Mercy Challenge #2: vestire gli ignudi
Continuo
la mia sfida alle opere di misericordia, nonostante qualcuno mi abbia fatto
presente che, così facendo, mi metto in mostra, quando invece Gesù nel Vangelo
suggerisce ben altro comportamento (cfr. Mt 6, 2-4). Avevo messo in conto osservazioni
del genere, ma intendo continuare e descrivere sia i miei sforzi per
applicarle, sia fornire dei suggerimenti ad altri. È il caso della prima opera
di misericordia corporale che mi è stato dato di compiere e che ora presento.
Non
mi sono mai posta il problema di cosa fare dei miei abiti smessi, almeno finché
non ho dovuto traslocare. Un’operazione del genere comporta, dopotutto, dover
mettere ordine nei propri beni, incluso il vestiario.
Ho
quindi iniziato a portare nella mia vecchia parrocchia valigie intere piene di pantaloni,
magliette, camicie e quant’altro; non solo miei, ma anche del resto della
famiglia. Una volta compiuto il trasloco, ho pensato di portarli nella nuova
comunità di residenza, anzi, in una delle mie due parrocchie, quella che mi
sembrava aver più bisogno (alla fine il guardaroba parrocchiale è stato
unificato).
In
una di quelle visite, ricordo che avevo portato un maglione molto bello e
praticamente nuovo. La volontaria che ha tirato fuori i capi d’abbigliamento
dalla borsa in cui li avevo trasportati ne è rimasta meravigliata, al che ho
commentato che era di mio padre. Sul viso della signora si è dipinta un’espressione
di cordoglio, ma aveva frainteso tutto: io intendevo dire che era suo ma non
gli andava più, mentre lei ha creduto che fosse morto!
Questo
mese ho ripetuto l’operazione, ma con uno spirito diverso. Non intendevo più
liberare spazio nel mio armadio, ma fare in modo che, attraverso i tessuti,
arrivasse anche un pochino del mio calore. Sono quindi andata alla Caritas
parrocchiale, trovandomi in un momento parecchio confuso: da una parte c’erano
i volontari del guardaroba, dall’altra quelli del deposito alimentare, dall’altra
le persone che, invece, avevano bisogno di ricevere qualcosa. Uno degli
incaricati ha preso il mio borsone e, dopo averlo svuotato, me l’ha restituito,
mentre una sua compagna controllava il contenuto.
Mentre
mi allontanavo, ho provato almeno a guardare le persone che erano in attesa.
Non so se proprio i miei vestiti siano andati in mano loro, ma almeno sono
sicura che potranno servire a qualcun altro.
SFIDA COMPIUTA!
# MercyChallenge
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Opere
di misericordia corporale
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dare da mangiare agli
affamati
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dare da bere agli
assetati
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vestire gli ignudi
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X
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accogliere i
forestieri
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assistere gli ammalati
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visitare i carcerati
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seppellire i morti
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Opere
di misericordia spirituale
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consigliare
i dubbiosi
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insegnare
agli ignoranti
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ammonire
i peccatori
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consolare
gli afflitti
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X
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perdonare
le offese
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sopportare
pazientemente le persone moleste
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pregare
Dio per i vivi e per i morti
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Per
contribuire a “vestire gli ignudi” ci sono almeno due modi: questo e quello che
consiste nell’inserire i capi, chiusi in sacchetti di plastica, in appositi
contenitori (a Milano sono gialli, non so altrove come siano). Personalmente,
però, preferisco rivolgermi direttamente alle parrocchie, visto che aumentano
sempre di più i poveri che bussano alle porte dei Centri d’ascolto. Se volete
agire anche voi così, non avete che da rivolgervi alla vostra Caritas
diocesana, che v’indirizzerà al più vicino centro di raccolta.
[EDIT 18/7/2016] In verità, ho appreso che la prima modalità vale solo se gli abiti sono rifiuti veri e propri, mentre con la seconda si veste effettivamente chi è nudo.
[EDIT 18/7/2016] In verità, ho appreso che la prima modalità vale solo se gli abiti sono rifiuti veri e propri, mentre con la seconda si veste effettivamente chi è nudo.
E
con questo ho compiuto le due opere per il mese di gennaio. Dal prossimo post
tornerò alle rubriche più classiche, quelle per cui ho aperto questo spazio
che, piaccia o no, serve anzitutto a me.
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