Giuseppe di Nazareth, in ascolto di Dio per essere padre come Lui (Corona d’Avvento dei Testimoni 2020 # 3)
Il san Giuseppe del mio presepio (dai, non è poi così anziano!) |
Giuseppe, discendente della stirpe del re Davide, abitava a Nazareth in Galilea ed esercitava la professione di falegname, o più probabilmente di carpentiere. Promesso sposo a Maria, una ragazza del suo paese, venne a sapere che lei era rimasta incinta prima della formalizzazione delle loro nozze. Pensò non di ripudiarla, come prescriveva la Legge per Israele, ma di lasciarla andare in segreto. Alla fine comprese che il bambino generato in lei veniva dallo Spirito Santo e di dovergli fare da padre dal punto di vista legale, dandogli il nome di Gesù.
Con Maria viaggiò fino a Betlemme in Giudea, luogo di origine della stirpe di Davide, a causa del censimento indetto dall’imperatore Augusto, sotto il cui dominio cadeva l’antico regno d’Israele. Maria diede alla luce il bambino a Betlemme, ponendolo in una mangiatoia. Giuseppe assistette all’adorazione del neonato da parte di alcuni pastori.
Mise in salvo la sposa e Gesù fuggendo in Egitto: infatti Erode, re della Giudea, aveva deciso di mettere a morte tutti i bambini dai due anni in giù, dopo aver saputo che era nato un possibile pretendente al trono, come annunciato dagli antichi profeti. Tornato in patria, Giuseppe visse con la famiglia a Nazareth.
Era presente anche quando il bambino fu portato al Tempio di Gerusalemme per la circoncisione e dodici anni dopo, durante l’annuale pellegrinaggio nello stesso luogo, per la solennità della Pasqua ebraica, quando perse di vista Gesù: lo ritrovò insieme a Maria, mentre discuteva con i dottori della Legge e li interrogava.
Fin qui i dati desumibili dai Vangeli canonici. Altri scritti e la tradizione della Chiesa sostengono che Giuseppe sia morto prima che Gesù avesse iniziato la vita pubblica, ossia prima che lui avesse trent’anni, e che al momento della propria morte avesse lui e Maria al proprio capezzale.
La festa principale di san Giuseppe si celebra il 19 marzo. Il 23 gennaio è commemorato lo Sposalizio di Maria e Giuseppe, mentre il 1° maggio ricorre la memoria di San Giuseppe Artigiano, che sostituisce anche la festa del Patrocinio, celebrata un tempo la terza domenica dopo Pasqua, poi al terzo mercoledì dopo Pasqua. I cristiani copti ricordano invece, il 1° giugno, la fuga in Egitto, celebrata in altri luoghi il 17 febbraio. L’8 dicembre 1870, con il decreto Quemadmodum Deus, il Beato papa Pio IX lo ha eletto Patrono della Chiesa Universale.
Nel Rito ambrosiano, la memoria di san Giuseppe era stata fissata a metà dicembre da san Carlo Borromeo, ma era scomparsa con l’adeguamento al Calendario romano. Nel Calendario ambrosiano promulgato il 1° aprile 2010 è stata collocata, al 16 dicembre, la Commemorazione dell’annuncio a san Giuseppe, con letture bibliche proprie.
Resta ignota la collocazione della sua tomba: le antiche Cronache dei pellegrini attestano che si troverebbe a Nazareth, nella parete della Grotta dell’Annunciazione, oppure a Gerusalemme, nella valle del Cedron.
Cosa c’entra con me?
San Giuseppe è sempre stato presente nella mia vita, a cominciare da quando ho iniziato a contribuire al presepe principale di casa mia. Solo negli anni delle scuole elementari ho cominciato a capire chi fosse, anche perché mi ero offerta d’interpretare la Madonna in una recita scolastica.
