Satiro, in coppia col vescovo Ambrogio per la cura della Chiesa

Ambrogio da Fossano,
detto il Bergognone,
Sant'Ambrogio in cattedra
tra San Gervasio, San Satiro,
Santa Marcellina e San Protasio
,
Certosa di Pavia
(come indica il titolo,
 san Satiro è la seconda
figura da sinistra)
(fonte)

Chi è?


Uranio Satiro nacque probabilmente a Roma o a Treviri tra il 330 e il 332 dopo Cristo, preceduto dalla sorella Marcellina e seguito dal fratello Aurelio Ambrogio. Dopo gli studi letterari e giuridici, allo stesso modo del fratello, gli fu assegnato il governo di una provincia, della quale non è pervenuta la denominazione.

Nel 374, Ambrogio fu acclamato vescovo di Milano. Satiro lo raggiunse per aiutarlo nell’amministrazione dei beni ecclesiastici, oltre che per difendere Marcellina, che aveva consacrato a Dio la propria verginità, e seguire gli interessi della loro famiglia.

Di ritorno dall’Africa, in un periodo non precisato, ma sicuramente prima di aver ricevuto il Battesimo, Satiro fece naufragio sulle coste della Sardegna. Prima che la nave s’infrangesse contro gli scogli, chiese con insistenza ai compagni di viaggio di poter ricevere un frammento di Eucaristia: lo fece legare a un fazzoletto, che si avvolse al collo, quindi si gettò in mare.

Una volta a riva, in riconoscenza a Dio per essere scampato alla morte, chiamò il vescovo locale per essere battezzato, ma seppe che aveva seguito lo scisma avviato da Lucifero, vescovo di Cagliari. Decise quindi di rimandare finché non avesse trovato un vescovo che non solo avesse conservato la fede in Dio, ma anche nella Chiesa di Dio.

Una volta battezzato, Satiro non visse ancora molto a lungo: morì infatti a Milano verso il 378. Ambrogio recitò in suo onore i due discorsi funebri De excessu fratris («Sulla dipartita del fratello» o «Trattato in morte del fratello Satiro») e volle seppellirlo presso il sepolcro del martire Vittore, in quello che è poi diventato noto come il sacello di San Vittore in Ciel d’Oro, nella basilica che Ambrogio aveva voluto dedicare ai martiri Gervaso e Protaso, ma che venne in seguito dedicata a lui medesimo.

Oggi i resti mortali di san Satiro sono venerati sempre nella basilica di Sant’Ambrogio, ma in un’urna posta nella prima cappella a destra. Il suo culto è attestato almeno dal IX secolo, mentre al X secolo risalgono alcuni calendari e libri liturgici della diocesi di Milano, nel quali la sua memoria è indicata al 18 settembre. In un secondo momento, è stata spostata al giorno precedente.

 

Cosa c’entra con me?

 

La pala d’altare che ho scelto come immagine di apertura era riprodotta su un santino piuttosto malconcio che mi era capitato di trovare per casa, quand’ero bambina. Non immaginavo, però, perché fossero raffigurati proprio quei Santi: non capita tanto spesso che in una sacra conversazione i personaggi abbiano collegamenti, per di più di parentela (esclusi i membri della Sacra Famiglia), tra loro.

Il fatto che san Satiro tenga in mano un ostensorio è un palese anacronismo, come anche i vestiti suoi e dei martiri Gervaso e Protaso: rimanda però all’episodio che ho descritto nella sintesi sopra. All’epoca in cui lui e i fratelli vissero, infatti, non solo non erano in uso gli ostensori, ma nemmeno le ostie come le intendiamo anche noi oggi.

Nei miei primi anni universitari, durante le pause tra una lezione e l’altra, avevo cominciato a visitare le chiese del centro di Milano: nel mio percorso di riscoperta delle storie sante, infatti, avevo avuto uno stimolo da parte di un prete arrivato nella mia parrocchia, la cui devozione per Santi e affini si esprimeva anche nella raccolta d’immaginette. A mia volta iniziai a farne collezione: prendevo sempre almeno una copia per me, una per lui e la terza per una mia cugina di Portici.

Non vorrei sbagliarmi, ma è con questo spirito che per la prima volta dopo anni varcai la soglia della basilica di Santa Maria presso San Satiro. L’avevo già visitata negli anni delle medie, per studiare durante una gita la prospettiva bramantesca e forse il Compianto di Agostino de Fondulis, ma non avevo prestato attenzione agli aspetti più legati alla fede.

