Don Giuseppe Ambrosini, uomo di preghiera e di grandi ideali

Foto scansionata da un santino

Chi è?

Giuseppe Ambrosini nacque a Soave, in provincia e diocesi di Verona, il 4 febbraio 1899, ultimogenito di Paolo Luigi Ambrosini, falegname agricolo, e di Maria Anna Verzini, casalinga. Crebbe educato alla fede dai suoi genitori, mostrando uno spiccato amore per l’Eucaristia.

A dieci anni si trasferì a Villanova, frazione del comune di San Bonifacio, in diocesi di Vicenza, dove i suoi genitori avevano trovato lavoro come fittavoli; la famiglia abitò nell’ex abbazia adiacente alla chiesa di San Pietro, diventata parrocchiale.

Continuò però a frequentare le elementari a Soave fino alla conclusione di quel corso scolastico. Divenne poi allievo della piccola scuola parrocchiale istituita da don Gaetano Martinelli, parroco di San Bonifacio, per i ragazzi che sembravano inclini alla vocazione sacerdotale.

Tre anni più tardi, Giuseppe superò gli esami per essere ammesso al Seminario vescovile di Vicenza, iniziando dalla quinta ginnasiale. Affrontò seriamente gli impegni di studio e di preghiera, consolidando la propria vocazione.

Tuttavia, suo padre non lo voleva sacerdote: era l’unico figlio che gli rimaneva, perché gli altri dodici erano tutti morti in tenera età e prima che nascesse lui. Così Giuseppe accettò di uscire dal Seminario e di concludere le superiori al liceo Scipione Maffei di Verona, ottenendo il diploma nel luglio 1907.

Quando Giuseppe sembrava ormai destinato a intraprendere gli studi di Ingegneria, suo padre cedette e dichiarò che lui stesso l’avrebbe accompagnato in Seminario. Il 4 novembre 1907 riprese gli studi, affrontando la Teologia senza lasciarsi influenzare dalle teorie del Modernismo. Intanto, s’impegnò a combattere il suo amor proprio: divenne calmo e cordiale, da irrequieto com’era prima.

Nell’autunno 1910 dovette sospendere gli studi per il servizio militare. In quel periodo, per non rinunciare alla Comunione quotidiana, cominciò a frequentare la chiesa della Casa Buoni Fanciulli di Verona, fondata da don Giovanni Calabria. Fu rimandato a casa dopo tre mesi, perché aveva contratto la pleurite.

Il 30 luglio 1911, con dispensa di diciotto mesi sull’età canonica, fu ordinato sacerdote. Rifiutò la proposta di suo padre, ovvero vivere da “privato” a Belfiore, per non affaticarsi troppo: voleva, infatti, restare obbediente a quel che il vescovo avrebbe deciso per lui.

Venne quindi assegnato alla parrocchia di Arzignano come cappellano, ossia viceparroco. Come già da seminarista, fu particolarmente vicino ai ragazzi, ai malati e a quanti erano messi ai margini della società rurale. Sognava però di associarsi a don Calabria, ma non lo rivelò a nessuno, tranne che al diretto interessato.

Sette mesi dopo il suo arrivo ad Arzignano, dovette lasciare la parrocchia perché malato di tubercolosi polmonare. Partì il Sabato Santo 1912 per Villanova, ma, appena si fu ripreso, chiese al suo vescovo di poter trascorrere la convalescenza alla Casa Buoni Fanciulli, per seguire i ragazzi ospiti e pregare con calma.

Dal 19 al 26 settembre 1912 visitò Lourdes, chiedendo alla Madonna la grazia di andare in Paradiso. Nell’ottobre seguente ebbe un malore mentre celebrava la Messa: lasciò quindi Verona, tornando a Villanova, ma da lì partì per il sanatorio di Sondalo, in provincia di Como. Tornò a casa quando ormai per lui non c’era più nulla da fare. Morì quindi a Villanova il 31 marzo 1913, a ventiquattro anni compiuti.

