Giovannimaria Rainaldi, quando la vita splende senza arrendersi

Giovannimaria il giorno della sua Prima Comunione,
13 giugno 2012,
nella chiesa di Sant’Antonio di Padova a New York
(fonte

Chi è?

Giovannimaria Rainaldi nacque a Roma il 31 marzo 2006, nella clinica della Santa Famiglia, terzogenito di Oliviero Rainaldi, artista, e Cinzia Fratucello. Il 24 maggio seguente fu battezzato nella basilica di Sant’Eugenio Papa: il suo nome, scritto senza trattini o spazi, era in omaggio ai santi Giovanni Battista ed Evangelista e alla Vergine Maria, però tutti, in famiglia, lo chiamavano Gio.

Cresceva bene, ma durante le visite pediatriche sua madre si accorse di alcuni problemi a cui, inizialmente, non fu dato peso. Nell’ottobre 2007 un’ecografia evidenziò una massa oscura, che una successiva TAC chiarì essere di natura tumorale: precisamente, un ganglioneuroblastoma, che aveva già inglobato il rene destro.

Due cicli di chemioterapia risultarono efficaci, quindi fu deciso di sottoporre il bambino a un’operazione presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, avvenuta il 19 settembre 2007: gli fu asportato il rene, ormai necrotico, per evitare lo strozzamento dell’aorta. Dai controlli successivi la malattia sembrava non avere più segni.

Giovannimaria passò tutto il 2008 e parte del 2009 serenamente, trascorrendo le vacanze in famiglia e alimentando il suo rapporto con Dio, che già appariva non comune per un bambino della sua età; in particolare, aveva imparato a recitare il Rosario ed era attratto dall’Eucaristia.

Durante le vacanze estive del 2009 il neuroblastoma ricomparve: Giovannimaria fu quindi ricoverato all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma per altri cicli di chemioterapia, poi volò ancora a New York per un’ulteriore operazione. Trascorse il Natale 2009 al Bambino Gesù, quindi, dimesso, iniziò a frequentare la scuola al Petranova International Institute.

Il 2010 portò una terza recidiva, in seguito alla quale la diagnosi fu ulteriormente precisata: neuroblastoma dei tessuti molli, in forma rarissima. Nel giro di un mese il bambino ebbe due interventi in rapida successione, ancora una volta a New York, dove lo raggiunsero anche le sorelle e la figlia che la madre aveva avuto da una precedente unione. Tutti insieme trovarono casa grazie a Lavinia, una generosa benefattrice.

Anche nel 2011 Giovannimaria fu operato due volte, la seconda delle quali durante il Triduo Pasquale. Dopo l’ultima operazione, con la madre andava a Messa anche quotidianamente e recitava il Rosario con la famiglia al completo.

Subito dopo la Pasqua del 2012, il bambino manifestò problemi di equilibrio: non riusciva più a stare in piedi senza vacillare. L’anno prima, incontrando nel monastero del Corpus Christi, nel quartiere newyorkese del Bronx, il cardinal Timothy Dolan, arcivescovo di New York, gli aveva chiesto per due volte di dargli la Comunione.

Questo suo desiderio fu esaudito da padre Jordan Kelly, Domenicano, uno dei sacerdoti con cui aveva fatto amicizia: il 13 giugno 2012, nella chiesa di Santa Caterina da Siena a New York, Giovannimaria ricevette la Prima Comunione. Alla fine dello stesso mese concluse anche la nursery (l’asilo d’infanzia).

Ai primi di luglio, sua madre fu convocata dai medici, perché le venisse annunciato che il bambino andava incontro a morte certa. Lui stesso, però, ne era già consapevole, a giudicare dalle parole che le rivolse. Data la gravità del suo caso, ricevette anche la Cresima, il 19 luglio 2012, nella sua stanza al Memorial Sloan Kettering Cancer Center.

