Bufale di Chiesa #3: san Giovanni Paolo II e il peso di una preghiera
«Mmh… Guarda un po’ cosa mi fanno dire…» (fonte). |
Gli anglosassoni le chiamano inspirational stories, termine che potremmo tradurre con “racconti
edificanti”. Sono quel genere di brevi storie con una morale, che in ambito
cattolico spesso vengono utilizzate nelle omelie. Un esempio è costituito da
quelli raccolti dal salesiano don Bruno Ferrero in una dozzina di piccoli
volumi (parlavo qui della sua raccolta natalizia).
Con l’avvento della posta elettronica, hanno
iniziato a circolare in maniera più massiccia. La diffusione di WhatsApp, poi, ha
ulteriormente incentivato la circolazione di questi raccontini, tanto che spesso
si smarrisce la fonte originaria, o si arricchiscono di particolari assenti
nella versione primitiva.
Uno di questi apologhi è quello intitolato La bilancia o Il peso della preghiera. Mi è arrivato via WhatsApp da una persona
che conosco, ma ho subito fiutato che avesse qualcosa di strano. Ecco il
risultato della mia ricerca e di come ho scoperto che san Giovanni Paolo II, di
cui oggi cade la memoria liturgica, nel giorno in cui ricorre anche il
quarantesimo anniversario dell’inizio del pontificato, non c’entra nulla.
La struttura generale
A grandi linee, la struttura del racconto in
questione è la seguente:
- una donna vestita poveramente, con l’aria
triste, entra in un negozio;
- chiede di poter avere dei generi alimentari a
credito perché suo marito è rimasto ferito in guerra e hanno sette figli;
- il negoziante la caccia in malo modo;
- la donna supplica che pagherà, ma il negoziante
è irremovibile;
- un altro cliente si avvicina e dichiara che
pagherà lui per lei;
- il negoziante gli risponde che nemmeno lui
potrebbe pagare;
- il cliente propone che la donna metta sul
piatto della bilancia la sua lista della spesa: il negoziante le darà tanta
merce quanto peserà la lista;
- il commerciante acconsente;
- la donna scrive su un pezzo di carta, cercato
nel suo portafogli, e l’appoggia sulla bilancia: il piatto si abbassa;
- il negoziante aggiunge merce su merce, ma il
piatto resta giù;
- i piatti si equilibrano solo quando è stata
messa sull’altro piatto tutta la merce che occorre alla donna;
- la donna prende la sporta con la spesa ed esce;
- il negoziante va a vedere cosa sia scritto sul
biglietto: è una preghiera con cui la donna mette tutto nelle mani di Dio, che
sa di cosa lei abbia bisogno;
- il cliente conclude: “Ora sappiamo quanto pesa
una preghiera”.
Il mio nome è Wojtyła, Karol
Wojtyła
La versione che mi ha mandato la signora che
conosco è praticamente identica a quella presente su questo sito, che però è senza data.
Alla struttura di sopra si aggiungono due
particolari interessanti:
- la storia è ambientata a Roma nel 1946;
- il cliente è un giovane sacerdote dall’accento
straniero;
- alla fine della storia rivela il suo nome: è
Karol Wojtyła.
Ora, è del tutto implausibile che il futuro Papa
fosse a Roma nel 1946, anno in cui fu ordinato sacerdote (faccio riferimento al profilo presente sul sito della sua causa di beatificazione e canonizzazione),
a meno che non avesse il dono della bilocazione.
Una versione che vede sempre tra i personaggi il
giovane Wojtyła, riportata qui, risale al 2011. Le differenze principali
sono nel fatto che il marito della donna non è mutilato di guerra, ma “ammalato
in modo serio”, e che il sacerdote consegna al negoziante “una banconota da
50”, senza precisare la valuta. Non essendo precisati né il luogo, né l’epoca,
potrebbe essere verosimile che l’allora don Wojtyła fosse presente e che si
svolgesse in Polonia. Invece basta cercare ancora più approfonditamente per
scoprire che la storia circola da molto più tempo.
Il cliente perde il nome
Questa versione, senza data, è praticamente
identica alla precedente. L’unica differenza sta nel fatto che la banconota
data dal cliente è da 50 dollari, il che potrebbe ambientare l’azione negli
Stati Uniti d’America.
La stessa versione, riportata qui,
è datata 2008. Un utente commenta:
Non direi quanto pesa “una preghiera” ma questa preghiera!
Proprio perché “non era la lista della spesa”
Proprio perché “non era la lista della spesa”
Sia Wojtyła, sia i dollari spariscono nella
versione raccontata da don Bruno Ferrero (rieccolo!) nella sua raccolta Ma noi abbiamo le ali. Questo post, del
14 dicembre 2009, sul sito Sulla strada
di Emmaus, la riporta citando la fonte.
Anche in questo topic del sito anziani.it
non si parla né di dollari, né di preti polacchi: risale al 28 gennaio 2009.
La versione che più si discosta da tutte quelle
citate finora è ambientata “la settimana prima di Natale dopo la II Guerra
Mondiale”; il marito è morto in guerra, mentre non è precisato il numero dei
figli; la donna può offrire solo “una piccola preghiera”, che ha scritto
durante la notte, mentre vegliava uno dei suoi bambini, malato.
Sparisce completamente il personaggio dell’altro
cliente: l’idea di mettere il foglio sul piatto della bilancia è del negoziante
stesso. Alla fine, si scopre che la bilancia è rotta: per questo, nonostante il
negoziante continuasse ad aggiungere cibo, il piatto opposto alla lista non si
abbassava.
Cambia anche il contenuto della preghiera: non
più “Mio Dio, Tu conosci la mia situazione e sai ciò di cui ho bisogno: metto
tutto nelle tue mani!”, ma “Per favore, Signore, dacci il nostro pane
quotidiano!”.
