I Magi, cercatori e adoratori del Dio vicino

I Magi del mio presepio principale

Chi sono?

 

Secondo quanto racconta il Vangelo secondo Matteo, dopo la nascita di Gesù alcuni Magi dall’oriente arrivarono alla corte del re Erode, a Gerusalemme, e gli chiesero dove fosse il re dei Giudei che era nato. Il re consultò i capi dei sacerdoti e gli scribi, i quali gli riferirono la profezia del profeta Michea, secondo la quale il Messia sarebbe nato a Betlemme.

Erode fece quindi chiamare i Magi e s’informò sul tempo nel quale avevano visto spuntare la stella che segnalava la nascita di quel bambino, poi li inviò a Betlemme e chiese loro di fargli sapere se l’avessero trovato, così anche lui sarebbe venuto ad adorarlo.

Guidati dalla stella, i Magi arrivarono nel luogo dove si trovava Gesù con Maria sua madre: l’adorarono e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Non tornarono da Erode, ma presero un’altra strada per rientrare al loro paese.

Il dato evangelico non riporta il numero dei Magi, né i loro nomi. Il loro interesse per le stelle ha portato a ipotizzare che fossero dei sapienti, o meglio dei sacerdoti, legati alla religione zoroastriana.

La tradizione cristiana successiva ha fatto di loro dei re, fissato a tre (in base ai doni citati dal Vangelo) il loro numero e attribuito nomi che in italiano suonano come Melchiorre, Gaspare e Baldassarre.

Nell’arte e nei presepi sono raffigurati come appartenenti a popolazioni diverse e di età progressivamente più anziane; solitamente il Magio più anziano è il primo a inchinarsi davanti a Gesù Bambino, togliendosi la corona e deponendola davanti a Lui come ha già fatto con il proprio dono. Anche l’abbinamento dei doni, delle caratteristiche fisiche, delle età e dei nomi è variabile.

I Magi sono venerati come Santi da tempo immemorabile. Secondo la tradizione, sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, trovò le loro spoglie a Gerusalemme. Nel 344 il vescovo di Milano sant’Eustorgio I fece costruire una basilica nella stessa città, per deporvi le loro reliquie ricevute in dono ed essere sepolto accanto a esse.

Nel 1164, durante il saccheggio di Milano a opera di Federico I Hohenstaufen, detto Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, le reliquie rischiarono di andare disperse. I fedeli le nascosero allora nella chiesa di San Giorgio al Palazzo, all’interno della cerchia muraria cittadina.

Rainald von Dassel, arcivescovo e cancelliere imperiale del Barbarossa, scoprì l’inganno e s’impossessò dei resti dei Magi, che furono trasportate a Colonia e custodite nel Duomo, nel reliquiario iniziato da Nicola de Verdun e completato nel 1230.

Il sepolcro dei Magi a Sant’Eustorgio rimase quindi vuoto. Dopo secoli di tentativi, nel 1903 l’arcivescovo di Milano, il cardinale Andrea Carlo Ferrari (beatificato nel 1987), ottenne la restituzione di alcuni frammenti, che da allora sono conservate in una teca nel transetto destro della basilica.

Altre reliquie attribuite ai Magi sono venerate nella chiesa di San Bartolomeo a Brugherio, in diocesi di Milano (il reliquiario che le custodisce è detto “i tri umitt”, ovvero “i tre omini”, perché è sormontato da tre piccole statue dei Magi stessi): le avrebbe donate il vescovo sant’Ambrogio alla sorella santa Marcellina.

 

Cosa c’entrano con me?

 

L’idea per questo post mi è venuta dopo aver ascoltato l’intervento di monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, alla celebrazione ecumenica con cui si è aperto il Festival della Missione 2022 (qui il mio resoconto). La basilica di Sant’Eustorgio era il luogo dove si era tenuta quella preghiera, che aveva come titolo Per un’altra strada e si rifaceva apertamente all’esperienza dei Magi.

Il vescovo ha esordito affermando che essi sono dei personaggi che gli sono stati sempre simpatici. Posso ben dire che valga lo stesso per me e che, come per molti, la mia prima conoscenza di loro sia avvenuta tramite le statuine del presepio di casa mia che le raffigurano, le stesse dell’immagine che ho messo in apertura.

