Sulla scia di… Andrea Sorrentino

La facciata della chiesa di San Giovanni Battista a San Giovanni a Teduccio (foto mia)

Finalmente, dopo quasi quattro anni, sono tornata a Napoli, o meglio a Portici, dove abitualmente trascorrevo le vacanze con i miei familiari, ospite di una zia materna. Il mio ultimo passaggio lì è avvenuto nel 2019, per il matrimonio di una mia cugina; poi i rischi di contagio da coronavirus e altre questioni ci hanno impedito di partire.

L’occasione, questa volta, è la Prima Comunione, che sarà celebrata domenica prossima, della figlia di una mia cugina, appartenente sempre al lato materno della mia famiglia. I giorni di vacanza sono veramente pochi, o comunque non abbastanza per riuscire a visitare tutte le attrattive culturali e i luoghi della fede che vorrei.

In uno, però, ho sentito di dover tornare dopo quasi un decennio, per ragioni non dissimili da quelle che, il 20 agosto 2015, mi avevano condotta a Ponticelli, principale luogo di ministero di don Fabrizio De Michino: pregare nei luoghi cari ad Andrea Sorrentino, alunno del Seminario di Napoli. Ecco come ho scoperto la sua storia.

 

L’antefatto

Domenica 5 settembre 2022 stavo tornando da tre giorni di Esercizi Spirituali, trascorsi a Villa Sacro Cuore a Tregasio di Triuggio, durante i quali avevo tenuto rigorosamente spento il telefono cellulare. Appena arrivata alla stazione ferroviaria, l’ho riacceso: come previsto, mi sono arrivati tutti insieme un sacco di messaggi WhatsApp.

Uno di essi, da parte di un mio conoscente, delle 13:48 aveva come allegato un video preso da TikTok, senza nessun’altra didascalia. Non ero molto intenzionata a scaricarlo per non ingolfare la memoria del telefonino, ma alla fine l’ho fatto, ripromettendomi di cancellarlo se non era di mio gradimento.

Invece lo era eccome: anzitutto perché, in quel filmato, parlava una suora che conosco, appartenente alle Ancelle della Regina dei Gigli; più di una volta ho visitato il Tempio della Regina dei Gigli a San Giorgio a Cremano, non lontano da Portici, dove lei abita.

Ho quindi preso gli auricolari del telefonino e mi sono apprestata a sentire cos’avesse da dire e perché quella persona, che non sapeva del mio legame con la suora o non lo ricordava, mi avesse inviato quel video.

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Già il titolo, Un seminarista speciale, mi sembrava piuttosto allettante: credevo, infatti, che la suora parlasse di Alessandro Galimberti, il seminarista delle mie parti cui sono molto affezionata e del quale avevo raccontato anche a lei. Quando però ha riferito che il “suo” seminarista era stato alunno dell’asilo da lei, ho capito che non si trattava di lui.

Ho accolto immediatamente il suo invito a pregare per quel ragazzo, pur non sapendone il nome visto che lei non lo riferiva, e immaginando, dalle sue parole, che fosse molto grave ma non in fin di vita. Non diceva nemmeno la malattia che l’aveva colpito, se è per questo. Per una questione di prudenza, tuttavia, non mi è venuto da ricorrere, s’intende privatamente, all’intercessione di Alessandro.

La mattina del 5 settembre ho telefonato a mia cugina Patrizia, mia accompagnatrice in molti luoghi santi napoletani, per chiederle se sapesse qualcosa di quella faccenda. Mentre parlavo, ho avuto l’idea di provare a cercare sui social network del Seminario.

Ancora una volta, quella richiesta di preghiere mi era arrivata troppo tardi: il seminarista un nome ce l’aveva, Andrea Sorrentino, ed era morto proprio la mattina di domenica 4 settembre. Anche se in modo più digitale ma non meno concreto, mi sembrava di rivivere quello che mi era accaduto il 3 settembre di dodici anni addietro, quando mi era stato chiesto di pregare per Massimiliano Infante, seminarista di Torino, poche ore prima che stesse per esalare l’ultimo respiro.


