Samuele Faroni, che irradiava la luce dell’Eucaristia

 

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Chi è?

 

Samuele Faroni nacque il 31 luglio 1996 a Suzzara, in provincia e diocesi di Mantova, secondogenito di Marco Faroni ed Elide Bulgarelli. Fu battezzato il 4 ottobre seguente, per via del legame dei genitori con san Francesco d’Assisi, seguito a una missione al popolo di frati e suore francescani nel 1988.

Visse con la famiglia a Pegognaga, dove il padre, nel 1993, era diventato casaro, ovvero presidente di una cooperativa produttrice di Parmigiano Reggiano; la madre, invece, dopo la nascita della primogenita Veronica, aveva lasciato il suo lavoro d’ufficio per dedicarsi alla famiglia.

Fu coinvolto dalla sorella a diventare ministrante, anche se era più vivace di lei. Crebbe sereno, sveglio, attento e curioso; a scuola era tra i primi della classe. Viaggiava spesso con la famiglia, o per le vacanze o per qualche pellegrinaggio: le tappe fisse, ogni anno, erano Loreto e Assisi.

Proprio durante un pellegrinaggio con la parrocchia in Terra Santa, nel 2006, il parroco di Pegognaga, don Marco Cerutti, domandò ai genitori di poter amministrare a Samuele la Prima Comunione con due mesi circa d’anticipo, perché lo riteneva pronto e preparato. Ottenuto il permesso, il bambino ricevette quel Sacramento il 3 aprile 2006, nella chiesa vicina al luogo del Cenacolo, a Gerusalemme.

Nel 2000 i Faroni rilevarono l’azienda agricola di cui era proprietario il padre di Marco, ovvero il nonno dei ragazzi: Samuele aiutava a sua volta, specie nelle vacanze estive. Aveva una passione per i motori, da quello del trattore agricolo a quello del motorino Vespa ereditato dalla madre, finché non ebbe un mezzo tutto per sé.

Inizialmente praticò la pallacanestro, ma tra i dieci e gli undici anni passò al calcio, anche perché gli allenamenti erano proprio a Pegognaga; arrivò a militare nelle giovanili dello Sporting Pegognaga. Dopo le scuole medie, scelse d’iscriversi al liceo scientifico degli Istituti Redentore, scuola paritaria della diocesi di Mantova, dove sua sorella era studentessa del liceo artistico.

Nell’estate 2013, tra un periodo di vacanza con i familiari e l’altro, Samuele partecipò, precisamente nel mese di giugno, a Progetto Davide, una tre giorni per adolescenti, al Centro Giovanile Francescano “Terra dei Fioretti” di Loreto. Tornò a casa entusiasta, domandando ai genitori di riportarlo lì per Giovaninsieme, appuntamento previsto per il 13 ottobre, in cui si sarebbero ritrovati i ragazzi e i giovani che avevano partecipato alle altre iniziative.

Il 13 settembre 2013, dopo la colazione, a sua madre parve di vederlo più bello del solito; l’impressione fu la stessa che ebbe il padre, quando lo salutò, mentre era accompagnato dalla madre a prendere la corriera con cui sarebbe andato a scuola.

La sera dell’indomani, 14 settembre, mentre tornava a casa con il motorino da un appuntamento con alcuni amici, Samuele fu investito da un’automobile, a circa un chilometro dall’arrivo; il conducente raccontò di non averlo visto. Fu soccorso subito da due signore, poi, altrettanto immediatamente, fu raggiunto da sua sorella, che stava andando a Messa, ma era tornata indietro, al vedere il suo casco rotolare a terra.

Anche i genitori accorsero, chiamati da Veronica, e andarono con Samuele, lucido e cosciente ma gravemente ferito, all’ospedale di Mantova. Mentre aspettava l’arrivo dei medici, il ragazzo chiese ai familiari di chiamargli un sacerdote. Quando capì che non era possibile, fu udito dalla sorella chiedere perdono al Signore per tutto il male che sentiva di aver commesso.

I sanitari prospettarono l’amputazione di un piede e della milza, quindi lo condussero in sala operatoria. L’intervento non ebbe esito positivo: Samuele fu dichiarato morto nella notte, il 15 settembre 2013, a diciassette anni compiuti.

