Gino Pistoni: nell’apostolato, il senso della vita


Fotografia di Gino
per il documento della patente di guida
(fonte, che però lo indica come Beato)
Chi è?

Luigi Pistoni (al Battesimo, Luigi Adolfo), nacque a Ivrea, in provincia di Torino, il 25 febbraio 1924, secondo di quattro figli. Frequentò le scuole elementari all’Opera Pia Moreno, tenuta dalle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea. Per le prime classi del ginnasio (corrispondenti alle nostre scuole medie) fu allievo del Collegio «Giusto Morgando» di Cuorgnè, dei Salesiani. Per il resto delle superiori, studiò dai Fratelli delle Scuole Cristiane, Collegio al «San Giuseppe» di Torino.
A diciott’anni Gino, come lo chiamavano tutti, divenne socio dell’Azione Cattolica: si dedicò con entusiasmo all’apostolato, ossia alla trasmissione del Vangelo specialmente ai suoi coetanei, che incontrava anche praticando vari sport, soprattutto l’alpinismo, ma anche il calcio e il basket.
All’inizio del 1944 fu chiamato a prestare servizio militare, arruolato nella Guardia Nazionale della Repubblica di Salò. Dal 30 aprile al 26 giugno visse in caserma, ma continuava a portare avanti quello che aveva imparato specie tramite l’Azione Cattolica. Il Giovedì Santo del 1944 aderì alla Società Operaia del Getsemani, fondata da Luigi Gedda, presidente nazionale dell’Azione Cattolica, per i soci che volevano impegnarsi in maniera ancora più seria alla diffusione del messaggio evangelico.
Nella notte tra il 26 e il 27 giugno 1944, Gino e altri venti soldati disertarono per unirsi ai partigiani. Col nome di battaglia “Ginàs” (“Ginaccio” in piemontese), partecipò alle azioni della 76° Brigata d’Assalto Garibaldi, ponendo come unica condizione quella di non prendere mai un fucile per sparare.
Il 25 luglio 1944, durante un attacco nemico sulle montagne di Aosta, si fermò a soccorrere un giovane fascista ferito. Dopo che lo ebbe messo in salvo, fu colpito da una scheggia di mortaio e scivolò in una scarpata. Fu ritrovato morto cinque giorni dopo: su un sacchetto tascapane di stoffa bianca aveva tracciato, col proprio sangue, la dichiarazione di voler offrire la sua vita per l’Azione Cattolica e per l’Italia. Aveva vent’anni e cinque mesi.
La sua causa di beatificazione, aperta il 25 marzo 1995 nella diocesi di Ivrea e volta a dimostrare l’eroicità delle sue virtù, prosegue dal 2006 nella fase romana. I suoi resti mortali riposano nel cimitero di Ivrea, nella tomba di famiglia.

Cosa c’entra con me?

