Fra Daniele Natale, contemplatore e annunciatore dell’Incarnazione (Corona d’Avvento dei Testimoni 2020 #2)
Foto scattata da Domenico Borrelli sei giorni prima della morte di fra Daniele (fonte) |
Chi è?
Michele Natale nacque l’11 marzo 1919 a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia e all’epoca in diocesi di Manfredonia. Era il quarto dei sette figli di Bernardino Natale e Angelamaria De Bonis, coltivatori e pastori. Per aiutare la famiglia, lavorò già da bambino come pastorello, badando alle greggi dei suoi genitori e a quella dei coniugi Napoletano-Giuliani, i quali lo considerarono come il figlio che non avevano potuto avere. Per via del lavoro, non poté studiare oltre la terza elementare.
Nella notte tra il 12 e il 13 maggio di quando aveva quattordici anni sentì in modo chiaro, secondo quanto raccontò successivamente, la voce di Gesù che l’invitava a seguirlo entrando nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Preoccupato perché avrebbe dovuto lasciare sua madre, si sentì rispondere che avrebbe potuto chiedere ogni cosa alla Madonna, che era mamma anche di sua madre.
Il 4 giugno 1933, domenica di Pentecoste, Michele passò per il convento cappuccino del suo paese, per salutare il superiore: in sacrestia ebbe un incontro, il primo di cui ebbe memoria, con padre Pio da Pietrelcina, il quale faceva funzione di diacono (ma era nel periodo in cui non poteva svolgere pubblicamente il ministero) e lo benedisse.
Partì quindi per il convento di Vico del Gargano, dal quale, un anno dopo, venne trasferito a quello di Sant’Anna a Foggia, all’epoca sede della Curia Provinciale dei Cappuccini, con gli incarichi di sacrista e portinaio.
Il superiore provinciale, padre Bernardo d’Alpicella, gli diede da leggere la biografia di fra Corrado da Parzham, da poco canonizzato, per mettere alla prova le sue capacità intellettuali. Michele lo sorprese perché, quando fu esaminato, dimostrò di aver imparato quasi a memoria il contenuto della biografia. Ne aveva assimilato anche il messaggio: al superiore, che gli prospettò di entrare in Seminario appena si sarebbe liberato un posto, replicò che l’esempio di san Corrado gli aveva mostrato come il sacerdozio non fosse necessario per santificarsi nella vita cappuccina.
Iniziò il noviziato a Morcone il 25 marzo 1935; da allora si chiamò fra Daniele da San Giovanni Rotondo. Il 2 aprile dell’anno dopo professò i voti temporanei e, il 12 maggio 1940, quelli definitivi. Nel 1939 ebbe un nuovo incontro con padre Pio, durante le feste natalizie, che aveva potuto trascorrere in famiglia: dopo aver ricevuto l’assoluzione, si sentì accogliere dal confratello tra i suoi figli spirituali.
Dopo i voti perpetui fu di nuovo inviato a Foggia, dove rimase anche durante i bombardamenti della città, nel 1943. Fu operato per un tumore alla milza il 6 settembre 1952, presso la clinica “Regina Elena” di Roma. Un secondo intervento alla vescica, qualche anno dopo, non ebbe invece luogo perché il chirurgo della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo si accorse che il tumore era scomparso.
Come fratello laico, svolse i compiti di cuoco, questuante, portinaio, telefonista e sacrista nei conventi di San Giovanni Rotondo, Vico del Gargano, Isernia e Cerignola. Dopo la morte di padre Pio, avvenuta nel 1968 (fu canonizzato nel 2002), si dedicò interamente ai Gruppi di Preghiera fondati dal confratello in Italia e all’estero, che già seguiva come animatore e conferenziere.
Morì a San Giovanni Rotondo il 6 luglio 1994, a settantacinque anni. L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione e canonizzazione, presso la diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, è iniziata il 7 luglio 2012 ed è terminata il 5 novembre 2016. Il 22 settembre 2017 la Congregazione delle Cause dei Santi ha emesso il decreto di convalida dell’inchiesta diocesana.
