Sulla scia di... san Carlo Borromeo
Questa e le altre foto di questo post sono opera mia |
Ore 9.29: quel treno per Arona
Mi sono svegliata presto, ma non abbastanza per arrivare tranquillamente alla Stazione Centrale di Milano. Il mio treno era alle 9.29, ma io sono uscita dalla metropolitana, tra un passaggio e l’altro, cinque minuti prima di quell’orario.
Ero così agitata che non riuscivo neanche a infilare correttamente il mio biglietto nella macchina obliteratrice, ma il conducente del treno mi ha fatto presente che potevo rallentare: dopotutto, il treno non sarebbe mai partito senza di lui. Ci ho messo tanto anche perché il mezzo partiva dal binario 1; io, invece, ero entrata dai cancelli di metà stazione. Così facendo non ho potuto nemmeno passare alla cappella di stazione per lasciare qualche pieghevole o santino, da condividere con i passanti.
Il treno è partito con circa cinque minuti di ritardo. Ho impiegato parecchio tempo prima di riprendere fiato e di poter avvisare mia madre che ero in partenza. Quando finalmente mi sono riavuta, ho tirato fuori dal mio zaino Non mi sono tirata indietro, l’autobiografia di suor Kinga della Trasfigurazione, una giovane monaca carmelitana scalza, della quale a breve cadrà il decimo anniversario della morte. Ora che ci penso, forse sarebbe stato più il caso di rispolverare quella piccola biografia di san Carlo che avevo comprato tanti anni fa.
Avevo cominciato la lettura, dopo mesi di distanza da quando mi sono procurata quel testo, già in metropolitana. Sul treno sono avanzata di parecchio, fino al punto in cui suor Kinga parla della Comunione dei Santi, ossia delle sue relazioni con i membri della Chiesa militante, purgante e trionfante. Allora non era un collegamento tanto scorretto: in fin dei conti, stavo per raggiungere un posto dove avrei cementato il mio rapporto col più famoso (a parte sant’Ambrogio) vescovo, nonché l’ultimo uomo canonizzato, della mia diocesi.
Ore 10.30: incontro con mia sorella e suo marito
Questo dipinto si trova proprio accanto alla biglietteria |
Ammetto che Arona (in provincia e diocesi di Novara) non era in cima alla mia lista dei posti da visitare. L’idea di andarci non era neppure partita da me, ma da mia sorella e mio cognato, che la sera del 26 appena trascorso sono stati invitati a un concerto jazz sul lago Maggiore. La loro proposta prevedeva che io li avrei raggiunti, mentre loro avrebbero pernottato tra venerdì e sabato.
Così, dopo un viaggio di circa un’ora, li ho raggiunti alla biglietteria: dovevano ancora comprare i biglietti per il ritorno, e nemmeno io l’avevo fatto, per la fretta. Si erano già informati su come arrivare al Colosso di san Carlo, il famoso Sancarlone: c’era un trenino turistico che portava lassù e che avrebbe potuto condurci, dopo il pranzo, alla Rocca di Arona.
Ore 11.25: ai piedi del Santo
Un particolare della statua |
Il Sancarlone è quasi completamente visitabile dall’interno, ma non dispone di ascensori. Con una scala a chiocciola si arriva alla terrazza, che corrisponde ai piedi della statua. Per raggiungere la testa, invece, c’è una scala più stretta.
Mio cognato, che è un tipo atletico, ha proseguito fino in cima. Io avrei voluto mettermi alla prova, ma dato che c’erano altri turisti, che non volevo lasciare mia sorella e che avevo ancora male alle gambe per la corsa al treno, ho desistito.
Mi sono quindi messa a osservare il panorama, dato che il tempo non era così brutto. Il lago Maggiore mi ha ricordato un altro lago, quello di Tiberiade. Il mio pensiero, allora, è andato ai seminaristi di III e IV Teologia, in pellegrinaggio in Terra Santa proprio in quelle stesse ore, e quando è accaduto a me di andarci, quasi cinque anni fa.
In giro per il parco
La statua vista dal parco |
Mia sorella, che è insegnante alle scuole superiori, ha commentato che san Carlo ha fatto la Storia, non solo della Chiesa, ma del suo tempo più in generale. Mio cognato, invece, ha sostenuto di credere più a persone così che a quelle la cui testimonianza è composta perlopiù di miracoli e visioni.