Ci fu un nuovo miglioramento, tanto che Giovannimaria poté trascorrere il Natale seguente a Roma, con tutta la famiglia. Gradualmente, in lui, si faceva strada uno spirito d’intercessione per i bambini non nati, per quelli che non accettavano la malattia e la sofferenza, ma anche per le famiglie in crisi.

Tornato a New York, si aggravò rapidamente. Festeggiò il suo settimo compleanno nel giorno in cui, quell’anno, cadeva la Pasqua, poi entrò nell’ultima fase della malattia. Fu dimesso perché potesse morire in casa, ma domandò di poter rimanere lucido fino all’ultimo. Trascorse gli ultimi giorni congedandosi dai familiari, dagli amici e da quanti gli erano rimasti vicini.

Morì a New York il 30 maggio 2013, al mattino del giovedì del Corpus Domini. Ebbe tre cerimonie funebri: una a New York, nella chiesa di Santa Caterina da Siena; una a Roma, nella chiesa di Santa Maria Consolatrice; l’ultima a Montagnana (in provincia e diocesi di Padova), nel Duomo di Santa Maria Assunta. I suoi resti mortali riposano nel cimitero cittadino di Montagnana.

 

Cosa c’entra con me?

Il 13 maggio 2002, ormai un anno fa, mentre ero al computer, ho pensato di andare sul sito VinoNuovo. Digitando la lettera “v”, il completamento automatico del mio browser mi ha però suggerito il sito dell’editrice Velar. Visto che da tempo non andavo a controllare se ci fossero nuove pubblicazioni, ho deciso di visitare quello e non l’altro.

Tra i nuovi arrivi c’era proprio la biografia di Giovannimaria, che quasi subito mi ha interessata. Poco dopo, anche un mio conoscente mi ha mandato lo stesso identico link alla pagina del libro.

Non avendo mai sentito parlare di quel bambino, ho però intuito che poteva essere un buon soggetto per la mia rubrica sul periodico degli Amici del Venerabile Silvio Dissegna, su bambini, ragazzi e (in misura minore) giovani che hanno vissuto da cristiani la sofferenza e che potevano avere qualche collegamento con la vita, appunto, di Silvio Dissegna.

Ho cercato nome e cognome di Giovannimaria – peraltro mi aveva colpito molto che il suo nome fosse scritto di seguito – e ho trovato subito il sito ufficiale. Tuttavia, l’ho consultato da mobile, perché il browser del mio computer non riusciva a visualizzarlo (poi ne ho installato un altro).

Sono rimasta sbalordita da come si parlasse di lui in termini di esemplarità a quasi nove anni dalla morte e, soprattutto, senza porsi scrupoli circa il giudizio ufficiale della Chiesa, come invece a me, tante volte, era stato indicato di fare. Essendoci un sito ufficiale, non valeva la pena di realizzare un suo profilo per la categoria Testimoni di santiebeati.it; alla fine ci ha pensato il collega Daniele Bolognini.

Ciò nonostante, continuavo a pensare che valesse la pena di approfondire la storia di quel bambino. Ne sono stata ancora più convinta dopo aver letto l’articolo pubblicato sul numero del 19 giugno 2022 di Maria con te.

Una dei miei fedeli lettori mi ha incoraggiata a scrivere qualcosa a mia volta. Tuttavia, ho declinato l’invito, perché sentivo che il legame con lui fosse tanto esile da non meritare un post. O meglio, ho promesso che avrei aspettato il 30 maggio, decimo anniversario della morte di Giovannimaria. Il 4 ottobre 2022, però, è accaduto qualcosa che mi ha condotta a capitolare definitivamente.

Mi trovavo a Roma, per partecipare al convegno La santità oggi, organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi. Dato che la sede del convegno, l’Istituto Patristico Augustinianum, era nelle vicinanze della chiesa di Santo Spirito in Sassia, e che lì non ero mai stata nei miei passaggi romani, ho approfittato della pausa tra una sessione d’interventi e l’altra per visitarla e per recitare comunitariamente la Coroncina alla Divina Misericordia. Tra l’altro, era l’ultimo giorno della novena in preparazione alla memoria liturgica di santa Faustina Kowalska, a cui si deve la diffusione di quella preghiera e di altre forme di culto alla Divina Misericordia.

