Io c’ero #18: all’incontro dei comunicatori locali, per il Campus della Pace


Foto mia
Questo post non avrebbe dovuto essere scritto. Oggi, infatti, avrei dovuto essere a Portici, dai miei parenti, reduce dal matrimonio di un mio cugino di primo grado, che si è svolto ieri a Casandrino (Caserta). Avevo già i biglietti del treno pronti e cominciato a pensare a quali libri mettere in valigia; non troppi, dato che sarei stata via per una settimana.
Lo scorso 18 settembre, però, ho ricevuto una telefonata. Era Pino Nardi, direttore di Milano Sette, il dorso domenicale di Avvenire per la diocesi di Milano, e del mensile Il Segno. Voleva chiedermi di partecipare all’incontro dell’Arcivescovo monsignor Mario Delpini con i comunicatori locali, ossia responsabili dei mezzi di comunicazione parrocchiali, operatori della Buona Stampa e animatori della comunicazione e della cultura, previsto per stamattina. Avrei dovuto esporre come ho comunicato l’iniziativa del Campus di Educazione alla Pace, che per quattro anni si è svolta nelle mie due parrocchie.

La mia prima reazione è stata di rifiuto, per i motivi che ho scritto sopra. Tuttavia, mi sono consultata con i miei familiari, i quali mi hanno aiutata a capire cosa fare. Quanto al biglietto, l’avrei passato a mia sorella. Anche i miei comparrocchiani mi hanno incoraggiata ad andare, per non parlare del viceparroco, l’ideatore del Campus (onore al merito!). Anzi, qualcuno di loro si è spinto a considerare un segno il fatto che sia stata scelta proprio la nostra realtà: non mi restava che farle onore.
Il rischio di montare in superbia c’era, e tanto. Per vivere al meglio quel momento, mi sono preparata meditando sul discorso di papa Francesco ai giornalisti dell’Unione Cattolica Stampa Italiana, dello scorso 23 settembre, e sulla sua omelia per i Vespri in apertura del Mese Missionario Straordinario; ho letto quest’ultimo testo durante un’ora di Adorazione Eucaristica in parrocchia, ieri sera. Ho riconosciuto gli errori compiuti fin lì: su tutti, quello di raccontare la mia comunità come se volessi vendere un prodotto e contando solo sulle mie forze, non sullo Spirito Santo che mi precede.
Così stamattina, in compagnia di Stefania, anche lei della mia parrocchia, mi sono diretta all’Auditorium San Carlo di Milano. Mi ha fatto molto piacere rivedere alcune persone che ho conosciuto durante i vari corsi La parrocchia comunica, organizzati dal nostro Ufficio per le comunicazioni sociali. Una di loro, autrice delle prossime foto di questo post, compiva gli anni in questi giorni. Quando le ho rivolto i miei auguri, mi ha chiesto se sarei venuta all’incontro di oggi. Mi sono tenuta sul vago, così ho potuto leggere lo stupore sul viso suo e su quello di sua madre, quando mi sono seduta nel posto riservato, che era proprio di fronte al loro.
Un’altra mia conoscenza era il relatore principale: Alessandro Zaccuri, che su Avvenire si occupa di articoli culturali e recensioni di libri, nonché scrittore lui stesso (qui un articolo che lo riguarda più direttamente) e parrocchiano della chiesa vicina alla mia. Del suo intervento ho trattenuto il punto in cui ha affermato: «Comunicare oggi non è più questione di prestigio, è sempre più questione di responsabilità».
Hanno quindi preso la parola gli altri due esponenti dei casi di comunicazione riuscita: Giancarlo Melzi, della redazione di Voce Amica, mensile di Cernusco sul Naviglio – della città tutta, non solo della Comunità Pastorale Famiglia di Nazareth – e Mario Rossi, che collabora al sito della Comunità Pastorale San Giovanni Paolo II di Milano.
Foto di Elena Albarello
Quando è toccato a me, ho ripensato a tutta la fatica che aveva preceduto quel momento. A quel primo Laboratorio della Fede per i giovani su Chiesa e comunicazione, che fu soppresso sul nascere perché ci eravamo iscritti solo in cinque. A quando ho scoperto i corsi per operatori pastorali della comunicazione, che da come rielaborare i giornali della comunità (che continuano a essere definiti “bollettini parrocchiali”) sono passati a dare indicazioni sull’uso dei social media. Al trasferimento nella nuova parrocchia, dove le opportunità di comunicare mi sono apparse subito promettenti.
Ho quindi esordito dichiarando che mai, prima di sei anni fa, mi sarei accorta delle potenzialità del quartiere di Gratosoglio, se i fatti della vita non mi avessero portata a viverci. Al netto di qualche scivolone causato dal mio solito eccesso di zelo, credo di aver parlato con un ritmo solo a tratti frettoloso e, contrariamente al mio solito, con un tono di voce abbastanza pacato.
Penso che sia stato anche per intercessione del Beato Giacomo Alberione, come faccio sempre riguardo alle mie esperienze nelle comunicazioni sociali, suggerendo anche di invocarlo a due miei amici digitali appartenenti alla Famiglia Paolina da lui fondata. Ad altri amici giornalisti, invece, ho chiesto semplicemente un ricordo. Per onestà, mi era venuto naturale pensare anche al Venerabile Carlo Acutis, ma in un altro modo: non fosse morto tredici anni fa, forse sarebbe stato anche lui in platea, se non tra i relatori.
Foto di Elena Albarello
Tornata al mio posto, ho ricevuto il ringraziamento di monsignor Delpini, che ha fatto lo stesso con gli altri. Ero seduta vicinissimo a lui, quindi ho potuto osservare che prendeva appunti ed era molto attento sia agli interventi, sia ai sondaggi guidati da don Luca Fossati, un giovane sacerdote che collabora con l’Ufficio comunicazioni sociali.
Con don Walter Magni, l’attuale responsabile dell’Ufficio, che ha introdotto l’incontro, ho parlato molto poco, sia in questa sia in altre occasioni. Spero comunque che abbia intuito il mio desiderio di voler continuare a essere utile al «progresso e alla gioia» della fede di quanti compongono la comunità che frequento, per citare la Lettera di san Paolo agli Efesini, il testo che l’Arcivescovo ha messo al centro della sua Lettera Pastorale La situazione è occasione.
Anche a me, come a lui, sta a cuore che la comunicazione stabilisca relazioni interpersonali, che tenda a una convocazione e che raggiunga i suoi destinatari tramite l’iniziativa personale. Nel suo intervento, Melzi aveva letto un editoriale del suo mensile, risalente al 1934, che Voce Amica dovesse essere «come una campana di carta che diffonde la voce del Pastore». Oggi ci sono campane di altro tipo, ma il suono e l’invito che esso trasmette rimangono validi. Vorrei che valesse anche per questo mio blog, tanto più che quanto è stato reso pubblico del Messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali mi tocca molto da vicino.
Non avevo un testo scritto, ma solo qualche appunto. Dato che mi aspettano altri impegni per questa giornata, copio di seguito l’articolo sullo stesso argomento, che mi è stato chiesto da Nardi per il numero de Il Segno di questo mese, anche per quanti mi leggono da fuori diocesi.

