Patrizia, la vergine pellegrina venuta da Costantinopoli

Statua di santa Patrizia
venerata a San Gregorio Armeno 
(fonte)
Chi è?

 

I dati storici su santa Patrizia sono praticamente assenti. Ci sono pervenute due Vitae frammentarie, una di un anonimo greco, l’altra contenuta in un sermone composto dal sacerdote Leone, intorno alla metà del decimo secolo (contenute nella Bibliotheca Hagiographica Latina al volume II, nn. 6483-87). Tuttavia, secondo lo storico gesuita padre Hippolyte Delehaye, non sono meritevoli di credito.

Quanto ai dati leggendari, vogliono che Patrizia sia fuggita da Costantinopoli, insieme ad Aglaia sua nutrice e al suo seguito, per sottrarsi a un matrimonio imposto: l’imperatore romano d’Oriente Costante II, suo parente (agiografi ancora più tardi la vogliono parente, invece, di Costantino), avrebbe infatti voluto che si sposasse, mentre lei era intenzionata a rimanere vergine per Dio.

Dopo una breve tappa a Napoli, si diresse a Roma, dove prese il velo per mano di un Papa non altrimenti precisato. Tornata in patria, distribuì i suoi beni ai poveri, quindi si preparò per un pellegrinaggio in Terra Santa: tuttavia, una violenta tempesta la ricondusse a Napoli. Dopo lo sbarco sull’isoletta di Megaride (ovvero Castel dell’Ovo), Patrizia fu portata ormai agonizzante in una celletta di un romitorio costruito sul luogo; lì morì.

Apparsa in sogno alla nutrice, le preannunciò che i suoi funerali sarebbero stati solennissimi; così fu. Il carro con la sua salma, trainato da due torelli, si fermò improvvisamente davanti al monastero dei Santi Nicandro e Marciano, sulla collina di Caponapoli: proprio lì, nel suo primo viaggio, Patrizia aveva preannunciato che sarebbe stata sepolta.

I primi indizi relativi al suo culto si trovano nelle litanie dell’Ordo ad ungendum infirmos (per l’Unzione degli Infermi) di un monastero napoletano, databili tra il X e il XII secolo. Nel 1148, il monastero dov’era stato sepolta le fu poi cointitolato. Il 28 ottobre 1625 Patrizia fu inserita nell’elenco dei Santi patroni di Napoli.

Le sue ossa, a causa dei rivolgimenti politici, vennero traslate nel 1864 nel monastero di San Gregorio Armeno a Napoli, inserite in una statua di cera e collocate in un’urna posta nella navata destra. Lì santa Patrizia viene onorata ogni martedì e con particolare solennità il 25 agosto, probabile giorno della sua morte (ma la data è oscillata, nel corso dei secoli, tra il 25 e il 26).

 

Cosa c’entra con me?

 

Patrizia è una dei Santi che considero più “di famiglia” nel vero senso della parola: una delle mie cugine di Portici si chiama così. Forse il mio primo contatto con lei è avvenuto frugando tra i santini che erano di Emilia, la mia nonna materna, ma non ne sono sicurissima.

Nemmeno ricordo quando ho saputo che era venerata nella chiesa del monastero di San Gregorio Armeno, davanti alla quale passavo spesso, sia per visitare le botteghe dei maestri presepisti, sia per rifornirmi di articoli religiosi introvabili a Milano.

Sul finire delle mie vacanze estive, nel 2010, un’altra mia cugina mi propose di venire con lei a Napoli: voleva infatti tornare nella casa-santuario di santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, dove più volte si era recata. Per me, che ne avevo tanto sentito parlare, fu un’occasione davvero imperdibile.

Oltre a quella visita, della quale ho raccontato più diffusamente nel post che ho dedicato a santa Maria Francesca, visitai con mia cugina anche San Gregorio Armeno: dopotutto, era proprio il 25 agosto. Così, sebbene via Toledo sia molto distante dal centro storico, accettò di accompagnarmi.

Ricordo con precisione che rimasi sbalordita dalla folla di pellegrini che riempiva la chiesa a tal punto da non permettermi di vedere l’altare. Almeno davanti all’urna di santa Patrizia riuscii a fermarmi a pregare con calma. Io e mia cugina partecipammo anche alla Messa, non prima, però, che io mi confessassi nel portico antistante la chiesa.

Sebbene fossi incuriosita, scelsi di non andare nel luogo dove le suore addette esponevano l’ampolla con quello che la tradizione considera il sangue di santa Patrizia, soggetto a liquefazioni ancora più ripetute nel tempo rispetto a quello di san Gennaro, forse perché era ormai arrivato il momento di tornare a Portici.

Prima di riprendere la via di casa, però, riuscii a fermarmi nell’angolino in cui erano in vendita immaginette, coroncine e ricordini vari. Mi colpì particolarmente l’immagine di una suora vestita quasi come se fosse una monaca di clausura, con un volto estatico.