Inoltre, nella mia parrocchia di nascita c’era una sua raffigurazione, in una tela sopra l’altare del Santissimo Sacramento, dov’erano dipinti anche san Francesco d’Assisi e un altro santo che non sono mai riuscita a identificare. Lui, invece, è diventato riconoscibile solo dopo che i lavori di restauro della chiesa hanno permesso di rendere visibile la scritta su una lunetta che sovrastava la pala: Ite ad Joseph, la frase riferita al patriarca Giuseppe da parte del faraone d’Egitto, che invitava il popolo, in tempo di carestia, a ricorrere al suo aiuto (Genesi 41,55). Oggi il quadro è stato sostituito da una statua del Sacro Cuore, ma l’immagine di san Giuseppe, anche in questo caso una statua, è stata trasferita nella navata sinistra.
Mi era molto più facile riconoscerlo, invece, visto in alcune chiese che frequentavo a Portici, quando andavo a trovare i miei parenti. In particolare, in quella che di fatto è la mia parrocchia delle vacanze (la zia che mi ospita abita nel suo territorio), c’era un quadro che riproduceva l’immagine venerata nel santuario di San Giuseppe Vesuviano. Era la stessa contenuta in un’edicola votiva lungo una stradina un po’ defilata, sempre a Portici. Da quando mi resi conto dell’origine, ho cominciato a desiderare di visitare quel santuario, che in fin dei conti era poco più lontano di quello di Pompei.
Il punto di svolta nel mio modo di pensare a lui è arrivato un 19 marzo: penso che fosse il 2009, perché in quell’anno cadeva di giovedì, giorno in cui, da almeno tre anni, andavo alla Messa per gli universitari.
Ricordo benissimo che il cappellano, nella sua omelia, aveva avuto toni accesi contro chi si ostinava a descrivere san Giuseppe come un vecchietto canuto. A suo dire, infatti, doveva essere rappresentato come molto più giovane e, soprattutto, andava sottolineato il suo essere giusto, come racconta il Vangelo di Matteo. A tal proposito, menzionò due casi di sacerdoti giusti e paterni verso il popolo che era stato loro affidato, entrambi di nome Giuseppe: don Puglisi, ora Beato, e don Diana, del quale sentivo parlare allora per la prima volta.
L’idea di un Giuseppe giovane, o comunque in forze, l’ho ritrovata in Raccontami di lui di don Gennaro Matino, al quale devo il libro che mi ha consolata non poco in un anno nel quale la nostalgia per il Natale a Napoli si era fatta particolarmente acuta.
A San Giuseppe Vesuviano, invece, sono andata non molto tempo dopo quell’omelia, tornandoci nelle vacanze natalizie successive o di almeno un annetto più tardi. Mi ha sorpresa vedere che l’immagine non era un quadro, ma una statua a tutto tondo.
I padri Giuseppini del Murialdo, dietro mia richiesta, mi diedero anche due grossi libri, uno sulla storia del santuario e uno su don Giuseppe Ambrosio, che lo aveva fondato. In ogni caso, ho pensato di adottare san Giuseppe come patrono per l’anno civile successivo (io preferisco scegliere direttamente invece di estrarre immaginette a sorte, solo perché nella mia parrocchia non si usa).
Non sapevo, invece, che la mia Milano avesse un luogo di culto specificamente dedicato a lui a pochi passi dalla sede centrale della Cariplo, poi della Banca Intesa. Ero infatti passata per via Verdi per questioni legate alla borsa di studio per il secondo anno del triennio universitario: lì sorge anche un piccolo santuario. Era un po’ distante dai miei soliti giri, tant’è che non ci sono più andata per anni.
Ci sono passata davanti solo lo scorso luglio, sperando di trovarlo aperto e d’interpellare il rettore di persona. La ragione è legata a un’altra scoperta: il Servo di Dio Nerino Cobianchi, padre di famiglia, vigevanese di origine, impegnato nell’aiuto alle missioni, lavorava come impiegato proprio alla Cariplo di via Verdi e partecipava ogni giorno alla Messa nel santuario. Ma questa, come si dice, è un’altra storia…
San Giuseppe si è reso presente nella mia storia personale anche tramite i miei contatti con varie congregazioni religiose. Anzitutto i Giuseppini del Marello, che ho conosciuto al Getsemani di Paestum e ai quali ho chiesto informazioni anche sul loro fondatore, san Giuseppe Marello. Poi i Giuseppini del Murialdo, coi quali, a dire il vero, non ho quasi relazioni, però sono presenti a San Giuseppe Vesuviano.
