Pauline Jaricot, attivista d’amore “in rete” per il bene del mondo

Ritratto della Beata Pauline
realizzato da Clemens Maria Fuchs
per la sede delle Pontificie Opere Missionarie
in Austria (fonte)


Chi è?

 

Pauline-Marie Jaricot nacque a Lione, in Francia, il 22 luglio 1799, settima figlia di Antoine Jaricot e Jeanne Lattier, di ceto borghese. Visse un’infanzia tranquilla, orientandosi alla preghiera e affezionandosi molto al fratello Philéas, che la precedeva nell’ordine di nascita. Già prima che quest’ultimo iniziasse la formazione in vista del sacerdozio, cominciò a condividere con lui il sogno di dedicarsi alle missioni estere.

Pauline alternava momenti d’intenso fervore religioso ad altri in cui indulgeva a uno stile di vita più frivolo. L’incidente domestico in cui occorse nell’ottobre 1814, seguito dalla morte del fratello Narcisse, ventunenne, e dalla prostrazione fisica e morale di sua madre, la quale morì a sua volta, la condussero a rivalutare le proprie priorità nella vita.

Aiutata prima dal parroco di Tassin, dove si trovava per un periodo di riposo, poi da quello della parrocchia di San Nicerio a Lione, vicina a casa sua, Pauline abbandonò definitivamente quello che del mondo le sembrava vano e inconsistente. Tornò definitivamente a Dio nella Quaresima del 1816. Il 25 dicembre dello stesso anno, nella basilica lionese di Nostra Signora di Fourvière, emise il voto di castità.

Grazie a suo fratello Philéas, che nel frattempo era diventato sacerdote, venne a sapere della nascita della Società delle Missioni Estere di Parigi, e iniziò a pensare a un modo per sostenere economicamente quei missionari. Avviò quindi un sistema per cui dieci persone s’impegnassero a offrire un soldo a settimana, a pregare con una preghiera particolare e a formare un nuovo gruppo di dieci persone.

Il 3 maggio 1822 fondò ufficialmente l’Opera della Propagazione della Fede, approvata da Pio VII nel 1823. Pauline ideò anche il Rosario Vivente, i cui aderenti, in gruppi di quindici persone dovevano recitare una decina di Rosario al giorno, meditando su un Mistero specifico estratto a sorte e cambiato ogni mese.

Nel 1831 ebbe una nuova malattia, di natura cardiaca. Decise di partire per l’Italia, a dispetto delle sue condizioni fisiche: visitò Loreto, Roma e Mugnano del Cardinale. Il 10 agosto 1835, mentre era in preghiera nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Mugnano, dov’erano e sono ancora oggi venerati i resti di santa Filomena, si ritrovò completamente guarita.

Già prima del viaggio in Italia, a cui seguì un altro nel 1839, Pauline si era trasferita, precisamente il 15 agosto 1832, in un’abitazione non lontana dal santuario di Fourvière, che ribattezzò Casa Loreto. Lì la raggiunsero alcune compagne con le quali formò il sodalizio delle Figlie di Maria: erano donne senza abiti religiosi né segni esteriori, dedite interamente alla diffusione della fede.

Attenta ai bisogni dei lavoratori, pensò anche a un laboratorio artigianale di fiori artificiali per le ragazze a rischio di cadere nella prostituzione e all’associazione delle “Riparatrici del Cuore di Gesù incompreso e disprezzato”, per le operaie nelle fabbriche tessili.

Lei stessa rilevò una fabbrica di ghisa a Rustrel, in Valchiusa, intitolandola a Nostra Signora degli Angeli; gli utili sarebbero stati equamente ripartiti tra gli operai. Tuttavia, la fabbrica fallì, sia perché il progetto era superiore alle sue forze, sia perché Gustave Perre, l’amministratore, l’aveva ingannata.

Pauline finì quindi in miseria, tanto da dover ottenere il certificato d’indigenza da parte del comune di Lione. Trovò conforto solo in Dio e nell’amicizia sincera di alcune persone: tra di esse alcuni Beati e Santi, come don Jean-Marie Vianney, già noto ai tempi come il Santo Curato d’Ars, madre Maria di Sant’Ignazio (al secolo Claudine Thévenet), madre Magdeleine-Sophie Barat e perfino papa Pio IX. Morì a Casa Loreto il 9 gennaio 1862.

