Simone Losa, che tra i poveri imparò come guardare al Natale (Corona d’Avvento dei Testimoni 2020 # 4)

Chi è?


Simone Losa nacque all’ospedale di Bergamo l’8 gennaio 1979, insieme al gemello Manuel. Visse con lui e con i genitori, Mauro e Ilvana, a Pontida, in provincia e diocesi di Bergamo. Nella parrocchia dei Santi Giacomo apostolo e Giorgio martire, che frequentava, venne fondato un gruppo dell’Operazione Mato Grosso (in sigla, OMG): decise di farne parte, impegnandosi in prima persona per i poveri e facendo nuove amicizie.

Frequentò l’Istituto Tecnico per geometri. Una settimana dopo il diploma, conseguito nel luglio 1999, e dopo tre anni di appartenenza al gruppo, partì per il Perù, destinato alla missione di Chacas, nel dipartimento di Ancash. Insieme ad altri volontari, visse nella parrocchia di San Luis, dedicandosi all’educazione di bambini e ragazzi tramite il gioco, l’insegnamento del catechismo e varie attività manuali.

Il suo periodo di permanenza avrebbe dovuto durare quattro mesi, secondo i criteri stabiliti dall’OMG, ma scelse di rimanere perché sentiva che alla missione c’era bisogno di lui. La sua partenza per l’Italia venne quindi rimandata.

Il 19 aprile 2000, Mercoledì della Settimana Santa di quell’anno, rimase vittima di un incidente stradale nei pressi di Chacas. La jeep su cui viaggiava, a causa di un guasto meccanico, precipitò in un burrone profondo cento metri. Con lui morì un altro volontario, Alessandro (detto Sandro) Togni, di Olgiate Molgora. I volontari Mattia Marelli, di Cantù, e Andrea Nori, di Faenza, come anche due ragazzi peruviani che erano con loro, Julia Espinoza e Paulo Romero, ebbero ferite più o meno gravi, ma sopravvissero.

Simone aveva ventuno anni appena compiuti; avrebbe dovuto tornare in Italia alla fine del mese di aprile.

 

Cosa c’entra con me?

Il 31 marzo 2019 mi trovavo a Chiavenna, per una due giorni di ritiro spirituale con il Gruppo Shekinah, il coro giovanile di cui faccio parte. Come già raccontavo qui, avevo colto l’occasione per pregare sulla tomba di suor Maria Laura Mainetti, ignorando che, di lì a un anno (e a pochi giorni dalla pubblicazione del post), avrei avuto la notizia del riconoscimento del suo martirio.

Prima di partecipare alla Messa nella Collegiata di San Lorenzo, dove la sera precedente avevamo tenuto un concerto-meditazione, i miei compagni e io siamo andati a fare colazione in un bar sul lungolago.

Mentre ero alle prese con un cornetto al miele, ascoltavo le conversazioni in corso. La mia attenzione è stata stimolata dal fatto che Liliana, una dei contralti, stava parlando di luoghi come Pomallucay, Jangas e Chacas. I nomi di quelle località mi avevano fatto tornare alla mente i miei articoli su Giulio Rocca e padre Daniele Badiali, entrambi dell’OMG, come la mia compagna, per cui sono stata molto attenta a sentirla raccontare delle sue esperienze.

Finita la colazione, l’ho presa in disparte e le ho riferito che conoscevo le storie di quei due giovani che, in quel movimento, sono noti come “martiri della carità” (virgolette d’obbligo, dato che per Giulio non è aperto nulla e che per padre Daniele, invece, si sta procedendo per indagare l’eroicità delle virtù).

Temevo che mi avrebbe presa in giro per il mio interesse, ma mi ha ascoltato con molta attenzione. In più, mi sentivo quasi una nullità paragonandomi a persone che, come lei e come quei due volontari, davvero si sono sporcate le mani impastandosi con la vita dei poveri autentici. Liliana ha risposto che c’è bisogno anche di gente come me, che racconti le loro storie.

Mi ha quindi incoraggiata a parlare di Simone, del quale non sapevo proprio nulla; perciò, le ho chiesto se ci fosse qualche pubblicazione. Ha risposto di sì e, con quell’aria mista tra il sorriso e il rimpianto che ho visto spesso sul volto di chi mi parla di vari personaggi, che si commuoveva ogni volta che leggeva le sue lettere e una piccola raccolta di testimonianze, stampata in proprio per un campo dell’OMG organizzato a dieci anni dall’incidente (precisamente, dal 30 aprile al 2 maggio 2010).

Non ricordo quando mi abbia prestato quel materiale, ma penso verso Pasqua. In ogni caso, non penso di averlo preso in considerazione per un anno o poco più: sentivo di avere sempre altre priorità, a cominciare dalle scadenze per alcuni articoli.

Insomma, mi sono data da fare nei giorni del primo lockdown, ma dopo il ventesimo anniversario dell’incidente, di cui non mi ricordavo (mi sono rammaricata non poco). La mia prima impressione è stata che quelli dell’OMG sono da una parte fortunati per aver avuto esempi simili, dall’altra devono aver sofferto parecchio, alla notizia di quelle morti così tragiche.

Proseguendo, mi sono trovata d’accordo con Liliana. C’era veramente da commuoversi leggendo alcune narrazioni dell’attività dei volontari, specie quando avevano a che fare con persone veramente povere. Simone, però, sapeva che questo non basta: bisogna avvicinarsi alle persone e prendersele a cuore.

Lui temeva di non riuscirci abbastanza, ma da quello che scrisse emerge tutta la sua preoccupazione per i ragazzi dei caserios (villaggi), abbagliati dal mito delle grandi città, ma a rischio di non riuscire a fare fortuna e quindi di essere sfruttati o darsi alla droga.