I suoi funerali si svolsero nella palestra cittadina di Pegognaga, in quanto la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta era inagibile a causa del terremoto del 2012 (è poi stata demolita). La tomba di Samuele si trova nel cimitero di Pegognaga.

 

Cosa c’entra con me?

 

Due mesi fa, a giugno, ho guardato le ultime uscite dell’editrice Velar, come mi capita ogni tanto. Ho subito notato la pubblicazione del libro su Samuele, anche se ho esclamato interiormente: «Oh, no! Ecco un altro giovane di cui dicono che è un santo, e che magari è morto un anno o due fa!». La seconda intuizione era scorretta, come ho indicato prima, visto che sono passati dieci anni; ammetto che questa è stata la molla che mi ha spinta a saperne di più.

Ho quindi ordinato il libro il 10 luglio, soprattutto perché, a riguardo di Samuele, in Rete non si trova molto: solo la notizia dell’incidente, qualche necrologio nell’anniversario e le locandine del Memorial calcistico in suo onore. C’è anche la notizia della dedicazione a suo nome dell’aula d’informatica degli Istituti Redentore, per completezza.

L’arrivo di quello e di altri due libri è avvenuto il 13 luglio, poco prima del mio compleanno. Essendo molto agile, l’ho letto piuttosto rapidamente, ma non superficialmente. Non è una biografia in senso stretto, ma raccoglie quattro testimonianze: da parte del padre, della madre, della sorella e di suor Armanda Parente, Suora Francescana Alcantarina, che ha seguito Samuele nella tre giorni del Progetto Davide a Loreto ed era fra le religiose della missione al popolo che cambiò la vita dei Faroni.

È stata lei il tramite perché la storia di quel ragazzo arrivasse a Enrico Graziano Giovanni Solinas, che ha all’attivo altre pubblicazioni editoriali e, ancor prima, lavora al Tribunale Ecclesiastico Umbro. Dato che ha scritto la prefazione, oltre ad aver messo insieme gli altri capitoli, sarebbe più corretto dire che le testimonianze sono cinque.

Ho avuto a che fare con lui perché è postulatore di varie cause di beatificazione e canonizzazione, come quella del Venerabile Vittorio Trancanelli: gli avevo chiesto informazioni su di lui e gli avevo segnalato il mio post. Ultimamente, però, si sta interessando parecchio a bambini, ragazzi e giovani ritenuti esemplari da molti, secondo quello che mi è venuto da etichettare, solo per comodità, come “effetto Acutis”.

Più che sul modo repentino con cui la vita di Samuele si è conclusa, ho concentrato la mia attenzione su come essa si sia svolta. Gli interventi dei familiari mi hanno aiutata molto in tal senso: non troppo enfatici, affettuosi, onesti, tanto da ricordare anche i momenti in cui il ragazzo faceva il “somaro”, come dicevano i suoi amici.

Ho apprezzato anche il racconto di come i suoi genitori si fossero conosciuti e di come, quando i figli inizialmente non arrivavano, la madre si fosse opposta a ricorrere alla fecondazione assistita, inizialmente proposta dal marito. Mi ha stupito vedere come, già da un mese dopo l’incidente, siano stati pronti a raccontare di Samuele, accompagnando i suoi amici all’altra esperienza a Loreto a cui avrebbe desiderato partecipare.

La testimonianza di suor Armanda, invece, entra un po’ di più nel mistero dell’anima di Samuele, anche se molto è rimasto nascosto dentro di lui. Riferisce soprattutto che nei giorni a Loreto era allegro e giocava con gli altri ragazzi, ma la sera, mentre tutti andavano in camera, si fermava in cappella; anzi, spesso coinvolgeva qualche amico.

Il dottor Solinas conclude la prefazione scrivendo che la Pastorale Giovanile Vocazionale della diocesi di Mantova – di cui compare il logo in quarta di copertina – avrebbe simbolicamente portato Samuele alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona.

Questo mi ricordava quanto mi era accaduto a Madrid, nel 2011, quando, trovando a terra alcuni insoliti santini di san Luigi Gonzaga, avevo appreso di Gabriele Fanetti, a cui avevo dedicato uno dei miei primissimi post.