Domandai alla suora dietro il bancone se quella fosse la fondatrice della sua congregazione, commettendo una brutta figura: si trattava, infatti, della Beata Maria della Passione Tarallo, contemporanea dell’effettiva fondatrice, la Venerabile Maria Pia della Croce Notari.

Fu in quel modo che scoprii le Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia, o meglio, almeno di nome le conoscevo, visto che avevo scorto le confezioni delle particole da loro fabbricate nella mia parrocchia delle vacanze; pensavo, però, che fossero religiose di vita contemplativa, fatto confermato dalla loro presenza in quell’antico monastero.

Tornai alla chiesa di San Gregorio Armeno un paio d’anni dopo, questa volta insieme a mia cugina Patrizia. Le suore furono molto felici di sapere che, nel frattempo, ero stata anche nella loro casa madre e che avessi approfondito la loro Beata.

L’idea di dedicare un post a santa Patrizia mi è venuta in questi giorni, nei quali il desiderio di partire per Napoli si è fatto ancora più acuto, ma non si è reso possibile a causa di vari fattori, non ultimo il fatto che anch’io ho preso il coronavirus (ma ora sto molto meglio).

Non sapendo più, letteralmente, a che Santo votarmi per facilitare il mio ritorno, ho pensato di rivolgermi a lei. C’era però uno scoglio da superare: la mia diffidenza a invocare personaggi dei quali, storicamente, si sa poco o nulla, mentre sono molto più noti i prodigi a loro attribuiti.

Nel caso di Patrizia, uno di questi è relativo alla sottrazione di uno dei suoi denti da parte di un anonimo cavaliere romano, il che ha portato alla fuoriuscita del sangue. Lucia di Una penna spuntata ne parla in questo post, che non ho tardato a commentare.

Ho quindi scritto al mio contatto presso l’Ufficio delle Cause dei Santi nella Curia di Napoli, specialmente per sapere se esistono Vite antiche di santa Patrizia. Ho ricevuto una risposta a cui, ripensandoci, avrei potuto arrivare da sola: bastava consultare la Bibliotheca Sanctorum, nella voce curata da don Domenico Ambrasi, anche lui storico della Chiesa napoletana. Da lì ho tratto la sintesi biografica del primo paragrafo, a cui ora aggiungo alcuni dati.

Lo storico Michele Fuiano ritiene che esista un fondo di verità in questa vicenda: il VII secolo, infatti, aveva visto inasprirsi i contatti tra Roma e Bisanzio a causa del monotelismo, dottrina secondo la quale, nella persona di Gesù, la sola volontà divina aveva soppiantato quella umana; di conseguenza, non lo si poteva considerare veramente uomo.

L’editto «Typus» del 648 aveva stabilito pene severe contro coloro che non avessero seguito la teologia propugnata dall’imperatore. Di conseguenza, la fuga di Patrizia corrisponderebbe alla scelta di lasciare Costantinopoli per rimanere fedele agli insegnamenti della Chiesa cattolica.

 

Il suo Vangelo

 

Facendo incrociare storia e leggenda, viene da pensare che il messaggio evangelico di santa Patrizia faccia pensare anzitutto alla perseveranza nella fede, per la quale si dovrebbe essere disposti a lasciare persino la propria patria; accade così anche oggi, a molte persone costrette a emigrare per evitare persecuzioni.

Se a questa perseveranza si aggiunge la leggendaria scelta di verginità, lei può risultare un esempio per le consacrate, comprese quelle che, eredi delle monache dette patriziane (o perché formate inizialmente dalle ancelle compagne di Patrizia, o perché semplicemente vivevano nel monastero dov’era sepolta), curano oggi il suo culto.

In quel poco che si sa di lei risalta un altro aspetto: il pellegrinaggio, prima a Roma, poi quello mancato in Terra Santa. Oggi si ritorna a percorrere le vie antiche, con sussidi digitali o meno, ma con lo stesso spirito che spingeva i credenti a visitare luoghi santi più o meno vicini.

Per tutte queste ragioni il cardinal Crescenzio Sepe, al tempo arcivescovo di Napoli, poteva affermare, nella sua omelia del 2 settembre 2018:

Siamo messi di fronte a questo bivio: quale strada scegliamo? la strada del bene che porta a Dio o la strada del male che porta all’inferno e alla tortura interiore?

Patrizia sceglie Dio nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli che si frapponevano alla sua intima unione con il Signore.

Spero davvero, se e quando tornerò a Napoli, di poter pregare di nuovo davanti alle reliquie di santa Patrizia.

 

Per saperne di più

 

Fernando Di Stasio, Il popolo la onora – Santa Patrizia compatrona di Napoli, Editrice Domenicana Italiana 2014, pp. 48, € 5,00.

Volumetto che presenta leggenda e culto di santa Patrizia, insieme ad alcune preghiere e canti composti dallo stesso autore.

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