Da altre espressioni traspariva forte il legame con gli amici, con la famiglia, con alcune figure di sacerdoti del suo paese, insieme a una gratitudine per aver incontrato l’OMG che non mi sembrava dissimile da quella avvertita e confidata dal Servo di Dio Gino Pistoni a proposito del proprio cammino nell’Azione Cattolica.

A luglio di quest’anno, dopo sette mesi dall’ultimo concerto-meditazione, mi sono ritrovata con gli altri di Shekinah. Ho pensato che potesse essere il momento giusto per restituire tutto a Liliana, che nel frattempo era diventata madre.

Ho quindi riletto velocemente il libro delle lettere, prendendo appunti e scansionando o fotografando le parti che più m’interessavano, pensando sia a un articolo per la rivista Sacro Cuore VIVERE, come avevo fatto per Giulio e padre Daniele, sia a un post specifico.

Credevo che sarebbe stato perfetto per il mese missionario, ma tra gli scritti ho trovato un sussidio per l’Avvento che Simone aveva realizzato per gli oratoriani di San Luis e che aveva spedito ai cuginetti.

Munito solo di carta e penna, quindi con una perizia artigianale, ha confezionato un percorso che farebbe invidia a quelli proposti ogni anno dalla Fondazione Oratori Milanesi, per limitarmi a qualcosa che conosco molto bene.

Ho poi provato a verificare se ci fossero altre tracce di lui in giro per la Rete, tenuto conto che l’OMG non ha un sito ufficiale. Anzitutto, la sua parrocchia di Pontida lo menziona nella pagina del proprio sito dedicata al gruppo di cui faceva parte. Ha poi promosso la nascita di Casa Simone, progetto seguito dall'OMG e ospitato nella vecchia filanda accanto all'abbazia di Pontida.

Sul sito dell’abbazia di Sant’Egidio in Fontanella al Monte c’è questo post del 2013, il cui autore afferma di aver ricevuto il libro delle lettere dalla stessa madre del giovane; in effetti, se ho capito bene, Pontida non è tanto lontana da lì.

Alcuni suoi amici e compaesani, destinatari delle sue lettere, portano avanti quanto hanno imparato stando insieme a lui. Ad esempio, Maigua e Corrado Ghisleni, nel 2011, erano a San Lorenzo in Ecuador insieme ai loro quattro figli (uno si chiama Simone, significativamente) e gestivano l’asilo parrocchiale intitolato a lui.

Emanuele Vavassori, invece, è partito dopo la sua morte e, terminata la permanenza in Perù, ha deciso di avviare un mercatino dell’usato permanente, che oggi si chiama Il Bizzarro – Mercatino solidale dell’usato e dell’antico, con sede a Barzana, in provincia di Bergamo.

Infine, l’Associazione Andech di Monte Marenzo, in provincia di Lecco, organizza annualmente un torneo di calcio in suo onore, per raccogliere fondi per l’OMG.

Quanto agli aspetti in cui me lo sento più affine, credo che risiedano nella necessità di esprimere quello che sentiva, tramite le lettere, ma anche mediante il confronto con qualche amico che l’aiutasse a camminare ancora meglio per incontrare i poveri.

Tra questi c’era padre Ugo De Censi, il compianto fondatore dell’OMG, il quale ravvisava in lui i segni di una probabile vocazione, al di là del fatto che, un anno, aveva interpretato san Giovanni Bosco in una festa dell’oratorio. Anche padre Emanuele Lanfranchi, detto Lele, era uno dei suoi punti di riferimento: si confessava da lui e gli chiedeva consigli, tanto che quel sacerdote riteneva di avere davanti un giovane dall’anima limpida, anzi, pura.

 

Il suo Vangelo

 

La purezza ravvisata da padre Lele è evidente nel confronto che Simone operava tra il modo di vivere delle società occidentali e quello delle popolazioni che aveva scelto di affiancare. In effetti, s’interrogava spesso su come rispondere ai loro problemi e su come indicare, specie ai piccoli e ai più giovani, tentati da strade più comode, la via della felicità anche mediante la fatica e il sacrificio. In missione la gente parlava perlopiù in quechua, ma lui riusciva a farsi intendere con gli sguardi.

In una lettera ai familiari, riportata a pagina 49 del volume delle sue lettere, raccontava:

Qui le persone povere guardano al Natale come una cosa importante, come il giorno in cui è nata la religione, è nato l’essere Divino, è nata la speranza. Il giorno di incontrarsi con colui che ci ha donato la bontà, ci ha donato la vita, soprattutto per regalarla agli altri, per vedere che alla fine serve donarci agli altri per cambiare la nostra vita.

In un’altra missiva, destinata all’abate dell’abbazia di San Giacomo a Pontida, don Pietro, scriveva invece che non ricordare la nascita di Gesù (scritto in lettere maiuscole) equivaleva a calpestare (usa proprio questo termine) le vite dei Santi, di padre Lele Badiali e di Giulio. Un’espressione forte, che interpreterei pensando al fatto che il primo a donare la vita nascendo tra gli uomini per salvarli è stato Gesù stesso: vale anche per gli autentici Testimoni, riconosciuti ufficialmente o conosciuti da pochi che siano.

 

Per saperne di più

 

Operazione Mato Grosso, Caro e buono Simone… - Le sue lettere dalla missione e le testimonianze, Industrie Grafiche Pezzini – San Paolo d’Argon (BG), aprile 2001.

Il libro che mi ha prestato la mia compagna di coro. È reperibile presso il Rifugio Angelo Gherardi (località Piani dell’Alben, Val Taleggio), ai recapiti presenti qui.

Commenti

Post più popolari