Non ricordo se mia madre mi avesse raccontato la storia del loro viaggio, ma di certo so che mi concedeva di far avanzare le statuine – lo faceva anche mia sorella, da piccola, che aveva un affetto speciale per il Magio in groppa al cammello perché era il più grande – verso la capanna con la Sacra Famiglia. O meglio, non era tanto lei, quanto la zia che ospitava me e la mia famiglia per le vacanze natalizie a Portici, vicino Napoli: i Magi di casa mia, infatti, venivano certo posti in lontananza, ma acceleravano, per così dire, appena tornavamo dalle vacanze.

Un altro incontro tra me e loro è avvenuto all’oratorio femminile della mia parrocchia (quando frequentavo il catechismo erano ancora separati), precisamente sfogliando un libro della fornitissima biblioteca. Mi colpì molto l’illustrazione dell’arrivo dei Magi da Erode, ma anche il testo che l’accompagnava. Secondo quanto era scritto, di fatto essi erano spie per conto del re, che aveva intenzioni ben diverse dall’adorare il Bambino: voleva, anzi, toglierlo di mezzo, come dimostra anche la strage degli innocenti.

Quelle frasi mi lasciarono davvero perplessa, così raggiunsi la mia catechista e le domandai se fosse vero. Per tutta risposta, lei prese il libro e, senza proferire parola, lo gettò in un cestino della spazzatura. Al vedermi rattristata per quel gesto, rispose che non era un libro cattolico, ma dei Testimoni di Geova: la loro interpretazione, anche in quel caso, era eccessivamente letterale. A ripensarci oggi, mi domando allora chi l’avesse posto nella biblioteca dell’oratorio.

Col passare degli anni, visitando moltissimi presepi, sia in varie chiese, sia come giurata del Concorso Presepi parrocchiale (il sacerdote che aveva avviato quella tradizione affermava che gli stessi giurati erano un po’ come quei sapienti), ho scoperto che i Magi del mio presepe avevano qualcosa di strano.

Certo, erano in tre, ma due di essi avevano la pelle nera: più spesso mi capitava, invece, di vedere un Magio di colore nero, uno asiatico e uno dai tratti caucasici. Quanto alle età, solo il Magio caucasico mi sembrava anziano.

Peraltro, non capivo chi di essi (parlo sempre del mio presepio) avesse l’oro, chi l’incenso e chi la mirra; di quest’ultima, a lungo, ho perfino ignorato l’impiego, nell’antichità, nell’imbalsamazione dei cadaveri.

Neppure ho saputo, per anni, che parte delle loro reliquie fossero venerate nella mia stessa città, non lontano da dove abitavo. Non l’ho saputo neanche quando ho partecipato, quasi per caso, a una Messa domenicale con i miei proprio a Sant’Eustorgio.

Il mio modo di pensare ai Magi è cambiato radicalmente a ridosso della GMG di Colonia. Aspettavo davvero con ansia di partecipare a quell’evento, dopo aver sentito i racconti delle mie educatrici dell’oratorio, che avevano partecipato a quella di Roma, e aver seguito quella di Sydney in televisione.

Per prepararmi a dovere partecipai, dal 15 al 17 novembre 2004, alla prima edizione degli Esercizi Spirituali serali per i giovani della diocesi di Milano, al tempo limitati ai soli appartenenti alla Zona Pastorale I, ovvero alla città di Milano.

La prima domanda che bisogna farsi, quando si partecipa agli Esercizi, è in quale momento della vita essi accadano. Per me, era il periodo in cui mi sentivo come i discepoli durante la tempesta, perché ero convinta che la mia parrocchia fosse preda di malelingue e invidie. Sapere che il Signore è presente lo stesso divenne la mia più grande consolazione.

Nel cammino di preparazione al viaggio verso Colonia, avevo poi cominciato a riconoscere che ero più una fan accanita degli U2 che una discepola del Signore: il mio cuore ardeva e batteva più forte ascoltando certe canzoni e guardando i relativi videoclip che intonando, nel coro della mia parrocchia, i canti durante le celebrazioni, o pregando davanti al Santissimo Sacramento esposto.