I resti mortali di fra Daniele, precedentemente sepolti nella cappella di famiglia presso il cimitero cittadino di San Giovanni Rotondo, riposano dal 10 ottobre 2015 nella navata destra del santuario di Santa Maria delle Grazie, sempre a San Giovanni Rotondo; precisamente, in un loculo scavato nel pavimento, nell’area dell’ex battistero.
Cosa c’entra con me?
Quasi quattro anni fa, il 30 novembre 2016, ho ricevuto una e-mail da una signora, Vittoria Taddeo, che m’invitava a dedicare un post a fra Daniele. Il 7 dicembre successivo le risposi che prima o poi me ne sarei occupata, ma in realtà sentivo di non poter raccontare qui una storia con cui sentivo di entrarci poco o nulla.
Più o meno un anno dopo, passando per la chiesa di San Gottardo al Corso qui a Milano, ho trovato un libro su di lui, precisamente quello scritto dal confratello e nipote fra Remigio Fiore: ecco che il legame si stabiliva. L’ho letto con un certo interesse, ma mi faceva specie il continuo ricorrere di dettagli miracolistici, episodi eccezionali e fatti prodigiosi. Su tutto, aleggiava l’ombra di san Pio; ombra luminosa, s’intende.
Per mantenere la promessa, ho pensato di occuparmene per il centenario della nascita, ma era in Quaresima, periodo in cui non pubblico nessun post tranne il 19 e il 25 marzo. Allora mi è sovvenuto che sarebbe caduto presto il venticinquesimo della morte, ma alla fine mi è sfuggito.
Proprio pochi giorni dopo l’anniversario, il 23 luglio 2019, la signora Vittoria mi ha scritto di nuovo. Le ho risposto un paio d’ore dopo, promettendole che me ne sarei occupata quest’anno. Le ho domandato anche se avesse altri libri su di lui, ma mi scrisse che non ne aveva; altrimenti, l’avrebbe fatto ben volentieri.
In effetti, pensavo che il periodo giusto per parlare di lui fosse proprio l’Avvento, semplicemente perché di cognome faceva Natale; non pensavo che avesse un particolare trasporto per il mistero dell’Incarnazione.
Invece, cercando informazioni sui siti dei cappuccini di San Giovanni Rotondo, ho scoperto che anche lui era un Testimone presepista, come la Beata Maria Bolognesi (di cui mi sono occupata settimana scorsa), o il Venerabile Mario Ciceri (del quale ho appreso con gioia la notizia del riconoscimento del miracolo utile per la sua beatificazione) e, per certi versi, del Venerabile Silvio Dissegna.
In questo articolo che si rifà alla trasmissione Sotto la croce s’impara ad amare, che era condotta da padre Pio Capuano, del convento cappuccino di San Marco La Catola (precisamente, riguarda la puntata del 3 gennaio 2013), si racconta che dopo l’operazione in cui gli fu asportata la milza, fra Daniele trascorse la convalescenza nella propria casa natale.
Con l’avvicinarsi del Natale, sua madre gli domandò di fare il presepe. Lui rispose che non aveva idea di come realizzarlo; in più, non si sentiva ancora in forze. Visto che la signora insisteva, lui pensò di chiedere aiuto a padre Pio. Lui non solo lo incoraggiò, ma gli garantì anche il proprio aiuto.
Fu un sostegno più che altro spirituale perché, qualche giorno dopo, padre Pio gli domandò se avesse fatto il presepio. Fra Daniele replicò che si sentiva come incantato a guardarlo. Peraltro, mentre era all’opera, sentiva che fosse molto più facile di quanto avesse pensato in precedenza. L’altro rispose che sarebbe venuto sicuramente fuori qualcosa di bello, perché frutto della loro collaborazione.
