Beata Maria Laura Mainetti – Una semplice suora che sconfigge il male (da «Sacro Cuore VIVERE»)
La fotografia più famosa di suor Maria Laura risale agli anni ’80 del secolo scorso; fu realizzata durante una gita scolastica (fonte) |
Il numero di giugno di Sacro Cuore VIVERE,
dell’Opera Salesiana del Sacro Cuore di Bologna, rivista a cui collaboro ormai
da otto anni, riporta un’ampia intervista al cardinal Oscar Cantoni, vescovo di
Como.
Uno dei meriti che gli riconosco è quello di avere,
come anche i suoi predecessori immediati, un intuito formidabile per le
testimonianze di fede sorte negli ultimi anni dal suo popolo, molte delle quali
sono state presentate, nel corso dell’XI Sinodo diocesano, nella mostra a
pannelli Sui loro passi e sull’omonimo sito, cui sono collegati una
pagina Facebook e un profilo Instagram, tutti a cura del Centro Diocesano
Vocazioni di Como.
Non poteva mancare, tra i Testimoni lì presentati (ovvero
Beati, Venerabili, Servi di Dio e figure senza la causa in corso; i Santi canonizzati
hanno una sezione a parte), la Beata Maria Laura Mainetti, Figlia della Croce.
Avevo proposto al direttore della rivista di occuparmi di lei nella rubrica Cammini
di santità a ridosso della beatificazione, anche perché avevo visitato Chiavenna poco prima del decreto sul martirio.
Ritenevo infatti che fosse una figura molto utile
per i nostri lettori, che, come mi era stato descritto all’inizio della mia
collaborazione, sono soprattutto famiglie, religiosi (Salesiani e non solo) ed
educatori. Dato che il programma di due anni fa era già molto fitto, avevo
scritto un post classico su di lei.
La mia idea è stata però ripresa quest’anno, ma non
nella mia abituale rubrica, bensì in quella dove vengono presentate figure per
le quali, molto spesso, esiste fama di martirio, ma non è stata verificata con
l’avvio di una causa di beatificazione e canonizzazione.
Nel caso di suor Maria Laura, invece, grazie
all’attenzione delle suore Figlie della Croce e del vescovo del tempo,
monsignor Alessandro Maggiolini, da due anni possiamo definirla sicuramente
martire, perché la Chiesa ha espresso ufficialmente il proprio giudizio in tal
senso.
Recentissimamente, poi, mentre leggevo la biografia
di don Gabriele Amorth per il post pubblicato il giorno dell’uscita de L’Esorcista
del Papa,
ho appurato come a lui non fosse sfuggita la connotazione satanica
dell’omicidio perpetrato dalle tre ragazze al tempo minorenni (ho omesso i cognomi
per ragioni di riservatezza, anche se quel libro li presentava completi). Altre
fonti, che avevo consultato a ridosso della beatificazione di suor Maria Laura,
mettevano invece in risalto la noia che aveva spinto le ragazze a quel gesto.
Ora mi viene da pensare che i due aspetti non si
escludano, ma che sia molto più doveroso evidenziare la luce che è venuta da un
fatto che, da subito, era apparso tragico. Spero di esserci riuscita.
* * *
Nella parrocchia di San Bernardino, a Villatico di
Colico, il parroco, don Domenico Songini, sta ascoltando la confessione di una
delle ragazze. È Teresina Elsa Mainetti, che conosce da molto tempo. A un certo
punto della confessione, gli viene da porle una domanda: «Ma tu cosa vuoi fare
nella vita?». La ragazza è quasi stupita, perché non si è mai posta la
questione: ha anche tanti amici, uno dei quali afferma di volerle bene in modo
speciale. Risponde però subito: «Penso di fare
qualcosa di bello per gli altri». Il parroco incalza: «Allora
pensaci bene. In che modo? Tu devi fare qualcosa di bello per gli altri».
Quella frase risuona in lei, riempiendola di gioia.
Da allora e fino alla fine dei suoi giorni cercherà di dare senso pieno alla
propria vita e, allo stesso tempo, di rendere felici quanti le accadrà
d’incontrare.
Alla scoperta della “perla preziosa” della vocazione
Teresina Elsa nasce il 20 agosto 1939 a Colico, in provincia di Lecco e diocesi di Como, decima figlia di Stefano Mainetti e Marcellina Gusmeroli, la quale muore pochi giorni dopo averla data alla luce per un’infezione post-parto. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza nella frazione di Villatico di Colico, educata alla sobrietà e all’apertura agli altri.