Il 10 luglio 1990 il Papa san Giovanni Paolo II dichiarò che don Giuseppe aveva esercitato in grado eroico le virtù cristiane. I suoi resti mortali riposano dall’11 giugno 1963 nella cripta della chiesa di San Pietro Apostolo in Villanova, in via San Bonifacio 1, a Villanova di San Bonifacio.

 

Cosa c’entra con me?

Non riesco a ricordare con esattezza il modo in cui ho sentito parlare per la prima volta di don Giuseppe. Forse è avvenuto perché il webmaster di santiebeati.it si era accorto che la sua scheda biografica era praticamente assente e mi aveva incaricata di realizzarne una nuova.

Nemmeno sono in grado di ricostruire quando ho pensato di contattare l’abbazia di Villanova, certa che, se lui era sepolto là, avrei trovato qualcuno in grado di aiutarmi. Se non sbaglio, fu proprio l’abate-parroco a inviarmi una biografia e un bel po’ di santini. Con l’aiuto dell’Internet Web Archive, ho appurato che la scheda nuova è stata pubblicata il 9 novembre 2014; di conseguenza, suppongo di aver scoperto don Giuseppe pochi mesi prima.

Due anni più tardi ho visto l’uscita di una nuova, piccola biografia, che non ho tardato a procurarmi. Mi è servita per rielaborare e correggere leggermente la scheda biografica, ripubblicata il 27 settembre 2016.

Il 25 marzo scorso, Carla, conduttrice su Radio Oreb della rubrica Santi giovani giovani santi e mia fedelissima lettrice, mi ha inviato un messaggio WhatsApp per invitarmi a intervenire, con una registrazione audio, alla trasmissione prevista per il 31 marzo, a centodieci anni dalla morte di don Giuseppe.

Non che non mi ricordassi di lui, tutt’altro; allo stesso modo, rammentavo a grandi linee il suo percorso di vita, specialmente per quel che riguardava l’amicizia con san Giovanni Calabria. Per intervenire, però, era giusto che dessi una ripassata ai contenuti delle biografie.

Sicuramente il primo motivo, in don Giuseppe, che aveva destato il mio interesse, era legato alla sua giovane età e ai pochi anni di ministero. Leggendo i suoi propositi scritti alla vigilia dell’ordinazione diaconale, ovvero il 29 aprile 1911, ho trovato in apertura lo stesso desiderio di santità che animava altre figure di giovani uomini, avviati al sacerdozio o no, e giovani donne, desiderose di consacrarsi o ancora in cerca della vocazione.

Mi ha però colpito la precisazione di don Giuseppe: voleva farsi santo, certo, ma a tal punto da santificare anche gli altri. Una santità, quindi, che non si limitava alla perfezione personale, ma che si doveva espandere, per far riconoscere in lui la presenza di Dio.

In seconda battuta, ero rimasta ammirata dalla tenacia con cui aveva difeso la propria vocazione e da come avesse riconosciuto l’intervento della Madonna nel ravvedimento di suo padre. Infine, mi aveva commosso il racconto dei suoi ultimi giorni, specie nel punto in cui ricordava di aver già offerto la propria vita al Signore.

Riprendendo in mano i testi su di lui, invece, sono stata colpita da un altro elemento: la continua richiesta agli amici, ai confratelli, al cugino e a don Calabria, di pregare per lui. Chiedeva loro di ottenergli da Dio una completa accettazione di quello che gli capitava, anche se comportava rinunciare a un ministero vivace e attivo come quello di altri sacerdoti. Penso che la sua preghiera non fosse distorta o scorretta, ma aperta alla disponibilità al volere di Dio, proprio come quella di Gesù.

Quanto agli aspetti che me lo rendono affine, ho riscontrato che, in Seminario, lui promuoveva l’Apostolato della Preghiera, formando parecchi gruppi tra i chierici, gli alunni del liceo e quelli del ginnasio. Distribuiva le “pagelle” (presumo che siano quelli che oggi si chiamano “biglietti mensili” con le intenzioni del Papa e dei Vescovi) e invitava i compagni a recitare i Nove Uffici in onore del Sacro Cuore di Gesù, sicuro che avrebbero portato molti vantaggi alle loro anime.