Da quel che ho capito nel corso delle altre mie ricerche, col permesso dei superiori, preparò il presepio anche negli anni successivi. Tanti si sentirono spinti a cambiare vita e a pensare alla venuta del Signore, tramite le parole che fra Daniele riferiva ai presenti. Il caso più eclatante è quello di alcuni pastori, caprai per la precisione, che non si confessavano da anni. Lui li preparò e ottenne non solo il loro riavvicinamento, ma anche quello di altri loro colleghi.
In questi giorni, anche in casa mia abbiamo allestito il presepio. Mia madre solitamente è la principale artefice, ma anche mio padre e io diamo il nostro contributo. C’è stato un momento in cui lei non sapeva come collocare una scala o una casetta: allora le ho raccontato quest’episodio. Ora il nostro scenario è quasi completo, anche se manca qualche dettaglio.
Pensandoci meglio, ho appurato che ho un altro punto in comune con lui: la ricerca di persone a cui chiedere consiglio per la mia vita. Spiriti grandi, non "spiritelli" (lui diceva così), come Genoveffa de Troia, una donna che, pur costretta a letto, riusciva ad ascoltare il prossimo e ad aiutarlo. Fra Daniele la conobbe nei suoi anni a Foggia e fu felicissimo di sapere che, nel 1992, era stata dichiarata Venerabile.
Padre Pio TV, emittente dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo, ha dedicato varie trasmissioni alla figura di fra Daniele. Ho trovato particolarmente interessante questa, caricata il 5 gennaio 2012 (da quello che afferma il conduttore, è stata trasmessa il 1° gennaio, perché fa riferimento alla solennità di Maria Madre di Dio): al minuto 27:48 sono inserite le riprese amatoriali realizzate da Domenico Borrelli il 24 dicembre 1988, nelle quali si sente la vera voce del religioso che medita sul presepio.
Il suo Vangelo
Fra Daniele è stato un Testimone natalizio non tanto, come pensavo io, per una questione onomastica. Piuttosto, lo è stato perché si è accostato con rispetto all’umanità che aveva di fronte e che passava per le portinerie dei conventi dove fu destinato. Fosse stato per lui, non avrebbe mai lasciato il suo paese e padre Pio, ma quest’ultimo lo esortò a restare ubbidiente ai superiori, con una rassicurazione speciale: sarebbero sempre stati legati, quasi come se il cordone del saio dell’uno fosse un prolungamento di quello dell’altro.
Nei suoi compiti umili ma necessari alla vita del convento – eccelleva in cucina, stando a quel che ho letto – esercitava il servizio verso i confratelli, anche con qualche battuta spiritosa. Ai bambini che venivano a trovarlo o che lo incontravano spandeva dolcezza a piene mani, simboleggiata dalle caramelle benedette, ovviamente non da lui in quanto era un fratello laico. Noterella di colore: le biografie attestano che erano caramelle Rossana. Da quando l’ho scoperto, mi viene sempre in mente lui quando le vedo.
Infine, nei quattordici interventi chirurgici che affrontò, si dispose a vivere quei dolori come aveva visto fare dal suo più noto confratello, ossia per riparare, a modo proprio, al male che vedeva nel mondo.
Anche nei suoi scritti ci sono brevi accenni alle festività natalizie, specie nelle lettere. In una, di cui non sono riuscita a risalire alla data (il libro che ho non la riporta), scrisse:
A tutti, auguri di vera gioia con Gesù bambino e la sua e nostra Madre per gustare le tenerezze del suo amore.
Vera gioia e tenerezza di cui sapeva di essere interprete in maniera originale, anche se persisteva il suo legame con san Pio e, ovviamente, con san Francesco d’Assisi.
Per saperne di più
Gennaro Preziuso, Fr. Daniele Natale – una delle più belle figure di frate cappuccino, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 2008, pp. 308, € 16,50.
La biografia servita come base di partenza per l’inchiesta diocesana.
Matteo Bevilacqua, Padre Pio e fra Daniele due anime gemelle, Edizioni Segno 2018, pp. 412, € 27,00.
Un volume basato anche su testimonianze dell’autore e di altri suoi conoscenti, entrati in contatto con fra Daniele.
Su Internet
Sito del gruppo Amici di fra Daniele
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