Tre donne l’aiutano a maturare e a crescere: sua
sorella Romilda, la seconda moglie del padre e suor Maria Amelia delle Figlie
della Croce, suore presenti in paese. A quest’ultima la madre, morente, aveva
affidato la piccola Teresina, che viene ammessa, nell’ottobre 1951,
nell’istituto «Laura Sanvitale» di Parma e all’annesso collegio, diretto dalle
stesse religiose. Verso la fine delle magistrali, annuncia in famiglia che ha
deciso d’iniziare il cammino per capire se Dio la chiama a essere una di loro.
Nello stesso incontro in cui rievoca l’invito da
parte di don Domenico Songini racconta cosa sia per lei la vocazione: «Si entra
nella vita religiosa fondamentalmente a causa di Cristo, scoperto come “la
perla preziosa”, come il “tesoro”. È Lui, Dio, che chiama. Non siamo noi a
scegliere per primi. Inizialmente è un sentirsi amati da Dio, un sentirsi
guardati con fiducia. Si stabilisce con Lui una relazione interpersonale: tutti
gli altri beni, le altre relazioni, senza essere negati o disprezzati, vengono
posposti a Cristo, in Lui trovano la loro giusta collocazione».
Nel periodo del postulandato, vissuto a Roma,
meraviglia le compagne perché non viene mai udita proferire parole di critica:
sorride del fatto che, per questo suo atteggiamento, l’hanno soprannominata
“santa Teresina”. Cambia però nome con l’ingresso in noviziato, l’11 febbraio
1958, diventando suor Maria Laura: da una parte, come per tutte le novizie di
quell’anno, in onore della Madonna e del primo centenario delle apparizioni di Lourdes,
dall’altra per ricordare la figlia, morta ancora giovane, di Lilia, la vicina
di casa che l’ha sostenuta economicamente negli anni del collegio. Pronuncia i
voti perpetui il 25 agosto 1964 a La Puye, in Francia, nella casa madre della
sua congregazione.
Educatrice e soccorritrice dei poveri
Suor Maria Laura insegna per due anni a Vasto e per un anno a Roma, ma Chiavenna, in provincia di Sondrio e diocesi di Como, è il luogo dove vive la maggior parte del suo impegno, in tre periodi non consecutivi: si occupa dei bambini della scuola elementare, ma anche delle giovani ospiti del convitto per studenti del locale Istituto alberghiero. Conseguita la specializzazione in fisiopatologia, nei primi anni Settanta lavora anche con i bambini dell’Enaoli (Ente nazionale per l’assistenza agli orfani dei lavoratori) particolarmente accanto a quelli con difficoltà intellettive e del comportamento.
Nei suoi appunti, lasciati su vecchie agende o su
fogli volanti, riflette su cosa significhi per lei essere un’educatrice. Lei,
in realtà, si sente guidata da Dio, come annota il 25 febbraio 1974: «Il Signore
è per te Maestro, educatore, padre. Prova a pensare come vuole sviluppare i
germi che sono in te, fino a realizzarti, fino a farti divenire una creatura
ben riuscita. Gesù è l'essere più ben riuscito del Padre e noi siamo sulla
stessa strada: Egli è il modello. Siate misericordiosi come il Padre. Che
meraviglia! Che chiamata! Noi ci realizziamo in questo modo. Siamo creature per
creare, per sviluppare negli altri questi germi di amore (creatività)».
Oltre ai compiti specifici, presta il suo aiuto in
molte altre occasioni. Il 25 aprile 1996 ricorda le due ore trascorse con
Carmelina, una donna tanto povera da non avere nemmeno il bagno in casa: «Oggi,
durante questa esperienza ho colto che mi hai dato FIDUCIA: hai voluto farti
servire da me… Sì, sei Tu Gesù che soccorri in me il povero». Poco prima, il 6
marzo 1996, aveva ripensato all’aver portato l’Eucaristia, in quanto Ministro
Straordinario, a un’anziana signora: «Tu grande, potente, sapiente,
misericordioso, hai voluto servirti di me. Perché Gesù? Abbi pietà di me».
L’ascolto delle persone che vengono a bussare alla
porta delle suore è un altro modo con cui suor Maria Laura ricorda loro che Dio
non le abbandona. Concretizza in tal modo la scritta che ha voluto porre
accanto alla cappella della comunità: «Entra per pregare – Esci per amare». La
preghiera è infatti, per lei, fondamentale, e trova il suo «momento focale»
nella Messa, dove «tutto viene assunto da Lui e a tutto viene data una
risposta».