Il sacrestano, a cui mi rivolsi, mi diede se non sbaglio una cartolina che riproduceva l’immagine di san Satiro posta su uno stendardo processionale, o un santino su cui era menzionato il suo patrocinio sui sacristi della mia diocesi. Fu leggendo le scarne note biografiche lì riportate, comunque, che venni a sapere della sua parentela con sant’Ambrogio e con santa Marcellina.

All’approfondimento di quest’ultima, derivato dall’aver conosciuto, negli stessi anni, le Suore Marcelline, devo un’altra scoperta: lei era stata una dei primi educatori dei due fratelli più piccoli, motivo per cui era stata scelta dal Beato Luigi Biraghi, studioso e cultore della storia santambrosiana, a modello per le aderenti all’Istituto che aveva in animo di fondare.

Di san Satiro in sé, invece, sapevo poco o nulla. Dato che avevo scelto di concludere gli studi universitari con una tesi su lingua e stile nel De Virginibus di sant’Ambrogio, cominciai a trascorrere ore e ore nelle varie biblioteche dell’Università degli Studi. Ammetto, però, che molto spesso mi distraevo, consultando volumi che con la tesi avevano solo tangenzialmente a che fare.

Quando ormai avevo concluso la tesi, avendo ancora accesso per qualche tempo alle biblioteche, ne approfittai per consultare altri libri. In particolare, m’interessò un volume che raccontava delle vicissitudini dei resti di Satiro. In effetti, dopo che Ambrogio li aveva fatti deporre nel sacello del martire Vittore, le reliquie di entrambi erano state poste in un unico sarcofago, che come spesso accadeva era stato riutilizzato in senso cristiano.

Le ossa di san Vittore furono poi traslate nella basilica di San Vittore al Corpo, affidata poi ai padri Benedettini Olivetani. Nel 1511, però, questi ultimi sostennero di essere i detentori delle autentiche reliquie dell’altro Santo.

Ci volle l’intervento del Beato Alfredo Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano, che dal suo Santo predecessore aveva ereditato una speciale venerazione per gli antichi martiri, per dirimere la questione. Sotto il suo episcopato, nel 1941, venne stilata una relazione storica, archeologica e anatomica, dalla quale emerse che i resti, rimasti in Sant’Ambrogio e nell’antico sarcofago, appartenevano a un uomo sulla quarantina ed erano molto simili a quelli del vescovo suo fratello.

Quella lettura m’ispirò a controllare come fosse la pagina di santiebeati.it dedicata a lui. Avevo da poco iniziato la mia collaborazione più continuativa e sentivo di dovermi occupare in modo particolare dei Santi e dei candidati agli altari di Milano.

Ebbene, il primo personaggio fu proprio san Satiro: attinsi a quel volume per la parte sulle reliquie, ai discorsi contenuti nell’Opera Omnia di sant’Ambrogio per ricostruirne la biografia e a un piccolo libro, purtroppo fuori catalogo, nel quale monsignor Marco Navoni, Dottore della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana, raccontava le particolarità e la storia della nostra Diocesi, una per ogni lettera dell’alfabeto.

Nel capitolo in cui menzionava i fratelli di sant’Ambrogio, proponeva un’estensione del suo patronato: non solo sui sacrestani (particolarmente i soci dell’Unione Sacristi), ma anche sui laici impegnati nella vita delle comunità: membri dei Consigli Pastorali e degli Affari Economici, ma non solo. Era una definizione che sentivo perfetta anche per me, spesso incaricata, già nella mia parrocchia d’origine, di varie commissioni. In ogni caso, colsi l’intuizione di monsignor Navoni concludendo, con essa, il nuovo profilo, pubblicato il 15 settembre 2012, giusto in tempo per la memoria liturgica.

All’incirca in quel periodo, mi capitò di partecipare a una veglia per accogliere i nuovi universitari a Milano, svolta proprio a Sant’Ambrogio. Una delle tappe previste era nel sacello di San Vittore in Ciel d’Oro, nei pressi del quale, anche se non ricordo il punto preciso, vidi un bassorilievo che raffigurava la deposizione di Satiro nel sepolcro.

Mi fece tornare alla mente la testimonianza di un sacerdote che non conosco bene, ma che ho incrociato almeno un paio di volte. Per quello che mi è stato riferito, lui aveva un fratello più grande, a cui era profondamente affezionato e col quale ha condiviso la scelta di entrare nel nostro Seminario diocesano. Purtroppo, come nel caso in esame, il minore ha affrontato la perdita del maggiore, mentre quest’ultimo era ancora seminarista.