Terminata la Coroncina, seguita dalle litanie a santa Faustina, mi sono avvicinata all’ingresso del negozietto interno alla sacrestia della chiesa, che le Suore di Nostra Signora della Misericordia, giustamente, tengono chiuso durante le preghiere comunitarie.

Non appena sono entrata, ho incrociato una suora che aveva in mano una rosa realizzata con nastri di raso verde, bianco e rosso-violetto, posata su un centrino di carta. Ho esclamato che era bellissima, così me l’ha regalata. Lì per lì sono rimasta esterrefatta: non era santa Teresa di Gesù Bambino a elargire rose in segno di grazie ricevute?

Quindi ho cominciato a guardarmi attorno alla ricerca di qualcosa da portare a casa, diverso dalle riproduzioni del quadro di Gesù Misericordioso o dalle corone del Rosario. Poco dopo, su di una mensola, ho trovato alcune copie della guida della chiesa, che avevo acquistato online. Non solo: c’era anche un esemplare della biografia di Giovannimaria.

Effettivamente, avevo pensato che, essendo lui di Roma, avrei trovato più facilmente da quelle parti il libro in questione, senza ordinarlo all’editore o in una delle mie librerie di fiducia qui a Milano. Avevo visitato una delle librerie vicine a San Pietro, ma non l’avevo visto. Proprio non mi aspettavo, invece, di trovarlo in quella sacrestia, quasi fosse lì apposta per me.

Subito dopo, ho iniziato a pensare che avevo letto troppe storie di Santi e affini per avere avuto quell’idea. Quando, sollevando la copertina, ho trovato che conteneva ben tre santini di Gio (di cui uno con la preghiera in inglese), ho abbandonato ogni briciolo di razionalità.

Come avrei capito più tardi, sua madre veniva spesso in quella chiesa a pregare e, quando tornava, lui insisteva perché intonassero insieme il canto «Gesù confido in te». Lo ripeteva anche nell’ultimo periodo della malattia, tra una terapia e un intervento.

Ho atteso di poter leggere la biografia fino alla scorsa settimana, così da prepararmi per scrivere questo post. Ho compiuto come uno slalom tra i ricoveri e le terapie, per scorgere, grazie all’autrice della biografia, il nucleo della spiritualità di Giovannimaria, ma anche per non fermarmi all’aspetto doloroso della sua vita.

Certo, erano riprodotte le fotografie in cui lui era sul letto d’ospedale, ma anche quelle durante le vacanze, le feste in famiglia e i pellegrinaggi: dovevo pensare anche a quei momenti di gioia, per cercare di comprendere integralmente il suo modo di vivere.

Mi ha meravigliato, poi, riconoscere che la sua famiglia non poteva spesso permettersi i viaggi intercontinentali, la permanenza a New York e le varie cure. La biografia riferisce che nulla sarebbe stato possibile senza l’intervento di vari benefattori, nonché di segni che apparivano come conforto della Provvidenza divina.

Ho anche riscontrato che io e lui siamo affini perché anche a lui piacevano la musica e il canto, religioso e non solo. Un musicoterapista conosciuto a New York gli aveva insegnato a suonare una chitarra, dono di una benefattrice: ancora oggi, conosciuta come Gio’s Guitar (la chitarra di Gio), viene usata per insegnare ai bambini malati come lui. Inoltre, mi consta che Elisa, la sorella maggiore (la figlia di primo letto della madre), abbia realizzato una playlist con i suoi brani preferiti, regalandola su CD a quanti erano venuti al funerale newyorkese.