Lo ha testimoniato, nella prima biografia scritta da don Luigi Peloso su incarico di san Giovanni Calabria, don Giuseppe Barban, che appunto era studente ginnasiale negli anni in cui studiava anche lui. Sono sicura che qualcuno dei lettori ricorderà questo nome: penso proprio che sia uno dei figli della Beata Eurosia Fabris Barban, nota ai devoti come Mamma Rosa.

L’amicizia con don Calabria è un legame molto più diretto, seppur basato sulla Comunione dei Santi. Don Giuseppe, ancora seminarista-soldato, forse si ricordava del suo passaggio in Seminario per una conferenza, ma è sicuro che ogni giorno affrontava di corsa la salita di San Zeno in Monte per ricevere la Comunione: fu quella fatica, insieme a quelle della vita militare, a causargli la pleurite.

I Poveri Servi della Divina Provvidenza, ramo maschile dell’Opera di Don Calabria, non esistevano ancora al tempo. Don Calabria lo considerò, in ogni caso, il primo sacerdote a essa associato, tanto più che, morendo, lui disse che qualcun altro avrebbe preso il suo posto. Di fatto, il 24 agosto 1914, don Luigi Pedrollo, che aveva conosciuto don Giuseppe in seminario, chiese al vescovo il permesso di consacrarsi nell’Opera: divenne l’immediato successore del fondatore (anche per lui la causa è in corso).

 

Il suo Vangelo

Il messaggio che don Giuseppe comunica a centodieci anni dalla sua scomparsa, nonché a sessanta dalla traslazione dei suoi resti, è quello di un ideale di santità calato nel concreto: nel suo caso, ha comportato resistere mentre la vocazione veniva contrastata, pensare a come vivere sobriamente e in modo distaccato dai beni materiali (suo padre era un contadino, ma aveva un tenore di vita agiato), scegliere di servire gli emarginati pur senza negare il proprio tempo anche ai ricchi.

Visse quest’ultimo aspetto sin da seminarista e anche quand’era in vacanza dal Seminario, lasciando denaro e quanto potesse servire a migliorare, almeno un po’, la vita dei malati e dei contadini.

Aveva anche il desiderio di educare i ragazzi: ad Arzignano promosse qualcosa di simile a un oratorio, mentre nella convalescenza alla Casa Buoni Fanciulli si prestava a ogni servizio, per educare meglio i ragazzi anche alla preghiera.

Avvertiva il contrasto tra le esortazioni che gli venivano rivolte e la realtà, che comportava per lui «poltrire» (usa proprio questo verbo) a letto mentre tanti avevano bisogno di aiuto. Lo evidenzia nella lettera scritta il 18 novembre 1912 da Sondalo a don Luigi Pedrollo:

Quanta poesia nelle sue espressioni! ma quanto prosastica è la realtà, la mia miseria! Ma confido di cominciare una buona volta con la grazia del Signore a rimediarmi davvero e a vivere abbandonato nelle mani del Signore, che è la sola sapienza che tutto dispone.

È per questo abbandono che molti, nella sua diocesi soprattutto, continuano a ricordarlo e a sperare che, un giorno, possa arrivare anche per lui la beatificazione. Auguro anche ai preti della mia diocesi, ordinati ieri, che oggi celebrano la loro Prima Messa, di poter prendere spunto dalle sue virtù.

 

Per saperne di più

Maria Bertilla Fianchetti, Il Venerabile don Giuseppe Ambrosini – Una giovinezza per Dio, Velar 2016, pp. 48, € 3,50.

L’unica biografia attualmente in commercio, che inserisce don Giuseppe nel suo contesto sociale e religioso e presenta la sua vita e stralci delle sue lettere.

 

Su Internet 

Pagina su di lui del sito dell’abbazia di Villanova – parrocchia di San Pietro in Villanova

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