 

Partono le ricerche

Ho di nuovo avvertito dentro di me il desiderio di saperne di più, partendo, com’è ovvio, dalla pagina Facebook del Seminario di Napoli. Da lì ho ricavato un altro dettaglio che mi accomunava ad Andrea: era nativo di Napoli, più precisamente nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, di dove mio padre è originario.

Anche la sua parrocchia di nascita, intitolata a San Giovanni Battista, è la stessa che mio padre frequentava da bambino e da ragazzo. Sono stata solo una volta in quella chiesa, anche se non dista molto da Portici; mi pare fosse durante le vacanze di Natale del 2008.


Ho appurato che i funerali erano stati celebrati poche ore prima, però non me la sono sentita di seguire il video (non riesco a incorporarlo perché i canti della celebrazione sono stati percepiti come violazione del diritto d’autore!), tenendolo tuttavia buono come fonte. Attendevo, invece, la pubblicazione dell’omelia di monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli.

Continuando le mie indagini, ho visto che il post del Seminario che annunciava la sua morte era stato ricondiviso dalle pagine Facebook di due parrocchie: quella di Maria SS. di Caravaggio in Barra (anche Barra, come San Giovanni a Teduccio, è un quartiere di Napoli che un tempo era comune autonomo) e del SS. Salvatore in Ercolano. Ne ho dedotto che forse avrà prestato tirocinio pastorale lì.

Sempre scandagliando Facebook, avevo notato che il Seminario di Napoli aveva appena cambiato Rettore: quello appena entrato in servizio, evidentemente, non ha avuto il tempo di conoscere Andrea.

In ogni caso, non me la sentivo di agire immediatamente per scrivere un suo profilo. Forse era il caso di aspettare almeno il trigesimo, sia per avere ulteriori fonti, sia per evitare di compiere un’operazione di sciacallaggio. In più, speravo di poter tornare a Napoli presto, ma alla fine ho rimandato.

Potevo comunque sperare che i giornalisti, come si dice, scrivessero le bozze della sua storia. Come immaginavo, Rosanna Borzillo, corrispondente da Napoli per Avvenire, ha scritto la cronaca dei suoi funerali, pubblicata il 6 settembre, menzionando l’omelia di monsignor Battaglia.


Una telefonata inattesa

Alle 21.28 del 5 settembre, comunque, ho mandato un messaggio di condoglianze a don Francesco Rivieccio, Delegato Arcivescovile per le Cause dei Santi a Napoli, nel quale assicuravo preghiere di suffragio per Andrea. Dieci minuti dopo mi ha scritto che ha girato il mio messaggio a un seminarista suo compagno.

Il 6 settembre, alle 13.25, ho ricevuto una telefonata da un numero sconosciuto. Era Pasquale, il seminarista di cui sopra. Nel corso della conversazione, durata quasi un quarto d’ora, gli ho spiegato chi sono, cosa mi lega a Napoli e perché mi sono interessata alla storia di Andrea.

Pasquale mi è stato a sentire con grande disponibilità, non mi ha presa per matta per questa mia passione – è gran cosa, di questi tempi – e si è reso pronto ad aiutarmi a mettermi in contatto con chi potesse aiutarmi a stendere il profilo di Andrea. Mi ha commossa profondamente quando ha definito “tuo” Alessandro, del quale non potevo non parlargli, e ancora di più nel dire “il nostro Andrea”.

Qualcuno dei miei lettori starà sicuramente scuotendo il capo, al pensare che adesso non mi basta più importunare i seminaristi di Milano. Proprio per questa ragione, dopo quello scambio di messaggi, non ho più scritto a Pasquale, sia per rispettare il suo dolore per la perdita dell’amico, sia per non disturbare il suo percorso in vista, se Dio vorrà, del sacerdozio.

