Il Beato Bartolomé Blanco Márquez – Giovane cristiano a tutto campo (Cammini di santità # 42)
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Quella
del personaggio di cui parlo oggi è una storia di cui non penso proprio che mi
sarei mai occupata, almeno nell’immediato: santiebeati.it aveva già una
sua scheda biografica ben fatta e, soprattutto, non avevo alcun legame con lui,
almeno fino al 17 gennaio scorso.
Riesaminando
infatti la lista di soggetti per la mia rubrica su Sacro Cuore VIVERE,
il direttore mi ha proposto di aggiungere appunto lui. A dirla tutta, altre
volte ho scritto di martiri spagnoli del XX secolo, anche dei Salesiani che
fanno parte del suo stesso gruppo: mi è quindi servito come base cronologica.
Dopo
aver esaminato rapidamente l’articolo che il direttore mi aveva sottoposto come
fonte principale, ho pensato che sarebbe stato ottimo riportare la sua storia
per il numero di maggio, così da riprenderlo qui il 1° dello stesso mese: la
testimonianza del Beato Bartolomé, infatti, è caratterizzata dall’impegno
cristiano nel mondo del lavoro.
Il 9
febbraio, quindi, mi sono messa all’opera e ho inviato il mio contributo al
direttore. L’indomani, però, ho ricevuto un’osservazione: le traduzioni
italiane degli estratti degli scritti, che avevo riportato così come le avevo
trovate nella mia fonte, erano molto zoppicanti. Il direttore suggeriva
pertanto di ritradurle o di trovare traduzioni migliori; in alternativa,
indicava di lasciare perdere.
Leggendo
quell’ultima frase, mi ha preso una stretta al cuore: ormai sentivo di essermi
affezionata a Bartolomé e non volevo accantonare il suo racconto. Mi sono
quindi data da fare a cercare traduzioni migliori, anche invocando la sua
intercessione.
In
effetti, ho rintracciato una resa assai più scorrevole di una sua espressione
tratta dalla lettera ai familiari scritta mentre era in attesa della condanna a
morte, mentre per un’altra, ricavata dalla lettera alla sua fidanzata, vergata
sempre quando era a un passo dal martirio, ho tentato una traduzione mia.
Il 30
marzo, il direttore mi ha mandato l’anteprima del numero di maggio, chiedendomi
di controllare il mio pezzo. Lì per lì credevo che andasse bene, ma rileggendo
ho notato una svista proprio nella traduzione della lettera alla fidanzata.
L’ho
rimandata cambiando un verbo, ma il direttore mi ha fatto notare che preferiva il
verbo da lui scelto, perché lo riteneva più caloroso e umano; in effetti, aveva
ragione. Ho spedito di nuovo il pezzo dopo aver trovato, su vari siti, una
traduzione univoca della stessa parte della lettera, tenendo però il verbo
indicato dal direttore.
Infine,
preciso che ho scelto come sottotitolo la parte della Strenna 2023 del Rettor
Maggiore dei Salesiani di Don Bosco dedicata a lui. Nel corpo dell’articolo spiego cosa
sia la Strenna, ma anche perché l’attuale successore di san Giovanni Bosco
abbia proposto la storia di Bartolomé e di altri laici esemplari della Famiglia
Salesiana a tutti coloro che ne fanno parte (ma non solo).
*
* *
Pozoblanco,
provincia di Cordova, 5 novembre 1933. Si sta svolgendo un comizio organizzato
da Azione Popolare, formazione nella quale i laici difendono i principi
cattolici, i loro interessi e i loro obiettivi, per sostenere la dignità
dell’impegno politico. A un certo punto, prende la parola un giovane. Tutti in
paese lo conoscono: è Bartolomé Blanco Márquez, fabbricante di sedie.
Quanti
l’ascoltano restano ammutoliti, davanti alla fermezza con cui presenta le
proprie convinzioni: «Io sono un operaio, sono nato da genitori che pure lo
erano. Sono vissuto e vivo nell’ambiente di ristrettezze delle classi umili e
sento correre nelle mie vene, esacerbate a volte dal fuoco dell’entusiasmo
giovanile, una protesta, un’energica protesta, contro coloro che credono che
non siamo uomini come loro perché abbiamo avuto la disgrazia – o forse la sorte
– di nascere nella povertà, di usare il camice da lavoro e avere le mani ruvide
e callose. Però chiariamo i concetti: sono operaio e sono cattolico».
Alla scuola dei Salesiani e della Dottrina Sociale della Chiesa
Bartolomé nasce proprio a Pozoblanco, il 25 dicembre 1914. Da bambino sperimenta molto presto due gravi lutti: gli muore la madre, per l’influenza “spagnola”, quando non ha ancora quattro anni, e il padre quando ne ha dodici, a causa di un grave incidente.