Percepivo che un simile dissidio dovesse andare sanato il prima possibile e che i Magi, già descritti dal predicatore di quegli Esercizi (era don Pierantonio Tremolada, futuro vescovo di Brescia) come i modelli dei veri adoratori di Dio, potessero aiutarmi in quel senso. Ricordo quindi che mi procurai, forse dopo aver passato un esame all’università, un piccolo libro che si proponeva d’insegnare a vivere come loro.

A Colonia, che fu l’ultima tappa di un viaggio molto tormentato sul piano fisico e morale (qui raccontato nel dettaglio), riuscii a visitare il Duomo con i miei compagni, mettendomi in coda insieme agli altri pellegrini. Ancora una volta, mi sentivo lacerata perché, di fronte all’urna dei Magi, non provavo la stessa sensazione di quando, all’Hard Rock Café di Berlino, avevo osservato una delle automobili Trabant usate per l’allestimento del palco dello Zoo TV Tour.

Venne poi la veglia, con le parole di papa Benedetto XVI che, finalmente, riuscirono a smuovermi nel profondo. Dopo essere sopravvissuta a un principio d’ipotermia ed essermi riunita ai miei compagni, vissi con loro la Messa conclusiva e, ovviamente, il ritorno a casa.

Ricordo che, durante il viaggio, tra un colpo di sonno e l’altro (beninteso: non ero alla guida), cominciai a riflettere sulle parole del Papa. Sin da piccola avevo amato le storie dei Santi, tanto da collezionare una collana di biografie per ragazzi e fantasticare sul fatto che, un giorno, avrei anch’io scritto qualcosa di simile.

Quel sogno infantile si era appannato, negli anni dell’adolescenza, i medesimi nei quali avevo cominciato ad appassionarmi al rock del gruppo irlandese. In più avevo da tempo una sorta di crisi di rigetto verso Santi e affini, maturata leggendo una biografia di san Domenico Savio. Non che lui ne avesse colpa, ma era tratteggiato come un ragazzo troppo perfetto, o almeno, così pareva a me.

In quel momento presi una decisione dalla quale non sarei più tornata indietro, proprio come i Magi che non tornarono al loro Paese per la solita strada, né andarono a riferire a Erode: avrei riscoperto il ruolo dei Santi nella mia vita, rispolverando – letteralmente – i libri che non leggevo più da anni e acquistandone di nuovi.

Ricordo ancora la meraviglia di una delle mie cugine di Portici, venuta a Milano al seguito dei miei familiari, quando mi accompagnò in libreria e mi vide acquistare il Compendio del Catechismo (il Papa aveva raccomandato di leggerlo anche ai giovani, se non sbaglio), una guida del santuario di Pompei (a Milano, fatto molto singolare) e, assolutamente a caso, una piccola biografia dei santi Luigi Versiglia e Callisto Caravario, Salesiani, martiri in Cina nel 1930. Curioso anche questo: avevo smesso di leggere agiografie a causa di un giovane allievo di san Giovanni Bosco, ed ecco che riprendevo grazie a due suoi figli spirituali...

Da Colonia in poi, quindi, ho maturato una gratitudine immensa e una devozione molto forte per i Magi. La mia cugina napoletana di cui sopra mi ha anche regalato un libro di un autore che avevo imparato ad apprezzare grazie a lei, nel quale lui raccontava la leggenda del “quarto re”, concludendola assai diversamente e imprevedibilmente dalla narrazione tradizionale. Purtroppo è fuori catalogo, altrimenti l’avrei segnalato nel paragrafo Per saperne di più.

Tuttavia non mi recavo molto spesso a Sant’Eustorgio, fino a un paio d’anni fa, e non avevo neanche mai assistito, prima di cinque anni fa circa, al corteo che passa per le basiliche oggi unite nella Comunità Pastorale intitolata proprio ai Santi Magi, sempre perché trascorrevo le vacanze a Portici.

Ancora adesso, ogni volta che sono sul tram numero 3 e scorgo il campanile che, sulla sommità, non ha la classica croce, ma una stella, mi tornano alla mente le parole che un anziano sacerdote rivolse alla mia migliore amica, quando lei era nel pieno della sua crisi vocazionale: qualora lei avesse visto la stella, avrebbe dovuto inseguirla senza esitazione.