Pauline è stata beatificata presso l’Eurexpo di Lione il 22 maggio 2022, sotto il pontificato di papa Francesco. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa di San Nicerio a Lione, tranne il suo cuore imbalsamato, che era stato donato alle Figlie di Maria e, dopo la loro estinzione, venne custodito nella chiesa di San Policarpo della medesima città, dove si trova tuttora. La sua memoria liturgica ricorre il 9 gennaio, giorno esatto della sua nascita al Cielo.

 

Cosa c’entra con me?

 

Circa una decina d’anni fa, ma comunque non prima del 2014, mi trovavo di passaggio per la Curia Arcivescovile di Milano, mi pare per un incontro del comitato sulle Chiese Contemporanee (ovvero quel gruppo che aveva avviato un itinerario artistico e musicale nelle chiese realizzate dall’episcopato del cardinal Montini in poi). Ho scorto su uno scaffale, insieme ad altro materiale di vario genere, un piccolo libro su Pauline, all’epoca ancora Venerabile.

Mi venne spontaneo prenderlo perché, almeno di fama, dovevo già conoscerla: se non sbaglio, è avvenuto quando, negli anni universitari, avevo consultato il sito delle Pontificie Opere Missionarie, anche se non ricordo la ragione. Avevo anche un’immagine in formato segnalibro, forse presa in parrocchia in occasione della Giornata Missionaria Mondiale: mi aveva attratta il suo sguardo, fermo e dolce al tempo stesso.

Il mio primo impatto con lei, come molto spesso mi è accaduto, è stato segnato dall’essermi fermata alle disgrazie della sua vita: le malattie, i frequenti lutti e, infine, la miseria economica degli ultimi anni. A quell’atteggiamento si accompagnava, però, la meraviglia per quanto lei era riuscita a compiere per diffondere la fede e aiutare i missionari.

Dalle notizie riportate sul libretto sapevo che era Venerabile dal 25 febbraio 1963. Credevo che fosse una di quelle figure che, a dispetto di una fama di santità discreta (aveva pur sempre fondato un’Opera Pontificia, o meglio, diventata tale a cent’anni dalla fondazione), fosse poco ricordata e invocata. La notizia del decreto sul miracolo, arrivata il 26 maggio 2020, smentì queste ipotesi pessimistiche.

A ridosso della beatificazione pensai che era il momento di rivedere la sua scheda biografica su santiebeati.it, attingendo al libro che già avevo e magari a un altro che mi ero procurata nel frattempo, oltre al materiale che avrei trovato online sui siti delle Pontificie Opere Missionarie e della diocesi di Lione.

Man mano che l’approfondivo, alla compassione per le sue sventure si è sostituita l’ammirazione per come le aveva sapute sostenere. Alla meraviglia per le realizzazioni si è affiancata la certezza che lei non aveva fatto tutto da sola: per chi crede, era in gioco la Provvidenza, ma penso che abbiano contribuito soprattutto i legami che era riuscita a creare.

Lo stesso Rosario Vivente aveva alla base un’organizzazione capillare, partita da un piccolo gruppo di suoi amici. Oggi continua a esistere ed è una di quelle “reti di preghiera” tanto raccomandate da papa Francesco e dai suoi predecessori.

Anche le relazioni con parecchi contemporanei, dei quali la Chiesa a vari livelli ha riconosciuto l’esemplarità, nonché con santa Filomena, con la quale sento di entrarci un po anch io, mi hanno colpita: ho incontrato qualcosa di simile solo nella storia del Beato Bartolo Longo, il fondatore del santuario di Pompei e delle opere di carità annesse.

Credo che Pauline sia simile a lui, per varie ragioni. Anzitutto, perché aveva avviato varie opere vivendo da laica nel mondo, anzi, scegliendo di restare nubile e casta. Inoltre, come lui, anche lei era passata a una fede ardente dopo un passato dissipato: nel suo caso, la sua vita precedente era mondana, tra balli, ricevimenti e il desiderio, perfettamente lecito se controllato, di essere apprezzata, amata e trovare un buon partito.

