Monsignor Vincenzo Prennushi e 37 compagni: dalla croce fiorisce il coraggio
Dipinto ufficiale della beatificazione (fonte)
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Chi sono?
Due vescovi, 21 sacerdoti diocesani, 7 sacerdoti
francescani, 3 gesuiti (due sacerdoti e un fratello coadiutore), un seminarista
e quattro laici (compresa un’aspirante religiosa) sono una minima parte dei
tanti cattolici uccisi per fucilazione o morti in seguito alle torture negli
anni dal 1944 al 1991, quando in Albania deteneva il potere il partito
comunista guidato da Enver Hoxha.
A capeggiarli, monsignor Vinçenc (al secolo Kolë)
Prennushi, vescovo di Durazzo, che fu contattato da Hoxha per diventare il capo
di una Chiesa nazionale albanese. Rifiutò e venne messo in prigione, perché
preferì restare fedele al Papa. Morì nel carcere di Durazzo il 19 marzo 1949,
segnato dalle torture e dalle privazioni.
La fase diocesana del loro processo di
beatificazione si è svolta per tutti a Scutari, anche se il gruppo comprendeva
candidati agli altari provenienti da altre diocesi albanesi: è durata dal 10
novembre 2002 all’8 dicembre 2010. Nel luglio 2015 è stata consegnata alla
Congregazione delle Cause dei Santi la loro “positio super martyrio”. Il 17
novembre seguente, i consultori teologi si sono pronunciati favorevolmente
sull’effettiva morte in odio alla fede dei 38 candidati. Infine, il 26 aprile
2016, è stata autorizzata la promulgazione del decreto che li dichiarava
ufficialmente martiri. Sono stati beatificati il 5 novembre 2016 nella
cattedrale di Santo Stefano a Scutari.
I resti mortali di pochi di essi sono stati
recuperati: molti, invece, sono stati profanati e dispersi, o seppelliti in
fosse comuni.
Cosa c’entrano con me?
Mi ero già occupata dei Beati martiri
albanesi su queste pagine, alla vigilia del viaggio apostolico di papa
Francesco nel loro Paese. In vista della beatificazione, pur tra i miei vari
impegni, ho cercato di completare quanti più profili biografici possibili, in
modo da integrare l’elenco presente sull’Enciclopedia
dei Santi, Beati e Testimoni. Questo lavoro mi ha permesso di scoprire che,
nel mio primo post, avevo commesso non poche imprecisioni.
Anzitutto, parlavo di 40 potenziali
martiri, ma mi sono sbagliata: ho conteggiato altri due, al momento ancora
Servi di Dio, che sono morti prima del 1944. Come dicono gli esperti, si tratta
di cause distinte per persecuzioni distinte, anche se le tappe dei processi
portano le stesse date.
Inoltre, quando raccontavo del mio
incontro con un seminarista che studiava a Scutari, ideale erede dell’ormai
Beato Mark Çuni, affermavo che quest’ultimo era – mi cito
da sola – «fondatore dell’Unione Albanese,
una società il cui scopo era non farsi frenare dall’autorità statale nel
professare apertamente la propria fede e l’amor patrio». In realtà, Unione Albanese era lo pseudonimo che il
giovane usò, insieme a un compagno di studi, per firmare dei volantini che
irridevano prima, contestavano poi il crescente regime, specialmente le
elezioni del 1945, dove i cittadini erano praticamente obbligati a votare per
il partito comunista.
Oltre a questo, nell’estate di due
anni fa alcuni miei amici del Gruppo Shekinah sono stati in Albania, nella
missione di Blinisht, nelle montagne del nord. Lì opera un missionario fidei donum della nostra diocesi, nello
stesso luogo che vide i natali di un altro dei 38 martiri, il Beato Daniel
Dajani, gesuita. Avrei davvero voluto tantissimo essere parte di quel viaggio,
che in parte era un campo di lavoro, in parte un cammino sulla scia dei martiri
sotto il comunismo.