 

Quel poco che sapevo di lui

Dalla conversazione con Pasquale e dagli altri indizi raccolti, ho appreso quanto segue, riportato in ordine più o meno cronologico:

    • Andrea ha frequentato l’asilo dalle Ancelle della Regina dei Gigli a San Giorgio a Cremano e l’Università alla Suor Orsola Benincasa, ma non sapevo in quale facoltà (ora so che studiava Lingue);
    • Ha lasciato la mamma e una sorella, Virginia;
    • Cantava, e anche bene;
    • Era molto devoto alla Madonna;
    • Ha tenuto una testimonianza vocazionale nella parrocchia di Santa Maria del Popolo a Torre del Greco, in occasione della Giornata del Seminario di non ho capito quale anno;
    • Le altre parrocchie dov’è passato sono, come ho già scritto, Maria SS. di Caravaggio in Barra e SS. Salvatore in Ercolano;
    • Monsignor Michele Autuoro, ora Vescovo ausiliare, lo conosceva bene perché è stato Rettore fino appunto a settembre 2022;
    • L’arcivescovo monsignor Battaglia era in costante collegamento con lui e ogni sera l’andava a trovare;
    • Papa Francesco gli ha telefonato;
    • Aveva un tumore tanto aggressivo da paralizzarlo quasi completamente: poteva muovere solo il viso e le mani;
    • Stava male da un anno e si era aggravato il 22 agosto 2022;
    • È morto all’alba del 4 settembre, in casa sua, cosciente fino all’ultimo (agli amici aveva detto di essersi meravigliato di aver superato la notte benché avesse dolori ventiquattr’ore su ventiquattro).

 

L’intervento su TV 2000

Con l’approssimarsi della partenza, ho iniziato a fantasticare di poter visitare il Seminario di Napoli, proprio come la prima volta in cui, sotto una pioggia battente (ma comodamente seduta in automobile), ho varcato l’ingresso di quello della mia diocesi a Venegono Inferiore.

In alternativa, mi sarebbe bastato pregare a San Giovanni, molto più vicina a Portici. Il massimo sarebbe stato avere un’immagine-ricordo di Andrea, da tenere insieme a quelle dei preti vivi e defunti e dei seminaristi scomparsi che porto nel cuore.

Giovedì scorso, mentre viaggiavo in treno verso Saronno per le prove del Gruppo Shekinah, il coro di cui faccio parte, ho pensato di guardare le anticipazioni dei programmi di TV 2000, pubblicate sul sito dell’emittente dal relativo Ufficio Stampa, specie quelle del contenitore mattutino Di Buon Mattino.

Facendo voltare i miei vicini di posto, ho emesso un gridolino di esultanza al leggere che proprio oggi, nel primo spazio del programma, sarebbero state ospitate sua madre e sua sorella.

Alla gioia, come spesso mi accade, è subentrato un senso amaro d’invidia: ad Alessandro, infatti, quella stessa emittente aveva dedicato solo cinque risicatissimi minuti. Di Giampiero Morettini, seminarista di Perugia, Servo di Dio già a meno di dieci anni dalla morte, aveva invece più volte parlato, come anche di don Salvatore Mellone, di Barletta, ordinato sacerdote con dispensa speciale per malattia. Ci sono momenti in cui, davvero, fatico a comprendere perché Dio non voglia che Alessandro goda della loro stessa notorietà.

Ecco quindi il video della trasmissione, che non ho seguito in diretta perché ero comunque sicura che l’avrei recuperato.


 

La mia visita a San Giovanni

Questa mattina ho deciso di andare a San Giovanni, non prima di aver visto almeno metà della registrazione della trasmissione, nella quale erano ospiti la madre di Andrea, Maria Rosaria, e la sorella, Virginia (da quel che ho capito, il padre è morto da tempo).

Il filobus che mi occorreva è arrivato quasi subito, ma mentre aspettavo ho iniziato a vedere il filmato, impegnandomi a memorizzare i dati più utili a un eventuale profilo biografico e a non cedere, in nessun modo, alla commozione. È stato difficile non sentirmi prossima alle lacrime, se non altro perché, da alcune fotografie mostrate, ho capito che anche Andrea era alla canonizzazione celebrata a Roma un anno fa, suppongo nel gruppo per san Giustino Maria Russolillo (qui il mio diario di viaggio).