Li collega poi la “catena dolce”, per citare la Supplica composta dal Longo, del Santo Rosario, a cui hanno avvinto moltissimi altri fedeli di ogni stato ed età. Infine, la vita di preghiera non ha impedito loro di volgersi ai bisogni della società del loro tempo: per Pauline, quest’azione si è tradotta nell’attenzione alle operaie e agli operai.

Rileggere il racconto della sua vita mi ha condotta a interpretare diversamente anche la parabola discendente con cui essa si è conclusa. Forse il promotore di giustizia della sua causa avrà insistito sulla scarsa accortezza con cui Pauline si è affidata a quel faccendiere, cercando di far capire che lei allora non era da porre a esempio.

Certo, finis vita talis ita, si dice; però conta di più, ancora una volta, il modo con cui lei ha fatto fronte a quell’improvviso rovescio economico e aver osservato la sua vita nel complesso, senza soffermarsi eccessivamente sulle cadute, naturalmente insite nell’esperienza umana. Queste ultime, spesso, ricordano quanto le figure proposte a esempio siano più vicine a noi di quanto si creda.

Infine, al Festival della Missione che si è svolto a Milano lo scorso anno, ho fatto tappa alla tenda dove si trovavano gli addetti delle Pontificie Opere Missionarie. Ho accettato da loro alcuni numeri della rivista Missio e, sebbene l’avessi già, il libretto su Pauline: credo che lo regalerò a mia volta, sebbene non sia aggiornato alla beatificazione.

Per andare ancora più in profondità sulla sua eredità oggi, ecco la puntata de Il Diario di Papa Francesco andata in onda su TV 2000 il 20 maggio 2022, nella quale è in collegamento monsignor Giampietro Dal Toso, presidente delle Pontificie Opere Missionarie.



Il suo Vangelo

 

Nella vita della Beata Pauline, la cui memoria liturgica viene celebrata oggi per la prima volta, preghiera e azione sociale sono in equilibrio, eccezion fatta per la questione della fabbrica. In una lettera a suo fratello Philéas, gli raccomandava di non trascurare la prima per la seconda, con un’efficace immagine: doveva avere come un innaffiatoio pieno d’acqua, con il quale innaffiare le terre aride in tempo di siccità.

La preghiera le serviva per restare in relazione con Dio, ma anche per presentargli le situazioni che conosceva, specie quelle dei missionari, da suo fratello in poi. Da buona Terziaria domenicana, poi, traduceva quello che aveva contemplato in un’autentica missione di condivisione: non per diventare famosa lei stessa, come fanno gli influencer di oggi e come spesso rischio di comportarmi io, ma per accrescere nei fedeli la necessità di vivere coerentemente la fede e trasmetterla agli altri.

In un suo pensiero, di cui non riesco a risalire alla datazione, spiega quale sia la differenza tra un attivismo sfrenato e uno zelo eccessivo e la consapevolezza di avere una missione da diffondere:

Ogni nostra attività naturale, con il Salvatore, si trasformerà poco a poco in attività d’amore... si trasformerà da zelo in carità per l’anima che prega.

È un pensiero molto utile anche per la mia diocesi, che sta dedicando alla preghiera un intero Anno pastorale.

 

Per saperne di più

 

Massimiliano Taroni, Paolina Jaricot – Fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede, Velar-Elledici 2014, pp. 48, € 3,50.

Piccola biografia con l’essenziale della sua vita e della sua spiritualità.

 

Pauline Jaricot, 365 motivi per riflettere, pregare, agire, San Paolo Edizioni 2018, pp. 144, € 12,00.

Una serie di pensieri tratti dai suoi scritti, uno per ogni giorno dell’anno.

 

Su Internet

 

Sito realizzato in vista della beatificazione dalle Pontificie Opere Missionarie in Francia (ovviamente in francese)

Sito dell’Associazione Amici di Pauline Jaricot (disponibile in quattro lingue ma non in italiano)

Articoli su di lei del sito di Fides, agenzia d’informazione delle Pontificie Opere Missionarie

Sito dello spettacolo Les mystères de Pauline (in francese)

Sezione su di lei del sito della parrocchia di San Nicerio a Lione (in francese)

Articoli su di lei del sito delle Pontificie Opere Missionarie

Pagina su di lei del sito del Dicastero delle Cause dei Santi, col profilo biografico, il decreto sul miracolo e l’omelia della beatificazione


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