Mi sono quindi interrogata su chi sia davvero san Carlo per me. Non è solo un personaggio storico rilevante o soltanto un esempio che continua a vivere in chi segue le sue orme. Il fatto che io creda che in lui si sia manifestato il Signore in maniera particolare non esclude il suo cammino su questa terra. Ha innegabilmente lasciato dei segni, ad esempio nella promozione dei Seminari e nella fondazione degli Oblati, i sacerdoti a diretta disposizione dell’Arcivescovo di Milano.
Come curiosità a margine dei pannelli, ho aggiunto che di recente papa Francesco ha approvato i voti dei membri della Congregazione delle Cause dei Santi relativi alla canonizzazione equipollente, ossia senza un ulteriore miracolo, del Beato Bernardo dei Martiri, domenicano, arcivescovo di Braga in Portogallo. Come san Carlo, che conobbe personalmente, applicò le indicazioni del Concilio di Trento nella sua diocesi e puntò alla formazione dei sacerdoti anche con alcuni scritti. Ho auspicato che l’attuale Arcivescovo di Milano possa andare a Braga ad assistere alla cerimonia con cui verrà letto il decreto della canonizzazione: si ristabilirebbe così un legame tra questi due riformatori.
Il santino può attendere
La chiesa ai piedi della collina faceva orario continuato anche dopo mezzogiorno, così ci siamo andati dopo il parco. Progettata da Francesco Maria Richini, uno degli architetti di fiducia di san Carlo, è a pianta quadrata. Le linee sono ordinate, senza eccessivi ornamenti. Avrebbe dovuto essere parte di un Sacro Monte, ma vennero completate solo tre cappelle, che, a parte la chiesa principale, non sono aperte al culto.
Panorama con la chiesa di San Carlo a destra |
Mi sono inginocchiata per un brevissimo istante, il tempo di un Gloria al Padre, in quella stanza trasformata in cappella dove sono conservate alcune reliquie, tra le quali una scultura del volto di san Carlo tratta dalla maschera mortuaria che gli fu presa dopo la morte. So che può sembrare macabro, ma dopotutto non c’erano altri modi all’epoca di riprodurre le fattezze in maniera fedele.
Non potevo uscire senza prendere alcune immaginette. Mia sorella voleva ritirarle appena arrivata, ma io l’avevo scoraggiata: ce n’erano davvero tantissime.
Ore 12.40: il momento della “mastica”
La riflessione iniziata nel parco è proseguita al tavolo di un ristorante adiacente al Sancarlone, consigliato a mia sorella dalla proprietaria della pensione dove aveva dormito la sera precedente. Mai consiglio fu più azzeccato: tra risotto al Nebbiolo e Toma (per me), tagliolini ai funghi (per mia sorella e mio cognato) e fonduta al cioccolato condivisa, ce la siamo cavata più che bene.
Anche la musica era molto buona. Mancava però un brano piuttosto datato, ma che negli scorsi anni ha ottenuto un successo particolare, perché una trasmissione radiofonica l’ha reso un tormentone. Ecco quindi Giorgio (del lago Maggiore) nella versione di Nella Colombo, sebbene la protagonista voglia che il fidanzato la porti non ad Arona, ma ad Ascona, che è sul versante svizzero del lago.
Ore 14.10: verso la Rocca
Mia sorella mi ha detto che il giorno prima era salita a piedi verso la Rocca di Arona, dove sono ancora visibili i ruderi di alcune torri di avvistamento, nonché della fortezza di cui sopra. Dato che il trenino turistico poteva portarci lì senza sovrapprezzi, l’abbiamo ripreso per tornare prima in paese, poi per risalire con altri turisti. Abbiamo visto molti olandesi, ancora più svizzeri (appunto perché la Svizzera è dall’altra parte del lago) e qualcuno che parlava inglese, senza capire però da dove provenisse.
"Dove è nato S. Carlo" |
Ci hanno aiutate anche dei pannelli informativi predisposti dal Comune di Arona: tramite il QR Code, abbiamo ascoltato delle brevi spiegazioni. Una, sulla vita di san Carlo, riportava questa sua massima:
La vita è come un giorno lavorativo e la festa comincia dopo la morte.
Non ho idea da dove sia stata presa: su Internet la trovo solo qui.
Poco dopo, è cominciato a piovere e ci siamo rifugiati sotto la tettoia di un bar lì presente. Abbiamo deciso allora di tornare a casa in anticipo, appena il trenino fosse tornato.
In fin dei conti, più che un pellegrinaggio, è stata una gita di piacere che ha avuto soste di riflessione. Va bene anche così, no?
Per saperne di più
Sito del Sancarlone e del complesso
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