Ho raggiunto la chiesa di San Giovanni dopo neanche dieci minuti di tragitto, ma ho pensato di dover entrare senz’aspettare di aver finito di vedere il filmato. Non la ricordavo così magnifica, con la volta interamente ricoperta da mosaici con figure di angeli e apostoli, ma anche con frasi del Vangelo riferite alla missione di san Giovanni Battista.

Mi sono inginocchiata e ho iniziato a pensare a quante volte Andrea avrà fatto lo stesso lì, sebbene non sapessi di preciso, in quel momento, se avesse avuto qualche incarico speciale in parrocchia.

 

I ricordi delle sacrestane

L'altare della chiesa
 (foto mia)

Dopo un tempo che mi è parso adeguato, mi sono alzata e mi sono diretta verso la sacrestia. Una signora che parlava con un uomo ha notato la mia presenza, mi ha salutata e mi ha chiesto cosa cercassi: io ho farfugliato che volevo pregare lì per ricordare Andrea. Come immaginavo, la signora si è meravigliata appena le ho svelato di venire da Milano e di aver approfittato di questa vacanza per visitare la chiesa.

Subito dopo, mi ha riportata all’interno, perché voleva indicarmi una cosa: il posto preciso in cui lui sedeva quando prestava servizio all’altare, ovvero il primo sedile da sinistra per chi guarda dalla navata. 

Mi ha raccontato che lui, quando pregava, appariva totalmente rapito in Dio. Effettivamente, nel collegamento dal Seminario di Napoli contenuto nella trasmissione, viene raccontato che il suo modo di pregare era uno degli aspetti su cui i formatori s’interrogavano, desiderosi di capire se la sua fosse affettazione, vuoto formalismo, o non amore sincero e religiosità profonda.

La signora si è quindi diretta da una sua amica, Rita, che stava cambiando l’acqua a un vaso di fiori. Anche lei si è stupita non poco, poi ha preso il telefonino e mi ha mostrato moltissime foto che ritraevano Andrea: ora con i capelli, ora senza a causa della malattia; ora in abiti secolari, ora in cotta e veste; costantemente sorridente, al di là delle occasioni liturgiche, nelle quali aveva un contegno serio.

Per ricambiare, ho mostrato loro una fotografia di Alessandro, provando però un notevole rammarico: le foto di Rita erano insieme ad Andrea, mentre quella che avevo fatto vedere derivava da un’immagine che avevo caricato su Instagram, e comunque mi era stata procurata da un’altra persona, non l’avevo fatta io.

Mi è venuto spontaneo, a quel punto, dare un consiglio a Rita e alla sua amica: loro e gli altri parrocchiani devono custodire i ricordi delle esperienze vissute con Andrea, provvedendo anche a salvare su qualche altro dispositivo le fotografie del telefonino, e magari provare a dare una forma organica ai racconti su di lui.

Ho concluso affermando: «Se avete bisogno di una mano, io ci sono!». Subito dopo, mi sono portata una mano alla bocca: pur sapendo, dagli articoli letti e dal video di TV 2000, che «Io ci sono» era la frase con cui Andrea concludeva i suoi messaggi, non l’ho usata volutamente.

Ovviamente, le sue familiari non c’erano, e nemmeno il parroco. Rita e la sua amica, che ho scoperto chiamarsi Emilia come me, mi hanno invitato a tornare, magari in occasione della Messa, così da parlare con il loro parroco. Mi è sembrato di vederle felici per quello che avevo raccontato, ma ancora di più ero felice io, per non essere stata fraintesa, disprezzata, ritenuta fissata con seminaristi vivi e defunti.

Andandomene, ho chiesto a Emilia dove ora riposi Andrea. Mi ha risposto che la sua tomba è nel cimitero di San Giovanni, ma non mi ha saputo indicare la collocazione. In verità, a sentire l’intervento di sua madre e sua sorella, non è tanto importante cercarlo al camposanto, ma sapere di poterlo trovare nella Comunione dei Santi concretizzata nella celebrazione della Messa, quella stessa che lui, come Alessandro e tanti altri, aspirava di poter celebrare e vivere.


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