Viene
allevato dagli zii, presso i quali viveva già dalla morte della madre: a loro
resterà sempre affezionato e grato. Intreccia una profonda rete di relazioni
con i compagni di scuola e gli amici, cementata dal rispetto e dall’aiuto
reciproci. Anche la fede, vissuta sin da bambino, è per lui una relazione di
amicizia con Gesù.
Nel
settembre 1930 la sua vita ha una prima svolta, grazie all’arrivo in paese dei
Salesiani. Bartolomé comincia a frequentare l’oratorio festivo: diventa
catechista e animatore. La sua partecipazione ai circoli di studio compensa la
formazione scolastica, che ha interrotto per dedicarsi al lavoro: a questo lo
stimola don Antonio do Muiño, che gli procura dei libri e una macchina da
scrivere. Il ragazzo comincia a diventare un’autentica guida per gli altri
oratoriani: è ingegnoso, vivace, impegnato anche nell’Azione Cattolica, dove
ricopre il ruolo di segretario.
Diventa
inoltre Salesiano Cooperatore, per vivere ancora più profondamente secondo lo
stile di don Bosco. Basa la sua regola di vita sulla preghiera, l’amore all’Eucaristia,
la partecipazione frequente ai Sacramenti, la devozione alla Madonna. Ricorre
con assiduità ai consigli di don Antonio do Muiño e partecipa agli Esercizi
spirituali.
Per
avere una conoscenza maggiormente completa della questione sociale, viene
inviato all’Istituto Sociale Operaio di Madrid, ente specializzato nella
formazione per l’apostolato tra gli operai. Nonostante la giovane età e
l’istruzione scarsa, impara a leggere la realtà e a indirizzare il proprio
impegno politico secondo la Dottrina sociale della Chiesa. Nel 1934 annota con
determinazione di aver capito a cosa Dio lo stia chiamando: «Come poter
conquistare gli operai? non certo facendo il “signorino”, ma vivendo con loro,
provando i loro sentimenti, soffrendo i bisogni che loro soffrono… io che
voglio conquistare alla causa di Cristo questi operai, voglio continuare a
essere un operaio».
Nel
1935 i suoi orizzonti si ampliano ancora di più: grazie a un viaggio in
Francia, Belgio e Olanda conosce la Gioventù Operaia Cristiana (JOC) e le altre
organizzazioni sindacali cattoliche, incontra nuovi amici, si sente ancora più
motivato a vivere da operaio e da cristiano.
Un cammino
controcorrente
Il popolo spagnolo, però, sta vivendo un periodo drammatico, cominciato con la proclamazione della Seconda Repubblica, il 14 aprile 1931. Nel clima sociale e politico del tempo vengono perseguitati vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli laici; tra questi, sono particolarmente presi di mira quanti appartengono alle associazioni di vario tipo o si dedicano ad attività apostoliche.
Le
ideologie del marxismo e del socialismo prendono facilmente piede tra gli
operai, incitando alla lotta di classe e alle azioni violente nei confronti dei
“padroni”. Bartolomé, invece, non si lascia trascinare: aderisce ad Azione
Popolare e, nella sola provincia di Cordova, arriva a fondare otto sezioni dei
sindacati cattolici, dei quali è stato nominato delegato. Nei suoi comizi
lascia impressionati gli uditori. Con energia sostiene il corporativismo
cattolico, che considera uno degli strumenti per una vera trasformazione
sociale secondo i criteri del Vangelo. Insieme ai suoi amici e colleghi, si
pronuncia anche in difesa della dignità della donna, alla quale riconosce il
ruolo di baluardo dei valori che fondano la vita, come l’educazione e la fede,
e a favore dell’indissolubilità del matrimonio. Lui stesso s’impegna in
un’unione che vuole per sempre, fidanzandosi con María Cabello García, detta
Maruja.
Pubblica
anche alcuni articoli per diffondere la Dottrina sociale tra i giovani. A loro
si rivolge dalle pagine di El Cronista del Valle, il 25 maggio 1935:
«Siamo giovani e pertanto non possiamo restare inattivi; siamo cattolici e
pertanto non possiamo vedere con indifferenza le innumerevoli ingiustizie della
società moderna. Non siamo riformatori del tipo dei signori rispettabili con la
lunga barba bianca, prudenti per costituzione. Ancor meno siamo avventurieri
senza coscienza della propria dignità e che per sistema adottano quello della
demagogia più assurda. Siamo giovani, giovani cattolici: non possiamo
accontentarci di ascoltare una Messa e dare qualche centesimo ai poveri»; un
atteggiamento che, continua, «è tutto tranne che cattolicesimo, perché si
identifica con il fariseismo».