Negli ultimi anni ho finito col frequentare molto spesso la chiesa di Santa Maria presso San Satiro, che, non l’ho indicato prima, si chiama così perché ha inglobato una piccola basilica preesistente intitolata, oltre che a lui, a sant’Ambrogio e san Silvestro. È successo proprio per aiutare i sacerdoti che seguono la vita di quella piccola parrocchia nel pieno centro di Milano, in particolare il mio direttore spirituale e un suo confratello molto anziano, che da un mese circa si è trasferito in una casa di riposo.

Ora che ci penso, ho un legame di altro tipo con san Satiro. Anche a me, quasi sedici anni fa, è accaduto di rischiare la vita durante un viaggio. Appena il problema è passato, ho deciso che avrei vissuto con serietà ancora maggiore gli impegni del mio Battesimo e che sentivo di dover trovare un buon motivo per cui pregare, così da capire perché Dio mi avesse tenuta ancora su questa terra.

 

Cosa c’entra con san Giuseppe?

 

Nel caso di san Satiro, si possono istituire solo dei parallelismi, comunque molto significativi, tra quello che suo fratello ci ha lasciato su di lui e quanto, invece, i Vangeli ci dicono di san Giuseppe. Penso che possano essere riassunti, essenzialmente, nell’atteggiamento della cura, a cominciare da quella per i propri familiari.

Infatti, come Giuseppe ebbe cura di Maria e del Figlio generato in lei dallo Spirito Santo (motivo per cui, forse per metterlo a sua volta al riparo da considerazioni malevole, anche iconograficamente era rappresentato come anziano), così Satiro, sempre secondo la testimonianza di Ambrogio, protesse Marcellina e il suo proposito di verginità consacrata, aiutandola anche a dirimere le questioni che a volte sorgevano tra lei e l’altro fratello.

I rapporti, in generale, erano comunque positivi e, sempre secondo la testimonianza contenuta nei due discorsi, a volte capitava perfino che i due fratelli venissero scambiati l’uno per l’altro, fatto di cui Ambrogio non si dispiaceva per nulla.

La cura fu un atteggiamento essenziale anche quando Satiro dovette seguire il caso di Prospero, un tale a cui erano stati affidati dei possedimenti in Africa e che non voleva restituire una somma di denaro: lui intervenne e risolse la faccenda.

 

Il suo Vangelo

 

L’esempio di san Satiro ha molto da dire ai credenti laici di oggi, nell’impegno professionale, specie nel servizio tramite la politica, ma anche nella partecipazione fattiva alla vita della Chiesa: non con chiacchiere, pettegolezzi e critiche (anche online, quanti se ne leggono!), e neppure con elogi e adulazioni, ma con la disponibilità a costruire, insieme ai sacerdoti e al proprio vescovo, il pezzo di comunità a cui si appartiene.

In questo modo si contribuisce all’unità della Chiesa, quella stessa a cui Satiro non volle venire meno accettando di essere battezzato da un vescovo scismatico: riteneva infatti che uno scisma costituisse una lacerazione della comunione e non voleva, in alcun modo, esserne parte.

L’Ufficio delle Letture della memoria liturgica di san Satiro presenta, come Seconda Lettura, alcune sezioni dei discorsi funebri in sua memoria. Si conclude proprio con un’affermazione che sant’Ambrogio deduce dal comportamento di colui che, per certi versi, fu un modello per lui anche nella ricerca dell’unità del corpo ecclesiale:

…mio fratello non ritenne che nello scisma ci fosse la fede. Infatti, anche se conservavano la fede in Dio, non conservavano la fede nella Chiesa di Dio, della quale tolleravano che, per così dire, venissero disgiunte le articolazioni e lacerate le membra. Dal momento che Cristo patì per la Chiesa e la Chiesa è il corpo di Cristo, non pare dimostrino fede in Cristo coloro che vanificano la passione e ne dividono il corpo.

 

Per saperne di più

 

Non esiste al momento nulla di divulgativo riguardo la figura di san Satiro. I lettori più esperti potranno comunque leggere direttamente i due discorsi di sant’Ambrogio in

Gabriele Banterle (a cura di), Opera omnia di sant’Ambrogio, volume 18 - Le orazioni funebri, Città Nuova 1985, pp. 296, € 40,00.

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