La ricerca di quella ragazza è stata probabilmente più lunga di quella dei Magi ed è culminata col matrimonio, non con la consacrazione religiosa, come inizialmente lei credeva. La mia è ancora in corso: a differenza di diciott’anni fa, però, so di essere accompagnata e di avere degli insostituibili “indicatori di strada”, per riprendere un’altra espressione di papa Benedetto.

Prima del paragrafo sul loro messaggio universale secondo me, mi sono ricordata di un altro ricordo d’infanzia relativo a essi. Mia sorella aveva dei vecchi libretti con i testi delle canzoni dello Zecchino d’Oro e anche molti 33 giri: tra di essi c’erano le canzoni del 1979.

Uno dei brani di quell’anno rivelava la verità sui Re Magi, degna di un programma di Roberto Giacobbo: non venivano dall’Oriente, ma.. dall’Argentina! Non solo: neanche i loro doni erano quelli di cui ci parla il Vangelo!

Chissà se papa Francesco, che pure ha ricevuto in udienza il Piccolo Coro dell’Antoniano, conosce la canzone che rappresentava il suo Paese di nascita in quell’edizione dello Zecchino…


 

Il loro Vangelo

 

La storia dei Magi ha due abituali piste d’interpretazione. La prima vede in essi le primizie delle genti, ossia i primi esponenti di popolazioni provenienti al di fuori d’Israele che riconoscevano in Gesù il vero Messia.

La seconda, che ormai mi sembra prevalente, li riconosce come modelli per quanti cercano Dio e arrivano a Lui magari tramite le scienze di vario tipo. In questo, effettivamente, sembrano molto simili a santa Teresa Benedetta della Croce, che in effetti, anche se non per quel motivo, era tra i patroni della GMG 2005.

Sono due cammini che, a parere mio, non si escludono, anzi, spesso coincidono. Leggende varie hanno prolungato il loro cammino, o hanno immaginato che non sempre siano stati in grado di vedere la stella. La narrazione del Vangelo, invece, assicura che la stella li precedeva sempre, fino a posarsi sul luogo dove si trovava Gesù.

Aveva quindi ben ragione papa Benedetto XVI – preferisco non pronunciarmi sul dibattito se associarlo o meno adesso ai Dottori della Chiesa, ovviamente previa canonizzazione altrettanto immediata – a raccontare, nella veglia del 20 agosto 2005, che la loro ricerca era terminata, ma che dovevano cambiare le loro idee sul potere e su Dio. Affermò verso la fine del discorso:

Sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica anche l’odio e si esercita la violenza. Perciò è importante scoprire il vero volto di Dio. I Magi dell’Oriente l’hanno trovato, quando si sono prostrati davanti al bambino di Betlemme.

Seguendo il cammino tracciato dai Magi, che hanno dato inizio alla «processione dei santi» di cui l’allora Pontefice parlava nella medesima omelia, sono quindi sicura di non sbagliare strada.

 

Per saperne di più

 

Pino Pellegrino, Vivere da Magi, Elledici 2005, pp. 32, € 2,50.

Pensato come sussidio in preparazione della GMG di Colonia, è valido ancora oggi per quanti, giovani soprattutto, vogliono camminare verso Dio come hanno fatto i Magi.

 

Mario Luzi, L’adorazione dei Magi e dei pastori, Interlinea 2004, pp. 32, € 8,00.

Due testi poetici affiancati all’Adorazione dei Magi di Pieter Brueghel il Vecchio.

 

Fulvio De Giorgi, I Re Magi - Un cammino nei secoli, La Scuola 2017, pp. 144, € 14,00.

Ricostruzione di come la storia e la leggenda dei Magi, nel corso del tempo, abbia avuto varie espressioni culturali e interpretazioni.

 

Giovanni di Hildesheim, Il viaggio dei Re Magi, San Paolo Edizioni 2017, pp. 180, € 30,00.

Un testo risalente alla seconda metà del Trecento nel quale confluiscono le conoscenze documentarie e leggendarie dei secoli precedenti, in un’edizione illustrata con quarantaquattro opere artistiche relative all’adorazione dei Magi.

 

Giovanna Ferrante, I Magi in piazza Duomo - Tradizioni milanesi sul Natale, Ancora 2013, pp. 112, € 11,00.

Le tradizioni natalizie milanesi, che comprendono anche il già citato corteo dei Magi di Sant’Eustorgio.

Commenti

Post più popolari