cracovia, per lasciarmi toccare dalla Misericordia
La folla dopo il benvenuto a papa Francesco |
Continua il racconto dei miei giorni alla GMG 2016, con la descrizione del
momento in cui ho iniziato a comprendere cosa mi avrebbe lasciato quest’esperienza
e la prima, sonora sveglia che ho ricevuto, tramite le parole di papa
Francesco. Ma andiamo con ordine.
* * *
Giovedì 29 luglio – Una “lab-catechesi” per riscoprire l’amore di Dio
Il cartello col titolo della catechesi |
La catechesi, dopo l’introduzione di mercoledì, si è svolta con una parte
di laboratorio: infatti, sul Diario del pellegrino, si parlava di “lab-catechesi”.
A partire da alcune frasi della Scrittura e da parte di una meditazione di
monsignor Pierangelo Sequeri (registrata), ci siamo divisi in gruppi per
scambiarci le nostre riflessioni. Io ho ricordato quello che mi disse tanto
tempo fa la mia professoressa di Religione alle superiori: Dio mi ama anche se
io mi sottovaluto.
Sulla stessa linea si è svolta la meditazione di monsignor Luciano Monari,
vescovo di Brescia. Basandosi sul brano di Lc 15, 1-10, ha fatto presente come
esso contenga la contrapposizione tra due concezioni della santità di Dio: per
i farisei è separazione, distanza insuperabile tra Dio e il male (per questo
non mangiano coi pagani e coi peccatori), mentre per Gesù è misericordia,
ovvero farsi vicino ai peccatori «per annunciare loro il perdono di Dio
gratuito».
Gli uomini, per loro natura, tendono a smarrirsi. Per il vescovo, questo
avviene in tre circostanze: quando perdono l’amore per sé e per la propria
vita; quando smettono di accogliere gli altri con affetto e con amore; quando
perdono la consapevolezza che la loro vita è ricevuta da Dio e non amano il
mondo da Lui creato.
Due sono le frasi fondamentali dell’amore in tutte le sue dimensioni: «È
bello che tu viva» e «Io voglio che tu viva», ben rappresentate dal «Sei degno
di stima e ti amo» di Is 59. Se ciascuno lo dice a sé stesso e agli altri, è
sulla strada giusta.
Nella Messa seguita alla catechesi, monsignor Pierantonio Tremolada ha
preso le mosse dalla parabola della rete gettata nel mare per chiedersi e
chiederci quando una persona è detta buona. Secondo il Vangelo, la bontà è un
attributo di Dio: quanto più si è buoni, allora, tanto più gli si assomiglia.
Liturgicamente parlando, è stato tutto corretto, anche la distribuzione della
Comunione. Forse sarebbe stato il caso di avvisare i giovani che potevano mangiare
solo fino a un’ora prima della Messa, per la questione del digiuno eucaristico:
mi si stringeva il cuore al vedere ragazzi e ragazze addentare merendine fino
al canto all’Ingresso, ma anche - eppure dovrei averci fatto l’abitudine -
battere le mani e non concentrarsi sul canto da eseguire.
Verso Błonia, la nascita di “Milano Colosseo”
Uno dei miei compagni e l’ombrello del Colosseo |
Il percorso per l’arrivo al parco di Błonia, dove si è svolta la cerimonia
di benvenuto al Papa, è durato oltre quattro ore. Non abbiamo preso tre bus,
strapieni, come il treno su cui alla fine siamo saliti. Appena scesi, abbiamo
finalmente potuto osservare da vicino il centro di Cracovia e cominciare a
immergerci nella folla, multicolore non solo per le bandiere, non più solo
italiane, ma anche per gli impermeabili che tutti i pellegrini indossavano per
proteggersi dalla pioggia.
Avevo una gran paura di perdermi, così ho iniziato a tallonare il mio don
dell’oratorio, finché non l’ho più scorto. A quel punto, non potevo fare altro
che incollarmi allo zaino di un altro dei miei compagni.
Intanto gli altri accompagnatori avevano deciso di cercare un simbolo
visibile dall’alto, sempre per evitare smarrimenti. Io avevo con me un ombrello
arcobaleno, ma era un po’ rotto, quindi non mi sono fatta avanti. La suora che
era con noi, invece, ha offerto il suo, sul quale campeggiava un’immagine del
Colosseo di Roma, che ha ispirato un altro dei nostri sacerdoti per il grido
con cui richiamarci. Bastava che gridasse: «MILANO COLOSSEOOOOOO!!!» e subito
sapevamo dove si trovava la testa del gruppo.
Le parole di papa Francesco e l’amarezza nel cuore
Dopo un’altra oretta di cammino abbiamo cercato di sistemarci in un punto
comodo per veder passare il Santo Padre: con stupore comprensibile, l’abbiamo
scorto mentre arrivava in tram, forse in ricordo dei tempi in cui, nella sua
precedente diocesi, si spostava coi mezzi.
La cerimonia di accoglienza si è aperta con un breve momento di danze popolari,
seguito dalla sfilata delle bandiere dei paesi partecipanti alla GMG,
accompagnate dall’immagine di un Santo o un Beato corrispondente a ciascuno dei
sei continenti (l’America era divisa tra Nord e Sud). Almeno di fama, li
conoscevo quasi tutti e presumo che fossero operatori di misericordia; all’Europa,
per esempio, era abbinato san Vincenzo De Paoli, mentre l’ormai quasi santa
Teresa di Calcutta, benché europea di nazionalità, era stata associata
all’Asia, sua terra di missione.
Sempre ai santi, stavolta giovani, era dedicato il terzo momento, con istanti
leggermente di cattivo gusto (una santa Teresa di Gesù Bambino col rossetto!) e
altri in cui ho ancora una volta mostrato la mia anormalità rispetto ai giovani
comuni. Uno fra tutti, quando ho riconosciuto che due attori interpretavano i
beati Michał Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, francescani martiri in Perù nel
1991.
Con tutti gli altri ho gridato il mio “sì” a un mondo nuovo, a un
cambiamento possibile, al dono della misericordia offerto in Gesù di cui ci ha parlato papa Francesco. Tuttavia, mi sentivo incompleta, irrisolta, diversa
dalla marea umana che, quasi schiacciandomi, mi circondava. Il motivo: temo di
essere una di quei giovani che vivono in panchina o sul divano e che fanno
tanto soffrire il cuore del Santo Padre. Mi credo chissà chi perché conosco a
menadito le vite dei santi più assurdi, ma non riesco a far germogliare la
misericordia in me, né a viverla con gli altri.
* * *
Una conclusione non molto allegra, lo ammetto, ma è proprio così che mi
sentivo e che mi sento ancora, a quasi due settimane di distanza. Però l’intuizione
che ho avuto costituisce una gran consolazione, di certo.
Commenti
Posta un commento