* * *

Gratosoglio – Così comunico il bene

L’esperienza del Campus di educazione alla pace, avviata nell’estate 2016 nelle parrocchie di Maria Madre della Chiesa e San Barnaba in Gratosoglio, è stata per me un banco di prova per sfruttare quanto avevo imparato nei corsi «La parrocchia comunica». Mi ha aiutata a conoscere meglio il quartiere dove mi ero trasferita nell’inverno del 2012, superando gli stereotipi sulle realtà di periferia. Anzi, come altri luoghi in Europa, anche Gratosoglio poteva essere considerato un laboratorio per la convivenza tra le culture e le religioni.
Dalla seconda edizione svolta dal 13 al 19 febbraio 2017, ho assunto il compito di coordinare i contatti con i mezzi di comunicazione, specie con quelli diocesani. Grazie all’Ufficio comunicazioni sociali e alla direzione dei nostri media ecclesiali, ho realizzato articoli e comunicati per descrivere in cosa consistesse quella iniziativa. Nell’edizione 2018, insieme a don Giovanni Salatino, ideatore del progetto, e all’educatore Gabriele, sono stata ospite negli studi di Radio Marconi. L’emittente ha poi ripreso alcuni estratti degli interventi previsti, registrati dagli studenti dell’Itis di Rozzano per un progetto di alternanza scuola-lavoro.
Nell’ultima edizione mi sono concentrata sulla corretta comunicazione relativa alla veglia interreligiosa del 13 febbraio 2019, alla presenza di monsignor Mario Delpini. Dovevo far capire che non si trattava di una manifestazione sincretistica, bensì di un momento in cui, secondo lo spirito degli incontri di Assisi, i credenti di varie fedi si riunivano per pregare. Negli altri giorni dell’iniziativa, sulla pagina Facebook «Due Cortili Gratosoglio», ho pubblicato brevi post con fotografie, in modo da coinvolgere e incuriosire i visitatori, anche se ho avuto i riscontri maggiori da persone già attive nella mia comunità.
L’interesse delle istituzioni, a cominciare dal Municipio 5, ha superato ogni attesa mia e degli organizzatori. Anche l’ammirazione degli studenti di licei del centro città ci ha meravigliati e sorpresi. La nostra speranza è che il Campus possa diventare una buona pratica, da condividere più che da esportare. Per questo, sul sito campusdellapace.altervista.org, sono disponibili i programmi delle passate edizioni e i temi su cui i partecipanti si sono confrontati.
Credo che il compito mio e di ogni comunicatore possa essere sintetizzato con l’impegno che il cardinale Angelo Scola, il 16 febbraio 2017, affidò ai giovani del Campus: circondare il male con il bene, raccontando le opportunità presenti in parrocchia in ascolto delle proposte di associazioni del territorio, anche al di là di eventi particolari. Così mi sono impegnata ancora di più nel curare la pagina Facebook, mentre il blog sanbarnabaingratosoglio.blogspot.com e l’account Instagram «Oratori Gratosoglio» sono seguiti da altri collaboratori pastorali.

Originariamente pubblicato su «Il Segno della diocesi di Milano», ottobre 10/2019, p. 8

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