Nomi e cognomi, ma
angloamericani
Nel corso della mia ricerca, mi è venuta l’idea
che questo racconto avesse una matrice straniera, magari inglese. Ho digitato
“The weight of a prayer” e credo di aver trovato l’antecedente più antico.
Questo libro, del 2003, dà un’identità precisa alla donna e al droghiere,
perché di tale si tratta: in inglese il termine è “grocer”, gestore di un
“grocery store”, ossia di una drogheria o piccolo negozio di alimentari.
La
donna si chiama Louise Redden, suo marito è molto malato (non mutilato di
guerra) e hanno sette figli. Il droghiere, invece, ha il nome di John Longhouse.
Compare il cliente, che non ha nome e che, alla fine, dà una banconota da 50
dollari commentando, in riferimento alla preghiera della donna, che è quella in
cui mette tutto nelle mani di Dio: “Ne valeva ogni singolo penny... Solo Dio sa
quanto pesi una preghiera”.
Questa variante ha goduto di una certa popolarità
come catena nelle e-mail (vedi qui), oppure in occasione del Giorno del
Ringraziamento (come in questo post del 2008).
Morale della favola...
Non a caso ho usato quest’espressione per
concludere la mia rassegna. Lo scopo della mia trattazione sta, infatti, nel
voler mettere in guardia da chi spaccia per fatto reale della vita di un santo,
nella fattispecie di papa Wojtyła, un apologo che a ben vedere non ha nulla a che
fare con lui, o anche una frase che in realtà non ha mai pronunciato.
Per questo bisogna leggere le biografie più
accurate dei santi e dei candidati agli altari, siano esse di poche pagine o
tomi voluminosi: così si ha la certezza che quanto è raccontato in esse è
totalmente vero. Poi può capitare di non ricordare con esattezza la fonte, ma
basta cercare, anche con gli strumenti informatici, e il più delle volte si
arriva alla soluzione.
Qualcuno, commentando il primo post delle “Bufale di Chiesa” sulla falsa omelia di papa Francesco sulla famiglia, ha affermato che non fosse importante chi l’avesse pronunciata: era comunque efficace. Anche in questo caso è così, ma pensavo fosse giusto precisare che il suo santo predecessore non c’entra nulla.
Ma invece di andare a pescare il pelo nell'uovo, guardate il messaggio che in questa storia esce fuori. Un messaggio che vede Dio artefice della nostra gioia a cui ci si rivolge per un disperato bisogno di aiuto. Che la storia si svolga in Polonia, a Roma o nell'isola sperduta non ha importanza....cerchiamo di toglierci addosso questa patina di giudici inquisitori e cerchiamo di cogliere e fare nostro l'insegnamento che ci viene rivolto...
RispondiEliminaNon discuto il messaggio, infatti. Voglio solo precisare che è un episodio che non corrisponde a un fatto realmente accaduto nella vita di san Giovanni Paolo II.
EliminaAnche io ho fatto lo stesso ragionamento di Lorella e ho pregato,come chiedeva il messaggio ricevuto, mentre mio marito, razionale per natura, diceva: sarà una bufala! Non amo le catene e non le proseguo, ma se alcune ci aiutano a ritrovare il nostro spirito religioso... perso ormai in chi sa quali meandri, ben venga! Il ricordo di K.Woytila poi tocca il cuore di tanti! Una buona Pasqua a tutti
RispondiElimina.... tanto più in qs triste frangente. Silvia
Forse hai ragione, questa potrebbe non essere vera... ma ricordo una lettera scritta da un uomo di chiesa, che per comodità chiameremo K. W., inviata a un "certo" Padre Pio, dove gli si chiedeva di pregare per una sua cara amica e madre di 4 figli, gravemente ammalata. Bene, sappi che Padre Pio disse al suo confratello addetto alla posta: vuagliò a chist nun cij pitimm ricijr no! "FRATELLO A COSTUI NON POSSIAMO DIRGLI NO"... ma so che il resto della storia (vera) lo conosci, che te lo racconto a fare. Ti abbraccio. Felice
RispondiEliminaNon "potrebbe"; non lo è affatto. Si tratta del classico caso in cui un aneddoto viene fatto attribuire a un personaggio famoso per avere più rilievo.
EliminaCerto che san Giovanni Paolo II credeva che le preghiere avessero valore, ma non per questo bisogna alimentare racconti per nulla inerenti ai fatti reali della sua vita.
Per favore, commentate inserendo un nome o uno pseudonimo. Grazie!
Grazie per questa attenta e utile analisi a favore della verità. Personalmente io sono sempre stata molto "intuitiva" e per questo sono diventata la "sbufalatrice ufficiale"nella mia compagnia di amici, ma paradossalmente se "sgamo" una truffa me ne viene "riconosciuto il merito", mentre se indago sull'autenticità delle fonti di contenuti ritenuti "edificanti" mi viene contestata l'eccessiva pignoleria... Come se "non importa chi l'abbia detto, se l'insegnamento è valido, è valido"
RispondiEliminaE potrebbe anche essere vero, se non fosse che
1) il vero autore del "valido insegnamento" (o chi lo diffonde aggiungendo fonti sparate a caso) in un certo senso "approfitta" (disonestamente) della popolarità/autorevolezza dell'autore "spacciato" per far girare maggiormente il proprio testo
2) nel caso di Santi o comunque persone di fede, l'attribuzione fantasiosa rischia, quando scoperta, di nuocere all'affidabilità (o quantomeno alla "reputazione") dei veri testi di tale o talaltro Santo... Come se "falsificato uno, falsificabili tutti".
Dobbiamo stare mooooooolto attenti su queste presunte"leggerezze"