Squarci di testimonianze #20: i «perché» di Andrea, seminarista


Leggete più avanti e capirete il perché di quest’immagine (fonte)
In tanti mi dicono che sono il peggior incubo dei seminaristi, specie di quelli della diocesi di Milano, e che ho un attaccamento eccessivo verso quanti di loro sono morti in fama di santità, miei conterranei o no.
In effetti, è vero: sento di avere in comune con tutti loro la fede in Gesù; mi sono infiltrata alla Missione Vocazionale di tre anni fa, benché non fosse nelle vicinanze di casa mia; ho parlato a modo mio degli attentati di Parigi nel 2013 riprendendo un filmato di uno degli attuali diaconi transeunti. Per non parlare dei due schemi di Via Crucis che ho condiviso la scorsa Quaresima.
Proprio per porre un limite al mio zelo, in Avvento e in Quaresima m’impegno a non scrivere ai seminaristi e ai giovani preti che conosco, ma anche a non incontrarli, né a parlare con loro per più di un rapidissimo saluto.
Nella mia parrocchia, però, è arrivato proprio due settimane fa un certo Emanuele, originario di Ortona-Lanciano, come seminarista tirocinante. In più, domenica scorsa è stato annunciato che nel mio Decanato ci sarebbe stata una mini-Missione Vocazionale, con le testimonianze dei seminaristi durante le Messe del successivo fine settimana. Questo fatto mi ha entusiasmata, ma sapevo di dover restare fedele al mio impegno. Così oggi, insieme ai miei parrocchiani, oggi ho ascoltato la testimonianza di Andrea, studente di V Teologia, nativo di Mozzate (che è in diocesi di Milano pur essendo in provincia di Como).

La II domenica dell’Avvento Ambrosiano, che ha come tema-guida «I figli del Regno», ha offerto ad Andrea l’occasione per centrare il suo intervento sul termine «conversione», che lui ha spiegato come «muoversi per annunciare il Vangelo», riferendosi alla missione dell’apostolo san Paolo descritta nella Lettera ai Romani, proposta come seconda lettura.
Quindi ha presentato in breve la sua storia, che per certi versi sa di conversione. Nell’adolescenza, età di confusione a più livelli, ha fatto una scelta da lui definita «forte»: andare all’oratorio. Nel corso degli incontri di gruppo, dei momenti di preghiera, dei ritiri e delle vacanze, gli è sorta però una domanda: «Perché?». Era una critica positiva, ha spiegato, rispetto a quello che stava vivendo.
Alla fine, riflettendo a lungo, ha compreso: il motivo di tutti quegli appuntamenti stava nella persona di Gesù. Ha poi confidato questo a un sacerdote, durante una confessione. «È stato come cambiare gli occhiali», ha affermato, «anche se all’epoca non li portavo»: all’improvviso, tutto gli era diventato più limpido e chiaro.
Per certi versi, si sentiva come i farisei del Vangelo di Matteo (3, 1-12) proposto nel nostro Rito per questa domenica: credeva, insomma, che tutto gli fosse dovuto. Invece doveva spendere la sua vita per gli altri.
Questo è stato l’augurio per tutti i fedeli che l’ascoltavano, fossero essi bambini, giovani, anziani, padri o madri di famiglia: portare avanti il tempo d’Avvento pensando un po’ meno a se stessi e un po’ di più agli altri. Dopotutto, come ha concluso: «La vita prende gusto se, come Gesù, la doni per gli altri».
Purtroppo per me, immediatamente dopo aver terminato di parlare, Andrea ha dovuto accompagnare il mio parroco nell’altra comunità seguita da quest’ultimo, per replicare il suo intervento. Non avrei potuto parlargli per bene, ma almeno conoscerlo mi sarebbe piaciuto. In fondo, è stato giusto così: se l’anno prossimo non sarà tra i candidati diaconi, o se dovesse fare un anno di tirocinio pastorale intensivo o, peggio, se cambiasse strada, sono certa che mi sentirei in colpa per averlo distratto.
Mi sento ugualmente di aver fallito: poteva essere un’occasione fantastica per diffondere tra i miei comparrocchiani le riviste del Seminario, così da far intuire loro un po’ della vita di quelli che lo abitano e di accompagnarli ancora meglio, seppure a distanza; però non me ne sono ricordata per tempo. Magari i ragazzi che incontrerà questo pomeriggio e questa sera gli faranno qualche domanda in più.
Da qualche parte ho letto che essere in Seminario non è da tutti e nemmeno chi lo abita dev’essere visto come un “santo” o come una persona strana. Loro sono ragazzi come tanti che però, come anche ha raccontato Andrea, hanno fatto una scelta. Dio solo sa se quella sia davvero la strada che Lui ha preparato per loro: Venegono Inferiore per noi ambrosiani, ma tanti altri in tutto il mondo, sono i luoghi pensati per aiutarli a capire.

EDIT: il mio impegno è comunque andato a ramengo: ho scritto all’amministratore della pagina Facebook ufficiale del Seminario per chiedere di condividerlo. Perdonatemi!

Commenti

Post più popolari