Anche per le ragazze del convitto cerca di essere
un riferimento, perché sa per esperienza cosa significhi crescere sostenuta da
altre donne. Osservando la realtà giovanile, così riflette: «I giovani,
nell’odierna società, sono i più poveri dei poveri perché facilmente
influenzabili. Sì, poveri perché spesso disorientati, sradicati, plagiati, che
soffocano un grido di vita inespresso. Sento l’urgenza di accompagnarli e
chiedere aiuto a Gesù: “folla disorientata senza pastore”. Anche oggi è così,
soprattutto i giovani non hanno punti di riferimento. Gesù, fa’ qualcosa, facci
capire in che modo essere la tua mano, il tuo gesto, il tuo prolungamento».
Il perdono, tenerezza di Dio
Alle 21.45 del 6 giugno 2000, dopo la preghiera di Compieta, le suore ricevono una telefonata: è una ragazza, che si presenta come Erika e chiede di suor Maria Laura. È la stessa che, alcuni giorni prima, aveva chiesto d’incontrarla, dicendo di essere stata violentata e di non voler abortire. La suora aveva subito chiesto a una sua conoscente, impegnata nel Centro di Aiuto alla Vita, di passare prima di lei nel luogo dell’appuntamento; Erika, però, si era allontanata.
Questa volta avvisa don Ambrogio Balatti, parroco
di Chiavenna, di vigilare a distanza, ma poi raggiunge da sola la ragazza, in
piazza Castello. Le parla e la convince a trascorrere la notte nell’istituto
delle suore; lei accetta. Don Ambrogio arriva, ma suor Maria Laura, sicura di
aver reso felice Erika, gli domanda di non darsi più pensiero per loro due.
Il mattino seguente la suora viene trovata morta,
trafitta da diciannove coltellate, in via Poiatengo, una strada isolata. Vengono arrestate tre ragazze minorenni:
Veronica ovvero la finta Erika, autrice della telefonata, Ambra, poi riconosciuta
come la mente del gruppo, e Milena. Inizialmente dichiarano di aver voluto
compiere un atto eclatante, per scuotere la comunità chiavennese. Nei loro
diari e nei loro computer, però, vengono trovate tracce di un interesse per il
satanismo: la stessa modalità dell’omicidio ha connotazioni di quel genere. Nel
successivo processo civile vengono dichiarate colpevoli di omicidio volontario;
dopo aver scontato la loro pena (ridotta a metà per Ambra e Milena), ora sono
in libertà.
In una lettera destinata alle Figlie della Croce di
Chiavenna, Milena descrive le fasi dell’omicidio, ma soprattutto aggiunge:
«Mentre le facevamo tutto questo, lei ci ha perdonato. Non posso che avere da
parte sua un ricordo d’amore. E oltre questo mi ha anche permesso di credere in
qualcosa che non è Dio né satana, ma che era una semplice donna che ha
sconfitto il male».
Il perdono non è stato un atto improvvisato, ma una
grazia ottenuta con la preghiera. Lo testimonia un altro appunto di suor Maria
Laura: «Tu, Padre, sei Tenerezza. Non sono capace di perdonare, ma anche un
bambino, se preme un bottone, può sollevare il peso di un quintale. Il bottone
è chiedere l’aiuto dello Spirito, della grazia, appoggiandosi al fatto di
essere FIGLI. Se mi apro, sono umile, prego, Gesù continua a perdonare in me!
Sono forte in Lui che è la mia FORZA. Annuncerò ai ragazzi che credere in
Cristo significa essere capaci di amare e perdonare».
La vicenda di suor Maria Laura non è rimasta tra
quei fatti tragici di cronaca nera con una connotazione oscura, come se ne sono
verificati tanti nei primi anni Duemila. L’accortezza della diocesi di Como e
delle religiose sue consorelle, infatti, ha permesso di confermare le
definizioni di “vittima innocente” e di “martire” che le sono state
immediatamente attribuite. Alla sua beatificazione, celebrata il 6 giugno 2021
nello stadio comunale di Chiavenna, era presente una grande folla, che
comprendeva anche le delegazioni internazionali delle Figlie della Croce.
Originariamente
pubblicato su «Sacro Cuore VIVERE» 4 (giugno 2023), pp. 22-23 (visualizzabile qui)
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