Dal lato femminile, ricordo le Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, fondate da santa Emilia de Vialar, la Santa che mi sono scelta come patrona speciale. Di fatto, lei era rimasta colpita da un quadro in cui era raffigurato l’annuncio a san Giuseppe, tanto da volerne una copia per la cappella della casa dove aveva cominciato a far vita comune con le sue prime compagne.
Non posso infine dimenticare le Figlie di San Giuseppe di Rivalba: il loro fondatore, il Beato Clemente Marchisio, le aveva messe sotto il suo patrocinio perché pensava di trarre, dalle ragazze che seguiva, una congregazione di suore operaie che lavorassero in fabbrica. Dopo un viaggio a Lourdes, però, riconobbe di dover cambiare il loro specifico, indirizzandolo alla confezione di tutto quello che compete al culto eucaristico.
Leggendo poi un post del blog Una penna spuntata, dove la collega Lucia raccontava dell’usanza americana di piantare una statuetta del Santo in un terreno per comprare casa, ho ricordato come il Beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, e il Beato Timoteo Giaccardo, primo membro elevato agli altari della Società San Paolo e della Famiglia Paolina in generale, ricorressero molto spesso all’aiuto di san Giuseppe.
Grazie a una suora Figlia di San Paolo che fa parte della commissione storica della Famiglia Paolina, ho potuto ricostruire questo legame pubblicando un commento al post sopra citato. Ero agli albori della mia esplorazione dei blog cattolici, quindi perdonate certe mie ingenuità.
In effetti, l’aspetto di san Giuseppe come economo di congregazioni nascenti si è verificato anche in altri casi, ma non penso che vada visto solo su un piano materiale: anche far quadrare i bilanci è compito di un buon capofamiglia, per cui capisco bene le difficoltà di fondatori e fondatrici.
Quando ho traslocato mi sono ricordata di quell’usanza americana, ma visto che io e i miei avevamo ottenuto un appartamento in affitto, mi sono accontentata di sistemare un’immaginetta accanto al citofono. A quell’immagine ho poi sostituito, man mano che l’appartamento diventava sempre più casa mia, un quadretto del mosaico della Sacra Famiglia dell’atelier del Centro Aletti, anche se non si trova nella collocazione originaria.
In casa ho anche un’altra sua raffigurazione: il san Giuseppe dormiente ormai diventato famosissimo perché citato da papa Francesco nel viaggio apostolico nelle Filippine nel 2015. Dato che una statua mi sembrava troppo costosa, ho ripiegato su una calamita: sotto di essa, attaccata al frigo di casa mia, ho messo una copia del mio curriculum vitae.
Da parecchio tempo pensavo di dedicare un post a san Giuseppe, ma non sapevo quando collocarlo. Il 19 marzo è una delle due occasioni in cui, se cade in tempo di Quaresima, interrompo la mia scelta di silenzio per pubblicare qualcosa, per cui poteva andare bene. Anche il 1° maggio, ma per varie ragioni l’ho accantonato più volte. L’Avvento, poi, poteva essere ancora migliore, magari nella domenica più vicina al Natale o in quella a ridosso del 16 dicembre.
Quest’anno avevo altri progetti, ma mi è cascato l’occhio su un’intervista al superiore generale dei Giuseppini del Murialdo, in occasione del centocinquantesimo anniversario della proclamazione di san Giuseppe a Patrono della Chiesa Universale. Mi sono dispiaciuta perché non ricordavo quella ricorrenza, per cui temevo di non fare più in tempo.