Ho quindi iniziato a pensare all’occasione più opportuna in cui parlare qui di Samuele. Di sicuro sarebbe stato dopo la GMG, così, se avessi incontrato qualche gruppo di Mantova, avrei provato a chiedere se l’avessero conosciuto; magari avrei beccato proprio i giovani di Pegognaga.

In effetti, in due occasioni ho incrociato dei mantovani, ma, mentre ero sul punto di parlare, mi sono bloccata: forse sarei risultata invadente, troppo diretta, o avrei riaperto ferite ancora dolorose (dieci anni non sono né troppi né pochi, quando si tratta di una perdita così).

Visto che domani ricorre il trentesimo anniversario del martirio del Beato Giuseppe Puglisi, del quale avevo già parlato nel venticinquesimo (ma sui miei social rilancerò il post), ho ritenuto più giusto pubblicare oggi il mio racconto su Samuele, anche perché è stato dichiarato morto il 15, ma ha avuto l’incidente il giorno prima.

Tra le scarse informazioni di cui accennavo sopra c’è, tuttavia, qualcosa di particolarmente utile. È una puntata di Tra cielo e terra, programma di Telemantova, risalente al 2020, dove parlano i genitori e altre persone che l’hanno conosciuto.


 


 

Il suo Vangelo

 

Ammetto che, conclusa la lettura del libro, mi ero chiesta quale fosse l’originalità della testimonianza di Samuele. Non mi risultava particolarmente profonda, né con guizzi di particolarità in qualche aspetto. Riprendendolo in mano per scrivere, però, mi sono resa conto che qualcosa di specifico c’era.

Anche se non ha lasciato scritti significativi – almeno, dal libro non risulta – o si è impegnato per trasmettere ad altri ragazzi la fede che aveva ricevuto, ad esempio attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, Samuele ha comunque cercato d’incontrare Gesù, a cominciare da dov’è più facile trovarlo, ovvero nell’Eucaristia.

Gli era stato insegnato a fare così dai suoi genitori, che erano credenti piuttosto tiepidi fino all’incontro col mondo francescano, poi dal suo parroco, che l’ha ritenuto in grado di ricevere la Prima Comunione in leggerissimo anticipo e proprio nel luogo in cui Gesù aveva vissuto l’Ultima Cena con gli apostoli. Non è da trascurare neanche il coinvolgimento da parte della sorella, la quale aveva voluto che l’affiancasse come chierichetto.

Inoltre, la scelta di concludere le sue giornate in cappella, nell’esperienza a Loreto, mi pare frutto di un altro suo atteggiamento naturale e non abitudinario: ogni giovedì andava con la madre all’Adorazione Eucaristica serale in parrocchia.

Anche se forse i suoi non l’hanno preso sul serio, la richiesta di volere un sacerdote doveva essere mossa dal sentire Gesù più vicino, con i Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, in quel momento estremo. Ha provato a compensare con un palese atto di contrizione in mancanza della confessione sacramentale, che non gli era permessa.

Rimanendo davanti al Santissimo Sacramento, è diventato sempre più convinto di quello che ha espresso in una frase riportata nella quarta di copertina del libro, datata 24 maggio 2013, che sua madre ha trovato appuntata sul suo tablet. È scritta anche sul marmo azzurro (scelta veramente singolare) della sua lapide, nel luogo del suo eterno riposo:

Il Signore ci è sempre vicino e ci vuole un gran Bene. Questa è la Fede.

Spero che sia la certezza di quanti, in vario modo, entrano in contatto con la luce di questo “Faro”, com’era soprannominato dagli amici. Mi piace pensare che quanti l’hanno conosciuto ed erano a Lisbona, al sentire papa Francesco che incoraggiava i giovani a “brillare”, abbiano pensato un po’ anche a lui.

 

Per saperne di più

 

Enrico Graziano Giovanni Solinas (a cura di), Samuele Faroni – Un faro in cielo, Velar 2023, pp. 48, € 5,00.

La raccolta delle testimonianze dei familiari e di suor Armanda, con molte fotografie.

 

I genitori di Samuele sono da sempre disponibili per incontri e testimonianze. Nell’ultima pagina del libro sono presenti i loro contatti, quindi li copio di seguito: unfaroincielo@gmail.com; 329 5330873.

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