Tuttavia,
la guerra è sempre più imminente. Il 30 giugno 1936, Bartolomé, tornato a casa
in licenza dal servizio militare, si rende conto del caos in cui versa anche il
suo paese natale. Dopo alcuni tira e molla, il 15 agosto si giunge a un patto
tra la Guardia Civile (la polizia regolare) e le milizie popolari di
Pozoblanco: nessuna vita sarebbe stata messa a rischio.
Dopo la
resa del 15 agosto, i Salesiani decidono di lasciare la cittadina e di
rifugiarsi presso alberghi o case private. Ben presto, però, si ritrovano
insieme nel carcere cittadino, dove vengono giudicati sommariamente. Tranne don
Claudio Sánchez, che viene rilasciato, vengono tutti condannati a pene
detentive.
La vendetta del
perdono
Quanto a Bartolomé, inizialmente si dà alla fuga. Dopo qualche giorno, il 18 agosto, torna sui suoi passi e si consegna spontaneamente ai miliziani. Il 24 settembre viene trasferito nel carcere di Jaén, dove sono imprigionati molti altri sacerdoti e laici. Cinque giorni dopo, viene sottoposto a processo, con i seguenti capi di accusa: essere di destra, ribellione alla Repubblica, congiura contro il governo costituito, assassinio. Sotto quelle accuse si nasconde la volontà persecutoria contro il suo impegno per il Vangelo e per la giustizia.
Mentre
il pubblico grida e lo insulta, Bartolomé mantiene un contegno dignitoso, anche
se interiormente soffre perché il suo delatore è un vecchio compagno
d’infanzia, che, a differenza sua, odia profondamente la Chiesa.
Sia il
giudice che il segretario del tribunale si dichiarano meravigliati di fronte
all’integrità dell’imputato, che non vacilla nemmeno quando il procuratore
annuncia che è condannato alla pena di morte: «Avete creduto di farmi del male
e invece mi fate del bene, perché mi cesellate una corona».
Il 1°
ottobre 1936, durante le sue ultime ore di vita, Bartolomé scrive alcune
lettere. Agli zii e cugini confida: «Conosco tutti i miei accusatori; arriverà
il momento in cui anche voi li conoscerete; dovete comportarvi come io mi sono
comportato, non perché valga qualcosa il mio esempio, ma perché vicinissimo
alla morte mi sento anche vicinissimo a Dio nostro Signore, e il mio
comportamento nei confronti di chi mi accusa è di misericordia e perdono. Sia
questa la mia ultima volontà: perdono, perdono, perdono»; «Vi chiedo di
vendicarmi con la vendetta del cristiano: ricambiando con molto bene coloro che
hanno cercato di farmi del male».
All’amata
Maruja invece raccomanda, a pochissime ore dalla pena capitale: «Voglio
chiederti solo una cosa: che tu abbia a cuore, in ricordo dell’amore che
abbiamo provato e che in questo momento si accresce, la salvezza della tua
anima come obiettivo principale, perché così riusciremo a riunirci in cielo per
tutta l’eternità, dove nessuno ci separerà».
All’alba
del 2 ottobre, a ventidue anni non ancora compiuti, si avvia quindi alla morte:
è a piedi nudi, per assomigliare anche esteriormente a Gesù crocifisso. Con un
gesto sorprendente, bacia le mani del miliziano che deve ammanettarlo. Infine,
rifiuta di essere fucilato con la schiena rivolta al plotone di esecuzione:
«Chi muore per Cristo», afferma, «deve farlo frontalmente e a petto scoperto.
Viva Cristo Re!». Con quell’ultimo grido, e con le braccia aperte a forma di
croce, cade sotto i colpi dei fucili, accasciandosi presso una quercia.
Bartolomé
è stato beatificato il 28 ottobre 2007 a Roma, inserito nella causa intestata a
Enrique Sáiz Aparicio e 62 compagni, Salesiani e diocesani (laici e sacerdoti)
delle diocesi di Madrid, Cordova e Siviglia. È uno dei laici della Famiglia
Salesiana su cui si sofferma maggiormente la Strenna 2023, il messaggio annuale
del Rettor Maggiore, che ha come titolo «Come lievito nella famiglia umana
d’oggi – La dimensione laicale nella Famiglia di Don Bosco». I suoi resti sono
venerati nella chiesa dell’Istituto Salesiano di Pozoblanco.
Originariamente
pubblicato su «Sacro Cuore VIVERE» 3 (maggio 2023), pp. 22-23 (visualizzabile
qui)
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