Scoprire, a distanza di ore, che papa Francesco ha firmato la Lettera apostolica Patris corde proprio l’8 dicembre, indicendo in pari tempo un anno speciale per approfondire la conoscenza e la riflessione sul nostro Santo, mi ha portata a concretizzare, finalmente, il post che avete sotto gli occhi.
Il suo Vangelo
Teologi, biblisti e predicatori di vario genere hanno sottolineato ora un aspetto, ora un altro dell’esperienza di san Giuseppe, che mai come in questo caso è radicata profondamente nel Vangelo: ne è uno dei personaggi, in fin dei conti.
A parte questo, si può affermare che anche per lui c’è stato un annuncio che gli ha cambiato la vita: la chiamata ad accogliere Maria e il figlio generato in lei, opera dello Spirito Santo. Com’è noto, sue parole non sono attestate dai racconti evangelici: evidentemente, è una di quelle figure più inclini ad agire rapidamente che a perdere tempo in riflessioni troppo prolungate. Un’azione, però, che non è dettata da impulsività, ma dall’ascolto di Dio tramite i segni speciali e la fatica quotidiana.
Sempre per la ragione di cui sopra, non posso citare una frase che sia stata pronunciata da lui. Riporto quindi un passaggio della Lettera apostolica Patris corde, al punto 7, dove papa Francesco sottolinea la disponibilità al dono e al sacrificio tipica del “gran Patriarca”, come lo chiamava san Josemaría Escrivá de Balaguer:
La felicità di Giuseppe non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia.
Concludo impegnandomi, nell’Anno di San Giuseppe, a parlare di personaggi che per lui hanno avuto una speciale attenzione e l’hanno tradotta in opere di carità e non solo.
Per saperne di più
Tarcisio Stramare, San Giuseppe - Fatto religioso e teologia, Shalom 2018, pp. 623, € 12,00.
Religioso dei Giuseppini del Murialdo, morto quest’anno proprio a pochi giorni dalla festa di san Giuseppe, padre Stramare gli ha dedicato vari contributi, di cui questo ultimo volume costituisce una sintesi.
Massimo del Pozzo, Cuore di padre – L’avventura umana & divina di san Giuseppe, Edizioni Ares 2019, pp. 224, € 14,00.
Un romanzo che ripercorre le tappe della sua vita, seguendo lo schema devozionale dei sette dolori e gioie di san Giuseppe.
Giancarlo Paris, Pregare san Giuseppe - Il grande silenzioso, Edizioni Messaggero 2019, pp. 88, € 7,00.
Volumetto diviso tra un’indagine sulla sua figura e le preghiere a lui rivolte, tradizionali o di vari autori.
Fabrizio Medici, San Giuseppe nella vita di Papa Francesco - In ricordo dei 150 anni dalla proclamazione di san Giuseppe patrono della Chiesa Universale 8 dicembre 1870, Tau Editrice 2020, pp. 128, € € 12,00.
Tutti i Pontefici dell’epoca moderna hanno avuto una grande devozione per san Giuseppe e l’attuale non fa eccezione: in questo volume ne sono indagate le radici e gli sviluppi.
Aniello Clemente, Giuseppe, il dimenticato – Suggestioni per un Anno Giubilare da dedicare a san Giuseppe, Edizioni Domenicane Italiane 2020, pp. 128, € 10,00.
Un libro che, insieme a riflessioni su più ambiti, contiene una proposta che è ormai diventata realtà.
Su Internet
Joseph Custos, Portale di San Giuseppe (in realtà non è molto aggiornato)
Blog del Movimento Giuseppino, curato da padre Tarcisio Stramare (vedi sopra; non è più aggiornato dal 2011)
Sito con preghiere e devozioni
Grato per la sua segnalazione del mio testo che, come lei sottolinea, da suggestione profetica è diventato felice realtà, affidiamoci all'intercessione del Santo del silenzio (fors'anche più della sua vergine Sposa), affinché ci custodisca e ci protegga come ha ben saputo fare per la sua sacra famiglia. un abbraccio, in Cristo risorto, Aniello Clemente.
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