Purtroppo, mentre già fantasticavo di
procurarmi materiale e santini, le mie speranze sono state deluse. Gli
organizzatori del viaggio mi hanno impedito di partire, essenzialmente perché
ero troppo vecchia per un campo di lavoro e dovevo lasciare il posto sui
pulmini previsti a qualcuno che non avesse mai vissuto un’esperienza del
genere.
Così mi sono accontentata di ascoltare
i miei compagni nel corso di un concerto-meditazione diverso dai soliti, quando
hanno raccontato in prima persona gli incontri che hanno vissuto e le memorie
che hanno visitato.
Hanno
testimoniato la misericordia perché…
Da quel che ho capito, i 38 Beati
martiri hanno vissuto un po’ tutte le opere di misericordia. Molti di essi
hanno insegnato agli ignoranti, correggendo l’antico diritto consuetudinario
tramite i precetti della Chiesa, oppure trasmettendo di nascosto il catechismo.
Altri hanno visitato gli ammalati, portando il conforto della preghiera e
dell’Unzione degli infermi, che a uno di loro causò l’arresto. Quelli portati
di fronte al plotone di esecuzione hanno perdonato quanti facevano loro del
male, mentre quelli che hanno subito torture le hanno sopportate con pazienza.
In carcere non hanno smesso di pregare, sia per i loro parrocchiani, sia per
quanti sapevano essere già morti. Quando ricevevano razioni di cibo o bevande
supplementari, le dividevano con chi era in prigione con loro. In rari casi,
sono riusciti a seppellire i loro compagni, pronti a raccogliere il loro
esempio.
Il
loro Vangelo
Di solito, in questo paragrafo, scelgo
una frase tratta dagli scritti del personaggio di cui tratto. Per non fare
torto a nessuno, stavolta prendo in prestito – l’ho fatto anche nel titolo – alcuni
versi di Pescatori di stelle, il
canto del Gruppo Shekinah nato dopo il viaggio in Albania. Quando li intono,
anche se non sono stata lì con i miei compagni, non posso fare a meno di
pensare alle vicende di monsignor Prennushi e compagni:
Solo il coraggio di una fede decisa
racconta nel mondo la buona notizia.
Troviamo nella notte una stella
che mostra la via di una nuova
speranza.
L’Albania cattolica di oggi, infatti, ha superato
il periodo del regime grazie alla croce portata con fede in Dio e fedeltà alla
Patria da questi 38 autentici testimoni.
Di seguito, due puntate della serie I militi ignoti della fede, andate in
onda su TV 2000, dedicate proprio alla persecuzione in Albania.
Sullo stesso tema, nel filmato successivo, una puntata di Indagine ai confini del sacro con le immagini della prigione della Sigurimi (la polizia segreta), ora convento e memoriale dei martiri.
Per saperne di più
Didier Rance, Albania. Hanno voluto uccidere
Dio – La persecuzione contro la Chiesa Cattolica in Albania (1944 - 1991),
Avagliano Editore 2007, pp. 272, € 16,00.
Ristampato dopo il viaggio apostolico di
papa Francesco, resta indispensabile per capire il contesto politico e
religioso. Contiene cenni biografici non solo dei 38 Beati, ma anche di altri
che hanno subito la persecuzione da parte dei comunisti.
Mimmo Muolo, Don Ernest Simoni – Dai lavori forzati all’incontro con Francesco,
Paoline 2016, pp. 128, € 12,50.
La biografia del sacerdote che parlò di
fronte al Papa nel viaggio del settembre 2014 e che presto diventerà Cardinale
permette di comprendere non solo i suoi patimenti, ma quelli di un intero
popolo.
Clarisse del Monastero Santa Chiara di
Scutari (curr.), Sui passi dei martiri del comunismo (1946-1990)
nell'ex prigione della sicurezza di stato – “Sigurimi” Scutari, 2012.
Un sussidio uscito in occasione della
Giornata Missionaria Mondiale 2012 facilmente rintracciabile in Rete (io
suggerisco di scaricarlo da qui).
Su Internet
Elenco dei 38 Beati martiri albanesi con
le schede di ciascuno (prima o poi riuscirò a finirle) sull’Enciclopedia dei Santi, Beati e Testimoni.
Figure eterne di fede amore e coraggio
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