Credo che il mio primo contatto con Gino Pistoni sia avvenuto tramite un’immaginetta che mi spedì un amico, ma non mi attrasse particolarmente. Una prima scintilla avvenne intervistando fratel Dino De Carolis per La Croce – Quotidiano, in occasione dell’ottantacinquesimo anniversario della nascita della Venerabile Antonietta Meo, detta Nennolina: disse che era un giovane tra i giovani e mi bastò per incuriosirmi.
Controllando la sua scheda per santiebeati, non mi sembrò granché fatta bene, almeno in parte. In più, prima della versione attualmente online, era qualificato come “martire”, ma non capivo in cosa consistesse il suo presunto martirio. Altre fonti che avevo consultato, infatti, dicevano che per lui era in esame l’eroicità delle virtù. Non diedi la priorità a rifare il testo biografico, così l’accantonai.
Due anni fa, mentre ero impegnata in un campo estivo con gli adolescenti del mio oratorio, mi arrivò la notizia della pubblicazione di Maiorem hac dilectionem, il motu proprio con cui papa Francesco ha aggiunto la verifica dell’offerta della vita alle altre vie da verificare per comprovare la santità di qualche credente. Il caso di Gino fu il primo che mi venne in mente, dopo quello delle Suore delle Poverelle che non lasciarono il Congo e il suo popolo a costo di morire per il virus Ebola.
Dopo qualche tempo, ho cominciato ad approfondire la questione. Su vari siti, anche di sezioni diocesane di Azione Cattolica, trovavo versioni discordanti circa l’identità del nemico salvato: ora fascista, ora nazista. Certo, l’importante era raccontare l’azione di Gino, ma volevo risalire alla verità storica.
Come un prete che conosco mi ha consigliato, ho cercato di vedere se ci fossero dei libri su di lui ancora in catalogo. Uno era pubblicato da una casa editrice che ha sede proprio vicino casa mia: dopo aver telefonato, sono andata a comprarlo direttamente in sede. Leggerlo mi ha fatto comprendere il cammino associativo di Gino e come questo sia stato il mezzo attraverso il quale lui abbia potuto incanalare le migliori energie della sua giovinezza.
Leggere della sua adesione alla Società Operaia del Getsemani mi ha fatto tornare alla mente che più volte, di cui una quando ero già parecchio grande, ho visitato il Getsemani di Paestum, un magnifico santuario tra i monti e il mare, con una statua di Gesù agonizzante davvero commovente. Quella costruzione fu voluta da Luigi Gedda, colui che aveva guidato l’Azione Cattolica in anni di vera e propria persecuzione, e progettata da Ildo Avetta, anche lui membro della Società Operaia.
Intanto avevo pensato di contattare la Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità “Pio XI”, che da Roma segue le cause di beatificazione e canonizzazione dei vari soci in tutto il mondo. La persona a cui mi sono rivolta mi ha garantito che avrebbe passato il mio testo nuovo per santiebeati alla postulatrice della causa di Gino, quindi mi sono disposta ad aspettare.
Temevo, però, che il libro di fratel De Carolis sarebbe finito fuori catalogo. Sono riuscita a ordinarne una copia in libreria e credo di aver fatto proprio bene. Grazie alle testimonianze raccolte dall’autore, ma anche a quelle prese in esame durante il processo diocesano, mi sono entusiasmata al pari di quanti vedevano Gino percorrere le vie della sua città e dei paesi vicini per parlare agli Aspiranti di AC; almeno agli inizi, a dire il vero, non era portato a parlare in pubblico.
Alcuni episodi mi hanno portata a riflettere su come Gino non perdesse neanche un momento per pregare: ad esempio, quando recitava il Piccolo Ufficio della Madonna durante le partite di calcio. Non essendo granché portata per la montagna, l’ho sentito più distante quando descriveva, nel suo «Diario di montagna», le esperienze che viveva durante le escursioni. In compenso, l’ho trovato a me affine quando leggeva libri di meditazione, o biografie. Di certo non immaginava che un giorno qualcuno avrebbe scritto proprio di lui!
Quanto all’esperienza da partigiano, mi sono chiesta come mai a lui non sia accaduto come ad altri giovani, descritti dai loro biografi come fedelissimi a Dio, alla famiglia e alla Patria, che avevano invece accettato tranquillamente di aderire al fascismo, anche nelle formazioni paramilitari per giovanissimi. Ho provato a darmi una risposta nel fatto che Dante Giacomo Pistoni non aveva mai voluto prendere la tessera del Partito Fascista, ma forse non basta. Ho comunque seguito la versione adoperata a pagina 176 del libro di fratel De Carolis, secondo cui il nemico assistito era un fascista della X MAS, sedicenne.
Infine, aspetto di sapere dalla Fondazione se, come auspico, la causa non possa essere reindirizzata sul binario dell’offerta della vita. A Ivrea, per quello che so, Gino non è uno sconosciuto: è stato ricordato anche oggi, nel settantacinquesimo dal suo transito. Se però da altre parti d’Italia qualcun altro s’interessasse a lui e lo facesse presente, magari la mia ipotesi non sarà più tanto lontana.

Il suo Vangelo

La Buona Notizia incarnata da Gino è che abbracciare un ideale e viverlo con entusiasmo e convinzione può davvero cambiare la vita; non solo la propria, ma anche quella degli altri. Non vorrei causare forzature, ma sentire di giovani che hanno deciso di mettere a servizio di una nuova idea di Europa i loro talenti giornalistici, o che si sono arruolati in eserciti stranieri per difendere popolazioni povere, mi ha fatto pensare un po’ anche alla sua scelta.
Il suo eroismo ha avuto una preparazione remota, negli anni della scuola e in quelli successivi, a casa e con gli amici. Lì ha trovato come poter dare uno scopo alla propria vita, come scrisse nella preghiera composta il Giovedì Santo del 1944, che si conclude con queste parole:
Ti chiedo la grazia di dividere con Te le sofferenze del Getsemani; accettale benigno e dammi la forza di sopportarle in espiazione dei peccati miei e dell'umanità intera; concedimi inoltre la grazia necessaria per vivere una vita interamente e profondamente cristiana tutta dedita al Tuo servizio e al salvamento delle anime.
È la preghiera che faccio per tanti altri giovani, affinché trovino come dare direzione e significato ai loro anni di ora e di domani.

Per saperne di più [aggiornamento 07/03/2024]

Giovanni Getto, Gino Pistoni – ritratto di un caduto per la libertà, Gribaudi 1994, pp. 120, € 8,26.
L’autore, più famoso come esperto e docente di Letteratura Italiana, conobbe Gino perché era il Presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Ivrea. Scrisse questo libro nell’ottobre 1944, a pochi mesi dalla sua morte: l’edizione tuttora disponibile è stata pubblicata nel cinquantesimo dall’accaduto.

Dino De Carolis, Così è un giovane cristiano – Gino Pistoni (1924 – 1944), AVE 2007, pp. 256, € 12,00.
Volume che racconta la vicenda di Gino, attingendo anche ai documenti scritti dei suoi amici e alle testimonianze di altre persone che l’hanno conosciuto.

Piero Agrano, Gino Pistoni, quando morire è offrire, Giancarlo Zedde editore 2019, pp. 32, € 8,00.
Un profilo più agile, curato dal vicepostulatore della sua causa, che punta molto sul racconto della dimensione giovanile di Gino e propende per considerare più seriamente l
offerta della vita.

Su Internet

Sezione del sito della Fondazione Azione Cattolica Scuola di Santità dedicata a lui
Sito della casa alpina a lui intitolata, acquistata dall’Azione Cattolica di Ivrea nel 1951

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