Come dimostrano le altre pagine di questo blog, anch’io sento di vivere la Comunione dei Santi in modo analogo a come succedeva a lui, il quale del resto diceva che i Santi venivano inviati dalla Madonna al momento giusto per le persone che avevano bisogno di loro. Ora che ci penso, forse per me vuol dire che ora io ho bisogno del suo aiuto.

Gio viveva la Comunione dei Santi in senso orizzontale, con tutte le persone, consacrate e non, di vari gruppi, associazioni e movimenti, che pregavano per lui e che ancora oggi lo ricordano con affetto.

In senso verticale, grazie ai suoi incontri con molte figure di Santi e candidati agli altari, avvenuti più o meno come a me è accaduto con lui. Limitatamente a quelli canonizzati che c’entrano anche con me e di cui ho scritto qui, amava e venerava san Pio da Pietrelcina, san Francesco d’Assisi, santa Teresa di Calcutta, santa Francesca Saverio Cabrini, san Giuseppe Moscati, san Filippo Neri e san Giovanni Battista Scalabrini

Inoltre, all’inizio del suo percorso di cure, sua madre aveva invocato Antonietta Meo, detta Nennolina: anche lei era di Roma, anche lei si era ammalata di tumore (osteosarcoma, nel suo caso), ma era morta a sei anni e mezzo. La partenza per New York avvenne il 17 dicembre 2007, il giorno in cui fu promulgato il decreto sull’eroicità delle virtù di Antonietta.

Oggi, proprio a Santa Croce in Gerusalemme, la chiesa che custodisce le spoglie di questa bambina Venerabile, sarà celebrata la Messa per il decimo anniversario di Giovannimaria.


Il suo Vangelo

Effettivamente, anche per chi, come me, ha letto molte altre vicende esemplari con protagonisti bambini e ragazzi, l’esperienza di Gio lascia sbalorditi in più di un punto.

Le sue intuizioni sul mistero del dolore, sulla preghiera d’intercessione e sulla vicinanza di Gesù e della Madonna possono essere state influenzate dalle omelie che può aver ascoltato, o dalle conversazioni con i sacerdoti e le religiose che pregavano per lui e che gli volevano bene, ma lui è riuscito a trarne una sintesi personale, lasciando agire la Grazia di Dio al di là dei suoi limiti fisici.

Ha trovato il coraggio di esclamare che la Croce è bella: inizialmente in riferimento al monumento sul monte Križevac a Medjugorje, nel suo primo pellegrinaggio lì a ridosso della Pasqua del 2009, poi dipingendola a colori vivaci (evidentemente aveva ereditato dal padre l’inclinazione artistica), infine prendendo in mano la croce intrecciata da sua sorella Elisa e, mentre la manovrava come di solito i bambini fanno con gli aeroplani giocattolo, commentando che Gesù porta tutti con Lui su di essa.

Allo stesso tempo, Gio ha amato la vita: la propria, quella di chi gli voleva bene, ma anche dei “cattivi”, come chiamava lui i peccatori, come anche dei bambini costretti a non nascere e degli altri piccoli pazienti degli ospedali in cui è passato.

Solo così può essere tentata una spiegazione di quelle parole che rivolse alla madre, quando aveva iniziato le terapie per evitare di vacillare. Secondo lei, era come se avesse colto il grido del suo cuore, quando aveva chiesto a Dio cos’altro Lui volesse ancora dal suo bambino, il quale, dal canto suo, ha affermato:

Mamma, la vita è bella.

Questa vita me l’ha donata Gesù, ed è bella, capito?

Never give up, mamma!

Mamma, la tua immaginazione non può arrivare a vedere le cose belle che Gesù sta preparando per me e per te.

Questo incoraggiamento lascia ancora di più senza parole: è successo a me e sono sicura che accade a chiunque si lascia affascinare da testimonianze come quella di Giovannimaria e della sua famiglia.

 

Su Internet

Sito ufficiale di Giovannimaria Rainaldi 

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